di Gianni Grimaldi
Regia: Gianni Grimaldi. Produttore: Gino Mordini per Claudia Cinematografica. Soggetto: Libera riduzione cinematografica di Gianni Grimaldi da Don Chisciotte di Miguel De Cervantes (1605). Sceneggiatura: Gianni Grimaldi. Montaggio: Amedeo Giomini. Fotografia: Mario Capriotti. Direttore di Produzione: Sergio Pisani. Musica: Lallo Gori. Colore: Tecnostampa. Aiuto Regista: Alessandro Metz. Costumi: Giulia Mafai. Scenografie e ambientazione: Antonio Visone. Interpreti: Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Fulvia Franco, Paolo Carlini, Umberto D’Orsi, Mirella Panphili, Franco Giacobini, Liana Trouchel, Ivan Scratuglia, Enzo Garinei, Eleonora Morana, Alfredo Rizzo, Franco Fantasia, Carlo Delle Piane, Rod Licari, Livio Lorenzon, Maria Capparelli, Antonietta Ladogana, Lylyana Pavlovic, Leopoldo Bendani, Consalvo Dell’Arti, Aldo Bufi Landi, Andrea Fantasia, Lino Banfi. Girato a roma presso il Castello di Rota (esterni) e Teatri di posa De Paolis – Incir (interni).
Gianni Grimaldi guida Franco e Ciccio in uno dei loro migliori film, costringendoli in una sceneggiatura che non consente molta improvvisazione mimica. Don Chisciotte e Sancio Panza (scritto proprio così… all’italiana) segue senza molte divagazioni la vicenda narrata da Miguel de Cervantes Saavedra nel capolavoro della letteratura spagnola e contribuisce a divulgare un’opera immortale tra i giovani fruitori della pellicola. Don Chisciotte perde il senno dopo aver letto troppi romanzi cavallereschi e decide di percorrere la Spagna a cavallo del fido Ronzinante, seguito dallo scudiero Sancio Panza, per compiere gesta eroiche in nome di un’immaginaria Dulcinea del Toboso. Le avventure sono note a tutti: lotta contro i mulini a vento scambiati per giganti, investitura cavalleresca da parte di un oste, prostitute credute gentildonne, stalle ritenute castelli dove principi imbandiscono mense, guardie del re assalite per liberare delinquenti, tesori ritrovati, montagne abbattute a testate e governi retti dalla parte del popolo per poi scagliarsi di nuovo contro il vento.
Franchi e Ingrassia sono a loro agio nei panni dei due antieroi del romanzo di Cervantes, soprattutto il secondo è perfetto nel ruolo della sua vita, come sostiene il figlio Giampiero: “Fisicamente mio padre era Don Chisciotte, un personaggio che amava molto. Se non avesse interpretato quel ruolo avrebbe girato un film sul capolavoro di Cervantes con la Ingra Cinematografica”. L’equilibro della coppia è diverso dal solito, perché una tantum è Ciccio il protagonista - a tratti quasi drammatico - mentre Franco si ritaglia incursioni comiche di sostegno. Don Chisciotte e Sancio Panza è un film che non invecchia perché la comicità verbale a base di doppi sensi e la trama letteraria lo rendono moderno anche a distanza di anni, libero da vincoli con l’attualità. Citiamo alcune parti interessanti. La distruzione della biblioteca di Don Chisciotte a cura di Don Pietro (Umberto D’Orsi) per esorcizzare la follia provocata dai libri, con il testo di Cervantes finito al rogo. Franco a cavallo di un asino grida: “Cavaliere, dove andate? Mulini sono!”, subito dopo Ciccio afferma di voler diventare cavaliere senza macchia e senza paura, ma lo scudiero ribatte: “A me basta senza macchia perché di paura ne ho tanta”, infine davanti a un pranzo immaginario: “Voi nobili avete appetito, noi del volgo abbiamo fame!”. Ciccio è quasi un attore drammatico, vaneggia in preda alla follia mentre Franco l’asseconda, ma quando il padrone scambia puttane per nobildonne esclama: “Prendete mazze per ramazze!”