mercoledì 31 agosto 2011

Dizionario dei film HORROR di Rudy Salvagnini

Rudy Salvagnini
Dizionario dei film Horror
NUOVA EDIZIONE RIVEDUTA E AMPLIATA
Corte del Fontego – Pag. 1.030 – Euro 22,00http://www.cortedelfontego.it
Rudy Salvagnini, sceneggiatore di fumetti e critico cinematografico, pubblica la seconda edizione del suo Dizionario dei Film Horror - Dall’Abbraccio del ragno a Zora la vampira, schedando in un libro monumentale oltre 3.000 titoli.  Salvagnini ha collaborato alle riviste Robot, Aliens, NosferatuAmarcord e attualmente scrive per Segnocinema. Per la collana Il Castoro  ha pubblicato una monografia su Al Hashby. Il suo Dizionario dei film horror era già il più completo mai pubblicato in Italia, una vera Bibbia per gli appassionati, un volume indispensabile per critici e studiosi della materia. Niente a che vedere con il lacunoso Horror in cento film di Renato Venturelli (Le Mani, 1997) e con un ancor più scadente volumetto targato Newton & Compton curato da Antonello Sarno che non merita neppure di essere ricordato. La nuova edizione riveduta e ampliata del Dizionario analizza oltre 3.000 film. Il volume contiene 618 schede in più del recedente, per un totale di 3022, cinquanta delle vecchie schede sono state riscritte (in particolare quella de La settima tomba), sono stati operati aggiornamenti necessari e corretti piccoli errori. Le schede nuove si riferiscono in gran parte a film usciti nell’intervallo di tempo tra la prima e la seconda edizione, ma la ristampa è servita a recuperare diverse vecchie pellicole che per un motivo o per l’altro non erano state inserite nella prima edizione. Tra tutti citiamo: Lo spaventapasseri, Il rifugio del corvo, Ritratto in rosso, Angeli scatenati, Artigli (1991), Una candela per il diavolo, Atomic Reporter, Clown assassino, La casa che non voleva morire, La casa (The Dark Secrets of Harvest Home), Crystalbrain, Danger Island – L’isola maledetta, Forza bruta, Eredi di sangue, Il grattacielo della morte, Grida nel silenzio, La morte non esiste e Il mostro delle nevi.  Salvagnini ha ampliato la sezione inediti per fornire un quadro il più ampio possibile. Molta attenzione al cinema italiano. Sono state aggiunte nuove uscite come La terza madre, House of flesh mannequins, Shadow, AD Project, Bad Brains, Il bosco fuori, Cappuccetto rosso - Red Riding Hood, La casa della peste, Dekronos, Imago mortis e La maschera etrusca… L’autore ha recuperato alcuni film non inseriti nell’edizione precedente come Anemia, Estratto dagli archivi segreti della polizia di una capitale europea, Notte profonda, La pelle sotto gli artigli e Vampirismus. Ottimo anche l’indice dei registi che permette una rapida consultazione e così la ricerca di un’opera può essere inquadrata nell’ottica della produzione globale. Se andiamo alla voce Umberto Lenzi ci accorgiamo che ci sono proprio tutti gli horror realizzati dal regista maremmano, persino il pessimo Nightmare Beach che lui stesso ha ripudiato. Viene citato tra gli horror anche L’Esorciccio di Ciccio Ingrassia, un film sostanzialmente comico, una parodia de L’Esorcista ricca di trovate geniali e interessanti. Di Lucio Fulci non manca niente, c’è persino Dracula in Brianza con Lando Buzzanca, una via di mezzo tra horror e comico, ma fondamentalmente una commedia. Ruggero Deodato è citato persino con l’ottimo Vortice mortale (che il regista chiama La lavatrice), inedito in Italia, un film che ho dovuto vedere in olandese con sottotitoli in tedesco. Troverete persino Luigi Cozzi con l’ottimo Contamination (due stelle e mezzo) e il pessimo Paganini Horror (trash allo stato puro) e il recente The Torturer di Lamberto Bava, un discreto film che circola solo nel mercato dvd. Rudy Salvagnini realizza un ottimo lavoro dedicato al genere più fertile e longevo del cinema, un’opera puntuale, corretta, senza sbavature e imprecisioni. Basta guardarsi intorno per vedere quanti dizionari di cinema pubblicati da grandi editori sono infarciti di inesattezze e di grossolani errori. Un plauso anche al piccolo editore Corte del Fontego per aver contenuto il prezzo in limiti accettabili e per la cura editoriale davvero buona.

Gordiano Lupi - www.infol.it/lupi

sabato 27 agosto 2011

Pamela Prati e la tarda commedia sexy


Pamela Prati nasce a Ozieri nel 1958 - il suo vero nome è Paola Pireddu - ed è un’attrice, ballerina e showgirl che vive il momento di maggior successo nei primi anni Ottanta, grazie a trasmissioni televisive molto seguite che la fanno inserire nel mondo del cinema. Pamela comincia come fotomodella sul finire degli anni Settanta ed è proprio una sua foto sulla copertina dell’album Un po’ artista un po’ no di Adriano Celentano che le porta grande notorietà. “Ho fatto una copertina con Celentano... insomma nel 1980 non si faceva che parlare di me; ero su tutte le copertine più importanti, quotidiani, mensili, settimanali. Fu così che, senza aver fatto alla fine ancora niente di concreto, come un film da protagonista, ero diventata la donna che sognavano tutti gli italiani”, scrive Pamela Prati sul suo sito (http://www.pamelaprati.it/).

   La moglie in bianco… l’amante al pepe (1980) di Michele Massimo Tarantini (1980) rappresenta il suo debutto cinematografico. Si tratta di una commedia sexy interpretata da Lino Banfi, Pamela Prati, Susan Scott e Ria De Simone Il film è una coproduzione italo spagnola scritta e sceneggiata dal regista con la collaborazione di Luciano Martino, Bruno Di Geronimo, Giorgio Mariuzzo e José Vincente Puente. La fotografia è di Raul Perez Cubero, mentre le musiche sono di Sereno De Butti. Produce Luciano Martino per Nuova Dania - Medusa (Roma) e Arco Film (Barcellona). Distribuisce Medusa. Il film pare una volgarizzazione della commedia erotica e persino una parodia del precedente (riuscito) La moglie in vacanza… l’amante in città di Sergio Martino (1981). Altri interpereti sono Raf Baldassarre, Javier Viñas, Marisa Porcel, Bruno Minniti, Fiamma Migliore e Rafael Hernández. I Patanè avranno l’eredità del nonno solo se il giovane Gianluca (Baldassarre) farà un figlio entro l’anno. Il padre (Banfi), preoccupato per la scarsa virilità del figlio, gli trova come moglie un’infermiera ex spogliarellista (Prati). Mereghetti definisce il film come una farsa sguaiata e volgarotta, ma sono caratteristiche comuni a gran parte della commedia sexy. Il punto debole è la protagonista femminile: Pamela Prati è di bella presenza, ma non possiede grandi doti recitative, non è la stessa cosa di Edwige Fenech. La bella spagnola Nieves Navarro (in arte Susan Scott) non è più una ragazzina, ma come amante di Banfi si spoglia senza tanti problemi. Lino Banfi interpreta un ruolo stereotipato da papà del figlio imbranato: E come disse il sommo poeta nel canto trentatré, nessuna donna è mai andata in bianco con i Patanè. Per lui doppio ruolo, interpreta pure il nonno morente anticipa il suo futuro televisivo, ma soprattutto si sfoga con battute salaci in un divertente dialetto pugliese. Pamela Prati è molto nuda, supplisce con l’esibizione delle sue grazie a carenze recitative e sveglia il ragazzo dal torpore erotico con argomenti convincenti. Michele Massimo Tarantini imprime al film il solito ritmo da pochade con trovate surreali, gag fumettistiche e molto nudo. La commedia degli equivoci è alla base della storia e la bagarre finale con tutti impegnati a far l’amore in camere diverse è la degna conclusione.


