mercoledì 23 settembre 2015

Gli sposi dell’anno secondo (1971)

di Jean-Paul Rappeneau



Regia: Jean-Paul Rappeneau. Soggetto: Jean-Paul Rappeneau. Sceneggiatura: Jean-Paul Rappeneau, Claude Sautet, Maurice Claver, Walter Benelli. Dialoghi: Daniel Boulanger. Fotografia: Claude Renoir. Montaggio: Pierre Gillette. Musica: Michel Legrand. Edizioni Musicali: Hortensia (Parigi). Architetto/ Scenografo: Alexandre Trauner. Arredatore: Willy Holt. Costumi: Marcel Escoffier. Tecnico del Suono: Jacques Maumont. Regista Seconda Unità: Marc Maurette. Aiuti Regista: Marc Grunebaum, Bernard Stora. Consulente Armi: Claude Carliez. Consulente Equestre: François Nadal. Operatore alla Macchina: Jean Chabaut. Assistente Operatore: Roger Tellier. Rumorista: Daniel Cocteau. Doppiaggio Italiano: Cooperativa Doppiatori. Registrazione Sonora: Cinefonico Palatino. Mixage: Roberto Ciuriuini. Produzione: Gaumont International (Parigi), Rizzoli Film (Roma), Studio Cinematografico Bucarest e Romania Films. Direttore di Produzione: Robert Sussfeld, Georges Valon. Produttore Esecutivo: Alain Poiré. Distribuzione: Cineriz - Domovideo. Paesi Produzione: Francia - Italia - Romania. Formato: Eastmancolor. Durata: 90'. Genere: Commedia. Interpreti: Jean-Paul Belmondo, Marlène Jobert, Laura Antoneli, Michel Auclair, Julien Guiomar, Mario David, Charles Denner, Georges Beller, Paul Crauchet, Marc Dudicourt, Patrick Prejean, Sim, Pierre Brasseur, Sami Frei, Jean Barney, Maurice Barrier, François Cadet, Ermanno Casanova, Patrick Dewaere, Vernon Dobtcheff, Luc Florian, Monique Garnier, Bill Kearns, Martin Lartigue, René Morand, Denise Peron, Jean Turlier, Jean-Marie Verselle. Titolo francese: Le mariés de l’an II.



Gli sposi dell’anno secondo è una classica commedia picaresca di cappa e spada, molto francese, dotata di un impianto brillante, sceneggiata a base di colpi di scena e interpretata da un cast interessante. Film ad alto budget, commedia che a tratti sconfina in farsa, non disdegnando scazzottate alla Bud Spencer e Terence Hill, sequenze che mettono in risalto la fisicità di Belmondo. Vediamo la trama. Tutto comincia da un antefatto in mezzo alla neve che vede i piccoli Nicolas e Charlotte - inseparabili sin da bambini - in compagnia di una zingara che prevede il futuro: il primo troverà la sua strada in un nuovo mondo, la seconda diventerà principessa. Una volta adulti, i due si sposano, ma nel 1787 Nicolas (Belmondo) è costretto ad abbandonare Charlotte (Jobert) e a fuggire negli Stati Uniti, dopo aver ucciso un nobile corteggiatore della moglie. Sette anni dopo, Nicolas torna in Francia per divorziare ed essere libero di sposare una giovane ereditiera americana, ma si fa coinvolgere dalle rivolte post Rivoluzione e prende parte alle lotte tra sanculotti e aristocratici. Ritrova la moglie Charlotte, che non ha perso il vizio di farsi corteggiare dai nobili, e si rende conto di essere ancora innamorato di lei. Finisce per riconquistarla, dopo una serie di avventure rocambolesche, si convince della necessità di restare in Francia e fa carriera come ufficiale sotto Napoleone. In un modo o nell’altro, la profezia  si avvera, ché Nicolas viene nominato principe per meriti bellici oltreoceano e la moglie diventa compagna di un nobile. 



Jean-Paul Rappeneau gira un soggetto originale che rispetta tutte le regole del cinema di genere, sceneggiato in maniera effervescente insieme a Sautet, Claver e Benelli, fotografato tra luci intense e chiaroscuri da Renoir e montato senza tempi morti da Gillette. Ottima la colonna sonora di Legrand, stile opera buffa e can-can, con accenni di quadriglia e pezzi di musica classica. Ricostruzione d’epoca perfetta, molte scene girate in studio e in Romania, per economizzare, ma grande dispiego di mezzi e di comparse, con sequenze di battaglie e inseguimenti ben gestite dal maestro d’armi. Gli attori sono tutti bravi, va da sé che il film è costruito sulle doti istrioniche e fisiche di Belmondo, che pretende Laura Antonelli tra gli interpreti, in quel periodo sua compagna di vita. 



