sabato 27 aprile 2019

Una notte di 12 anni (2018)

di Álvaro Brechner




Una notte di 12 anni racconta la dittatura militare in Uruguay e la guerriglia con i Tupamaros, soprattutto la repressione governativa successiva alla sconfitta del movimento rivoluzionario, basandosi sulle Memorias del calaboso - 13 anni sottoterra, cronaca cruda e spietata della tremenda prigionia e del disumano isolamento sofferti da José Pepe Mujica (de la Torre), Maurizio Rosencof (Darín) e Eleuterio Fernandez Huidobro (Tort).Un film che sarebbe stato opportuno fosse selezionato per rappresentare non solo l’Uruguay ai premi Oscar 2019, ma l’intera umanità, perché fungesse da monito al non ripetersi dell’errore più grande: la privazione della libertà e della dignità umana. 


Brechner è un regista uruguayano che vive in Spagna, ha girato due lungometraggi che in Italia nessuno ha visto (Mal dia para pescar e Mr. Kaplan), quindi ha messo in scena questo piccolo capolavoro di struggente realismo che coinvolge il pubblico sin dalle prime sequenze. Due ore di puro cinema per raccontare le sofferenze fisiche e le torture - morali, materiali, psicologiche - cui sono stati sottoposti per lunghi e interminabili anni i tre prigionieri, che non dovevano essere ammazzati ma condotti alla follia. Ebbene, ognuno di loro si è salvato, ha resistito ai carcerieri, confidando in un metodo di autodifesa personale costruito ad arte, adattandolo alle esigenze. 


Il film è costellato di momenti struggenti che si alternano a pause ironiche, più leggere, quasi consolatorie: strappano le lacrime i brevi incontri con i familiari, soprattutto la prima volta in cui uno dei prigionieri conosce la figlia, ma anche quando Pepe sfiora la pazzia dopo le torture e l’isolamento. Brevi istanti di languida speranza vengono fuori a sprazzi quando i carcerati implorano la vista di un raggio di sole e quando si instaura un rapporto tra Rosencof (il poeta) e i pochi carcerieri dotati di umanità per i quali scrive lettere d’amore per le fidanzate. Il regista alterna potenti parti oniriche con taglio da cinema horror fantastico che conferiscono ritmo alla narrazione, oltre a numerosi flashback relativi al periodo della guerriglia e alla cattura dei tupamaros. Un film davvero ben fatto, con un finale stupendo e commovente che vede il ricongiungimento dei prigionieri superstiti con i familiari in attesa, alla fine della dittatura militare, dopo il referendum costituzionale, con il ritorno della democrazia parlamentare. 


Pepe Mujica diventerà Presidente dell’Uruguay, dopo aver sfiorato la follia, così come Huidobro farà il ministro (è morto alcuni anni fa) e Rosencov si dedicherà al suo mestiere di poeta e scrittore. Una notte di 12 anni non è un film didascalico e pedante, né una pellicola noiosa e ripetitiva. Tutt’altro. Sceneggiato benissimo, alterna momenti di tensione e sofferenza ad altri di grande umanità. Peccato che in Italia si debba vedere solo nei Cineclub. Noi l’abbiamo intercettato presso il Piccolo Cineclub Tirreno di Follonica. Occhio a Netflx, che è tra i produttori, perché tra un sacco di roba commerciale dovreste trovare anche questo piccolo gioiello di cinema internazionale. Ritagliatevi un momento per guardarlo e per capire una volta di più - se mai ce ne fosse bisogno - che il sonno della ragione genera mostri. Imperdibile.


Regia: Álvaro Brechner. Soggetto e Sceneggiatura: Álvaro Brechner. Fotografia: Carlos Catálan. Montaggio: Irene Blecua, Nacho Ruiz Capillas. Musiche: Federico Jusid. Scenografia: Laura Musso. Paesi di Produzione: Argentina, Uruguay, Spagna, Francia, Germania. Interpreti: Antonio de la Torre, Chino Darín, Alfonso Tort, Soledad Villamil, Silvia Pérez Cruz, César Troncoso, César Bordón, Mirella Pascual, Nidia Telles.

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giovedì 25 aprile 2019

La sconosciuta (2006)


di Giuseppe Tornatore


Tornatore è di nuovo dietro la macchina da presa dopo l’insuccesso di Malena (2000) e prima di realizzare un capolavoro come Bàaria (2009). Il regista indaga il mondo della prostituzione legata alle ragazze che vengono dall’est, il racket e la delinquenza collegata, senza dimenticare i rapporti familiari e l’analisi psicologica. 