Monsignor (1982) di Frank Perry vede Pamela Prati nel ruolo di una ragazza romana. Gli altri interpreti sono: Geneviève Bujold, Adolfo Celi e Christopher Reeve. La storia racconta le gesta di un sacerdote americano che dopo la seconda guerra mondiale viene chiamato in Vaticano per ricoprire incarichi prestigiosi che gli permettono di compiere ogni tipo di malefatte. Il sacerdote si dedica a speculazioni, omicidi, contrabbando e sfruttamenti. Imbastisce persino una torbida storia d’amore con una carmelitana, ma resta impunito nonostante i tanti intrallazzi che compie indisturbato. Il tono della pellicola è drammatico, ma la presenza di Pamela Prati come ragazza romana è soltanto coreografica.  
Mora (1982) di Léon Desclozeaux vede Pamela Prati interpretare una ragazza del night club. Il cast di questo film drammatico, che possiamo definire un noir ambientato nel mondo della criminalità romana, è basato su Philippe Léotard, Ariel Besse, Patrck Bouchitey, Stefania Casini, Bob Rafelson, Daniel Berloux e Dante Ferreti. Il regista Aldo Lado regala un veloce cammeo.  
Pamela Prati comincia a comparire in pose sensuali sulle copertine delle riviste, ma nel 1983 la vediamo senza veli nelle pagine della rivista Penthouse ed è una svolta ulteriore per la sua carriera. Pamela si mette d’impegno pure a studiare ballo, canto, dizione e recitazione. La sua notorietà cresce, al punto che il regista Pier Francesco Pingitore ritiene che possa essere una presenza importante per la compagnia del Bagaglino, che la lancia come showgirl televisiva.

Ironmaster - la guerra del ferro (1984) di Umberto Lenzi (firma Humphrey Milestone) è un film cavernicolo nato sull’onda del successo de La guerra del fuoco (1981) di Jean-Jacqes Annaud. Interpreti: Sam Pasco, Elvire Audray, George Eastman (Luigi Montefiori), Pamela Prati (soprannominata Pamela Field), William Berger, Giovanni Cianfrigla e Nello Pazzafini. La pellicola è scritta e sceneggiata da Dardano Sacchetti, Alberto Cavallone, Gabriel Rossini e Luciano Martino. Si racconta la storia di due cavernicoli rivali (Pasco ed Eastman) che lottano per ereditare il titolo di capotribù, ma la scoperta del ferro da parte del secondo sovverte gli equilibri e permette la costruzione di armi mortali. Gli autori inseriscono elementi di pacifismo in un contesto preistorico, ma è evidente l’ispirazione al precedente film francese. Pamela Prati è un bel vedere come cavernicola in abiti discinti, anche se viene doppiata per supplire ai limiti recitativi. Tra l’altro fa una brutta fine e Umberto Lenzi giura di aver girato undici volte la scena truce che la riguarda. Elvire Audray è molto carina, Luigi Montefiori è ai limiti del trash con il trucco che gli fanno indossare e Sam Pasco è un ignoto culturista - cavernicolo. I dialoghi sono pessimi e la ricostruzione - come regola del cinema italiano - realizzata con poche lire, ricorrendo a parrucche ridicole e costumi improponibili. Una via di mezzo tra Conan il barbaro e La guerra del fuoco, un ibrido irrisolto e incasinato tra due modelli. Le musiche sono di Guido e Maurizio DeAngelis. Circola su dvd con il titolo di Vindicator.

È arrivato mio fratello (1985) di Castellano e Pipolo è un film comico che si propone di bissare il successo de Il ragazzo di campagna (1984) e vede ancora una volta protagonista Renato Pozzetto. Il comico milanese riveste un doppio ruolo: un professore grasso e imbranato maltrattato da tutti e il fratello americano simpatico, spaccone ed emerito imbroglione. Il film si regge sulla comicità di un Pozzetto in buona forma che rende credibili e accettabili le situazioni più strampalate. Citiamo lo champagne bevuto in un scarpa: “Sa un po’ di tacco!”, ma è interessante anche la rilettura dello spot felliniano sui rigatoni Barilla. Ricordiamo il preside che tiranneggia Pozzetto: “Sa dove se lo deve mettere l’Amaro della Certosa?”. Risposta: “Nel curriculum?”. I ragazzini orinano in classe mentre lui declama La pioggia nel pineto di D’Annunzio. La fidanzata e la cameriera obbligano Pozzetto a mangiare carote per dimagrire mentre lui sogna rigatoni al sugo. Equivoci, scambi di persona, gag surreali sono il sale di una commedia che si guarda ancora con piacere. Pamela Prati non dice una parola, ma si limita a esibirsi in due sequenze di strip che la mostrano in babydoll e in tutta la sua conturbante bellezza. Renato Pozzetto osserva allupato realizzando l’immedesimazione tra spettatore e attore, tipica della commedia sexy. Il fratello estroverso prenderà il suo posto e riuscirà a portare a compimento il sogno di andare a letto con la bella vicina che soffre la lontananza del marito. Gli altri interpreti son la stupenda attrice nera Carin McDonald, scomparsa nel nulla, Beatrice Palme, Armando Bandini, Pamela Prati, Richard Harrison, Vincenzo Andronico e Maria Giovanna Elmi. Pamela Prati è niente meno che la vicina bona, anche se a far perdere la testa a due gemelli al punto di abbandonare Milano sarà - per citare una frase di lancio - la mulatta più appetitosa del cinema italiano. Da citare una bella sequenza finale sulla spiaggia che vede impegnati in un improbabile rapporto erotico Renato Pozzetto e Carin McDonald.

Hercules 2 (1985) di Luigi Cozzi ha come sottotitolo Le avventure dell’incredibile Ercole. Il primo Hercules è un film riuscito e il suo sequel, pur non essendo all’altezza del primo, presenta elementi di interesse. La storia è scritta e sceneggiata da Luigi Cozzi che inventa una narrazione fantastica intensa e coinvolgente, poi firma la regia come Lewis Coates e si fa aiutare da Daniele Del Giudice per la sceneggiatura e da Giancarlo Santi per la regia. Gli interpreti della pellicola sono la nota più dolente. Lou Ferrigno non è un mostro di recitazione, la sua parte è credibile solo per via dei muscoloni e della stazza fisica, ma quando apre bocca è un dramma. Viene doppiato abbastanza bene, ma l’impostazione scenica è la stessa che in Hercules I. Lou Ferrigno è ancora più pesante nei movimenti perché costretto a lunghe passeggiate con le due bellone di turno. Milly Carlucci è una pessima Urania, si doppia da sola con la sua voce da presentatrice televisiva ed è un’interpretazione che si ricorda solo per la bellezza del fisico. Sonia Viviani è pure lei bella quanto scarsa nei panni di Glaucia e anche nel suo caso va detto che la recitazione è un’altra cosa. Nel cast fanno brevi apparizioni anche Serena Grandi (Euriale), Pamela Prati (Aracne) e il transessuale Eva Robbins (Dedalo), presente anche in Hercules I nel ruolo di consigliere di Minosse. Altri attori sono la televisiva Alessandra Canale, Raf Baldassarre (Sostrato), Ferdinando Poggi, Venantino Venantini, Cindy Leadbetter, Paola Marcari, Sandra Venturini, Andrea Nicole, William Berger (un Minosse redivivo), Claudio Cassinelli (Zeus), Laura Lenzi (Flora), Margie Newton (Afrodite) e Maria Rosaria Omaggio (Hera). Ercole a un certo punto se la deve vedere con Aracne (una bella ma inespressiva Pamela Prati) in una grotta a forma di ragno e con le sue figlie che lo catturano con una rete di energia. Hercules II è un ottimo film per ragazzi che ancora oggi riesce a riunire genitori e figli per due ore di sano divertimento. 


