Lilli Carati all’anagrafe è
registrata come Ileana Caravati, un nome molto meno sensuale di quello d’arte,
ma in ogni caso resta una delle donne più belle e affascinanti di tutto il
cinema degli anni Settanta. Lilli inizia come modella e si pone all’attenzione
del pubblico dopo aver vinto in Calabria Miss Eleganza e soprattutto
classificandosi seconda a Miss Italia del 1974. È proprio qui che viene scelta per
il cast del film Di che segno sei?
di Sergio Corbucci (1975), una pellicola a episodi di impianto tradizionale nel
solco della pura commedia all’italiana. Lilli Carati recita una piccola parte
nell’episodio Aria che vede veri
mattatori gli ottimi Adriano Celentano e Mariangela Melato impegnati in una
estenuante gara di ballo. I cartelloni della pellicola la chiamano ancora
Ileana Carati, ma presto la bella lombarda cambierà nome. Questo film vede il
debutto anche di Carmen Russo, un’altra bellezza nostrana di cui parleremo più
avanti. Lei interpreta insieme a Paolo Villaggio e alla presenza ultrakitsch di Lello Bersani l’episodio Acqua. Continuando in tema di segno
zodiacali gli altri due episodi non potevano intitolarsi che Terra (con Renato Pozzetto, Giovanna
Ralli e il grande Luciano Salce) e Fuoco
(con Alberto Sordi e Marilda Donà). Sceneggiatori del film sono gli ottimi
Castellano e Pipolo, Alberto Sordi, Rodolfo Sonego, Mario Amendola, Sabatino
Ciuffini, Bruno Corbucci e Massimo Franciosa. Insomma, un debutto come si deve
per la bella Ileana Carati che si trova nel cast di un film comico di una certa
importanza e ha pure la fortuna di recitare in uno dei due episodi più
riusciti, Il suo ruolo è quello della ballerina Chewingum (nel film mastica chewing-gum
a ripetizione) che si esibisce insieme a Enea Giacomazzi detto Bolero, il
funambolico Jack La
Cayenne. Indossa prima un vestito verde, poi quando ballano
il rock ha un paio di calze nere e durante una pausa della gara entra nel
camerino di Celentano (Alfredo detto Fred Astaire) per sedurlo, ma la Melato (Claquette) la
caccia via. Inutile dire che il film si ricorda soprattutto per Fuoco con
Alberto Sordi, addirittura un sequel di Un
americano a Roma di Steno (1954), visto che l’attore romano interpreta di
nuovo il personaggio di Nando Moriconi.
Lilli Carati però ha una carica erotica così
travolgente che subito comincia a essere utilizzata nella commedia sexy e
nell’erotico puro, con ottimi risultati. Il fascino che emana dal suo sguardo
sensuale e perverso è notevole e Lilli sarebbe potuta diventare un’ottima
alternativa alle lanciatissime Gloria Guida e Edwige Fenech se la sua vita
privata non l’avesse pesantemente condizionata.
La
professoressa di scienze naturali di Michele Massimo Tarantini è del 1976
ed è il classico film che avrebbe potuto interpretare Edwige Fenech. Una
bellissima e provocante insegnante (si noti bene l’allusione) di scienze
naturali arriva in una classe per sconvolgere ed eccitare ragazzini alle prime
esperienze. Soggetto e sceneggiatura sono del geniale e prolifico Francesco
Milizia, una colonna della commedia sexy, ma pure il regista, Marino Onorati e
Franco Mercuri danno una mano. Tarantini è bravo a realizzare una pochade scolastica sullo stile de La liceale, pure se questa volta il
mondo degli studenti è visto con gli occhi di un’intrigante professoressa. Per
lui è la prima esperienza con un’insegnante,
visto che si era specializzato in poliziotte
e tassiste con la Fenech. In un film come
questo non possono mancare le presenze simbolo di Alvaro Vitali, Gianfranco
D’Angelo, Giacomo Rizzo, Gastone Pescucci e Mario Carotenuto. Manca solo Lino
Banfi per essere al completo. C’è anche Michele Gammino nei panni del dottor
Fifì che fa la corte a Lilli Carati e se la contende con il giovane studente
Marco Gelardini. Per Lilli Carati è la prima esperienza nella commedia sexy e
si fa notare per le immancabili scene con gli studenti guardoni che le studiano
tutte pur di vederla nuda. La bella insegnante prende in affitto una stanza a
casa di uno dei ragazzi e quest’ultimo si ingegna con ogni mezzo per spiarla:
fori nella parete, tubi calati dalla finestra e mo’ di cannocchiale e
inevitabili docce nel bagno rubate dal buco della serratura. Ricordiamo anche
una notevole parte erotica subacquea che ha per protagonista la stupenda Lilli.
