Tradimento
(1982) di Alfonso Brescia
Regia:
Alfonso Brescia. Soggetto: Francesco Calabrese. Sceneggiatura: Enzo Gicca,
Alfonso Brescia. Fotografia: Silvio Fraschetti. Montaggio: Carlo Broglio.
Produttori: Francesco Calabrese, Alfonso Brescia. Scenografia: Francesco
Calabrese. Costumi: Valeria Valenza. Musiche: Eduardo Alfieri. Direttore di
Produzione: Antonio Pittalis. Aiuto Regista: Gianfranco Pasquetto. Casa di
Produzione: I.M.P.P.. Ispettore di Produzione: Gino Minopoli. Segretari di
Produzione: Francesco Raffa, Angelo Corrieri. Distribuzione: Cidif. Operatore
di Macchina: Federico Del Zoppo. Assistente Operatore: Franco Fraschetti.
Segretaria di Edizione: Federica Valenza. Fonico: Fabio Ancillai. Trucco:
Massimo De Rossi. Parrucchiera: Placida Capranzano. Sarta: Anna Onorati.
Attrezzista: Antonio Rinaldi. Assistente al Montaggio: Anna D’Angelo.
Sincronizzazione: Cinefonico Cinecittà. Sartoria: Ditta Ferroni. Arredamento:
Postiglione. Tappezzeria: Ditta D’Angelo. Pellicola: Kodak Eastmancolor.
Sviluppo e Stampa: Technicolor. Teatri: De Paolis Incir (Roma). Titoli Effetti
Ottici: Moviecam 2000. Burattini: Baracche
e Burattini di Lia Amoroso. Canzoni: Acquarello
Napoletano (Benedetto - Bonagura), edizioni Nationalmusic, canta Mario
Merola; Ndringhetendrà (Cinquegrana -
De Gregorio), edizione A.B.C. - Gennarelli, canta Mario Merola, Tradimento (Alfieri - Palomba), edizione
A.B.C., canta Mario Merola; Ballammo
(V. Annona - De Paolis - D’Angelo), edizione Gesa Sas Milano, canta Nino
D’Angelo; Che si pe’ me (R. Fiore - De Paolis - D’Angelo), edizione Gesa Sas
Milano, canta Nino D’Angelo. Interpreti: Mario Merola (Gennaro La Monica), Nino
D’Angelo (Nino Esposito), Ida Di Benedetto (partecipazione
straordinaria - Carmela, moglie di Gennaro), Antonio Ferrante (avvocato
Colantuoni), Tommaso Bianco (Totonno, il mago dei bambini), Gianni Ciardo
(assistente avvocato), Rita Binetti (compagna assistente avvocato), Roberta
Olivieri (Rosalia), Lucio Montanaro (Ciccio, amico di Nino), Antonio Allocca
(Don Salvatore), Benito Artesi, Salvatore Puccinelli, Pamela, Nello Pazzafini
(Pasquale Ruoppolo), Isa Marlene, Enzo Berri, Marta Zoffoli (la piccola
Titina), Ghigo Masino (giudice), Regina Bianchi (Assunta, madre di Gennaro).
Celebrità
di Ninì Grassia lancia il personaggio di Nino D’Angelo al cinema, proponendolo
come erede e innovatore della sceneggiata, rendendolo così popolare che un
regista - produttore scaltro come Alfonso Brescia lo vuole come partner
d’eccezione di Mario Merola in due sceneggiate pensate per il cinema insieme al
sodale Francesco Calabrese. Alfonso Brescia (Roma, 1930 - 2001) è un terrorista
dei generi, uno dei tanti che hanno caratterizzato il vitale cinema degli anni
Settanta e Ottanta, autore di circa sessanta film, tutti B-movie, che vanno dal thriller alla sceneggiata, passando per
peplum, poliziottesco, fantascienza e
bellico. Figlio di un produttore, lui stesso spesso produce i film che
sceneggia e dirige, andando quasi sempre sul sicuro, con generi di successo e
costi contenuti. Regista di buona tecnica, appresa alla scuola di Federico
Fellini e Sergio Leone, lo ricordiamo come sceneggiatore di molti film
interpretati da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia e per il Merola movie, sottogenere della sceneggiata napoletana di cui può
dirsi deus ex machina. Tra i suoi
titoli ricordiamo il debutto con La
rivolta dei pretoriani (1964), Il
tuo dolce corpo da uccidere (1970), Ragazza
tutta nuda assassinata nel parco (1972), L’eredità dello zio buonanima (1974), L’adolescente (1976), L’ultimo
guappo (1978), Zappatore (1980),
I figli … so’ pezzi ‘e core (1981), Omicidio a luci blu (1991). Il suo
ultimo film è Club vacanze (1995),
autoprodotto e fallimentare, in un periodo storico che vedeva ormai la fine del
cinema di genere.
