Regia: Alfonso Brescia. Soggetto e Sceneggiatura:
Mauro Righi. Produttore: Mauro Righi. Fotografia: Giuseppe Aquari. Montaggio:
Vincenzo Vanni. Musiche. Sante Maria Romitelli. Casa di Produzione: Alexandra
Cinematografica Internazionale. Scenografia: Elena De Cupis. Interpreti: Don
Backy, Ugo Bologna, Marisa Mell, Sonia Viviani, Paola Maiolini, Riccardo
Parisio Perrotti, Enzo Spitaleri, Aristide Caporale, Paola D’Egidio.
Una notte insonne mi porta a rivedere Amori, letti e tradimenti (1976), film
non certo epocale, farsa erotico - campagnola, molto burina, girata da Alfonso
Brescia, uno che nel cinema di genere ha fatto di tutto e con poche lire.
Benemerita (per noi appassionati del vecchio trash) Ab Channel, che in qualche modo ha preso il posto di Happy
Channel. Vediamo la trama.
Un industriale lombardo di nome Mordacchia (Bologna)
vuol comprare un terreno agricolo, ma il contadino Baldo (Don Backy) non vuole
assolutamente venderlo. Mordacchia prova con ogni mezzo, persino spedendo al
casolare alcune prostitute, che sconvolgono sia Baldo che l’amico Bastiano
(Caporale), ma non lo convincono a cedere la terra. Prende in mano la
situazione Greta (Mell), la procace moglie di Mordacchia, che invita in villa
il contadino per sedurlo. Non ci riescono, né lei (Baldo si addormenta durante
un suo strip), né la figliastra Paola (Viviani), nonostante una sexy danza del
ventre. Baldo s’innamora della cameriera Carla (Longo), che soltanto nel finale
mostra un seno rigoglioso. Non solo, vince un sacco di soldi e diverse
proprietà al commendatore, grazie a una lunga partita a scopa. Il risultato è
che Baldo diventa socio d’affari di Mordacchia, dividendo con lui tutto,
persino le grazie della disponibile segretaria (Maiolini).
Alfonso Brescia gira un soggetto del produttore Mauro
Righi (pure sceneggiatore) in due luoghi storici del cinema italiano: il
casolare di via delle Pietrische, a Manziana, e la villa di Casale Lumbroso, a
Roma, numero 167. Due location molto gettonate
che hanno visto produzioni di pellicole più o meno importanti e che si prestano
come set di una tarda commediaccia in salsa burina. Qualcuno ha visto nel film una
parodia de La stangata (1973) di
George Roy Hill - con Robert Redford e Paul Newman - in salsa erotica. Forse la
partita a scopa avrebbe tale ambizione, ma tutto il film è soprattutto una
farsa scollacciata con mattatore un Don Backy pastore ciociaro e un Ugo Bologna
insolito coprotagonista.
Commedia sexy che gode di un esaltante cast femminile:
Marisa Mell improvvisa uno spogliarello e si lascia frugare tra i seni da Don
Backy che cerca di uno stecchino da denti; Sonia Viviani mette in scena una perversa
danza del ventre; Malisa Longo in una rapida sequenza mostra un seno prosperoso;
Paola Maiolini è una segretaria molto sporcacciona. In definitiva il film è più
casto di quel che si potrebbe pensare, fa intuire molto ma mostra davvero poco,
anche se la tensione erotica è palpabile. La trama è basata sul detto “contadino,
scarpe grosse e cervello fino”, con la borghesia imprenditoriale rappresentata
da Ugo Bologna, uno specialista nei panni del cummenda milanese.
Brescia e Righi non si fanno mancare una blanda
critica verso i figli dei ricchi che recitano un ruolo comodo da comunisti
contestatori, ma viaggiano in Ferrari e con le tasche piene. Paola (Viviani) e lo
sciocco fidanzato recitano due patetici dialoghi pensati per dare una
giustificazione politica - di cui non si sentiva il bisogno - alla pellicola.
Il film vale ancora la visione per le numerose gag comiche, per un Don Backy
travolgente e per la bellezza del cast femminile.
Mereghetti e Morandini nemmeno citano
l’esistenza della pellicola; Farinotti - di solito il più largo di maniche -
assegna una sola stella; Giusti lo definisce un film di scarso culto interessante solo per un Don Backy versione pastore ciociaro alla Celentano e interpretato da un cast femminile ultratrash.
Approfittiamo per ripassare la figura di Alfonso Brescia (Roma 1930 - 2001),
con l’aiuto dell’indispensabile manuale di Roberto Poppi. Figlio d’arte, il
padre è il produttore Edoardo, lavora con Amendola e Caiano, debutta con Il magnifico gladiatore (1964) e si
specializza nel puro cinema commerciale. Se c’è una cosa che Brescia non possiede
è la vocazione autoriale, gira prodotti di ogni genere, a basso costo: western,
peplum, bellico, avventuroso, giallo, erotico. Alcuni lavori portano la firma
di Al Bradley, pseudonimo anglofono usato per seguire una moda del tempo. Il
suo tratto distintivo va ricercato nella fantascienza (cinque film in
contemporanea) e nelle sceneggiate di successo interpretate da Mario Merola. La
sua carriera declina dopo il 1985, si stempera blandamente assecondando la fine
del cinema di genere. Ultimo film: Club
vacanze (1996), ancora inedito. Roberto Poppi dice di Brescia: “Regista tra
i più prolifici del nostro cinema, la sua produzione si contraddistingue per un
certo decoro formale e un grande mestiere, spesso sviliti da soggetti mediocri
e budget inadeguati”.
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