giovedì 26 novembre 2015

Gran Bollito (1977)

di Mauro Bolognini


Regia: Mauro Bologni. Casa di Produzione: P.A.C. - Produzioni Atlas Consorziate. Produttore: Sandra Riccardi Infascelli. Soggetto: Luciano Vincenzoni, Nicola Badalucco. Sceneggiatura e Dialoghi: Nicolaa Badalucco. Dialoghi Aggiuntivi: Angelo Della Giacoma. Scenografia, Costumi, Arredamneto: Danilo Donati. Fotografia: Armando Nannuzzi. Musiche e Canzoni: Enzo Jannacci. Edizioni MUsicali: Impala. Canzone: "Vita vita" (canta Mina). Montaggio: Nino Baragli. Organizzazione Generale: Fernando Franchi. Direttore di Produzione: Massimo Alberini. Architetto: Giovanni Natalucci. Aiuto REgista: Antonio Gabrielli. Operatori alla Macchina: Michele Cristiani, Daniele Nannuzzi, Alfredo Senzacqua. Fonico: Piero Fondi. Fotografo di Scena: Mario Mazzone. Sviluppo e Stampa: Technospes spa. Negativi: Eastmancolor, Kodak. Teatri di Posa: Dear International. Doppiaggio e Sincronizzazione: Fono Roma. Adattamento Dialoghi: Alberto Piferi. Doppiaggio: C.V.D. (diretta da Fede Arnaud). Interpreti: Shelley Winters (doppiata da Regina Bianchi), Max Von Sydow, REnato Pozzetto, Alberto Lionello, Laura Antonelli, Mario Scacia, Milena Vukotic, Adriana Asti, Rita Tushingham. Liù Bosisio, FRanco Branciaroli, Antonio Marsina, Maria Monti, Marco Modugno, Alberto Squillante, Giancarlo Badessi, Franco Balducci.




Gran Bollito inizia con una comprensibile bugia, per difendersi da eventuali azioni legali da parte della famiglia Cianciulli, scomparsa nel 1970, dopo aver trascorso anni in manicomio criminale. Una lunga scritta bianca su sfondo nero chiarisce che i fatti non sono ispirati alla vita di una determinata persona ma alla follia umana in generale e che ogni riferimento alla realtà è soltanto casuale. In realtà Bolognini, Vincenzoni e Badalucco sceneggiano le gesta reali di Leonarda Cianciulli, detta la saponificatrice di Correggio, modificando solo poche cose e aggiungendo alcune giustificazioni cinematografiche agli eccidi compiuti da una delle serial killer più feroci del primo Novecento. Joe D'Amato, nel 1979, con Buio omega, compie una simile operazione, in veste splatter. Massaccesi ha ben presente la storia della saponificatrice quando realizza terribili sequenze che vedono in primo piano cadaveri sezionati che i protagonisti fanno sciogliere in una vasca colma di acido. La realtà si trasfonde nel cinema e come sempre ispira e supera la fantasia, la sola differenza è che il folle protagonista del film si limita a occultare il cadavere e non produce sapone.


Gran bollito, invece, è direttamente ispirato alle gesta della Cianciulli, anche se il nome della protagonista viene cambiato in Lea; Shelley Winters interpreta il suo sguardo allucinato e carico di odio con la bravura e la professionalità che la contraddistinguono, finendo per oscurare la presenza degli altri attori. Gran bollito è una black comedy molto inglese, teatrale, grottesca che narra le gesta di una donna meridionale trasferita al Nord insieme al marito (Scaccia) che gestisce un botteghino del lotto. La donna ha fatto una vita di stenti, ha perduto dodici figli - tra aborti e morti in culla - ed è morbosamente legata a Michele (Marsina), unico figlio superstite. Il marito rimane paralizzato, lei prende il suo posto al botteghino e - da esperta di magia quale dice di essere - si crea un piccolo gruppo di clienti - amiche. Terrorizzata dalla paura di perdere il solo figlio che le è rimasto, decide di offrire tre vite umane alla morte con la quale ritiene di aver stretto un patto. Lea uccide donne che ritiene inutili, perché non possono avere figli e solo lei sa quanto siano importanti. La strega spacca la testa alle tre amiche (Lionello, Von Sydow, Pozzetto), in rapida sequenza, e le mette a bollire in un pentolone ricavandone sapone e squisite torte al sangue composte di polvere ossea pestata in un mortaio. Il film termina con la polizia che arresta la donna mentre sta per uccidere con la scure la fidanzata del figlio (Antonelli).