Alfonso
Brescia si fa venire l’idea di unire un simbolo di Napoli come Mario Merola,
cantante e attore di successo, alla stella emergente Nino D’Angelo e il
risultato è tutto sommato buono, se pensiamo che la storia deve restare nei
limiti di un genere codificato da determinate regole. In breve la trama.
Brescia e Calabrese raccontano la storia di una povera famiglia napoletana
composta da Gennaro (Merola), venditore abusivo di brodo di polipo, Carmela (Di
Benedetto), gestore di un chiosco di bibite, Titina che frequenta la scuola
elementare e Rosalia, sorella minore di Carmela. Gennaro non riesce a ottenere
la licenza di venditore a causa di vecchi conti in sospeso con la giustizia,
mentre la camorra lo perseguita chiedendo un pizzo che lui rifiuta di pagare.
La madre di Gennaro (Bianchi) paga un losco individuo per cercare di far
ottenere la licenza al figlio, togliendo i carichi penali pendenti. Carmela
paga il pizzo per non avere problemi, quindi protegge il marito cercando di
ottenere l’amicizia di un sordido avvocato (Ferrante), che prima cerca di
approfittare di lei, quindi la fa passare per una malafemmina. In questa storia principale si inserisce la sottotrama
di Nino (D’Angelo) e Rosalia (Olivieri), innamorati contrastati da Gennaro che
non vuole avere rapporti con un giovane mariuolo convinto di sfondare come cantante.
Finale melodrammatico, che vira bruscamente in comico, dopo il processo con
Carmela, rea confessa di cose che non ha commesso, malafemmina per salvare il marito dalla galera, con la complicità
di un buffo (ma equo) giudice fiorentino (Masino) che condanna il camorrista
violento (Pazzafini). Si rispettano tutti i canoni della sceneggiata (isso, issa e o malamente) con il marito
tradito - pure se non è vero - che caccia di casa la moglie, precipita nel
baratro del disonore, quindi comprende e torna insieme a lei, di nuovo felice
come un tempo, senza carichi pendenti, con un negozio legale di polipo dove si
canta, si ride e si balla.
Tradimento
è sceneggiata napoletana a tutti gli effetti, colonna sonora di Eduardo
Alfieri, intervallata da canzoni interpretate da Mario Merola, dalle struggenti
Tradimento e Acquarello Napoletano, per finire con la comica Ndringhetendrà, quando il melodramma
vira in pochade e tutto termina con
la più classica delle bagarre, che
prevede tutti gli attori sulla scena. Nino D’Angelo ci mette del suo cantando
in discoteca Ballammo, davanti alla
sua bella, e replicando con Che si pe’ me,
ma non è lui il protagonista, il suo ruolo (pur efficace) è pensato come spalla
di Merola, come sostegno per invogliare i giovani ad andare al cinema. Un film
di impianto teatrale, come ogni sceneggiata che si rispetti, molto
convenzionale, con ruoli stabiliti e certi, dove il confine tra buono e cattivo
è netto e subito comprensibile. Attori ben calati nelle interpretazioni. Regina
Bianchi è la madre coraggiosa e disperata, tutta casa e chiesa, preoccupata e
devota, ruolo della sua vita, che replica la parte sostenuta in Celebrità. Ida Di Benedetto è la
bellezza prosperosa napoletana, la donna del protagonista, la moglie dedita
alla famiglia, che regge sulle sue spalle una situazione difficile e che si
accusa per proteggere il suo uomo. Mario Merola è il padre duro e inflessibile,
capo famiglia d’un tempo, violento ma buono, inflessibile ma in fondo dal cuore
tenero, pervaso da un senso della giustizia e dell’onore che provengono da
secoli di tradizione. Nino D’Angelo non è protagonista ma si ritaglia un ruolo
da scugnizzo lestofante con vocazione musicale e animo buono che ha una sua
valenza nell’economia della pellicola. Ricordiamo la sua storia d’amore con
Rosalia (una diligente Olivieri), alcune canzoni e soprattutto la scena madre
quando va in ospedale dalla signora anziana scippata per restituire la borsa.