Ria De Simone è un’altra buona presenza erotica e ci mostra le sue grazie nei
panni di una moglie insoddisfatta che vorrebbe tradire il marito. Lilli Carati
però ne viene fuori davvero alla grande e si propone come nuova presenza sexy
nel panorama del cinema scorreggione. L’erotismo si fonde bene con la comicità
che si affida alle gag di un irresistibile Vitali studente e di un D’Angelo in
gran forma, ma pure a scene esilaranti come la partita di calcio tra ragazzi e
ragazze. La scena finale con Lilli Carati che si sposa e tutti le tastano il
sedere e fanno le corna è la giusta consacrazione di una pochade ben riuscita.
Nello stesso anno Lilli
Carati è nel cast di Squadra antifurto di
Bruno Corbucci (1976), un Nico Giraldi movies
con Tomas Milian, e prende il posto di Maria Rosaria Omaggio per come bellezza
femminile di notevole spessore, ma si spoglia poco. La caratteristica dei film
di Milian è che sono casti nelle scene erotiche per quanto sono sguaiati e
volgari, il massimo che si può vedere è un bacio, poi la scena sfuma e lascia
solo immaginare. C’è solo un breve rapporto tra la bella attrice e Nico ma
l’unico a sfoggiare un paio di slip rossi è Tomas Milian. Da segnalare anche
una scena iniziale durante la quale la Carati viene scippata dell’auto e finisce a gambe
levate. Nelle ultime sequenze del film invece la bella attrice indossa solo
slip e reggiseno per prendere il sole sulla terrazza di casa. Troppo poco.
Peccato perché Lilli Carati, al tempo in pieno successo da insegnante di
scienze naturali e sexy supplente, è una presenza notevole che poteva essere
sfruttata meglio. Sergio Corbucci sfrutterà anche meno la bellezza di Lilli nel
divertente Squadra antimafia (1978)
che ricordiamo soprattutto per la bravura di Tomas Milian e Bombolo. Queste due
pellicole sono state da me abbondantemente trattate su Tomas Milian, il trucido e lo sbirro (Profondo Rosso, 2004) al
quale rimando per approfondimenti.
Un film che invece ci interessa di più per
la decisa tematica erotico-scolastica che aveva fatto la fortuna di Gloria
Guida è La compagna di banco di
Mariano Laurenti (1977). Credo di non sbagliare se sostengo che Lilli Carati
per i tratti del volto e la perfezione del corpo può essere considerata una
Gloria Guida al negativo. I suoi occhi neri sono intensi e maliziosi, i capelli
castano scuro le scendono sulle spalle intriganti, le misure sono 60 - 90 - 60
e soprattutto naturali. Non sono ancora i tempi delle bambolone rifatte e le
donne del cinema di questo periodo mostrano una bellezza fresca e sincera.
Gloria Guida era bionda e sensuale, Lilli Carati è mora e maliziosa, sono due
attrici che innamorano la platea e che si completano a vicenda. Non per niente
Fernando Di Leo le sceglierà come protagoniste dello sconvolgente Avere vent’anni (1978) di cui ho
parlato a lungo su Le Dive Nude - volume 1 (Profondo Rosso, 2005). La
scena lesbica che le vede protagoniste e che è conservata per intero nella
nuova edizione del dvd ora in commercio merita da sola la visione del film. Ma
torniamo a La compagna di banco, scritto dall’infaticabile Francesco
Milizia che lo sceneggia insieme a Laurenti e Mercuri. Il film ha il difetto
non da poco di far spogliare quasi per niente la bellissima Lilli che spesso si
fa rubare la scena da un’anonima Niki Gentile. Il cast dei comici è di
prim’ordine: Gianfranco D’Angelo, Lino Banfi, Alvaro Vitali, Francesca Romana
Coluzzi e Gigi Ballista sono le presenze più significative. Inutile dire che la Fenech e la Guida sono superiori a Lilli
Carati in questo genere di pellicole. Lilli si impegna molto in questo ruolo di
intrigante compagna di banco che arriva in un liceo e semina lo scompiglio tra
ragazzi e professori mostrando le cosce e sorridendo maliziosa. La Loredana di Gloria Guida
de La liceale ha però tutt’altra
forza erotico-maliziosa e ha pure il pregio dell’originalità. La rivista di
cinema Il patalogo lo definì “un film
pornografico per famiglie” e l’articolo di Giovani Buttafava parlava di
un’opera importante, omogenea proprio per la sua disgregazione narrativa…”. Ci
pare un po’ eccessivo, soprattutto perché ne La compagna di banco di pornografico c’è davvero poco,. Le uniche
scene vagamente erotiche vedono impegnati Lilli Carati e il compagno di scuola
Antonio Melidoni (attore da fotoromanzi piuttosto imbranato). Come curiosità
c’è da dire che il film è girato a Trani (a casa di Lino Banfi, ma si giravano
quasi tutte in Puglia queste pellicole…) proprio come La liceale ed ambientato
nello stesso liceo classico sul lungomare.