Massimamente folle di Massimo Troiani (1985) è un film comico a episodi, interpretato da Francesca Romana Coluzzi, Carlo Croccolo, Oreste Lionello, Gianluigi Mariannini e Pamela Prati. Vorrebbe essere una satira ma scade nella farsa e neppure troppo riuscita perché non si ride molto. Il film racconta le gesta comiche di un commissario alle prese con quattro frati nudi, una professoressa dissenterica, un arbitro inseguito dai tifosi, un club dei brindanti e una sfortunata commissione di censura. Marco Giusti definisce la pellicola una supertrashata che vanta un cast da urlo. Da notare la presenza dello squallido sosia di Benigni, il terribile Mireno Scali che è scomparso nel nulla. Massimo Troiani non si è più cimentato ala regia dopo questo clamoroso insuccesso.

La televisione è nel futuro di  Pamela Prati che troviamo nel cast della fiction Le volpi della notte di Bruno Corbucci (1986) e nella miniserie Tutti in palestra (1987), che nel 1991 diventerà un film di Vittorio De Sisti. La popolarità televisiva è alle stelle e il successo di Pamela raggiunge il momento più importante con gli show Biberon (1988) e Crème caramel (1991 e 1992), dove è prima donna indiscussa. Ancora in televisione la vediamo su Canale 5 - accanto a Pippo Franco - per la prima edizione di La sai l’ultima? (1992), programma di successo riproposto anche nel 1993 e nel 1994.  Pamela Prati è sempre più richiesta in televisione per la sua prorompente  maliziosa bellezza mediterranea. Nel gennaio 1993 e nella primavera del 1994 affianca Teo Teocoli - su Canale 5 - per Scherzi a parte. La ricordiamo complice di alcuni scherzi ben riusciti. Nel 1996 è la spalla femminile di Gigi Sabani per lo show Re per una notte ma conduce anche Sotto a chi tocca (1996 e 1997), insieme a Pipo Franco. Ricordiamo la sua presenza anche nello speciale Sotto a chi tocca... a Capodanno, in onda il 31 dicembre 1996. Pamela Prati non abbandona il teatro leggero e il varietà, soprattutto con la compagnia del Bagaglino diretta da Pierfrancesco Pingitore, che si esibisce sul palcoscenico del Salone Margherita a Roma, ma tra il 1996 e il 1997 la vediamo impegnata anche con lo spettacolo Bentornata passerella.

Il cinema non è allo stesso livello del teatro leggero, perché i ruoli proposti a Pamela Prati sono improntati a un erotismo eccessivo all’interno di pellicole di scarso spessore. 
Riflessi di luce (1988) di Mario Bianchi è un erotico molto spinto interpretato da Pamela Prati, Jessica Moore (Luciana Ottaviani), Gabriele Tinti, Loredana Romito, Gabriele Gori e Laura Gemser. Mario Bianchi è regista che ha fatto molto hard, così come il produttore Mario Di Noia, ma in questo lavoro girato in economia non va oltre i limiti del soft. Il film è girato in digitale e si svolge tutto in una villa dove un gruppo di ricconi annoiati si dedica al sesso in ogni possibile forma. La noia regna sovrana, i dialoghi sono risibili e la storia è ai limiti del trash. Per fortuna Prati, Romito e Gemser tengono desti i sensi degli spettatori con frequenti esibizioni di nudi integrali. Non mancano sequenze erotiche bollenti e scene di lesbismo. Ricordiamo Loredana Romito e Pamela Prati impegnate in un insolito bagno nel giardino che mostra in trasparenza il seno della showgirl sarda. Troviamo la Prati intenta ad amoreggiare con Tinti sul letto in alcune pose spinte, ma soprattutto ancora con la Romito nel bagno e in alcune sequenze lesbiche molto credibili. Pamela Prati mostra con generosità il seno esuberante, ma anche gambe e glutei senza inibizioni. Quando recita le poche battute che le assegna il copione viene doppiata, ma nonostante tutto la credibilità è modesta. Resta una bellezza, esibita a piene mani, ma niente di più. La tecnica con cui è girata la pellicola è da film hard, il regista segue la lezione di Aristide Massaccesi e cerca di hardizzare il soft. Gabriele Tinti è al suo ultimo film: morirà per un tumore poco tempo dopo.  


Alien Transformations (1988) di Jay Kamen è una pellicola internazionale per la bella Pamela Prati, che debutta in un cast statunitense di un singolare erotico - fantascientifico. Interpreti: Rex Smith, Lisa Langlois, Patrick MacNee, Donald Hodson, Ann Margaret Hughes, Christopher Neame, Loredana Romito, Benito Stefanelli, Cec Verell e Pamela Prati. Durante un viaggio spaziale, Wolfgang Shadduck scopre a bordo una donna bellissima e affascinante che lo induce a un rapporto erotico. Pamela Prati interpreta la donna che al termine dell’amplesso si trasforma in un mostro repellente e scompare. Shadduck pensa di aver avuto un incubo e prosegue il viaggio fino a quando un’avaria lo costringe a un atterraggio su un pianeta che ospita una colonia penale. Qui il pilota conosce Miranda e se innamora, ma è sequestrato assieme a lei da un gruppo di detenuti evasi che vuole usare la nave per fuggire, ed è costretto a decollare dall’asteroide. Durante il volo, torna il mostro e a questo punto comincia la strage. Si tratta di una divagazione erotica sul tema della contaminazione e della possessione aliena, a tratti originale, ma non realizzata con buon gusto e usando metafore sofisticate. Nel cast ci sono due bellezze italiane come la Prati e la Romito, la nostra Pamela è addirittura il mostro protagonista della strage, anche se sotto forma di donna si vede lo spazio di una rapida apparizione e di un focoso  amplesso.

Io Gilda (1989) di Andrew B. White - nome di battaglia di Andrea Bianchi - avrebbe dovuto rappresentare il passaggio al porno di Pamela Prati, ma è soltanto un soft piuttosto spinto dove la nostra attrice fa la parodia di Rita Hayworth. In ogni caso è la protagonista assoluta, accanto a Gerardo Amato, Valentine Demy (Marisa Parra), Gras Vernon, Alex Berger e Luigi Soldati. Gerardo Amato è un gangster newyorchese che conosce Gilda, una bella ragazza che diventa la sua amante. Il boss fa di tutto per compiacerla, assume persino un autista privato che la porta in giro per una finta New York. Il film è girato a Roma, ma Bianchi vorrebbe far credere che ci troviamo negli Stati Uniti. La pellicola si sviluppa tra sesso e cadaveri ed è una via di mezzo tra il noir e l’erotico. Pamela Prati interpreta un altro  film scadente girato in digitale come Riflessi di luce ed è ancora una volta doppiata per le rare battute che pronuncia vestita. La tecnica è da film hard, anche se la Prati non va oltre un’esibizione generosa di seno, gambe e glutei accompagnata da episodici nudi integrali. I rapporti sessuali sono soltanto mimati, ma sono davvero calde le sequenze erotiche che vedono sulla scena Pamela Prati e Valentine Demy impegnate in un credibile rapporto saffico. La presenza di attori porno come Valentine Demy fa supporre che esista una versione più spinta.

