giovedì 23 aprile 2015

Il figlio della sepolta viva (1974)

di Luciano Ercoli (André Colbert) 
Regia: Luciano Ercoli (André Colbert). Musiche: Franco Micalizzi. Interpreti: Fred Robsahm, Eva Czemerys, Gabriella Lepori, Gianni Cavina, Pier Maria Rossi, Piero Lulli, Liliana Gerace, Anna Fadda, Salvatore Puntillo, Carla Mancini, Vittorio Fanfoni. Presenti in immagini di repertorio: Agostina Belli, Arturo Trina.
Il figlio della sepolta viva è un sequel apocrifo di Sepolta viva, pensato per sfruttare il grande successo di pubblico del film precedente che aveva inaugurato il minifilone melodrammatico. Il soggetto è estrapolato da un feuilleton di Carolina Invernizio, a base di lacrime e sangue, mentre Luciano Ercoli prende il posto di Aldo Lado, sfoggiando un improbabile pseudonimo francese. Il figlio della sepolta viva torna al castello dei Cambise senza sapere di essere il legittimo erede, per tutti è Francoise (Robsahm), innamorato perso della bella Elisabetta (Lepori), figlia del conte Amadeus (Lulli). Il ducato dei Cambise è governato dalla perfida Giovanna (Czemerys), protetta da un losco figuro detto l’italiano (Rossi) e dalla madre che ha tramato nell’ombra lo scambio dei piccoli. Per ringraziamento, la figlia ucciderà la madre, ma dovrà subire la vendetta organizzata dal legittimo erede e dal buffone di corte. Dany (Cavina) rivelerà lo scambio di neonati, praticato al convento dalla madre di Giovanna, cosa che costerà diverse vite e atroci torture, mentre a lui è già costato il taglio della lingua. Alcune sequenze in flashback mostrano immagini del precedente film con protagonisti Agostina Belli e Arturo Trina. Un escamotage narrativo prevede la morte per crepacuore della sepolta viva subito dopo aver appreso che il marito è stato ucciso.

Il figlio della sepolta viva non è certo un lacrima movie, ma un feuilleton avventuroso, più cappa e spada che melodramma, molto truce e sanguinolento, con diversi colpi di scena e alcune sequenze da cinema horror. Gli attori sono inferiori al film capostipite del sottogenere, perché Eva Czemerys non vale Agostina Belli nel ruolo da protagonista, anche se come perfida duchessa se la cava discretamente. Fred Robsahm, marito della sepolta viva nel primo film, qui è il figlio sconosciuto che uccide la malvagia impostora, torna a sedere sul legittimo trono e sposa la bella Elisabetta. Gianni Cavina non dice una parola perché la sceneggiatura prevede che gli venga tagliata la lingua durante le prime sequenze. Diligente il resto del cast.

Luciano Ercoli è un buon artigiano, usa molto lo zoom e il primissimo piano, ambienta la storia quasi interamente nel Castello Odescalchi di Bracciano (sede della duchessa di Cambise) riservando poche scene per il Palazzo Patrizi a Castelgiuliano (dove vive il conte Amadeus). Ottima la musica di Franco Micalizzi che contribuisce a creare un’atmosfera da thriller melodrammatico e da cinema avventuroso, con accenni horror tipici della narrativa d’appendice della Invernizio. Fotografia nitida in technicolor e montaggio abbastanza serrato. Interessanti le sequenze con torture e uccisioni, truce un volto sfigurato, intensi i duelli a colpi di spada e le cavalcate nella foresta, così come è ben ricostruito un processo per stregoneria e il conseguente rogo. Ercoli illustra a dovere il perverso rapporto tra la cattiva duchessa e il demoniaco figuro, a base di violenze carnali, torture e depravazioni. Un agnello scarnificato nell’acido si spera sia soltanto un trucco di scena, ma non ne siamo certi. Il finale è un piccolo capolavoro di tensione con una corda che sta per spezzarsi e potrebbe far precipitare Elisabetta nell’acido. Va da sé che sarà la duchessa a fare una brutta fine. Lieto fine scontato per un romanzo d’appendice che sa molto di fumetto, in pratica un fotoromanzo horror - sentimentale, ma che (una volta accettati i limiti del genere) si guarda ancora con piacere.

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