Interprete femminile principale è Marlène Jobert, terza scelta dopo i rifiuti di Catherine Deneuve, Warren Betty e Julie Christie (che avrebbe potuto fare da produttrice), ma efficace in un ruolo brillante da femmina superficiale quanto innamorata. Laura Antonelli non interpreta un ruolo di grande rilievo, è Pauline De Guerande, sorella del marchese (Sami Frei), attentatrice di un rivoluzionario ma soprattutto ragazza gelosa e innamorata, in odore d’incesto. Bellissima, sfoggia un vestito verde con generoso decolleté, interpreta un ruolo allusivo ed erotico, torbido ma casto. Il tono del film è da commedia brillante con elementi di pochade alla Feydeau, tra scambi di coppie e amanti nascosti sotto il letto, fughe per riconquistare la propria bella, tradimenti, gelosie fraterne e amori incompresi. Ricordiamo trovate comiche effervescenti e una satira feroce sulla Rivoluzione, segno che i francesi riescono a sorridere anche sui loro momenti storici più importanti. Gli sposi dell’anno secondo soffre tutti i limiti dei film di cappa e spada, nonostante il buon ritmo e i dialoghi vivaci, non si solleva mai da una mediocrità di fondo che non coinvolge lo spettatore. Segnalo che molti critici equivocano sul motivo per cui Nicolas ripara negli Stati Uniti: a onor del vero diciamo che non si tratta di politica, né di litigi, ma di un omicidio ai danni di uno spasimante della moglie.



Jean-Paul Rappeneau (Auxerre, 1932) è un regista molto perfezionista, scrive tutti i soggetti dei suoi film e ne cura le sceneggiature (debutta nel cinema scrivendo per Louis Malle). Realizza soltanto nove pellicole in 49 anni di carriera, l’ultima è in produzione al momento in cui scriviamo. Gli sposi dell’anno secondo è il suo secondo lavoro, dopo L’armata sul sofà (1966), mentre i film per cui è ricordato sono Le sauvage (1975) - interpretato da Yves Montand e Catherine Deneuve - e soprattutto Cyrano de Bergerac (1990), con Gerard Depardieu, che gli vale 10 Premi César (tra questi miglior regista). I suoi ultimi lavori sono Bon voyage (2003) e Belles familles (2015), al momento inedito in Italia. Due parole sul direttore della fotografia, Claude Renoir (Parigi, 1913 - Troyes, 1993), che tra gli anni Trenta e i Cinquanta ha collaborato molto con lo zio Jean Renoir, mentre negli anni Sessanta e Settanta ha collaborato più volte con Roger Vadim (Barbarella).

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Laura di Simone Cristicchi



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giovedì 10 settembre 2015

Incontro d’amore (Bali) (1970)

di Ugo Liberatore e Paolo Heusch


Regia: Ugo Liberatore (riprese a Bali), Paolo Heusch (riprese in Italia). Soggetto e Sceneggiatura: Ottavio Alessi, Ugo Liberatore, Fulvio Gicca, Pier Giuseppe Murgia. Fotografia: Angelo Lotti, Roberto D’Ettorre Piazzoli. Montaggio: Giancarlo Cappelli, Rosalba Sensi. Musiche: Giorgio Gaslini. Edizioni Musicali: Bixio Sam. Scenografie e Costumi: Marilù Carteny, Andrea Crisanti. Assistente alla Regia: Tomaso Sherman. Operatore alla Macchina: Arcangelo Lannutti. Fonico: Luigi Giuliani. Colore: Technicolor. Negativi: Eastmancolor. Produttore Esecutivo a Bali: Eliseo Boschi. Produzione: L.F.C., Gerico Sound. Durata. 90’. Genere: Esotico - erotico, drammatico. Interpreti: Umberto Orsini, Laura Antonelli, John Steiner, Petra Pauli, Elena Mercury (Ilona Staller), Ettore Manni, Johannes Schaaf, Widyawati, Tjempaka Blanco, Mila Karmila, Fifi Young, Tjokorde G. De Agung Sukowati, Ida Bagus Njana, Renato Spera, Carla Mancini.