Luna di sangue (1989) è un modesto horror di Enzo Milioni, apprezzato autore e regista teatrale, saltuariamente impegnato come sceneggiatore cinematografico e autore televisivo. Gli interpreti sono Jacques Sernas, Annie Belle, Zora Kerowa, Jessica Moore, Pamela Prati e Barbara Blasco. Ann soffre di turbe psichiche a causa di una mancata maternità e litiga continuamente con il marito, scrittore di successo. Jacques Sernas è il medico che cura la donna e vorrebbe ricoverarla nella sua clinica per evitare l’aggravarsi della patologia. A un certo punto Ann vede il marito morto ed effettivamente l’uomo non si trova più, ma la sua segretaria mostra a tutti una lettera di commiato che ne spiegherebbe l’assenza. Il medico si convince ancora di più che Ann è una visionaria, vorrebbe ricoverarla, ma lei rifiuta con decisione. Un anno dopo si presenta a casa un uomo che dice di essere il marito, ma Ann non lo riconosce e lo considera un impostore. Il problema è che le foto esposte in casa raffigurano proprio quell’uomo che si è presentato alla sua porta. La donna chiede aiuto al medico che insieme alla dottoressa Mirella riconosce il marito. Ann pensa di essere impazzita, ma come al solito niente è come sembra. La pellicola è inserita nella serie Lucio Fulci Presenta, risente di una confezione televisiva da horror modesto, parte da una buona idea ma si sviluppa senza molta suspense. Il finale non rispetta le attese e la cosa migliore sono i personaggi tratteggiati con ambiguità misteriosa, da buon autore teatrale. Il cast è interessante, ricco di vecchie glorie anni Settanta e di belle presenze femminili. Pamela Prati, al solito, spicca per bellezza e superba resa scenica, ma non per eccelse qualità recitative.

Una donna da guardare (1990) di Michele Quaglieri è un erotico -soft molto spinto scritto da Riccardo Ghione e fotografato da Remo Grisanti. La musica è di Gianni Sposito e il montaggio è curato da un autore hard come Mario Bianchi. Interprete Principale è Pamela Prati, la donna da guardare del titolo, insieme a mauro Vestri, George Ardisson, Cinzia De Carolis, Elisabetta Focardi e Sonia Topazio. Pamela Prati è una psicologa che cura a suo modo l’impotenza di uno stilista di moda. Pure per questo film c’è il sospetto che sia stata girata una versione hard, vista la presenza di nomi che hanno sempre lavorato in quel settore. 
Le interpretazioni cinematografiche di Pamela Prati che si succedono alla fine degli anni Ottanta sono tutte rivolte al tentativo di far entrare la showgirl nel mondo del porno. La Prati non cede alla tentazione, mostra molto, partecipa a produzioni di dubbio gusto, ma resta nei limiti di un erotico spinto, senza compiere il passo decisivo che la porterebbe nel mondo dell’hard.

Pamela Prati torna alla commedia con Tutti in palestra (1991) di Vittorio De Sisti, versione cinematografica di un format televisivo di successo. Gole ruggenti (1992) di Pier Francesco Pingitore è il Bagaglino al cinema con Pippo Franco, Pamela Prati, Valeria Marini, Leo Gullotta, Martufello, Jo Squillo, Morgana Giovannetti, Mita Medici, Maurizio Mattioli, Gianfranco Barra, Stefano Antonucci, Toni Ucci e Pier Maria Cecchini. Marco Giusti lo definisce un tv-movie e non ha tutti i torti, perché Pier Francesco Pingitore scrive, sceneggia (in collaborazione con Carla Vistarino) e dirige una farsa ispirata a spettacoli televisivi di successo come Crème Caramel e Champagne, impiegando il cast comico e femminile al gran completo. La showgirl più giovane Valeria Marini conquista la scena ai danni di una Pamela Prati in fase calante e si impone all’attenzione del pubblico. Pingitore mette in farsa un Sanremo trash con Pippo Franco presentatore, Maurizio Mattioli impresario e Gianfranco Barra sceneggiatore. Le canzoni finte sono la cosa più comica della pellicola (Mi fai schifo, Non ho più piume sul culo, C’è una Topa sulla Tipo…), ma tutto il resto è da dimenticare, soprattutto la trama a metà strada tra Tangentopoli e corruzione discografica. Pamela Prati è la conduttrice Alida Spada, mentre Valeria Marini è l’annunciatrice Sabrina che recita una poesia come se fosse una bimba scema. Pingitore graffia abbastanza e i riferimenti alla realtà di un Festival di Sanremo dove comandano i discografici sono evidenti. I momenti comici sono molti, ruspanti e genuini, anche se le risate sono sguaiate e qualunquiste in puro stile Bagaglino.


Pamela Prati torna alla fiction televisiva con Olimpo Lupo cronista di nera (1995) di Fabrizio Laurenti, un modesto poliziesco scritto e sceneggiato dal regista con la collaborazione di Carlotta Ercolino, Gioele Dix e Bruno Olivieri. Tra gli attori ricordiamo Gioele Dix, Amanda Sandrelli e Stefano Masciarelli. Produce Mediaset per Canale Cinque. 
La palestra (2003) di Pierfrancesco Pingitore è un altro tv-movie che vede all’opera Pamela Prati e Valeria Marini, il passato e il presente del Bagaglino, pure se adesso rappresentano entrambe il passato a vantaggio di Aida Yespica. Il film è pessimo ed è girato tutto in interni, per la precisione in un centro fitness dove si consumano amori e tradimenti. I protagonisti sono prelevati dal Bagaglino e Maurizio Mattioli è una sorta di gran cerimoniere che introduce le situazioni comiche. I protagonisti delle storie sono veri stereotipi: mariti che tradiscono le mogli e viceversa all’interno della palestra. Prati e Marini si riconciliano per l’occasione, dopo tante liti sul palcoscenico del Bagaglino e sono le vere mattatrici. Il film nasce per la televisione ma esce sul mercato Home Video.

Di che peccato sei? (2007) di Pier Francesco Pingitore è l’ultima commedia televisiva interpretata da Pamela Prati che vede all’opera l’intero cast del Bagaglino, aggiornato agli ultimi acquisti. Pippo Franco conduce le operazioni affiancato da Tosca D’Aquino, Antonio Giuliani, Biagio Izzo, Cristiano Malgioglio, Maurizio Mattioli, Valentina Persia, Enzo Salvi, Aida Yespica, Leo Gullotta, Matilde Brandi, Gian, Manlio Dovi, Andrea Roncato, Pier Maria Cecchini. Un monaco introduce sette episodi, ispirati ai peccati capitali: gola, lussuria, ira, invidia, superbia, pigrizia e avarizia. Sette storie di vita quotidiana, ambientate nel mondo della finanza, dei reality show, della televisione, dell’ambiente familiare e delle carceri. Niente di più che una fiction televisiva girata a ritmi blandi, comicità qualunquista e di grana grossa stile Bagaglino, qualche bella ragazza discinta e poco altro.