Lilli Carati si segnala anche per alcune
apparizioni nel poliziottesco, non
solo in quello comico alla Corbucci, ma pure in Poliziotto sprint di Stelvio
Massi (1977) e L’avvocato della mala di
Alberto Marras (1977). Nel film di Massi (il suo preferito) c’è per la prima
volta Maurizio Merli, un’icona del poliziottesco,
che d’ora in poi diventerà una costante nei suoi lavori. L’avvocato della mala invece è l’unico film di Alberto Marras che
di solito troviamo impegnato come segretario e direttore di produzione di
commedie e poliziotteschi. Si pensi
che il titolo doveva essere L’avvocaticchio,
che peccato non sia piaciuto alla produzione, sarebbe stato un mito del trash. Lilli Carati interpreta Paola
Carati ma la parte del leone la fanno Ray Lovelock nei panni dell’avvocato e
Mel Ferrer in quella del boss mafioso. Ormai lo sappiamo che nei polizieschi
all’italiana le donne hanno solo una funzione di contorno e la bella Lilli si
limita a far questo.
Nel 1978 la bella Lilli viene notata da Lina
Wertmüller che la vuole nel film comico d’autore La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia.
Le pellicole della Wertmüller si ricordano per una comicità garbata ed elegante
ma soprattutto per i titoli interminabili. La trama si inserisce in un decennio
travagliato e racconta il rapporto in crisi tra un italiano e un’americana ed è
una scusa per parlare di sessantotto, eurocomunismo, guerra del Vietnam,
maschilismo mediterraneo e sessualità femminile. Non è uno dei migliori film della
Wertmüller pure se la fotografia di Rotunno, le scene di Job e le musiche di De
Simone sono ottime. Candice Bergen è un attore affascinante, Giancarlo Gianni è
istrionico ma, come dice Morandini, “tutto questo non basta a salvare una
commedia artificiosa e velleitaria”. Lilli Carati si vede poco o niente e
soprattutto è vestita. Non sono questi i suoi film che ci interessano di più.
Le evase – storia di sesso e
violenza di
Giovanni Brusatori che per destare interesse firma il suo unico film da regista
come Conrad Brueghel. Brusatori lo conosciamo soprattutto come aiuto regista e
quando tenta la strada della direzione in proprio lo fa con un film drammatico
oggi presenta il solo interesse di vedere insieme due bellezze come Lilli
Carati e Zora Kerova (Zora Ulla Keslerowa). Il cast femminile è comunque di
altissimo livello erotico ed è completato dalla pasoliniana Ines Pellegrini,
dalla damatiana Dirce Funari e dalla meno nota Marina D’Aunia. Il film lo
scrive Bruno Fontana, uno degli ideatori di una via italiana al genere
erotico-carecerario. Lilli Carati è la spietata brigatista Monica Habler a capo
di un gruppo di detenute che fuggono dal carcere, prendono come ostaggi alcune
tenniste, si barricano in casa di un giudice e alla fine sfogano su di loro
tutta la violenza repressa. L’ho visto che avevo poco più che vent’anni in una
tivù privata che lo passava a ripetizione a notte fonda, RTV38 o Canale 48, non
ricordo bene, è passato troppo tempo. Lo rammento come un film erotico e
violento, pieno di scene di sesso saffico nelle quali si notano Dirce Funari,
Zora Kerowa e Lilli Carati. Ma può darsi pure che sia il ricordo sfuocato a
ingigantire molte cose, capita spesso.
Candido erotico di Claudio De Molinis, il
cui vero nome è Claudio Giorgiutti, è del 1978 e si segnala come prima
incursione di Lilli Carati verso un erotico spinto che rasenta il porno. Ne
abbiamo già parlato nel capitolo dedicato alla bionda Maria Baxa.
