di Dario Argento
Regia: Dario Argento. Soggetto: Dario Argento, Franco
Ferrini, Graziella Magherini (libro omonimo). Sceneggiatura: Dario Argento,
Franco Ferrini. Fotografia: Giuseppe Rotunno. Montaggio: Angelo Nicolini. Effetti
Speciali: Sergio Stivaletti, Giovanni Corridori. Musiche: Ennio Morricone.
Scenografia: Massimo Antonello Geleng. Costumi: Lia Morandini. Trucco: Franco
Casagni, Gloria Pescatore. Durata: 115’.
Genere: Thriller. Regista Seconda Unità: Luigi Cozzi. Produzione: Dario
Argento, Giusepe Colombo. Casa di Produzione: Medusa Film, Cine 2000.
Interpreti: Asia Argento, Thomas Kretschmann, Marco Leonardi, Luigi Diberti,
Paolo Bonacelli, Julien Lambroschini, John Quentin, Franco Diogene, Lucia
Stara, Sonia Topazio, Lorenzo Crespi, Vera Gemma, Veronica Lazar, John
Predeferri, Mario Diano, Eleonora Vizzini, Maximilian Nisi, Leonardo
Ferrantini, Sandro Giordano, Cinzia Monreale, Michele Kaplan, Ileene Iasseft,
Laura Piattella, Vincenzo Uccellini, Elena Bermani, Antonio Marziantonio, Luca
Camilletti, Graziano Giusti, Monica Fiorentini, Giancarlo Teodori, Antonello
Murru, Marna Del Monaco, Maria Grazia Nazzari.
La sindrome
di Stendhal (1996) è un thriller
psicologico intriso di elementi horror che rappresentano la cifra stilistica di
Dario Argento. Protagonista principale è ancora una volta Asia Argento, dopo la
buona in Trauma (1993), che tornerà
sotto la guida del padre ne Il fantasma
dell’opera (1998), La terza madre
(2007) e Dracula 3D (2012). Asia
Argento era già stata protagonista in due produzioni argentiane come Dèmoni 2
(1986) di Lamberto Bava e La chiesa
(1989) di Michele Soavi. Il personaggio di Anna Manni, giovane poliziotto
romano in trasferta a Firenze per dare la caccia a un maniaco stupratore, permette
di vincere ad Asia Argento il Ciack D’Oro come miglior attrice protagonista.
La poliziotta Anna Manni (Argento) è in trasferta a Firenze
per dare la caccia a un killer seviziatore, sviene davanti a un quadro del
Brunelleschi agli Uffizi, viene soccorsa dal mostro in persona che pare
ossessionato dalla ragazza. Il killer la rapisce e la sevizia per ben due
volte, ma il secondo stupro gli sarà fatale, perché la vittima diventa
carnefice e diventerà una nuova minaccia psicopatica.
La sindrome
di Stendhal che dà il titolo al film
è quella patologia che provoca malessere e stordimento in certe persone che si
trovano di fronte a capolavori. Spiega tutto molto bene (in maniera un po’
didascalica) Paolo Bonacelli nei panni di uno psicologo che cura la poliziotta,
facendo riferimento allo scrittore francese, autore de La certosa di Parma e Il
rosso e il nero. Bonacelli mentre parla tiene in mano il libro di Graziella
Magherini, psichiatra fiorentina, sulla sindrome di Stendhal, che serve come
spunto per la pellicola.
Asia Argento è la poliziotta Anna Manni, allucinata
dai deliri prodotti dalla patologia, che Sergio Stivaletti e Dario Argento
rendono visivamente grazie a interessanti momenti fantastici e onirici. La sindrome di Stendhal è un thriller
sconcertante, perché l’assassino - violentatore muore a metà del film e lascia
la protagonista alle prese con un delirio ancora più grande. Il film che
interessa a Dario Argento comincia nella seconda parte, tutto è molto forte ed
eccessivo, con numerosi deliri splatter e sequenze gore degne del miglior
Fulci. Argento anticipa la moda del torture
porn, che secondo la critica più accorta nasce con Hostel (2005) di Eli Roth e Saw
- L’enigmista (2004) di James Wan, ma soprattutto realizza un film crudo e
claustrofobico. Molti elementi pittorici, sia nelle sequenze girate nel Museo
degli Uffizi, che nelle parti oniriche, quando la protagonista entra dentro le
opere d’arte e si confonde nei colori. Straordinaria la sequenza che trasforma
Asia Argento in una tavolozza piena di colori sgargianti.
Una musica intensa di
Ennio Morricone (torna a lavorare con Argento dopo L’uccello dalle piume di cristallo, 1969 e Quattro mosche di velluto grigio, 1971) ricorda il coro della
tragedia greca e amplifica il crescendo di follia. La partitura di Morricone è
basata sulla passacaglia, una danza del Seicento di origine spagnola, ma il
maestro riesce a fondere sonorità classiche e contemporanee in un mix
straordinario. Dario Argento sceglie determinate opere d’arte che Freud
definiva perturbanti, dopo essersi consultato con alcuni psicanalisti.
Citiamone alcuni: la Crocifissione di
Grünewald, il Cristo morto del
Mantegna, La ronda di notte di
Rembrandt, La caduta di Icaro… (Fabio
Maiello, Dario Argento, Alacran).