La vera Leonarda Cianciulli godeva di minori motivazioni psicologiche - a parte la follia - e non aveva un solo figlio ma quattro, inoltre il marito non era paralizzato, ma la coppia si era separata. Bolognini miscela con sapienza elementi macabri e humour nero, senza rinunciare alla suspense ma al tempo stesso senza scadere nello splatter e nell'orrore viscerale, stemperando le parti macabre. Shelley Winters è straordinaria nella parte di Lea, ma sono molto bravi in vesti femminili Alberto Lionello, Max Von Sydov e Renato Pozzetto, nei panni delle tre vittime: la romantica Berta, la repressa Lisa e la cantante Stella. Da notare che i tre attori ricoprono anche ruoli maschili come maresciallo (Von Sydow), bancario (Lionello) e carabiniere (Pozzetto). L'idea di far recitare tre uomini in parti femminili ricorda il teatro antico e - visto il tono grottesco della commedia - conferisce originalità e interesse a un film ben sceneggiato, strutturato con dialoghi rapidi e realistici. Milena Vukotic è la serva sciocca, succube della padrona, Alberto Lionello è una donna perfetta contesa tra la voglia di scappare in America per ritrovare il marito e la paura dell'ignoto, mentre il peggiore di tutti è l'inespressivo Antonio Marsina nei panni del figlio. Tecnica di regia classica, uso del grandangolo, piani sequenza, primi piani, taglio molto teatrale e dialoghi ridotti all'essenziale.


Il film è girato quasi completamente in interni con poche sequenze esterne ambientate a Parma, gode di buona ambientazione d'epoca e arredamento curato che ci portano alla fine degli anni Trenta, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, che la protagonista prevede in un allucinato finale. Fotografia ocra, anticata, soffusa; montaggio da thriller, senza tempi morti, colonna sonora di Jannacci che ci fa compiere un nostalgfico tuffo nella musica popolare meneghina. Renato Pozzetto si doppia in un buffo accento tedesco e canta alcune canzoni del suo repertorio, scritte da Jannacci, mentre Vita vita è interpretata da Mina. Laura Antonelli si ritaglia una partecipazione straordinaria, ma appare abbastanza fuori parte nei panni della fidanzata del figlio di Lea, che scampa alla mattanza in un concitato finale e soprattutto recita poche battute, limitandosi a sguardi ed espressioni allucinate. Il suo ruolo è irrilevante nell'economia di un film che si ricorda come intenso thriller psicologico caratterizzato dall'onnipresente immagine di Shelley Winters nei panni del mostro sanguinario. Il finale è ispirato quasi del tutto alla vera Cianciulli, quando dopo l'arresto viene chiamata Mostro e lei risponde alla folla con un sorriso di sfida. I soli rapidi nudi sono di Milena Vukotic (grottesco) e di Antonio Marsina (maschile), ma per Laura è il film più casto della carriera.

 
Mauro Bolognini (Pistoia, 1922 - Roma, 2001), architetto diplomato scenografo al Centro Sperimentale di Roma, aiuto di Luigi Zampa, Yves Allegrét e Jean Delannoy, regista in proprio dal 1953 (Ci troviamo in galleria), si avvicina a un tardo neorealismo con Gli innamorati (1955) e Giovani mariti (1957). I suoi film migliori sono frutto di sceneggiature pasoliniane: La notte brava (1959, tratto da Una vita violenta), Il bell'Antonio (1960, con la collaborazione di Vitaliano Brancati), La giornata balorda (1961); regista colto, interessato a soggetti letterari (Senilità, Agostino, Bubù, Per le antiche scale, L'eredità Ferramonti...) e romanzi importanti (Metello), lo ricordiamo per la direzione di alcune opere liriche. A Pistoia - sua città natale - c'è un teatro intestato a suo nome. Tra i suoi film più interessanti e meno celebrati ricordiamo Le bambole (1965), Capriccio all'italiana (1968), La venexiana (1986) - dove ritrova Laura Antonelli, questa volta da protagonista, la miniserie televisiva Gli indifferenti (1988) - ancora con Laura Antonelli - e La villa del venerdì (1991), ultimo lavoro per il cinema. La famiglia Ricordi (1995) è il suo ultimo impegno televisivo.