Lilli Carati è bella e sensuale, di una
bellezza selvaggia e per niente tranquillizzante, una donna fuori da ogni
cliché che irretisce con lo sguardo da gatta e il magnetismo animale. Lilli Carati
però non è soltanto bella, è una che sa pure recitare e di questo si accorge un
ottimo regista come Pasquale Festa Campanile che la vuole sul set de Il corpo della ragassa (1979) e di Qua la mano (1980). Il corpo della ragassa è tratto da un
bel romanzo di Gianni Brera, un colto giornalista sportivo che ha lasciato un
bel ricordo per i commenti calcistici infarciti di citazioni latine e di
cultura classica. Completano il lavoro la brillante sceneggiatura di Enrico
Oldoini e di un esperto dell’erotismo raffinato come Alberto Lattuada. Per non
parlare delle musiche, intense e coinvolgenti, che sono del geniale Riz
Ortolani. Questo è di sicuro il film più bello interpretato dall’affascinante
attrice lombarda che tra l’altro si mostra completamente nuda in tutta la sua
sfolgorante bellezza in una scena accanto a Enrico Maria Salerno. Renzo
Montagnani completa il terzetto di ottimi attori in una parte per lui poco
consueta da padre della ragassa e
soprattutto all’interno di un film interessante e molto letterario. Lilli
Carati è la protagonista indiscussa della pellicola ed è proprio lei “il corpo
della ragassa” esibito da Enrico Maria Salerno per vantarsi con gli amici. Non
solo. Salerno da buon medico erotomane visita la Carati fissandola a lungo
tra le gambe ed esponendola agli sguardi allupati del pubblico dei guardoni
presenti in sala. Lilli Carati è un’ex prostituta svezzata in un casino che pare
una ragazza ingenua nelle mani del suo anfitrione, però alla fine porta a
morire Salerno durante un rapporto sessuale e diventa una ricca maîtresse. La
frase di lancio è tutta un programma: “Con due esse? Sì, come sesso”.
Qua la mano (1980) è ai nostri fini meno
interessante perché ha poco a che vedere con l’erotismo. Si tratta di un film
composto di due episodi e la bella Lilli
è impegnata solo ne Il prete ballerino
con Adriano Celentano. Pare una sorta di ritorno ai tempi del primo film Di che segno sei?, l’argomento è simile, si parla di ballo e di un prete che se
la cava meglio in pista che a dir messa, ancora una volta c’è Celentano che
vince una gara di ballo, però manca la Melato e in cambio abbiamo Renzo Montagnani ed
Enzo Robutti. Il secondo episodio (Sto
col Papa) vede protagonista Enrico Montesano nei panni di un vetturino che
conosce il Papa. Completano il cast: Philippe Leroy, Adriana Russo e Mario
Carotenuto. Il film non è un capolavoro, battute scontate e ritmo fiacco, pure
se l’episodio con la Carati
è il migliore.
Senza buccia di Marcello Aliprandi (1979)
è una coproduzione italo - spagnola che vede riunite nella stessa pellicola tre
bellezze del calibro di Lilli Carati, Ilona Staller (non ancora passata al
porno) e Olga Karlatos. L’unica presenza maschile di rilievo è costituita
dall’inespressivo Maurizio Interlandi, classico attore da fotoromanzo. Il film
è scritto da Ugo Liberatore che compone un inno all’amore libero e naturale
sulla falsariga del suo vecchio Bora
Bora (1965). L’azione però non si svolge su un’incontaminata isola
tropicale ma tra una villa e le spiagge deserte dell’isola di Vulcano. Qui
facciamo la conoscenza di un gruppo di giovani ricconi della borghesia milanese che si dedica al nudismo e agli
scambi di coppia. Ilona Staller e Lilli Carati si mostrano in numerosi nudi
integrali anticipando la scelta del porno, loro futura strada, obbligata per
una Staller che pare negata per la recitazione, un vero peccato per la Carati che nel cinema
poteva fare di meglio. Olga Karlatos fa la parte di Adriana, esperta trentenne
che sblocca l’imbranato Daniele (lo
spagnolo Juan Carlos Naya). Lilli Carati è la fidanzata di Juan Carlos Naya e
si dedica al nudismo seguendo l’esempio di Ilona Staller e del suo fidanzato
Miki Vouk. La sfida tra le due attrici a chi si spoglia di più rappresenta una
delle cose migliori del film che ancora oggi si lascia vedere con interesse.
“Nudi, belli e innamorati”, recita la frase di lancio e il titolo spagnolo Vacaciones al desnudo calca l’accento
sul fatto che il film che parlava di nudisti ed è più indicato del pessimo Senza buccia.
Un’altra produzione italo -
spagnola è il pessimo film di
Claudio Giorgiutti (che si firma De
Molinis) C’è un fantasma nel mio letto ed
è la seconda volta che Lilli Carati viene diretta da questo regista. Il suo
ruolo è abbastanza insolito, visto che lei è Adelaide, la moglie vergine di
Vincenzo Crocitti, industriale della Bassa bergamasca. Ci sono anche Renzo Montagnani, Vanessa Hidalgo e Luciana Turina.
Il marito in vacanza di Maurizio Lucidi (1981) è
una pochade sexy con protagonista
Lilli Carati nel solito ruolo simil Fenech, infatti il film nasce come uno
erotico-scolastico intitolato Il
preside, i professori… con una storia un po’ diversa e poi viene riadattato
a una storia stile La moglie in vacanza l’amante in città girata da
Luciano Martino nel 1980. Per la parte comica ci sono gli ottimi Bombolo e
Cannavale che spaziano senza troppi problemi dai Tomas Milian movies alle sexy commedie scorreggione.