La sindrome
di Stendhal è un film che indaga la
mente umana, sviscera il legame tra torturato e torturatore, studia la follia e
le pieghe più recondite dell’animo umano. Argento compie un preciso percorso
attraverso l’analisi di un progressivo turbamento emotivo che parte con una
violenza sessuale, che - come un virus - infetta la protagonista. Sono molte le
sequenze riuscite a livello di suspense e
tensione, soprattutto la parte in cui Anna Manni si libera del suo
aguzzino e lo uccide, ma anche nel rocambolesco finale quando non si capisce
chi sia il nuovo serial killer. I problemi di Argento sono come sempre nella
recitazione degli attori, ma ormai è quasi un pregio, anche se Asia è
straordinaria in una parte che sembra scritta proprio per lei. Apprezzabili le parti
oniriche condite da intensi flashback sull’infanzia della protagonista, molti elementi
da opera pittorica, esteticamente pregevole. Tra gli attori è bravo anche
Thomas Kretschmann, delirante killer stupratore ossessionato dall’ispettrice Anna
Manni, che si prodiga in diverse sequenze di erotismo torbido con la complicità
di una credibile Asia Argento. Quando muore il killer, Anna cambia aspetto,
indossa una parrucca bionda, che dovrebbe ricordare Marlene Dietrich, e comincia
un delirante processo di identificazione con il suo carnefice.
Argento indaga
lo sdoppiamento della personalità e mostra la follia dell’ispettrice di polizia
che dialoga con il se stesso negativo, con il killer che si è impadronito di
lei. Straordinario il finale, in un crescendo splatter, tra delitti efferati e
un pianto liberatore della ragazza che pare scacciare le nubi dalla sua mente
distrutta. Argento afferma che ha concepito tutto il film come un’opera d’arte
e che il finale vuole citare una deposizione. Gli effetti speciali di Sergio
Stivaletti sono notevoli, per la prima volta in un film di Argento ci sono effetti
computerizzati. Le scenografie di Antonello Geleng ben si amalgamano con le
sequenze oniriche e le parti pittoriche.
La sindrome
di Stendhal è l’ultimo film
interessante di Dario Argento prima della caduta verticale degli anni Duemila,
ambientato in Italia, tra Firenze, Roma e Viterbo. Condivido certa critica
quando afferma che “La sindrome di Stendhal si concentra di più sugli
aspetti psicologici della violenza che sulla violenza stessa”. Il personaggio
di Anna Manni tornerà - modificato in Anna Mari - ne Il cartaio (2004), interpretato da Stefania Rocca, ma naufragherà
nel grigiore di uno dei peggiori lavori di Argento.
Dario Argento doveva realizzare La sindrome di Stendhal negli Stati Uniti, come il precedente Trauma, il Metropolitan Museum avrebbe
dovuto prendere il posto degli Uffizi, ma il cambiamento di programma - dovuto
a motivi economici - conferisce maggior fascino alla pellicola. Argento
sostiene che la scelta è stata tutta sua, per motivi estetici, anzi che ha
dovuto pagare una penale per non girare negli Stati Uniti, visto che tutto era
predisposto. Bridget Fonda era sta scelta per interpretare la protagonista, ma
secondo Argento era “troppo pupattola, troppo perfettina” e lui aveva bisogno
di “un’attrice libera, spontanea, nervosa, moderna, poco impostata”. Il
cambiamento di protagonista ha posto fine all’amicizia tra Argento e la Fonda.
“Non è stato facile girare le scene in cui Asia subisce violenze sessuali. Sono
stati momenti tesi e sofferti. Cercavo di non mostrare nulla, preferivo
soffermarmi sui primi piani”. Pure girare nel Museo degli Uffizi è un problema,
perché si possono fare riprese soltanto il lunedì, giorno di chiusura. Per
guadagnare tempo, Argento gira anche di notte.
Rassegna critica. Paolo Mereghetti (una stella): “Da
pretenzioso thriller surrealista, il film di Argento si trasforma in uno Psyco a Trastevere: sempre sopra le
righe e sprezzante della verosimiglianza, ma senza invenzioni visive che
compensino (come ai bei tempi). Non bastano più di quattro effetti digitali (la
poliziotta che entra in un quadro, la soggettiva di una pillola nell’esofago)
per tenere in piedi un intreccio imbarazzante sia per la confusione che per i
tratti patologici e misogini che ne emergono. E la sindrome del titolo - quella
che proverebbero i turisti stressati da troppe opere d’arte - è solo un
pretesto lasciato subito cadere”. Troppo duro. Morando Morandini (due stelle e
mezzo per la critica, tre stelle per il pubblico) è più condivisibile:
“Sequenza d’apertura folgorante, una parte centrale dove struttura narrativa,
disegno dei personaggi e versante tecnico - espressivo sono più equilibrati del
solito, una protagonista alle prese con un doppio sdoppiamento di personalità,
una squadra di collaboratori di prim’ordine tra cui spiccano gli effetti
speciali di Sergio Stivaletti”. Pino Farinotti (due stelle): “Argento ha
rimaneggiato un libro di Graziella Magherini per un risultato lontano dai bei
tempi. Eccesso di cuore di padre da parte del regista, che ha attribuito alla
figlia, discreta presenza, due ore insipide di cinepresa. Troppe”. Antonio
Bruschini e Antonio Tentori (Giallo e
Thrilling made in Italy): “Il film vuol essere soprattutto l’analisi di
un’ossessione ch conduce all’omicidio, un thriller psicologico piuttosto che un
giallo classico. Un’opera concepita per sconvolgere le regole del thriller e
destabilizzare continuamente le certezze dello spettatore. Un’opera che
risponde in tutto e per tutto agli schemi argentiani e si colloca perfettamente
come un altro tassello in quel mosaico di paure e angosce personali che
costituisce il cinema di Dario Argento”. In definitiva un film da rivedere
senza troppi pregiudizi, consapevoli che non stiamo assistendo a un semplice
thriller ma che il regista realizza un’opera esteticamente pregevole per
indagare il lato oscuro dell’animo umano.
Per vedere alcune sequenze: http://www.dailymotion.com/video/xrbx9y_la-sindrome-di-stendhal-1996-follia_shortfilms
Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
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