domenica 31 gennaio 2016

La cena (1998)

di Ettore Scola



Regia: Ettore Scola. Soggetto: Ettore Scola. Sceneggiatura. Ettore Scola, Furio Scarpelli, Giacomo Scarpelli, Silvia Scola. Costumi: Odette Nicoletti. Scenografia: Luciano Ricceri. Musiche: Armando Trovajoli. Montaggio: Raimondo Crociani. Fotografia: Franco Di Giacomo. Fonici di Presa Diretta: Remo Ugolinelli, Corrado Volpicelli. Aiuto Regia: Giani Arduini. Arredatore: Ezio Di Monte. Operatore ala Macchina: Roberto Marsigli. Fotografo di Scena. Gianfranco Salis. Produttore: Franco Committeri. Produzione: Massifilm srl e Medusa Film (Italia), Les Films Alain Sarde e Filmtel (Francia). Distribuzione: Medusa. Pezzi musicali: Concerto per arpa e flauto di Mozart, La donna cannone di Francesco De Gregori. Mixage: Alberto Doni. Genere: Commedia. Durata: 126’. Interpreti: Fanny Ardant, Antonio Catania, Francesco d’Aloja, Riccardo Garrone, Vittorio Gassman, Giancarlo Giannini, Marie Gillain, Aniello Mascia, Adalberto Maria Merli, Corrado Olmi, Eros Pagni, Daniela Poggi, Rolando Ravello, Stefania Sandrelli, Stefano Antonucci, Andrea Cambi, Nadia Carlomagno, Giorgio Colangeli, Carla Carpi, Eleonora Danco, Giuseppe Gandini, Ettore Garofolo, Lea Gramsdorff, Adriana Innocenti, Margherita Javarone, Hanja Kochansky, Valter Lupo, Paolo Merloni, Gordana Miletic, Carlo Molfese, Milvia Mostardi, Sergio Nicolai, Mario Patanè, Vittoria Piancastelli, Pier Francesco Poggi, Francesca Rettondini, Giovanna Senesi, Francesco Siciliano, Chang Song Kuk, Giorgio Tirabassi, Venantino Venantini, Barbara De Falco, Elena D’Ippolito, Anna Brigitte Fernandez, Luca Folletto, Fabio Munari, Alessia Patacconi, Ramona Pistacchi, Roberto Ruggeri, Riccardo Scontrini, Massimiliano Sodini, Angelica Celeghin, Giuliana De Donno, Daniel Christophe Djedjed, Silvano De Rinaldis, Mario De Santis, Massimiliano Franciosa, Andrea Wehrl.



La cena (1998) è uno degli ultimi grandi film di Ettore Scola, girato in un’unità di tempo e di luogo per raccontare diverse esistenze prese a simbolo della realtà contemporanea. Siamo nei locali del Ristorante Arturo al Portico dove i molti avventori, i proprietari e il personale del locale danno vita a un film corale, teatrale, intenso e leggero, che racconta disagi, vite, storie, in una parola il quotidiano di ogni personaggio. Zavattini sarebbe stato felice di vedere una simile pellicola, la sceneggiatura sembra rendere omaggio alla sua teoria del pedinamento, anche se gli interpreti sono veri attori che recitano una parte. In sintesi alcune storie che presentano lievi punti di contatto, unite soltanto dal luogo dove si svolgono e dalla presenza del cameriere, di tanto in tanto collegate, come in un film a episodi che scorre senza soluzione di continuità, a fasi alterne. Una figlia confida a una madre sconvolta quanto superficiale ed egocentrica (Sandrelli) l’intenzione di farsi suora. Un professore di filosofia (Giannini) si finge diverso da come lo crede la giovane amante per evitare che distrugga il suo matrimonio spedendo una lettera alla moglie. 



Due attori da strapazzo decidono di mettere in scena una commedia dove soltanto uno reciterà, mentre l’altro dovrà limitarsi a osservare per poi dare un bacio al collega. Un gruppo di ragazzi festeggia il compleanno di una compagna, nipote della padrona del locale, di cui la madre si è del tutto dimenticata. Un padre incontra a cena la figlia con cui non ha un buon rapporto e il figlio che vive in comunità di recupero. Una bella donna in carriera (Poggi) mette in crisi un uomo e lo strapazza nel bagno dopo averlo illuso con sorrisi, infine diventa amica dell’ex tossicodipendente. Una coppia parla del futuro della propria relazione dopo che la donna è rimasta incinta. Una donna sposata invita a cena i suoi quattro amanti per chiarire la loro posizione, ma alla fine torna a casa con il marito rozzo e violento. 



Un timido cliente incontra un ciarlatano che si dice mago (Catania) e insieme sembrano costituire una coppia dai veri poteri magici. Eros Pagni è uno straordinario cuoco comunista in crisi per la caduta degli ideali, Riccardo Garrone un cameriere innamorato della padrona, Fanny Ardant una proprietaria malinconica che per non sconvolgere la sua vita rinuncia all’amore. Ma su tutti aleggia la presenza di Vittorio Gassman, in una delle sue ultime interpretazioni, professore in pensione, cliente abituale, vero e proprio deus ex machina di un testo teatrale. 



Una carrellata di personaggi e di piccole storie, una serie di rapidi bozzetti che illustrano caratteri e idiosincrasie della nostra società fine anni Novanta. Scola mette in scena lo scontro generazionale, contrappone i vecchi ai giovani, racconta la caduta degli ideali politici, i ricchi cafoni con telefonino e amante, i piccoli tradimenti, le bugie della vita quotidiana, affronta il tema dell’inesistenza dell’amore, sviscera i rapporti familiari e la crisi della borghesia, sempre più sola nella difesa di tradizioni perdute. Ottima colonna sonora del maestro Trovajoli che comprende uno stupendo pezzo di Mozart inserito in un poetico piano sequenza che ricomprende tutti i protagonisti della cena. Il finale cita Miracolo a Milano, con un bambino giapponese che vede il mago e il suo amico volare in cielo a cavallo di una scopa, ma tutto scorre come in un magico videogame. 



Attori bravissimi, su tutti una straordinaria Fanny Ardant, bella e solare, inquieta padrona del locale, sposata con un marito che non ama più (Olmi), innamorata di un uomo che non può seguire. Non da meno Gassman, Giannini, Sandrelli, Poggi, Garrone, Pagni, ma anche tutti gli altri, diretti con stile sobrio da Scola, che miscela brani di realismo con un pizzico di grottesco e un finale surreale. Paolo Mereghetti scrive un commento che non oso riportare perché fuorviante, cattivo e ingiusto nei confronti di un Maestro che dispensa pennellate di poesia ironizzando sui nostri difetti, su quel che è diventata la società italiana di fine anni Novanta. 



Scola critica la vecchia borghesia che ha sbagliato tutto e la generazione dei quarantenni che non sa che pesci prendere, sembra lasciare aperta la porta ai giovani, perché alla fine del tunnel soffia un flebile vento di speranza. Film ingiustamente maltrattato dalla critica, che trova nel minimalismo poetico, nel tono decadente e crepuscolare che pervade ogni sequenza la sua più profonda ragion d’essere. 

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