Lo sceneggiatore è Romano Scandariato che si sente un po’ tradito dalla fretta
con cui è girato il film, pure se anche lui non è che avesse scritto un
capolavoro. Il film è una pura commedia erotica costruita sulla falsariga di
molte altre dal contenuto simile e manca del tutto di originalità. Lilli Carati
dopo aver insegnato scienze naturali nel suo secondo film torna a (s)vestire i
panni di una professoressa che si trova in ritiro in un pessimo albergo con
alcuni colleghi. La cosa buffa è che da questa riunione di insegnanti deve
uscire il nome del nuovo preside, come se il ruolo di preside fosse una carica
elettiva. Lucidi se ne infischia della realtà storica e dà la stura a una serie
di baggianate scopiazzate un po’ da un film e un po’ da un altro. Per fortuna
che Bombolo e Cannavale ogni tanto ci tirano su di morale e che la Carati nuda resta sempre un
bel vedere. Questa è l’ultima commedia scorreggiona dove recita Lilli Carati,
dopo per lei si aprono le porte del cinema erotico e successivamente pure del porno.
Magic Moments di Luciano Odorisio (1984) è
un altro passo falso di Lilli Carati che recita in una pellicola che voleva
essere d’autore ma che alla prova dei fatti si rivela uno stratosferico
fallimento. Odorisio aveva cominciato bene la sua carriera con film
interessanti come Sciopèn (1983) ma
qui mette insieme una serie di banalità sul mondo del cinema davvero senza
pari. Siamo nella Roma degli anni Sessanta e conosciamo un provinciale che vuol
fare del cinema e nel frattempo si innamora di una regista televisiva. I due
stanno insieme un po’ di tempo e quando lei ha un bambino, lui si illude che
sia suo. Il giudizio di Morandini è categorico ma onesto: “Il film è sempre
incerto tra satira di costume e melodramma e ostenta ambizioni che sono velleità”.
Il ricco cast vede impegnati addirittura Stefania Sandrelli e Sergio
Castellitto e pare proprio uno spreco di fronte a tanta pochezza. Lilli Carati
si spoglia e ci mostra un bel nudo integrale in una scena dove il regista cerca
di prendere in giro Fellini. Stefania Sandrelli viene dal successo erotico de La chiave di Tinto Brass (1983) e si
spoglia dopo tre scene, ma non basta. Il film delude ed è un disastro totale.
Lilli Carati prima di passare al porno nella
scuderia di Riccardo Schicchi, per la quale ha fatto alcuni film che non è
neppure il caso di citare, è l’ottima interprete di quattro erotici raffinati
girati da Aristide Massaccesi. Si tratta de L’alcova (1985), Il piacere
(1985), Lussuria (1986) e Voglia di guardare (1986), girati dal
regista romano con l’abituale pseudonimo di Joe D’Amato. Di questi film ho
parlato a lungo nel libro Erotismo, orrore e pornografia secondo Joe D’Amato
(Profondo Rosso, 2004) e a quel testo rimando per un opportuno approfondimento.
Di seguito mi limito a parlare del ruolo che ha avuto nelle pellicole la bella
attrice lombarda.
L’alcova
(1985) è un lavoro che sta a metà strada tra il porno e l’eros ed è un prodotto
costruito a imitazione del cinema di Tinto Brass, anche se ha una sua
originalità. D’Amato fotografa e gira con pochi mezzi (non ha certo la
produzione di Brass dietro le spalle...) una storia di Ugo Moretti sempre
indecisa su quale strada prendere. La storia vede il gerarca fascista Elio De
Silvestris (Al Cliver) di ritorno dal
fronte abissino in compagnia di Zerbal (Laura Gemser), una bella principessa
negra. Alessandra (Lilli Carati), la giovane seconda moglie di Elio, e Wirna
(Annie Belle), la sua segretaria nonché amante segreta di Alessandra, scatenano
le loro gelosie e morbosità attorno alla nuova arrivata. Lilli Carati sta
passando al porno e si muove bene nelle scene più spinte, Annie Belle
(all’epoca fidanzata con Al Cliver) è ancora bella e si dà da fare nelle scene
lesbiche, Laura Gemser recita senza essere doppiata (una delle poche volte) e
il suo buffo italiano la rende una credibile principessa africana. Il suo
fascino esotico domina tutti. Lei è la schiava del gerarca fascista che conduce
la danza erotica e diventa padrona della situazione. Finisce in ogni caso
bruciata viva in un finale da incubo. Al Cliver lo ricordiamo più a suo agio
nelle vesti dell’indomito gladiatorie del futuro che in certe situazioni di
erotismo spinto. Lui stesso confessa di sentirsi un attore da film d’avventura.
