di Pupi Avati
Soggetto: Antonio Avati, Gianni Cavina, Pupi Avati. Sceneggiatura: Pupi
Avati, Antonio Avati, Gianni Cavina, Maurizio Costanzo. Fotografia: Enrico
Menczer (Technospes, Cosmovision, Ece). montaggio: Amedeo Salfa. Supervisione
al Montaggio: Ruggero Mastroianni. Costumi: Maria Baroni. Trucco: Giovanni
Amadei. Maestro d’Armi: Enzo Musumeci Greco. Coreografie: Tito Leduc.
Scenografia: Guido Josia. Aiuto Regista: Riccardo Tognazzi, Guido Girolami.
Operatore alla Macchina: Roberto Brega, Rosario Maria Montesanti.Fonico: Mario
Dallimonti. Fotografo di Scena: Francesco Bellomo. Effetti Speciali: Giovanni
Corridori. Sincronizzazione: Fono Roma srl, CVD. Mixage: Venanzio Braschi.
Musiche: Amedeo Tommasi (Eurofilmusic Edizioni Musicali srl). Canzoni: I’m free, The morning of my life, American love company di A. Tommasi e M.
Gore; Manhattan di Rogers e Hart; Comme
facette mammeta di G. Cataldo e S. Sgambardella. Produttore: Gianni
Minervini, Antonio Avati. Casa di Produzione: Euro International Films. Genere:
Commedia grottesca, Musical. Durata: 100’. Dedicato ad Al Lettieri. Interpreti:
Al Lettieri, Christian De Sica, Gianni Cavina, Luigi Proietti, Taryn Power,
Vladek Sheybal, Luigi Montefiori, Maurizio Bonuglia, Rosemarie Lindt, Greta
Vaillant, Giselda Castrini, Alida Cappellini, Marcello Casco, Paolo Graldi,
Ferdinando Orlandi, Pietro Brambilla, Valentino Macchi, Maria Rosa La Fauci,
Tiziana Redini, Enea Ferrario, Michele Mirabella, Francesco D’Adda, Cesare
Bastelli, Diana Salvador, Elvira Cortese, Vincent Gardenia, Gianfranco
Principi, Maria Teresa Piaggio, Rosamaria Calogero, Giancarlo Muratori,
Vittorio Moroni, Cesare Di Vito, Luciano Crovato, Giuseppe Terranova, Anna
Recchimuzzi, Jho Jhenkins, Elisa Mainardi.
Bordella è un film curioso, grottesco, surreale, del tutto non
classificabile ricorrendo alle ordinarie categorie della critica
cinematografica. Musical geniale condito di trovate assurde che fungono da
tormentone (la cassa da morto che deve scendere le scale di un condominio, il
bancario ladro…) e con un sua morale anticonsumistica e in fondo anche un po’
antiamericana. Si parte con un finto telegiornale che mostra vere immagini di
Kissinger - e in seguito pure Nixon - doppiati con una voce fuori campo che
presenta il progetto di spacciare
felicità. Gli USA decidono che è il momento di impostare un affare economico
globale basato su droga, sesso e tutto quello che - lecito o illecito - possa
procurare felicità e guadagno. Un italo americano, Eddie Mordace (Al Lettieri)
viene incaricato dal governo statunitense di aprire una succursale milanese
della American Love Company, una casa di tolleranza per donne insoddisfatte, un
bordello al femminile, in pratica. Mordace recluta un cameriere gay, un
gigantesco playboy (Montefiori), un pugile impotente (Cavina), un nobile (De
Sica) e un maniaco sessuale (Proietti) per impostare il lavoro e soddisfare la
ricca clientela.