. Un oste si spaccia per un risibile duca Leone di Panzanella e sta al gioco di investire cavaliere Don Chisciotte, ma durante la veglia notturna Sancio Panza mangia a quattro palmenti. Ciccio: “Ho sete di fama, la fama è il mio cibo”. Franco: “Io ho fame di cibo e ho sete di vino”. I dialoghi di Ciccio sono aulici, spesso prelevati dal romanzo, altisonanti e intrisi di onore cavalleresco, mentre Franco è la voce del popolano scaltro che ama il padrone e vorrebbe farlo rinsavire. Don Chisciotte viene investito cavaliere dalla trista figura, mentre Franco parla del suo asino: “È un somaro presuntuoso. Crede d’essere un cavallo!” e conclude: “Io sono tutto ignorante”. Vediamo un giovanissimo Carlo Dalle Piane, garzone di un contadino frustato per lievi mancanze e protetto da Don Chisciotte, difensore di umili e oppressi, che subito dopo si prende la briga di liberare delinquenti in catene. Il cibo è uno dei temi dominanti del film, che sia sognato, bramato, divorato, persino idealizzato, come se fosse un ricordo della trascorsa fame dei due attori. Battute tipo “Errare umanum est” di Ciccio e risposte di Franco come “Voi errate a est, a ovest, a nord, a sud. Siete recidivo” caratterizzano comicamente la pellicola. Ricordiamo Franco mentre imita il pollo per trovare una polla (d’acqua, ovviamente), non mancano schiaffoni, risse da cinema muto, spadoni troppo grandi per una carrozza e un asino che cammina a marcia indietro. La lettera per Dulcinea memorizzata da Franco che detta alla moglie il contenuto ricorda una scena analoga interpretata da Totò e Peppino alle prese con una missiva dove abbondano in punti, punti e virgole, punti e a capo. Risulta interessante la parte in cui Franco è nominato governatore fantoccio di Las Palmas mentre Ciccio funge da consigliere, tra discorsi populisti e fame atavica. Franco: “Com’è possibile che io non debba mangiare per governare mentre gli altri governano per mangiare?”. Medico: “Anche la vostra fame appartiene al popolo”. Franco: “Non gli basta quella che ha?”. Don Chisciotte riparte per il suo destino errante e Sancio Panza si dispera: “Chi mi legge le leggi se non so leggere?”. Toccante il triste addio al cavaliere errante con il consiglio di errare il meno possibile. Franco prosegue tra calembour verbali e parti mimiche, si convince che “Un bel gioco dura poco, se poi dura diventa seccatura”, lascia il regno e raggiunge Ciccio che lo accoglie dicendo: “Chi è stato qualcuno resta sempre qualcuno”. Emblematico il finale con Don Chisciotte e Sancio Panza lancia in resta contro il vento: “Da quando siamo nati combattiamo contro il vento, è una meravigliosa follia”, dice Ciccio. La poetica frase può essere intesa in senso universale ma anche contestualizzata ai due attori in polemica contro la gretta cultura ufficiale.
Sono in gran forma i due interpreti principali, ma anche i caratteristi che compongono il cast: Enzo Garinei come consigliere, Franco Fantasia maestro d’armi, Umberto D’Orsi distruttore di libri, Carlo Dalle Piane giovane garzone e Lino Banfi (non accreditato) invisibile cliente di una locanda. Il film si doveva intitolare Don Cicciotto e Franco Panza, il trattamento iniziale parlava di droga, vandalismo e proteste di piazza. Per fortuna Grimaldi opta per sceneggiare il classico di Cervantes e ambienta la pellicola nella Spagna del Seicento, tirandosi fuori dalle secche di un film parodistico - sessantottino.