Nello Pazzafini, il giardiniere Peppe, invece viene dall’hard e recita senza
problemi (sfoderando anche una notevole erezione) la scena della violenza
carnale a Wirna. Laura Gemser viene trattata come una bestia, definita una
scimmia, un essere senza anima né volontà. Subito dopo però tutti ne subiscono
il fascino perverso, soprattutto Alessandra che ama le donne più degli uomini.
Un cambiamento di prospettiva che lascia un po’ sconcertati. Le scene erotiche
sono molte e piuttosto esplicite, voyeurismo e rapporti saffici si sprecano, ma
pure sequenze sadiche e violente non mancano.
Il piacere (1985) è
realizzato da Joe D’Amato sulla base dell’opera di Restif de la Bretonne su sceneggiatura
di Franco Valobra (Homerus S. Zweitag) e Claudio Fragasso (Clyde Anderson).
Interpreti: Isabelle Andrea Guzon (Leonora), Steve Wyler (Gerard Antoniani),
Marco Mattioli (Edmud), Laura Gemser (Haunani), Lilli Carati (Fiorella), Dagmar
Lassander e Vincenzo Gallo (gerarca). La trama del film è piuttosto debole e
scontata. Leonora e Gerard si amavano alla follia, ma il loro era uno strano
rapporto. Gerard infatti registrava su di un magnetofono tutte le loro
esperienze sessuali. Adesso che Leanor è morta c’è la figlia Ursula (in tutto e
per tutto identica alla madre) che vuole prenderne il posto e la sua principale
ambizione è quella di farsi sverginare dal patrigno. Pare evidente anche qui
l’ispirazione da La chiave
di Tinto Brass: al posto del diario abbiamo il magnetofono e poi c’è una bella
ambientazione veneziana in periodo fascista. Ursula si veste e si trucca come
la madre ed eccita Gerard, poi ascolta al magnetofono i ricordi dei rapporti
sessuali tra i due amanti e interpreta le medesime situazioni. Da ricordare la
scena al cinema, quando Ursula si diverte a farsi toccare da uno spettatore
sconosciuto e a provocare Gerard. Insieme a Ursula c’è anche Edmond, il
figliastro epilettico che non approvava la relazione della mamma con Gerard e
tanto meno condivide il comportamento della sorella. Ursula finisce pure nella
casa di appuntamenti che frequentava la madre e viene messa all’asta tra alcuni
clienti particolari. Alla fine Ursula e Gerard si innamorano davvero e la
figlia prende il posto della madre nel cuore di Gerard. L’ultima sequenza del
film vede i due recitare la scena del primo incontro come se l’antico amore
fosse tornato. In questa trama davvero esile trovano posto numerose scene di
rapporti sessuali, voyeurismo, masturbazioni femminili e scene saffiche a non finire (soprattutto interpretate da
Laura Gemser e Lilli Carati). D’Amato cavalca il successo di pubblico de L’Alcova e lo supera incassando tre
miliardi con un film girato in economia. La pellicola è al solito un erotico
raffinato molto trattenuto nelle scene di sesso e si avvale soprattutto di tre
attrici belle, brave e ben dirette. La scenografia è molto curata, la
fotografia pure, però è la lentezza il suo difetto maggiore. Si fa fatica ad
arrivare alla fine soprattutto per la mancanza di una vera storia. Nel film ci
sono sequenze hard che uno spettatore attento può vedere sullo sfondo di un
rapporto soft.
Lussuria (1986) è una logica conseguenza del successo dei due
primi lavori. La finzione è ancora che sia stato tratto da un romanzo: un non
meglio identificato Luxure della
solita Judith Wexley. La sceneggiatura è di René Rivet, per il resto fa quasi
tutto Massaccesi che lo gira come Joe D’Amato. Protagonisti: Lilli Carati,
Noemie Chelkoff, Al Cliver, Martin Philips, e Ursula Foti. Non date retta a
Marco Giusti che su Stracult pare
aver visto un altro film (parla addirittura di un’inesistente sorella uccisa…)
e magari fatevi un’idea da soli di quel che può essere Lussuria. Film dignitoso, erotico patinato, ben ambientato in
un’Italia del periodo fascista e ben diretto da Massaccesi che lo fotografa con
perizia tecnica. La storia è quella del giovane Alessio (Martin Philips),
traumatizzato per la perdita della madre e affetto da una malattia psicologica
che lo porta a chiudersi in un mutismo esasperante. Il padre (Al Cliver) si è
risposato con una ex prostituta (Noemie Chelkoff) e pare che entrambi vogliano
aiutare il ragazzo a guarire. Collabora nell’impresa anche la zia Marta (Lilli
Carati) che lo ospita nella sua bella villa di campagna. Qui incontriamo pure
Caterina (Ursula Foti), una bella restauratrice ingaggiata per sistemare gli
affreschi del palazzo. La pellicola ci fa capire, scena dopo scena, che la
malattia del figlio è dovuta ai vizi della famiglia borghese che l’ha allevato.