Pamela Prati la ricordiamo anche in molti spettacoli televisivi. Nel 2001 è prima donna nello show comico Saloon, ma successivamente è nel cast di Marameo (2002), Mi consenta (2003), Barbecue (2004), Torte in faccia (2005 – 2006) e Bellissima - cabaret anticrisi (2009). La compagnia del Bagaglino si caratterizza per la presenza di un gruppo di attori interessanti tra i quali spiccano Pippo Franco, Oreste Lionello, Leo Gullotta, Martufello e alcune bellezze discinte come Valeria Marini, Pamela Prati e recentemente Aida Yespica. Si tratta di una comicità innocua e qualunquista, basata su facili battute, imitazioni, canzoncine ironiche e balletti che mostrano procaci bellezze femminili. Niente che danneggi il potere, nessuna satira graffiante, ma soltanto leggere allusioni politiche e  luoghi comuni. In ogni caso il programma piace e viene replicato per anni sotto titoli diversi, ispirandosi alla realtà politica. Abbiamo vissuto il Bagaglio da Craxi a Berlusconi, cambiando imitatori e personaggi, ma sorridendo sempre delle stesse battute. Un ricordo speciale lo merita Oreste Lionello, grande imitatore di Giulio Andreotti e fine umorista recentemente scomparso.

Pamela Prati continua a fare televisione. Nel 2004 partecipa al reality show Il ristorante, condotto da Antonella Clerici e nell’autunno del 2008 ricopre il ruolo di opinionista nel reality L’isola dei famosi. Preferisco non sapere che cosa voglia dire fare l’opinionista in un programma come L’isola dei famosi, che non mi sogno di guardare. Voglio ricordare Pamela Prati come icona del Bagaglino e della commedia sexy italiana del periodo decadente.  
Pamela Prati incide pure qualche disco nel corso della sua carriera, soprattutto sigle televisive negli ani Settanta e Ottanta. Ricordiamo Menealo o Que te la pongo, scritte da Donatela Rettore, vere rarità nel mercato da collezione di vinile, perché pubblicate anche in formato mix da 12 pollici. Nel 2007 incide il singolo Papelon.


FILMOGRAFIA DI PAMELA PRATI

La moglie in bianco… l’amante al pepe di Michele Massimo Tarantini (1980)
Monsignor di Frank Perry (1982)
Mora di Léon Desclozeaux (1982)
Ironmaster, la guerra del ferro di Umberto Lenzi (1984)
È arrivato mio fratello di Castellano e Pipolo (1985)
Hercules 2 di Luigi Cozzi (1985)
Massimamente folle di Massimo Troiani (1985)
Le volpi della notte di Bruno Corbucci (1986) (TV)
Tutti in palestra (1987) (miniserie TV)
Riflessi di luce di Mario Bianchi (1988)
Transformations di Jay Kamen (1988)
Io Gilda di Andrew B. White (1989)
Luna di sangue di Enzo Milion (1989)
Una donna da guardare di Michele Quaglieri (1990)
Tutti in palestra di Vittorio De Sisti (1991)
Gole ruggenti di Pier Francesco Pingitore (1992)
Olimpo Lupo cronista di nera di Fabrizio Laurenti (1995) (TV)
La palestra di Pierfrancesco Pingitore (2003) (TV)
Di che peccato sei? di Pier Francesco Pingitore (2007) (TV)

Tratto dal mio libro inedito PROFUMO DI DONNA - da Silvia Dionisio a Ornela Muti (Profondo Rosso - in preparazione)



Souvenir d'Italie (1957)

di Antonio Pietrangeli


Souvenir d’Italie (1957) è un buon film di Antonio Pietrangeli, interpretato da June Laverick, Isabelle Corey, Inge Schoener, Vittorio De Sica, Alberto Sordi, Massimo Girotti, Gabriele Ferzetti, Mario Carotenuto, Antonio Cifariello e Dario Fo.

Vittorio De Sica

Tre avvenenti straniere (June Laverick, Isabelle Corey e Inge Schoener) girano l’Italia in autostop, perché vogliono essere indipendenti e non desiderano chiedere soldi ai genitori. Nel loro tour incontrano diversi tipi di maschio italiano. Vediamo un conte galante che concede ospitalità nella sua residenza trasformata in albergo (De Sica), un mantenuto sbruffone che vorrebbe scappare ma non riesce a liberarsi della vecchia amante (Sordi), un compito avvocato che s’innamora della ragazza più matta del terzetto (Ferzetti), un meccanico che studia storia romana per far colpo su una delle ragazze e finisce per innamorarsi (Cifarello), un autista intraprendente che vorrebbe portarsi a letto una ragazza (Carotenuto) e un professore di storia dell’arte che è stato prigioniero in Inghilterra ai tempi della guerra (Girotti). Siamo ancora nel campo del neorealismo rosa, pura commedia scanzonata senza implicazioni sociali, ma non mancano i riferimenti erotici, perché le interpreti femminili sono autostoppiste straniere a caccia d’avventure. I tempi non sono maturi per osare molto e Pietrangeli per mostrare le grazie delle tre attrici deve ricorrere all’escamotage di un bagno in mare. Le parti romantiche risultano datate e tropo sentimentali, inclini al gusto per il fotoromanzo e per il romanzo d’appendice, ma lo spettatore deve fare lo sforzo di storicizzare la pellicola.

Alberto Sordi

Il regista gira una gustosa commedia che ironizza sul vitellone italiano, sceneggiata insieme a Dario Fo (pure attore), Armando Crispino, Age e Scarpelli. Molto bravo Sordi nel ruolo del mantenuto da una vecchia signora che vorrebbe scappare insieme a una giovane autostoppista. Il suo personaggio del tipico italiano medio, profittatore, intrallazzone, inaffidabile, pronto a correre dietro la prima gonna che vede, è perfetto. Suona persino il mandolino e canta canzoni d’amore per la vecchia che lo mantiene, realizzando lo stereotipo classico del maschio italiano.

Massimo Girotti

Non è da meno De Sica che interpreta il ruolo del nobile decaduto, galante e signorile, che non sopporta i turisti volgari ai quali è costretto ad affittare una residenza signorile. Bravi anche Ferzetti e Girotti nei panni di due innamorati compiti, per niente vicini al cliché del vitellone italico, ma sinceri nei loro sentimenti.

Gabriele Ferzetti

La pellicola è un ottimo strumento di propaganda turistica per il nostro paese, perché a tratti assurge al ruolo di cartolina illustrata degli angoli più suggestivi di Venezia, Pisa, Firenze e Roma. Il lieto fine all’aeroporto non è il massimo, ma non dimentichiamo che si tratta di una commedia del neorealismo rosa. Un film da riscoprire.


Per vedere una parte dell'episodio interpretato da Alberto Sordi: http://www.youtube.com/watch?v=aNqol9caRNc

venerdì 26 agosto 2011

La ragazza alla pari (1976)

di Mino Guerrini


Mino (Giacomo) Guerrini nasce a Roma nel 1927 e muore a Rimini nel 1990. Comincia come giornalista, si dedica al cinema nelle vesti di sceneggiatore e attore, quindi firma molti film come regista comico, ma anche buone pellicole horror e noir. Guerrini è un artigiano che secondo la tradizione del cinema di genere italiano sa fare un po’ di tutto e dispone di buona tecnica. Non abbandona mai l’attività di sceneggiatore, perché ama la scrittura di una pellicola e lo ricordiamo autore di Buio omega, Tre tigri contro tre tigri e Bolidi sull’asfalto a tutta birra. Il suo film più riuscito da regista è Il terzo occhio (1966), ma il pubblico lo ricorda per alcune pellicole con Franco e Ciccio (Scusi ma lei paga le tasse? e Riuscirà l’avvocato Fanco Benenato a sconfiggere il suo acerrimo nemico il pretore Ciccio De Ingras? - 971),  un paio di decamerotici (Decameron n. 2, Gli altri racconti di Canterbury - 1972) e soprattutto per la saga del colonnello Buttiglione. 


