di Alberto
Cardona
Regia: Alberto Cardona (Albert Cardiff). Soggetto:
Mario Gariazzo. Sceneggiatura: Mario Gariazzo, Alberto Cardone, Armando
Morandi. Scenografia: Oscar Capponi. Montaggio: Alberto Cardone. Fotografia: Aldo
Greci. Musiche: Michele Lacerenza. Arrangiamenti: Umberto Pregadio. Pellicola:
Eastmancolor/ Ultrascope. Produttore: Armando Morandi. Casa di Produzione:
Vivian Film (Roma). Distribuzione: La Metis Film. Interni: Stabilimenti De
Laurentiis (Roma). Interpreti: Peter Martell (Pietro Martellanza) (Joe
Williams), Glenn Saxson (Evans), Manuel Serrano (Pedro la Muerte), Liz Barret
(Luisa Baratto) (Linda), Daniela Giodano (Paquita), Franco Fantasia (il
giudice), Ralph Webb, Andrea Fantasia, Gaetano Imbrò, Ugo Adinolfi.
La locandina francese
Alberto Cardona gira uno dei suoi ultimi western con
il consueto pseudonimo di Albert Cardiff, cura il montaggio e in parte anche la
sceneggiatura, adattando - con il produttore Morandi - un soggetto ai minimi
termini di Mario Gariazzo (pure lui sceneggiatore). Tre teste e sei mani per
partorire uno dei più scadenti e scontati spaghetti-western della storia, una
via di mezzo con il tortilla-western per la presenza dei banditi messicani. Si
narra la storia di Joe Williams (Martellanza), sceriffo dai metodi spicci,
accusato dal giudice (Fantasia) di uccidere i delinquenti invece di arrestarli
e rimosso dall’incarico a favore del vice sceriffo Evans (Saxson). Il soggetto
del film sta tutto nella fuga di Joe e nella sua guerra privata contro una banda
di feroci messicani, capitanata da Pedro la Muerte (Serrano) e dalla sua donna
Paquita (Giordano), che vogliono recuperare un bottino di dollari nascosti
dallo sceriffo. Tra cavalcate interminabili, sparatorie e cazzottate con poco senso,
si arriva a un finale piatto e privo di suspense
che vede lo sceriffo riabilitato tornare al paese insieme al suo vice, che ha
appena salvato da un agguato.
Pietro Martellanza, certo Peter Martell fa un altro effetto...
Poco memorabile, a parte la nota di merito di
aver ambientato un film western nelle campagne romane, smascherate dal famoso
laghetto con cascate di Manziana, luogo storico del cinema bis. Girato con pochi soldi ma ancor meno fantasia, in
fretta e furia, al punto da sembrare un film senza sceneggiatura, improvvisato durante
la lavorazione sulla base di un modesto canovaccio. Molte le parti
convenzionali e ripetitive così come sono interminabili le sequenze a cavallo e
le cazzottate tra rivali. Daniela Giordano ricopre un ruolo interessante, come
donna del cattivo, pure lei perfida quanto basta perché ogni volta si occupa di
incitare gli uomini della banda a violentare e uccidere la donna di turno. Il
regista la presenta nelle prime sequenze in una posa sexy, camicetta rossa e
gonna corta, insolita per un western, così come non è consueto che una donna
abbia un ruolo negativo all’interno di una banda criminale.
Luisa Baratto, in arte Liz Barret
Altra sequenza
originale vede Paquita strappare le vesti a Linda - la donna di Joe - per
indurre lo sceriffo a parlare. Fine dei pregi, perché gli attori non sono in
gran forma, Saxson e Serrano hanno fatto di meglio, Martellanza pare completamente
fuori ruolo, Fantasia è un giudice diligente. Musica ridondante ed eccessiva ma
tutto sommato ben arrangiata, pure se spesso copre i dialoghi e non assicura la
dovuta tensione. Alcuni pregi tipici del western italiano: vento, polvere,
realismo della vita dei villaggi, il cialtrone che vende elisir di lunga vita,
il vecchietto tipico e un’atmosfera abbastanza azzeccata. Mancano del tutto suspense narrativa e tensione, così come
l’originalità è quasi inesistente. Ogni sequenza ha il sapore del già visto.
Ancora Liz Barret con Glen Saxson
La critica. Paolo Mereghetti (una stella): “Un ex
sceriffo dai metodi brutali è accusato ingiustamente dell’omicidio di una
coppia di agricoltori: saprà dimostrare coi fatti la propria innocenza. Western
all’italiana modesto e scontato”. Non è proprio
questa la storia, forse il critico milanese non ha fatto la fatica di vedere il
film, ma le conclusioni sono condivisibili. Conferma una stella Morandini,
anche se indica con due stelle il giudizio del pubblico, ché nelle sale di
terza visione certi film andavano forte. Pino Farinotti è come sempre il più
buono e concede due stelle, senza motivare. Matteo Mancini (Spaghetti Western vol. 3 - Il mezzogiorno di fuoco del genere):
“Girato in fretta e furia da Cardone con capitali modesti e un cast ridotto
all’osso. Nulla di nuovo per quello che viene considerato da tutti un western
poco riuscito. Visto da pochissimi. Quarta serie, nulla a che vedere con i
primi western di Cardone”.
Daniela Giordano, non in questo film
Alberto
Cardone (Genova, 1920 - Roma, 1977)
comincia a lavorare nel cinema a 22 anni, come aiuto di Cristian-Jacques, fino
al 1966 collabora con autori del calibro di John Brahm, Duvivier, De Toth,
Bernhardt, Wyler e Fleischer. Ispettore di produzione, montatore,
documentarista, debutta alla regia nel 1964, per i primi film di supporto a
colleghi tedeschi. Firma alcune pellicole di genere - di solito con lo
pseudonimo anglofono Albert Cardiff - soprattutto spaghetti-western,
tecnicamente buoni, pur se non molto originali. Muore dimenticato a soli 57
anni, anche se in vita era apprezzato anche all’estero per le sue doti
tecniche.
Seguite la mia rubrica Cinema su Futuro Europa:
http://www.futuro-europa.it/category/dossier/cineteca
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