Il padre infatti è un depravato egoista che non perde occasione per farsela con
altre donne e non si è mai occupato di lui. Quando Alessio era piccolo ha
violentato la zia e il ragazzo ha assistito alla scena. Alessio vive una realtà
fatta di sogni e incubi, dove immagina di fare l’amore con la matrigna, con la
zia e infine con Caterina. Spia le tre donne che vivono nella casa dalle porte
socchiuse ed è ossessionato dal sesso. Quando il padre e la matrigna vanno
dalla zia Marta per sapere come va la salute del figlio, scopriamo che il padre
gode nel vedere la moglie fare l’amore con altre donne (non ultima la zia Marta).
Alla fine si porta a letto persino Caterina con la collaborazione della moglie
e della zia in un triangolo che sarà la sua ultima prodezza erotica prima del
suicidio del figlio. Alessio infatti nell’ultima scena si toglie la vita
davanti a Caterina. Questa parte è un piccolo gioiello di tensione: nessuno
penserebbe alla morte del ragazzo che pareva aver finto di essere malato perché
disgustato da tutto quel che vedeva intorno. Tra gli attori è ben calata nella
parte Lilli Carati che pare fatta apposta per ruoli maliziosi e perversi. Da
ricordare su tutte la sequenza del rapporto erotico sul tavolo di cucina con un
giardiniere. Pure Ursula Foti non è male come sexy restauratrice e interpreta
un paio di scene degne della miglior Malizia
(calze nere su scala e mutandine di pizzo). Meno ispirata la Chelkoff che resta
comunque su standard sufficienti. Da dimenticare Al Cliver (Pier Luigi Conti),
molto più a suo agio nei film di avventura che in questa parte da erotomane
senza morale. Non rende credibili battute come: “La vita è un gioco e l’incesto
fa parte di questo gioco”. Su Martin Philips poco da dire: sta quasi sempre
zitto e ha la stessa espressione per tutto il film. La parte era quella. Il
film è un erotico soft ma molto spinto. Ci sono lunghe scene di rapporti
saffici tra Lilli Carati e Noemie Chelkoff, altre di malizia esasperata e di
voyeurismo con masturbazioni prolungate sul letto. Nel film è presente una
sorta di accusa alla famiglia borghese convenzionale (parafrasando Miklós
Jancsó) piena di vizi privati nascosti dall’apparenza delle pubbliche virtù.
Oltre tutto Lilli Carati, in una delle ultime scene, lancia pure un atto
d’accusa rivolto ai genitori che non sanno crescere e che dovrebbero pensarci
bene prima di mettere al mondo dei figli.
Voglia di guardare (1986) è un erotico soft di scarso peso
scritto da Elena Dreani e sceneggiato da Aristide Massaccesi, Donatella Donati
e Italo Focacci. Per il resto fa tutto Massaccesi che come suo costume lo
fotografa, lo monta e lo dirige firmandosi Joe D’Amato. Interpreti: Jenny
Tamburi, Lilli Carati, Laura Gemser, Marino Masè, Sebastiano Somma e Aldina
Martano. La storia vede un poco convincente Marino Masè nei panni del marito
voyeur e una Jenny Tamburi che recita svogliatamente il suo ultimo film erotico.