Ne viene fuori un film ricco di gag e trovate fumettistiche,
ai limiti del grottesco, persino eccessive, tra flashback assurdi e intere parti coreografico - musicali che fanno
pensare a un musical. Avati inserisce nel film tutto il suo amore per il cinema
e per la musica, tra brani jazz, note americane anni Cinquanta e brani classici
italiani ben mixati da Amedeo Tommasi. Tra i flashback memorabile quello con protagonista Cavina nei panni del
pugile suonato che viene truccato da spagnolo e da africano ma finisce sempre
per buscarle di santa ragione. Interpreti azzeccati anche negli altri ruoli,
sia Montefiori come amante instancabile, che Proietti come assatanato
stupratore di donne, persino un giovanissimo De Sica, lezioso maestro di buone
maniere aristocratiche.
Per le parti da musical Proietti e De Sica sono
perfetti, mostrano tutta la loro bravura ancora in nuce ma che con il tempo riusciranno a sviluppare. La trama
procede tra finte paralitiche che si trasformano in ninfomani, comici duelli
all’arma bianca, citazioni esplicite de L’uomo
invisibile, coreografie fantastiche di Tito Leduc (lo vediamo in un piccolo
ruolo), suicidi mancati per colpa di profilattici troppo resistenti, intermezzi
erotici da Carosello, una mormone che contesta il sesso, festini americani con
premiazione finale degli erotici eroi. Straordinario il finale con Mr. Chips,
l’imprenditore americano (Gardenia), che chiede al misterioso uomo fasciato da
capo a piedi: “Ma lei chi cazzo è?. Risposta: “Io? L’uomo invisibile!”. Avati
ci mette un pizzico di fantastico, fa sciogliere le bende e mostra l’uomo
invisibile che scompare all’orizzonte.
Bordella
ebbe problemi con la censura, ma a nostro parere fu sequestrato non tanto per
oltraggio al pudore quanto per il pericoloso messaggio anticonsumistico e
antiamericano che stava alla base della pellicola. Girato tra New York e
Milano, una produzione economicamente costosa che non recupera le spese, visto
lo scarso successo di pubblico. Troppo avanti rispetto ai tempi, perché rivisto
oggi Bordella è un film moderno e
godibile, ricco di un umorismo per niente invecchiato. Tra gli sceneggiatori
ricordiamo la presenza di Maurizio Costanzo, insieme ai fratelli Avati e Gianni
Cavina che - come nella Mazurka - si
ritaglia un ruolo che gli calza a pennello. Bordella è dedicato ad Al Lettieri (New York, 1928 - 1975), il
mitico Sollozzo de Il padrino, qui
doppiato da Carlo Giuffrè nel ruolo principale, che muore per un infarto al
miocardio poco prima dell’uscita della pellicola.
La critica. Marco Giusti (Stracult):
“Il film più curioso di Avati. Non mantiene nella messa in scena la curiosità
dell’idea iniziale, è comunque un buffo, anomalo esperimento”. Giusti sostiene
che la filiale italiana dell’industria del sesso al femminile viene chiamata Bordella, ma non è vero, resta American
Love Company. E in realtà la messa in scena è persino superiore all’idea
iniziale, tra trovate eccessive, battute surreali, suntuose parti coreografiche
e canzoni. Paolo Mereghetti (due stelle): “Surreale apologo contro il
consumismo e il cinismo politico, il film offre una carrellata di caratteri
eccentrici e divertenti, ma non riesce a liberarsi di un macchiettismo un po’ gratuito”. I critici veri dovrebbero spiegare
a noi spettatori comuni appassionati di cinema cosa intendono per macchiettismo, perché nel film abbiamo
visto solo trovate geniali. Morando
Morandini (due stelle e mezzo - tre per il pubblico): “Satira intelligente,
originale e un po’ folle, diretta da un Avati che mostra ancora una volta un
talento esile ma vero e, comunque, personale”. Non concordiamo sulla
definizione di esile riguardo al
talento, ma per il resto ci siamo. Pino Farinotti porta il giudizio a tre
stelle, che condividiamo, ma lo fa senza motivare.
http://www.futuro-europa.it/dossier/cineteca
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