domenica 11 agosto 2013

Racconti romani (1955)



di Gianni Franciolini
 

Regia: Gianni Franciolini. Soggetto: Alberto Moravia, Sergio Amidei. Sceneggiatura: Sergio Amidei, Age (Agenore Incroci) & Scarpelli (Furio Scarpelli), Alberto Moravia, Francesco Rosi. Fotografia. Mario Montuori. Montaggio: Adriana Novelli. Musiche: Mario Nascimbene. Scenografia. Aldo Tommasini. Costumi: Beni Montresor. Produttore: Niccolò Theodoli per ICS. Distribuzione: Diana Cinematografica. Durata. 95’. Colore. Genere: Commedia. Interpreti: Totò, Vittorio De Sica, Silvana Pampanini (doppiata da Benita Martini), Franco Fabrizi, Antonio Cifariello (doppiato da Aldo Barberito), Giancarlo Costa, Maurizio Arena, Sergio Raimondi (doppiato da Adriano Micantoni), Nando Bruno, Mario Riva, Aldo Giuffrè (doppiato dal fratello Cralo), Mario Carotenuto, Eloisa Cianni, Giovanna Ralli, Maria Pia Casillo, Turi Pandolfini, Anita Durante, Gisella Monaldi, Ciccio Barbi, Elio Crovetto. Premi: David di Donatello (1956) Miglior Regia e Miglior Produttore. 
 

Racconti romani è un film ispirato all’opera omonima di Alberto Moravia, che partecipa alla stesura della sceneggiatura, oserei dire che prende solo il titolo e una vaga ispirazione dalla famosa raccolta di racconti per poi seguire regole proprie, da commedia cinematografica, con il consenso dello scrittore. 
 

In breve la trama. Il protagonista indiscusso della pellicola è Franco Fabrizi, nei panni di Alvaro, bello e dannato, un furfantello con precedenti penali, sposato con la bella Maria (Pampanini) che sopporta le sue menzogne. Alvaro convince Otello (Cifariello), Mario (Arena) e Spartaco (Costa) a mettersi in proprio comprando un camioncino per autotrasporto. Visto che non hanno denaro per pagare il mezzo e i loro impieghi come cameriere, barbiere e pescivendolo non bastano, Alvaro escogita una serie di imbrogli che purtroppo finiscono sempre male. Bagarinaggio allo stadio, biglietti di banca falsi, un imbroglio a un avvocato, fingersi guardie per multare coppiette che si baciano. Le fidanzate delle tre vittime soggiogate dal carisma del leader negativo si ribellano e i ragazzi scaricano il capo dopo aver passato una notte in carcere. Lui non desiste, anche se trova un lavoro vero, e nell’ultima scena lo vediamo intento a convincere nuovi compari per dedicarsi a truffe finalizzate ad acquistare il famoso camioncino. 

Il film resta memorabile per l’episodio che vede all’opera Totò nei panni del professor Semprini, uno scrittore da quattro soldi, avvicinato da Alvaro per comporre una lettera strappalacrime che dovrebbe convincere l’avvocato Mazzoni Baralla (De Sica) a elargire una somma di denaro per un oggetto di nessun valore. Esilarante la parte al bar con Totò che mangia a sbafo e scrive la lettera, ma soprattutto quando si sostituisce ai ragazzi e li anticipa nella truffa ai danni dell’avvocato. Vittorio De Sica è straordinario nei panni del legale sconvolto dal dolore per la recente perdita della mamma, ma che nonostante tutto riesce ancora a contrariarsi per come vengono pronunciate le parole babbo e mamma. Troppe b, secondo lui, troppe m, suoni che lo disgustano, soprattutto per come Totò pronuncia le parole. In questo segmento si sente in maniera importante l’ispirazione al racconto di Moravia La parola mamma. Tra gli attori, in primo piano un istrionico Franco Fabrizi, perfetto nel ruolo del bullo da borgata, sempre intento ad architettare imbrogli. Brava anche Giovanna Ralli come pescivendola scostumata e irascibile, che alla fine si lascia placare dall’amore per il suo bello (Arena). Una sequenza al mare permette di mostrare le gambe della bella attrice romana che sfoggia un audace (per i tempi) costume. Silvana Pampanini è di una sfolgorante bellezza ma il suo ruolo di moglie comprensiva di un marito irresponsabile è più casto. Mario Riva è sotto utilizzato come cameriere investito dagli insulti della irruente Ralli nei panni di una cliente insoddisfatta sia per il pranzo che per il conto da pagare. Aldo Giuffrè fa una rapida apparizione come avvocato, doppiato dal fratello Carlo, e Mario Carotenuto si vede lo spazio di una rapida sequenza girata a Villa Borghese. Bella fotografia in quattro colori di una Roma solare, in alcune sequenze vista dall’alto e dal lungo Tevere. Gianni Franciolini - che vince un David di Donatello - anticipa Paolo Sorrentino nel fotografare la bellezza di Roma, talmente bella (negli anni Cinquanta lo era ancora di più) da facilitare il compito. 
 