La critica - una tantum - apprezza il film quasi quanto il pubblico. Leggiamo sul Davinotti (dizionario on line scritto a mano): “Si capisce che, per una volta, il vero protagonista non è Franco ma Ciccio: un Ciccio più riflessivo del solito, più concentrato, incisivo, capace di immedesimarsi alla perfezione con l’eroe di Cervantes. La sua pazzia è resa bene, il suo linguaggio forbito denota ancora una volta la grande attitudine per il teatro di questo attore che verrà riconosciuto solo in poche, pochissime pellicole”. Amarcord (1973) di Federico Fellini ripropone Ciccio Ingrassia nelle vesti di un folle dall’anima candida ed è una nuova interpretazione eccellente. Pino Farinotti concede due stelle e scrive: “Benché di sapore farsesco, il film interpreta abbastanza bene il senso del romanzo”. Paolo Mereghetti concede due stelle con questo giudizio: “Azzardata ma curiosa incursione nel mondo di Cervantes sceneggiata dallo stesso regista. Franco Franchi non rinuncia ai suoi più o meno divertenti giochi di parole ma c’è un certo spirito libertario alla base della riduzione (Sancho che diventa governatore e legifera a favore del popolo, l’incitamento finale di Don Chisciotte a combattere contro il vento come inevitabile destino di una vita non omologata) che ne fa un episodio inconsueto nella carriera dei due comici”. Mereghetti cede comunque alla tentazione di bacchettare Franco Franchi: “La comicità dei due attori siciliani non è mai geniale, lo dimostra il fallimentare tentativo di Franchi di misurarsi a distanza con Totò dettando una lettera”. Morando Morandini assegna addirittura due stelle e mezzo alla pellicola: “Uno degli 8 film interpretati nel 1968 dalla coppia, e uno dei migliori in assoluto. È una parodia di buona lega”. Masrco Giusti su Stracult scrive: “Ritenuto da molti, e fra questi lo stesso regista, il miglior film di Franco e Ciccio, Grimaldi ricorda che limitò i tic comici di Franco, per ottenere un risultato diverso dal solito, più adatto al tema. Il risultato è notevole. Anche allora il film venne salutato come un felice esempio di quello che si poteva fare con i due comici alle prese con un testo importante. Personalmente amo più Brutti di notte tra i film diretti da Grimaldi e interpretati da Franco e Ciccio, ma certo i due, qui, sono strepitosi. Purtroppo in tv passa solo scannato e si perde lo schermo grande della sua uscita cinematografica. Non crediate però di scoprire un capolavoro nascosto. Non lo è. Ma è davvero sorprendente, perché la piccola rivoluzione di Franco e Ciccio è operata non da un autore esterno, ma da un loro regista interno, Grimaldi, che li conosceva benissimo. Grandi Mimmo Poli e Poldo Bendandi”. Condividiamo in toto il giudizio di Giusti e invitiamo gli appassionati a procurarsi il dvd integrale edito da Rarovideo e ristampato da Hobby & Work per una collana da edicola. Marco Bertolino e Ettore Ridola nel pregevole Franco Franchi e Ciccio Ingrassia edito da Gremese scrivono: “Don Chisciotte e Sancio Panza è passato alla storia come uno dei rarissimi exploit di Franchi e Ingrassia capaci di godere, se non dei favori, quanto meno dell’indulgenza della critica. Grimaldi rievoca con piglio felice le avventure picaresche del celebre romanzo e pare propendere per la tesi dell’inutilità dei sogni a occhi aperti. La recitazione del duo comico è più sobria del solito, abbandona smorfie e lazzi per una maggiore asciuttezza. Il finale del film suppone un’ideale prosecuzione delle gesta di Don Chisciotte laddove il capolavoro ispanico termina con il decesso di quest’ultimo: ma una simile conclusione tragica avrebbe stonato con il tono giovialmente ludico della pellicola”. Don Chisciotte e Sancio Panza è un grande successo di pubblico per una mirabile interpretazione del cavaliere dalla trista figura, patetico e commovente, simbolo di inadeguatezza e dell’immaginazione al potere.
Sono molti i Don Chisciotte cinematografici: Don Quixote (1903) di Lucien Nonquet è il primo cortometraggio francese, seguito dal lungometraggio tedesco di Georg Wilhelm Pabst (1933) e dall’ottimo lavoro spagnolo di Rafael Gil (1947). Altri Don Chisciotte interessanti sono di Grigori Kozintsev (1957), Carlo Rim (1965, in TV) ed Eric Rohmer (1965), mentre successivi al lavoro di Grimaldi abbiamo L’uomo della Mancha (1972) di Arthur Hiller (con Peter O’Toole e Sophia Loren), The adventure of Don Quixote (1973) di Alvin Rakoff, il giapponese Don Quixote: Tales of la Mancha (1980) prodotto da Ashi e il televisivo Monsignor Quixote (1991) di Rodney Green. Restano incompiuti sia il lavoro di Tery Gilliam sul cavaliere senza macchia e senza paura che un progetto con Johnny Depp e Jean Rochefort. In ogni caso la sola parodia di Don Chisciotte è questo lavoro interpretato da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Gianni Grimaldi resta uno dei migliori registi alla guida del duo comico siciliano, lo ricordiamo autore di parodie originali come Il bello, il brutto e il cretino (1967) e Brutti di notte (1968). Nel 1968 Franco e Ciccio interpretano anche uno dei loro ruoli migliori, guidati da Pier Paolo Pasolini nell’episodio Che cosa sono le nuvole?, contenuto in Capriccio all’italiana.
Per vedere una sequenza importante del film: http://www.youtube.com/watch?v=ngV4PVRxCPk
Gordiano Lupi
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