La ragazza alla pari (1976) è un’eccezione nella sua produzione, perché rappresenta l’unica vera commedia sexy di un regista più portato al comico puro. La pellicola è sceneggiata da Paolo Barberio, le scenografie sono di Renato Postiglione, la fotografia (non immune da difetti) di Pierluigi Santi, i costumi di Andrea Viotti, il montaggio di Renato Cinquini e le musiche di Pulsar. Interpreti: Gloria Guida, Rossella Como, Oreste Lionello, Carlo Giuffrè, Loretta Persichetti, Patrizia Webley (De Rossi), Enzo Crocitti, Gino Pagnani e Dada Gallotti.
In un primo tempo ho visto la versione spagnola intitolata Camarera de alquiler - Una chica para todos, perché il film italiano non è di facile reperibilità. Mi sono perso alcune battute, ma soprattutto il doppiaggio in castigliano è così mal fatto che le interpretazioni di Carlo Giuffrè e Oreste Lionello perdono efficacia. In tempi recenti ho visto la versione italiana, grazie a una copia reperita presso amici, non so fino a che punto integrale. La ragazza alla pari è un film minore di Guerrini, una delle commedia sexy più modeste interpretate da Gloria Guida, ma la pellicola italiana permette di apprezzare alcune (poche) battute riuscite e la verve comica dei due comici principali. La storia si riassume in poche righe.

Gloria Guida

La ragazza alla pari racconta le esperienze erotiche di Domenica, procace e ingenua contadina che arriva a Roma dalla Val Brembana per impiegarsi come ragazza alla pari presso la famiglia Chiocchietti. Stranissimo che una bergamasca parli con spiccato accento veneto, ma tant'è, forse le servette degli anni Settanta dovevano essere caratterizzate da quel tipico modo di parlare. Nel condominio ne accadono di tutti i colori. La ragazza viene concupita dal padrone di casa (Lionello), avido e lussurioso, che la spia e la tocca come e quando può. Una matura prostituta le procura appuntamenti galanti, una professoressa lesbica vorrebbe  sposarla, la portiera la tratta come una mignotta, un condomino spiantato come Giuffré tenta di farsela mentre la figlia diventa la sua migliore amica. Domenica finisce per andarsene con un uomo politico e in un assurdo finale soddisfa le voglie erotiche di un vecchio sporcaccione che vuole vedere le sue parti più intime prima di morire.

Oreste Lionello

Il regista regala alcune intuizioni geniali, su tutte citiamo le sequenze iniziali che scorrono insieme ai titoli di testa a scena iniziale con Domenica che divide lo scompartimento di un treno con un giovane intellettuale intento a leggere Semantica sull’eufemismo mente lei sfoglia Famiglia Cristiana. La caratterizzazione di Gloria Guida come sprovveduta campagnola è perfetta: calzettoni spessi di lana, trecce, occhialoni, vestito fuori moda, scarpe grosse, maglione pesante e cappotto grigio. Al tempo stesso Guerrini non abbandona gli stereotipi della commedia sexy e realizza una scena stile Malizia sul vagone del treno mentre la Guida ripone la valigia sul portabagagli. Il mix malizia - ingenuità è perfetto: Gloria Guida resta l’attrice migliore per la caratterizzazione della lolita inesperta. L’intuizione geniale di Guerrini consiste nella trovata delle gallerie che permettono ai ragazzi di toccarsi e baciarsi per poi tornare alle normali occupazioni. Un tentativo divertente di ironizzare su vizi privati e pubbliche virtù, in un periodo storico fondato su finto perbenismo e stucchevole morale cattolica. Le gallerie consentono di inserire i titoli di testa e permettono allo spettatore di intuire il rapporto erotico dalla scena successiva che mostra i ragazzi sconvolti. Il film parte bene, ma non mantiene le promesse, anche se Oreste Lionello è bravo a interpretare il padrone di casa guardone e perennemente arrapato. Guerrini inserisce alcune scene a imitazione di Malizia con la Guida che passa il cencio in terra, si fa spiare in camera e resta seminuda dopo alcuni strip involontari. Lionello sdrammatizza la tensione erotica con improbabili conseguenze come il bidé incastrato nel piede, la testa tra le sbarre di una finestra e il boiler che esplode. Tutto come conseguenza per aver spiato la bella ragazza alla pari. Lionello è un laido gestore di un negozio di oggetti sacri, avido e spilorcio, commercia con i preti, ma le donne sono la sua passione segreta. Carlo Giuffrè è un altro erotomane del condominio, sempre in cerca di soldi e di sederi femminili da tastare, padre di una bella figlia che fa accasare con un ricco quanto sciocco imprenditore (Crocitti). 
Carlo Giuffrè

La famiglia Chiocchietti affitta Domenica a tutto il condominio, una variante narrativa che serve per inserire nuove situazioni erotiche. “Un buon culo vale più di due lauree per fare carriera”, dice una matura prostituta mentre veste Domenica con abiti sexy e la convince a gettare le vesti fuori moda da contadina. Le sequenze erotiche ono numerose e ben girate con generosi primi piani che Guerrini realizza sulle parti più intime di una giovanissima Gloria Guida. Non ha diciassette anni e mezzo come nella finzione cinematografica, ma ventuno, in ogni caso la bella meranese è il ritratto di sensualità e malizia. Molto buona una parte che vede la Guida fare esercizi ginnici sul balcone, mentre un ragazzino si masturba, una lesbica si tocca, un imbianchino si distrae, dipingendo persiane e volto del ragazzo. Pura commedia sexy ben gestita da Guerrini che alterna momenti erotici e situazioni ai limiti della farsa. Il rapporto con la professoressa lesbica fa parte di un cliché narrativo che Gloria Guida subisce in molte interpretazioni, forse perché la sua bellezza è così genuina che si presta a tale caratterizzazione. Ricordiamo scene bollenti con Dagmar Lassander (Peccati di gioventù), Lilli Carati (Avere vent’anni) e Ilona Staller (La liceale).
La bellissima Gloria Guida

Guerrini non eccede sul lato morboso, calca la mano sulla parte comica, insiste sulla poca cultura della contadina che a un certo punto domanda pure se Petrarca abita nel condominio e quando la professoressa lesbica vorrebbe leggere De Sade risponde: "No, sono de val brembana". Gino Pagnani interpreta una breve sequenza comica che sdrammatizza l’erotismo della pellicola, un incidente causato dalle grazie di Gloria Guida. Carlo Giuffré - commerciante di animali - è protagonista di una ridicola caccia alla scimmia che finisce in un cinema dove si proietta proprio Fuga dal pianeta delle scimmie. I fraintendimenti sono il sale di alcune scene noiose e ripetitive, girate con una fotografia errata, perché il cinema è illuminato a giorno. Si raggiungono eccessi trash con la scimmia che fruga nei pantaloni di uno spettatore convinto che sia la sua ragazza, ma anche con Giuffrè che pensa solo a tastare il sedere della Guida e a toccarle il seno. Enzo Crocitti è un fidanzato ricco e balbuziente della figlia di Giuffrè che sta con lui per soldi, ma se la fa anche con altri ragazzi più dotati e furbi. Il rinfresco per festeggiare il fidanzamento è pura farsa a base di bottigliate in faccia, dolci che bruciano ed equivoci tipici del cinema muto. Gloria Guida velata di nero con il seno in bella evidenza ci ricorda che siamo in una commedia sexy. Domenica sfugge alle attenzioni della professoressa lesbica, a un certo punto si ritrova tra le braccia di un politico, un deputato tenta di farsela ma viene interrotto sul più bello.