Gianni Franciolini (1910 - 1960) è un regista toscano formato alla scuola francese di Eugène Desleve, influenzato dall’avanguardia d’oltralpe, assistente di Géorges Lacombe. Sceneggiatore prolifico, dirige il primo film nel 1940 (L’ispettore Vargas) e realizza la sua opera migliore con Fari nella nebbia (1941), incentrato sulla crisi sentimentale di un camionista abbandonato dalla moglie e tradito dall’amante. Roberto Poppi (Dizionario del cinema italiano - I registi) afferma che “Fari nella nebbia anticipa il neorealismo, ma soprattutto risente del realismo francese dei Carné e dei Duvivier”. Nel dopoguerra Franciolini si avvicina alla commedia neorealista e collabora con Cesare Zavattini. Tra le sue cose migliori citiamo: Ultimo incontro (1951), Buongiorno elefante! (1952), Il divorzio (1954), Le signorine dello 04 (1955), Peccato di castità (1956), Racconti d’estate (1958). Scompare a soli cinquant’anni, nel pieno della creatività artistica.
 

Rassegna critica. Paolo Mereghetti (due stelle): “Ispirandosi ad alcuni dei Racconti romani di Alberto Moravia scelti da Sergio Amidei (Il biglietto falso, Il godi godi, Arrivederci, Il terrore di Roma, Il bassetto, La parola mamma, La voglia di vino e Prepotenti per forza) e sceneggiati, oltre che da loro, anche da Age, Scarpelli e Rosi, il film cerca di far convivere il pessimismo dello scrittore con la bonarietà della commedia al’italiana: ne esce un ibrido curioso, vivacizzato - forse troppo - da un cast brillante, che testimonia la nascente tentazione del cinema italiano a stemperare nel rosa certe componenti di più seria analisi sociale. Bello il duetto tra il professor Semprini (Totò) e l’avvocato Mazzoni Baralla (De Sica) sull’insopportabilità della parola mamma. Citazione speciale nel nutrito cast femminile per la pescivendola irruente e irosa interpretata da Giovanna Ralli”. 
 

Morando Morandini (due stelle e mezzo per la critica, quattro stelle per il pubblico): “Presa una mezza dozzina di Racconti romani di A. Moravia, li hanno cuciti assieme attraverso le sollazzevoli e poco edificanti imprese dio quattro giovanotti sfaticati. A un’ingegneria narrativa indubbiamente efficace, corrisponde il trionfo del becerismo romanesco, del bozzettismo più sbracato, de meridionalismo più smaccato. Oltre a un impareggiabile Totò, da notare la prova del bassetto Giancarlo Costa: qualcosa di più d’una macchietta. Qua e là la tematica moraviana affiora. I personaggi positivi sono tutti femminili: fidanzate, mogli, sorelle”. Pino Farinotti concede tre stelle, come al solito non motiva, ma il giudizio è condivisibile. Neorealismo rosa, in salsa di commedia all’italiana, ambientazione romana e personaggi indovinati interpretati da un cast ottimo. Successo di pubblico, che premia un buon prodotto d’intrattenimento, anche se la critica - come spesso accade con la commedia - storce la bocca.   Certo, la poetica moraviana si perde completamente…


Gordiano Lupi - www.infol.it/lupi 

Nessun commento:

Posta un commento