Incontro d’amore (Bali) nasce come un film esotico - erotico di Ugo Liberatore - uscito il 29 dicembre del 1970 con titolo emblematico Bali -, rieditato nel 1971 come Incontro d’amore (Bali), aggiungendo sequenze romane dirette da Paolo Heusch.


Il film si ricorda per una Laura Antonelli alle prese con uno dei primi ruoli di una certa importanza e per il debutto assoluto di Ilona Staller con il nome di Elena Mercury. Il film è citato da Nanni Moretti ne Io sono un autarchico (1976), in una sequenza dove il regista dichiara il suo amore per Laura Antonelli.  Siamo in presenza del classico esotico - erotico, di cui Liberatore è un esperto, intriso di suggestioni magiche e di riti indonesiani, impostato secondo lo schema amore e morte che vede coinvolti Antonelli, Orsini e Steiner in un improbabile triangolo. Ugo Liberatore è il regista della parte indonesiana girata a Bali tra suggestive scenografie e fotografia perfetta. La pellicola non riscuote successo come esotico - erotico,  per questo viene acquistata da Alfredo Bini che la rimonta con scene romane girate da Paolo Heusch, interpretate da Ettore Manni (commissario) e Ilona Staller (prostituta). Due versioni in circolazione per uno stesso film, la seconda di maggior successo, un vero e proprio cult per i fan di Laura Antonelli, ma anche per chi ama Ilona Staller, in seguito popolare Cicciolina. Proviamo a raccontare la trama. Glenn (Steiner) e Carlo (Orsini) vivono a Bali dove lavorano alla stesura di un libro fotografico. Glenn è in preda a una crisi mistica, suggestionato dai riti magici del posto, convertito all’induismo, frequenta un amico santone e vive da poligamo con due mogli indigene. Carlo è scettico, non crede in niente, solo nel suo lavoro, anche se pure lui non disdegna la compagnia di una fedele amante indigena. Quando Daria (Antonelli), la moglie di Carlo, lo raggiunge a Bali stringe una grande amicizia con il mistico Glenn e finisce per innamorarsi di lui. Nonostante l’amore di Daria, l’uomo si uccide dopo aver compiuto un rito magico che lo lega al santone induista. Carlo torna a Roma da solo in preda a una crisi depressiva, dopo tre anni crede di rivedere la moglie, ma è solo una prostituita (Staller) che lui identifica con la consorte. Finale tragico con Carlo che uccide la presunta moglie e si suicida, dopo aver confessato tutto a uno stralunato commissario di polizia (Manni) che cerca una spiegazione razionale per la vicenda. 


Ugo Liberatore gira un film nelle sue corde, esotico, ai confini con il mondo movie, intriso di erotismo; quando lo prende in mano Paolo Heusch per realizzare una seconda versione non tocca l’impianto esotico, ma aggiunge Ilona Staller come interprete di alcune scene di nudo integrale. La nuova versione racconta la parte indonesiana come un lungo flashback e la follia di un marito che confonde la moglie perduta con una prostituta che uccide prima di suicidarsi. Si parte dall’omicidio della presunta moglie per narrare quel che è accaduto prima, un vero e proprio film nel film, girato in stupende location esotiche. Incontro d’amore (Bali) si ricorda per un’ambientazione perfetta e una suggestiva fotografia, non certo per una sceneggiatura sfilacciata e zeppa di buchi, per una storia che presenta molte incongruenze, giustificate con grande fatica da Ottavio Alessi. La stupenda scenografia balinese supplisce alla pochezza del soggetto, monotono, montato con compassata lentezza, tra lunghi silenzi, scenari esotici, templi indù, riti magici, inutili passeggiate tra giungla e oceano. Tecnica di regia indonesiana molto suggestiva, a metà strada tra il reportage naturalistico e la fiction, grande uso dello zoom con particolari degli occhi in primissimo piano, come se fossimo in un western di Sergio Leone. Parte romana più anonima, a parte una bella panoramica della città eterna che scorre sui titoli di testa e le sequenze truci dopo le brevi parti erotiche. Il genere passa dal mondo movie all’esotico - erotico, senza soluzione di continuità, ma grazie alla parte romana contamina persino il thriller con elementi di horror metropolitano e suggestioni magiche. 