Il finale ricorda la pochade e mette in scena una vera e propria bagarre tra i componenti del condominio che litigano e si picchiano a più non posso, come su un set del cinema muto. Cala il silenzio e tutti smettono di fare a botte quando affacciandosi a un balcone si rendono conto che la ragazza alla pari se ne sta andando, vestita con eleganza e con la valigia in mano. La sua scelta di vita segue le istruzioni della matura prostituta: diventare ricca, far fruttare il capitale erotico che possiede. Il potente politico è venuta a prenderla con un’auto blu, la porta in una residenza principesca, dove la presenta al padre e al nonno, in fin di vita. La scena finale la vedrà far felice per l’ultima volta un vecchio sporcaccione. Il finale è geniale come le sequenze iniziali, perché assistiamo a un malizioso sollevarsi della gonna di Gloria Guida - tra montaggio alternato e ralenti - che mostra le parti più intime al nonno del politico. L’uomo muore soddisfatto proprio mentre arriva la parola fine e chiude la scena più maliziosa del film. La pellicola regge ancora nonostante il tempo passato e in fin dei conti diverte dispensando un pizzico di malizia, ma consiglio di procurarsi la versione italiana che consente di gustare meglio la parte comica. Tanto per citare una battuta che in castigliano si perde, quando la servetta che pulisce le scale paragona Gloria Guida rivestita a nuovo a "una bella valletta televisiva che si è messa a fare i film zozzi"! Noi sappiamo che sta parlando di Sabina Ciuffini, fresca interprete di Oh mia bella matrigna! (1976) di Guido Leoni. 
Tra le curiosità citiamo Mino Guerrini in un breve cammeo: è il signore che esce dalla sala cinematografica e litiga con Giuffrè che cerca la scimmia. Presenze sexy oltre a Gloria Guida: Dada Gallotti è la bella professoressa lesbica che in alcune sequenze ci concede la visione di un seno prorompente, ma anche Patrizia De Rossi (Webley) nei panni della disinibita figlia di Giuffrè, Loretta Persichetti, matura prostituta che istruisce Domenica e Cristiana Lionello, servetta condominiale che dopo tante vessazioni si ribella alla megera portinaia Alessandra Vazzoler. Rossella Como è la moglie di Lionello, borghese e perbenista, ma solidale con il marito nello sfruttare la ragazza alla pari. Abbiamo già detto del titolo iberico. In Germania esce come Ein Flottes Hausmädchen (82' contro i 93' italiani, come afferma Roberto Poppi). 

Gordiano Lupi

mercoledì 24 agosto 2011

Nasce la fondazione cinematografica del cinema “cult”


Per salvaguardare il “cinema di genere” attraverso la conservazione e la promozione culturale. 

Palermo, Agosto 2011. DBCult Film Institute, la fondazione no-profit che archivia il patrimonio cinematografico, è stato inaugurato qualche settimana fa. Il gruppo si prefigge lo scopo di preservare dal decadimento i film “cult”, mantenerne la qualità nel tempo, consentendo la trasmissione futura e la promozione della cultura cinematografica.
L’organizzazione descrive se stessa come “l’istituto della memoria cinematografica”. In quaranta anni di lavoro ed in collaborazione con altre fondazioni e collezionisti privati, ha recuperato film di culto in diversi formati. Inoltre, è stato realizzato un archivio che raccoglie le pubblicazioni relative ai film (libri, riviste specializzate, cineromanzi, brochure, poster, foto di scena, fumetti cinematografici, colonne sonore e così via). DBCult Film Institute è gestito da studiosi di cinema, scrittori e persone che lavorano all'interno dell'industria cinematografica. La cineteca dispone di una vasta banca dati che fornisce informazioni relative alle produzioni, pubblicazioni e articoli di stampa, focalizzando l’interesse sul “cinema di genere”.  I dirigenti del Gruppo promuovono regolarmente attività museali e mostre pubbliche, allo scopo di comunicare la cultura cinematografica e favorirne la diffusione.

DBCult Film Institute archivia regolarmente i contenuti della sua cineteca nel suo sito web: http://www.dbcult.com/, realizzato in inglese a sottolineare ancora di più il respiro internazionale e l’interesse l’utenza estera della Fondazione. DBCult Film Institute, con sede a Palermo, è tra le fondazione leader nel settore del cinema “cult”, ed è specializzata nella sua valorizzazione.

martedì 23 agosto 2011

Incontri molto… ravvicinati del quarto tipo (1978)

di Mario Gariazzo e Gianfranco Baldanello
Quando il trash si fa cinema


Interpreti: Maria Baxa, Monica Zanchi, Marina Daunia, Mario Maranzana, Alessio Pigna, Orazio Donati, Calogero Buttà, Jimmy il Fenomeno (Luigi Origine Soffiano). Regia di Roy Garrett (Mario Gariazzo) - ultimata da Gianfranco Baldanello (non accreditato). Soggetto e sceneggiatura: Roy Garrett. Fotografia: Aldo Greci. Musica: Alessandro Alessandroni. Montaggio: Vincenzo Tomassi.


Incontri molto… ravvicinati del quarto tipo è un film dichiaratamente trash che è diventato oggetto di culto, anche perchè è introvabile sul mercato dell’Home Video. Non credo ne abbiano mai fatto una VHS e non è mai uscita un’edizione masterizzata su DVD, ma ritengo che l’operazione meriterebbe. Il film è originale anche nelle vicende produttive, viene scritto e sceneggiato da Mario Gariazzo come parodia di Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) di Steven Spielberg, ma non il regista non lo termina a causa di un curioso incidente sul set. Mario Maranzana  deve utilizzare un fucile per motivi di copione, solo che per errore spara un colpo di doppietta sul regista e lo manda all’ospedale. La produzione corre ai ripari e chiama a sostituirlo Gianfranco Baldanello, regista attivo nell’erotico - campagnolo (il film si svolge in campagna), rapido nell’esecuzione e maestro nell’arte di arrangiarsi. La pellicola viene terminata in tempi brevi seguendo il canovaccio indicato da Gariazzo, ma accentuando gli aspetti erotico - trash cari a Baldanello. Gariazzo non ama Incontri ravvicinati… perché è venuto diverso da come avrebbe voluto, ma tutto sommato è un cult del trash proprio per questo motivo.


Incontri molto… ravvicinati del quarto tipo è la povertà tecnica fatta pellicola, l’esempio di come negli anni Settanta si poteva fare un film partendo da due belle attrici disponibili a spogliarsi, una storia squinternata e tanta buona volontà. Maria Baxa è la protagonista principale, nei panni di una sensuale professoressa di astrofisica che vive con la servetta veneta (Monica Zanchi) in un casolare di campagna e sogna di avere un contatto con gli extraterrestri. Mario Maranzana e Marina Daunia sono i solerti vicini di casa che accorrono per difendere le due ragazze dalla presunta invasione extraterrestre. Maria Baxa è una deliziosa jugoslava di Belgrado che non ha lavorato molto nel cinema italiano, ma quel poco che ha fatto è stato quasi esclusivamente nel campo dell’erotico e del poliziottesco. Incontri molto ravvcicinati… è il suo ultimo film, quello che si ricorda di una poco brillante carriera, soprattutto per una storia che a livello di erotico - trash non ha uguali. Maria Baxa sembrava destinata a una carriera prolifica, anche perché il produttore Dino De Laurentis l’aveva messa sotto contratto per tre anni e la voleva portare negli Stati Uniti, ma in realtà interpretò solo una decina di film. La bella slava dai biondi capelli ricci e gli occhi azzurri a un certo punto della sua vita abbandonò il cinema per dipingere quadri e stoffe. Forse ha fatto bene, perché dopo un film così trash come Incontri ravvicinati del quarto tipo sarebbe stato difficile consegnare alla storia del cinema di genere qualcosa di altrettanto memorabile. Questo film negli anni Ottanta veniva passato a ripetizione sulle televisioni libere e lo abbiamo visto quasi tutti. Peccato che pochi abbiano tenuto copia. Un film trash come questo meriterebbe di essere studiato per capire cosa poteva realizzare l’inventiva del cinema italiano con una macchina da presa e un set senza tante costrizioni, se non quella di spendere poco.