Assistiamo a una serie di avventure libidinose, ben interpretate dalla sola
Lilli Carati che di lì a poco passerà al cinema hard. Tutto il resto è da dimenticare. Gli attori
sono la cosa peggiore del film. Marino Masè recita così impostato la parte del
marito medico che gode nel vedere la moglie far l’amore con gli altri da
sembrare surreale. Jenny Tamburi è la moglie del voyeur e ha un fisico che
forse vorrebbe copiare la
Stefania Sandrelli de La Chiave tanto è ingrassata e così poco sexy (ma la Sandrelli aveva ben
altra forza sensuale). Sebastiano Somma è il finto paziente che se la fa con
Jenny Tamburi per denaro ma poi finisce con l’innamorarsene e anche lui, a
parte la bellezza da attore di fotoromanzi, ci mette davvero poco del suo. Da
salvare Lilli Carati, bella e sensuale come sempre, che interpreta la ragazza
di Somma, tenutaria di una casa di appuntamenti. Laura Gemser fa una piccola
parte da amante lesbica di Jenny Tamburi, si nota che gli anni sono passati ma
il fisico è sempre quello di Emanuelle. Anche la storia non è il massimo e
ricorda molto La Chiave, solo che
qui la depravazione del marito non sta nell’eccitarsi pensando di essere
tradito ma nel vedere la moglie all’opera nascosto dietro uno specchio. Il film
si trascina stancamente così sino alla fine ripetendo gli stessi concetti e
identiche situazioni. Alla fine la moglie viene a sapere tutta la storia dalla
donna del suo amante e si convince che suo marito le vuole davvero bene (perché
poi?) e si innamora ancor più di lui. Jenny Tamburi scarica Sebastiano Somma e
il gioco continua con un nuovo arrivato. Un film voyeurista che Laura Gemser
teorizza in una frase: “Il voyeurismo è insito in ognuno di noi”. E per
chiarire meglio il concetto si lascia andare a un rapporto lesbico con un’amica
e chiede a Jenny Tamburi di osservarla. Possiamo dire che la pellicola ci
presenta una coppia di ricchi depravati e così facendo cerca di mettere i vizi
borghesi alla berlina. Ma è l’atmosfera che manca, la musica è soporifera,
l’ambientazione in periodo fascista è carente (pochi mezzi), le scene erotiche
poco credibili e (almeno dalla Tamburi) mal recitate. Jenny Tamburi a proposito
di questo film ha detto: “Con Aristide avevamo un rapporto bellissimo… come se
fosse mio padre. Quando facevamo quel film mi diceva sempre di essere più
eccitante, più maliziosa. Io ci pensavo un po’, poi lo facevo con molta
serenità. Aristide era una persona meravigliosa, gentilissimo, poi era del
sagittario come me e quindi legavamo molto. Nel film c’erano molte scene di
nudo e anche alcune imbarazzanti sequenze con Lilli Carati. Ma eravamo
allenate…”.
Lilli Carati era un’attrice molto bella e
secondo noi pure di buona professionalità. Di carattere introverso e umorale,
abbandonata a se stessa, Lilli Carati si perse nei meandri della Roma
tentacolare di fine anni Settanta e cadde in certe spirali perverse. La sua vita privata prese una brutta piega e condizionò le
scelte professionali, che seguirono la strada di
un’avvilente carriera nel cinema porno. Lilli Carati conobbe umilianti traversie giudiziarie che non è il caso di stare a ricordare, anche perché ne venne fuori e lavorò in una comunità di recupero. E' stato realizzato per un canale satellitare un documentario che contiene una lunga video intervista. Apparve in TV nel quiz pomeridiano La
verità condotto da Marco Balestri su Canale Cinque dal primo luglio 1991, in sostituzione del Gioco dei nove. Si presentò
come concorrente utilizzando il suo vero nome. Negli anni duemila torna alla ribalta rendendo noti i suoi problemi personali e la voglia di tornare sulle scene. Stracult di Marco Giusti, nel 2008, diffonde una sua lunga intervista. Nel 2011, dopo 24 anni di assenza, si rende disponibile a interpretare La fiaba di Dorian, un thriller di Luigi Pastore, ma deve rinunciare per gravi problemi di salute. Muore il 21 ottobre del 2014 per un tumore al cervello. Questo post senza foto serve a ricordare in sintesi la sua carriera.
FILMOGRAFIA DI LILLI CARATI
Di che segno sei? di Sergio Corbucci (1975)
La professoressa di scienze naturali di Michele Massimo Tarantini (1976)
Squadra antifurto di Bruno Corbucci (1976)
La compagna di banco di Mariano Laurenti (1977)
Poliziotto sprint di Stelvio Massi (1977)
L’avvocato della mala di Alberto Marras (1977)
Squadra antimafia di Bruno Corbucci (1978)
Avere vent’anni di Fernando Di Leo (1978)
La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia di Lina Wertmüller (1978)
Le evase – storia di sesso e violenza di Giovanni Brusatori (1978)
Candido erotico di Claudio De Molinis (1978)
Il corpo della ragassa di Pasquale Festa Campanile (1979)
Qua la mano di Pasquale Festa Campanile (1980)
Senza buccia di Marcello Aliprandi (1979)
C’è un fantasma nel mio letto di Claudio De Molinis (1981)
Il marito in vacanza di Maurizio Lucidi (1981)
Magic Moments di Luciano Odorisio (1984)
L’alcova di Joe D’Amato (1985)
Il piacere di Joe D’Amato (1985)
Lussuria di Joe D’Amato (1986)
Voglia di guardare di Joe D’Amato (1986)
Una ragazza molto viziosa di G. Grand (1987)
Una moglie molto infedele di G. Grand (1987)
Il vizio preferito di mia moglie di G. Grand (1988)