Ottimi gli attori. Umberto Orsini interpreta un ruolo da marito tradito e al tempo stesso fedifrago a lui congeniale, parte che nel corso della carriera ripeterà spesso al fianco di bellissime attrici. John Steiner è molto giovane, alle prese con un personaggio complesso, ma se la cava bene. Laura Antonelli è una donna bella e innamorata, fa quel che può in un ruolo da fotoromanzo, pure troppo vista la pessima scrittura del personaggio e molti dialoghi poco realistici. Ilona Staller deve solo far vedere le sue grazie, che la Antonelli nasconde per tutto il film, limitandosi a qualche posa in bikini. Ettore Manni è un diligente commissario. Molte comparse indonesiane sono ben fotografate. Il commento musicale di Giorgio Gaslini è sinfonico, a tratti psichedelico, ricco di sonorità esotiche e di tamburi, in sintonia con i gusti di fine anni Sessanta.
Le vicende produttive su Incontro d’amore sono narrate da Alfredo Bini ne Il Cinema Italiano d’oggi - 1970-1984 - Raccontato dai suoi protagonisti, di Franca Faldini e Goffredo Fofi (Mondadori). Sintetizziamo il suo pensiero: “Dopo Bora Bora decisero di fare un altro film per sfruttarne il successo. Però dissero: lo facciamo noi e lasciamo perdere Bini. 


Bora Bora costò 120 milioni, fu girato in otto settimane e nonostante i problemi con la censura incassò tre miliardi. Loro vanno a Bali, ci stanno tre o quattro mesi e spendono mezzo miliardo. Prendono Liberatore perché è quello di Bora Bora e due attori molto più importanti e conosciuti dei miei Quindi montano tutto, distribuiscono e non incassano niente. Convinti che c'è qualcosa che non va, rimontano e ridoppiano tutto spendendo una barca di soldi. Il film esce in due città e fa due milioni. A quel punto lo ritirano e lo buttano. Allora mi presento io e gli dico: ve lo compro per 15 milioni e loro me lo vendono. Prendo un regista nuovo e convinco Orsini a girare qualche scena, quella dell’edicola quando vede una ragazza si spalle che non è la Antonelli ma quella che oggi fa Cicciolina. Se la porta a casa, comincia a raccontarle una storia e alla fine l’ammazza a coltellate. Al commissariato racconta nella confessione la storia che io avevo comprato e di cui avevo tenuto le cose migliori. Diedi il film alla Cidif lasciando il titolo originale e togliendo solo Bali. Incassò, solo in Italia, un miliardo e mezzo. Girò il tutto Heusch ma l’idea fu mia”.


Ugo Liberatore (1927) proviene dal successo commerciale di Bora Bora, il primo esotico - erotico  italiano, ma non lo ripete e la sua carriera da regista - appena cominciata - inizia a declinare. Ricordiamo Liberatore come sceneggiatore di molte pellicole, alcune di grande qualità, ma da regista restano impresse soprattutto le sue vicissitudini con la censura. Il sesso degli angeli (1967) e Bora Bora (1968) sono due grandi successi di pubblico che affrontano il tema erotico, ma subiscono gli strali di un’inclemente censura. Film trasgressivi ed espliciti che nascondono la sessualità sotto il furbo schema della finta indagine scientifica e del mondo movie. Liberatore ideò e scrisse da solo Bora Bora, una novità nel cinema erotico, che Bini rese più trasgressiva modificando le età dei due protagonisti, con lei addirittura minorenne, cosa che provocò guai con la censura. Liberatore si ritaglia un ruolo da regista trasgressivo, ma dopo Bora Bora riesce a far centro solo con Nero veneziano (1977), quindi torna al suo lavoro di sceneggiatore cinematografico e televisivo. 


Dimenticabili Alba pagana (1969), L’uomo per fare l’amore (1969) e Noa Noa (1973), tentativo fallito di rinverdire i fasti di Bora Bora. Paolo Heusch (1924 - 1982), invece, è un cineasta tuttofare che si ricorda come autore del primo film di fantascienza italiano (La morte viene dallo spazio, 1958), ma anche per Un uomo facile (1958), in collaborazione con Fausto Tozzi, per l’horror d’imitazione Lycanthropus (1961) e per l’ottimo Una vita violenta (1962), sceneggiato e girato con Brunello Rondi, tratto dal romanzo di Pasolini. Regista per Totò: Il comandante (1963), Che fine ha fatto Totò Baby? (1964) e Totò d’Arabia (1964), gli ultimi due firmati da Ottavio Alessi e da J.A. De La Loma per incomprensibili esigenze produttive. I suoi ultimi lavori sono proprio le sequenze aggiuntive nei film interpretati da Laura Antonelli che analizziamo in questo volume: Incontro d’amore (Bali) e Le malizie di Venere.


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