Accanto all’affascinante Maria Baxa c’è la bella e sensuale Monica Zanchi, pure lei al suo ultimo film, che ricordiamo attrice di Joe D’Amato nella serie Emanuelle con Laura Gemser. Marina Daunia delizia lo spettatore con l’esposizione di un sedere affacciato alla finestra e concupito più volte dai tre finti extraterrestri. Mario Maranzana rappresenta l’elemento di comicità come contadino imbranato che prende il fucile per scacciare gli alieni, resta irretito dalla vista delle belle vicine in atteggiamenti saffici e viene fatto cornuto più volte dai ragazzi che si fanno una moglie consenziente. Alessio Pigna, Orazio Donati e Calogero Buttà sono tre sconosciuti, molto bravi nella parte degli studentelli arrapati che si travestono da extraterrestri per scopare professoressa, serve e moglie del contadino. Jimmy il Fenomeno è il custode di un teatro che presta i costumi da alieni ai tre studenti. Il merito di aver spinto l’acceleratore sulla  componente erotica è di Baldanello, mentre Gariazzo avrebbe voluto girare un comico - fantascientifico meno spinto. La storia è proprio assurda. Tre studenti si fingono extraterrestri per sedurre una professoressa di astrofisica che si chiama Emanuelle (Maria Baxa) e la cameriera veneta Monica Zanchi. Memorabile la canzonetta della sigla: “Siam venuti sulla terra con pacifiche intenzioni, non rompeteci i coglioni ma lasciateci scopar…”. Sono molte le sequenze trash da citare. Si comincia con una lezione di astrofisica all’università con i tre studenti che inseriscono foto di culi e di accoppiamenti erotici mentre la professoressa spiega i buchi neri. L’allegoria è sottile, soprattutto perchè subito dopo arrivano le domande e i tre studenti vogliono sapere se gli extraterrestri scopano, fottono o chiavano. I tre ragazzi si travestono da extraterrestri con ridicole tute munite di un tubo ricurvo che collega la bocca al petto, un elmo con lampada in testa, stivaloni neri e fucili giocattolo luminosi. Vogliono fare uno scherzo alla professoressa e mettono in scena un finto atterraggio nel bosco con fumo rosso e fuochi d’artificio. Una delle parti più trash è l’ingresso in casa quando circondano Maria Baxa e la obbligano a spogliarsi fischiettando un improbabile linguaggio alieno. Vediamo la Baxa in tutto il suo splendore e i ragazzini fischiettano cose censurate, mentre il regista inserisce nei sottotitoli persino la traduzione dei commenti. Arriva Maranzana con il fucile colpevole di aver messo fuori gioco Gariazzo e si produce in una sequenza tipica della commedia sexy, perchè invece di mettere in fuga i marziani spia la professoressa nuda. Gli alieni che fischiettano arrivederci e se ne vanno sono il massimo del trash, ma anche Maranzana che spara al lampadario perché guarda il culo della professoressa non è male.  Come disse Giusepe Garibaldi alla battaglia di Aversa ogni lasciata è persa, affermano i tre studenti. E si va avanti. Tornano all’assalto e analizzano a fondo la professoressa come cavia erotica, ma non si accontentano di lei, vogliono spogliare pure la serva. In una prolungata sequenza erotica si nota la mano di Baldanello che inserisce spezzoni con altra colorazione, qualificabili come inserti porno, per insistere su particolari anatomici. Un marziano disegna, uno accarezza e tocca le due donne, un altro è in cucina che svuota il frigo e pensa soltanto a mangiare. L’alieno che beve Coca Cola con l’imbuto è un’altra scena delirante da non perdere. A questo punto arriva Maranzano e fa scappare gli alieni mentre le due donne completano l’opera con un rapporto saffico ricco di particolari e di inserti porno alla Baldanello. Accenni di commedia sexy li troviamo con Maranzano e la moglie alla finestra mentre spiano il rapporto, l’uomo viene colpito da una bastonata e i finti alieni si fanno la moglie dopo aver sollevato la gonna e scoperto un sedere niente male.  Ci volevano i marziani per farti tornare come una volta! afferma la moglie entusiasta. Ma non è stato il marito… Maranzana imbraccia il fucile e comincia la caccia ai marziani di merda (sic!) che l’hanno fatto cornuto, imprecando alla bottana spaziale di vostra madre, da buon siculo geloso. La moglie è allupatissima, cambia carattere, diventa allegra e gioviale, racconta l’esperienza erotica alla professoressa e alla serva che vorrebbero provare il sesso alieno. Racconta la scopata e accarezza sensualmente un manico di scopa come se fosse un membro umano. La metafora non è di grande finezza ma rende bene l’idea. Alla fine dice: “Scoperanno anche come mettere una spina… come dice lei… ma era una gran bella spina… se lo sapevo sposavo un elettricista!”. Maranzana scambia i tre studenti nell’auto per omosessuali, qualcuno ha rubato i loro abiti borghesi e devono dormire nudi, ma non sospetta niente.


Vediamo un nuovo rapporto erotico - trash sul prato tra due marziani e le belle protagoniste, ma ancora Maranzana interrompe la scena e fa scappare i ragazzi. Il bello è che si rifugiano in casa del contadino dove sorteggiano chi deve scopare per primo la moglie del contadino, già pronta alla finestra con il sedere disponibile. Da citare come massimo del trash i pensieri elettrici di Marina Daunia che ricorda le affermazioni della professoressa su come fanno l’amore i marziani. “Sarà anche una spina, ma è una gran bella spina”. Il regista alterna fili elettrici e scopate. Il finale è imprevedibile. I ragazzi riportano i costumi a teatro, vengono arrestati vestiti da donna da un solerte vigile, vanno a lezione e sognano la professoressa nuda. Maria Baxa invita gli studenti nel suo ufficio e riconsegna i loro vestiti. Scopriamo soltanto adesso che proprio lei aveva rubato gli abiti dei ragazzi, sapeva che non erano alieni e voleva fare un gioco erotico. Il film termina con un’immancabile doccia di Maria Baxa, una scopata a tre con la Zanchi e infine la professoressa conclude il gioco e si mette a disposizione dei ragazzi. Un tocco di finezza del regista alterna scene di sesso a visioni di un autoscontro del Luna Park per rendere ben visibile la metafora del gioco. Pellicole come questa non se ne girano più e vi consiglio di cercarla per rendervi conto a quali deliranti livelli poteva arrivare la fantasia di registi e  sceneggiatori del cinema bis degli anni Settanta.

Per vedere qualche spezzone del film: http://www.youtube.com/watch?v=-pvHrL33GLA

Gordiano Lupi