La sconosciuta è un noir intenso e crudo, sceneggiato per flashback e parti oniriche che si alternano alla storia in presa diretta, molto esplicito nei momenti violenti (quasi splatter) ed erotici (per niente voyeuristici ma dal taglio documentario). Irena (Rappoport) è un’ex prostituta in fuga ricercata da Muffa (Placido), perfido capo del racket, che crede di aver ucciso dopo avergli rubato un’ingente somma di denaro. Trova lavoro grazie a un viscido portiere (Haber) e dopo aver provocato un grave incidente a una domestica (Degli Esposti), crede di aver ritrovato la sua bambina nella famiglia dove si impiega, finisce in galera dopo una serie di eventi legati alla dinamica del thriller e permette di scoprire un oscuro traffico di neonati. 


Il film è sceneggiato benissimo e nel modo più complesso, montando tutti i flashback come in un gigantesco puzzle in maniera tale che soltanto alla fine si scopre tutta la verità. Il film è ambientato in una città veneta di fantasia (Velarchi) ma è girato quasi interamente a Trieste, riconoscibile dagli ambienti mitteleuropei e dai palazzi stile fine Ottocento. Storia di mancanze e dolore, girata in un ambiente degradato e marginale, tra monti di spazzatura e prostituzione, che analizza il turpe commercio di neonati e lo sfruttamento delle donne che vengono dall’Est, discriminate e indirizzate verso la strada degli uteri in affitto. Storia d’amore perduto (il padre della bambina) e d’amore ricercato (la piccola adottata) ma anche di rapporti umani veri e sinceri, di legami dettati dal puro interesse, di consonanze madre - figlia. In definitiva l’errore di Irina è stato quello di credere nel futuro e per questo, come dice lei stessa, meriterebbe di morire. Parti splatter e gore ricordano il miglior Tarantino: l’aggressione dei finti Babbo Natale rosso sangue, la presunta uccisione del boss a colpi di forbici, i turpi parti delle donne con uteri in affitto … 


Un thriller d’autore ricco di suspense e tensione con momenti di pura commozione, intimi e drammatici, insoliti in un film d’azione. Tornatore mette il suo marchio di fabbrica da regista visionario indagatore di sentimenti soprattutto nella figura macerata e complessa della prostituta, madre fino in fondo, donna innamorata, che chiede solo di veder crescere la bimba che ritiene frutto del suo ventre. Un finale stupendo vede la protagonista uscire dal carcere e incontrare lo sguardo della figlia che l’attende fuori dall’istituto e le sorride. Interpreti bravissimi, dalla Rappoport (ideale protagonista) a un Placido eccessivo e truce, passando per tutto lo squallore di Haber (che implora un amore e chiede il pizzo alla domestica) e all’angoscia della Gerini (madre che protegge la figlia). Parti minori per Buy (legale della ragazza), Favino (marito) e Molina, mentre se la cava molto bene la debuttante Dossena nel ruolo più difficile, anche se ormai lo sappiamo che Tornatore è molto bravo con i bambini. Colonna sonora straordinaria - cupa e truce - di Ennio Morricone, che torna sui livelli delle sue prime prove. Il film debutta al Festival del Cinema di Roma, riscuote consensi e vince diversi premi (David di Donatello e Nastro d’Argento), che sottolineano le interpretazioni magistrali, la regia accurata e la colonna sonora portentosa. Da vedere.


Regia: Giuseppe Tornatore. Soggetto e Sceneggiatura. Giuseppe Tornatore. Fotografia: Mario Zamarion. Montaggio: Massimo Quaglia. Musiche: Ennio Morricone. Scenografia. Tonino Zera. Casa di Produzione: Medusa Film, Manigoldo Film, Sky. Genere: Drammatico. Durata: 117’. Interpreti: Ksenia Rappoport, Michele Placido, Claudia Gerini, Pierfrancesco Favino, Clara Dossena, Alessandro Haber, Piera Degli Esposti, Pino Clabarese, Angela Molina, Paolo Elmo, Gisella Marengo, Nicola Di Pinto,Margherita Buy, Simona Nobili, Elisa Morucci, Giulio Di Quilio, Pino Calabrese, Valeria Flore.

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