Una sequenza riuscita lo vede testimone oculare dello scontro al coltello tra
Merola e Pazzafini che per lui finisce con un emblematico pestaggio, ben
diretto da Brescia che lo rende credibile come se fosse un poliziottesco. Nino ruba solo ai camorristi e a chi se lo merita,
in fondo è un bravo ragazzo e sa che presto farà successo con la musica. Il suo
personaggio è rispettato in pieno. Bene il cast di contorno, da un antipatico
avvocato reso al meglio da Ferrante, per finire con il divertente giudice
fiorentino (Masino), passando per il camorrista (Pazzafini), Totonno il mago
dei bambini (Bianco) e la figlia di Gennaro (Zoffoli).
Tra
le cose migliori la realistica ambientazione napoletana - pur con toni da fiaba
canora - e l’idea di aprire la pellicola con un piano sequenza che introduce lo
spettatore nel vivo dei bassifondi partenopei, per concludere con un carrello
inverso che porta fuori dall’azione scenica in cui si sono destreggiati i
personaggi. Tradimento è un classico
Merola movie, di fatto una
sceneggiata corretta al musicarello
dialettale con schizzi di melodramma, commedia e pochade, davvero ben dosati da un maestro del cinema popolare come
Alfonso Brescia. Personaggi stereotipati quanto si vuole, ben definiti, tutti
troppo buoni o troppo cattivi, ma gestiti in una sceneggiatura che non presenta
sbavature di sorta. Fotografia napoletana interessante, tra luci soffuse e
panoramiche marine, ralenti canori
sulla spiaggia e un mercato ricco di colori che ricorda Campo dei fiori, tra polipo e bibite, passando per un metaforico
teatro di burattini dove Pulcinella racconta la vita del povero napoletano
costretto a inventarsi il modo per campare. Interessante l’immedesimazione
Pulcinella - Merola che spesso la storia tende a realizzare quando Totonno
rappresenta momenti della vita del venditore di polipo. Storia d’amore e
camorra, con parti violente e da cinema poliziottesco,
momenti persino sexy con Ida Di Benedetto in vesti succinte, elementi comici
con Masino e Montanaro, quindi canzoni e guapperia con Merola e D’Angelo.
Bellissimo il finale in musica, da bagarre
comica, secondo i canoni della migliore commedia musicale. Inutile
dire che fu un successo, soprattutto a Napoli.
Rassegna
critica. Marco Giusti (Stracult):
“Grande incontro tra due miti della sceneggiata. Mario Merola al suo massimo
fulgore e Nino D’angelo ai suoi inizi. A sostenere il duo Ida Di Benedetto
ancora fresca di esperienze alte
nella parte della moglie, forse traditrice, di Merola. La storia è sempre
quella. Il sospetto, il bravommo,
Merola che si impunta e chiede spiegazioni a o malamente, stavolta interpretato da Nello Pazzafini assolutamente
sballato. Finisce a coltellate, poi davanti a un giudice, che è il toscano
Ghigo Masino finito a Napoli quasi per caso. Merola, reticente, verrà salvato
dalla moglie, che, disonorata, verrà messa alla porta, ma tutto finirà per il
meglio. Non male il pestaggio di Nino D’Angelo da parte degli uomini di
Pazzafini. Ma la parte migliore spetta al brodo di polipo che Merola si ostina
a vendere per strada, giustamente definito da Ghigo Masino una schifezza”.
Morando Morandini assegna una stella e mezzo ma non spreca una riga di
commento. Pino Farinotti (una stella): “Tra camorra e presunti tradimenti si
sfiora la tragedia, ma, alla fine, l’amore trionfa”. Paolo Mereghetti (una
stella e mezzo): “Merola e D’Angelo in un sol colpo, una delizia per gli
estimatori, un flagello per gli altri. Il film cerca di aggiornare i modi della
sceneggiata ma resta saldamente sul folcloristico”.
Per vedere il film:
Nessun commento:
Posta un commento