E' USCITO NELLA COLLANA LA CINETECA DI CAINO:

 
 
Gloria Guida, il sogno biondo di una generazione - pag. 250 - Euro 15
Collana La Cineteca di Caino - Edizioni Il Foglio
Autore: Gordiano Lupi. Filmografia e Presentazione: Roberto Poppi.
Introduzione: Gloria Guida. Un articolo di Davide Pulici (Da Nocturno Cinema).
Distribuzione: LIBROCO ITALIA srl - San Casciano VP (FI) - alessandro@libroco.it

Rubrica bisettimanale di cinema di Gordiano Lupi su Futuro Europa:
http://www.futuro-europa.it/category/cultura

mercoledì 18 novembre 2015

L'innocente (1976)

di Luchino Visconti

 
Regia: Luchino Visconti. Soggetto: Gabriele D'Annunzio (libera riduzione del romanzo omonimo). Sceneggiatura: Suso Cecchi D'Amico, Enrico Medioli, Luchino Visconti. Fotografia: Pasqualino De Santis (Techincolor). Montaggio: Ruggero Mastroianni. Aiuto Regista: Albino Cocco. Assistente alla Regia: Giorgio Treves. Coordinamento Edizione Italiana: Mario Maldesi. Direttore della Scenografia: Mario Garbuglia. Arredamento: Carlo Gervasi. Costumi: Piero Tosi. Assistente ai Costumi: Alberto Verso. Musiche: Franco Mannino (dirette dall'autore). Dischi: Cinevox Record. Direttore di Produzione: Lucio Trentini. Produttore: Giovanni Bertolucci per la Rizzoli Film spa. Maestro d'Armi: Enzo Musumeci Greco. Operatori alla Macchina: Mario Cimini, Giuseppe Berardini. Fotografo di scena: Mario Tursi. Fonico: Mario Dallimonti. Tecnico del Colore: Ernesto Novelli. Girato in Technovision (Ece). Mixage: Federico Savina. Doppiaggio: Cine Video Doppiatori. Edizioni Musicalli: Rizzoli Film, Bixio, Cemsa. Orchestra Stabile della Gestione Autonoma dei Concerti Accademia Nazionale Santa Cecilia. Brani Musicali: Berceuse, Walzer (Chopin), Marcia turca (Mozart), Giochi d'acqua a Villa d'Este (Liszt), interpretati al piano da Franco Mannino; Che farò senza Euridice (Gluck, eseguito dal mezzo soprano Benedetta Pecchioli, al piano Franco Mannino. Teatri di Posa: Dear International spa. Residenze: Villa Bellosguardo e Villa Lilla (Pieve Santo Stefano, Lucca), Villa Arnolfini "La Badiola" (San Pancrazio, Lucca). Co Produzione Italia/Francia: Rizzoli Film (Roma), Les Films Jacques Leitienne (Parigi), Societé Imp. Ex. Cl. (Nizza), Francoritz Production sa (Parigi).


Interpreti: Giancarlo Giannini, Laura Antonelli, Rina Morelli, Massimo Girotti, Didier Haudepin, Marie Dubois, Roberta Paladini, Claude Mann, Marc Porel, Jennifer O' Neill (doppiata da Valeria Moriconi), Philippe Hersent, Elvira Cortese, Siria Betti, Enzo Musumeci Greco, Alessandra Vazzoler, Marina Pierro, Vittorio Zarfati, Alessandro Consorti, Filippo Perego, Margherita Horowitz, Riccardo Satta.


L'innocente è l'ultimo film di Luchino Visconti, opera incompiuta, perché il regista riesce soltanto a girare la pellicola e a realizzare una prima bozza di montaggio, che reputa poco soddisfacente. Incompiuta e non del tutto riuscita, anche se dal punto di vista stilistico - scenografico l'approccio alle tematiche decadenti di Gabriele D'Annunzio (rivisitate con intelligenza e garbo) è di notevole interesse. Vediamo in breve la trama, solo un libero adattamento del romanzo, visto che la sceneggiatura - scritta con Suso Cecchi D'Amico ed Enrico Medioli - conferisce importanza a personaggi minori, modifica situazioni e opta per un duplice tragico finale. Tullio Hermil (Giannini) non ha più rapporti con la moglie Giuliana (Antonelli), che dice di stimare e tratta come una sorella - confidente. Il marito non solo non nasconde la relazione con la contessa Teresa Raffo (O'Neill), ma ne parla alla moglie e chiede consiglio, mentre Giuliana sembra accettare il fatto compiuto.


Giuliana conosce un giovane scrittore, Filippo d'Arborio (Porel), vive con lui una breve ma intensa relazione e rimane incinta. Tullio diventa geloso, pare innamorarsi di nuovo della moglie in un impeto di passione, ma quando viene a sapere che aspetta un figlio da Filippo vorrebbe farla abortire. Giuliana rifiuta, Tullio deve accettare la gravidanza ma decide di uccidere il figlio della colpa (l'innocente del titolo) esponendolo a una fredda nevicata durante la notte di Natale. Il bimbo muore, tutti pensano per cause naturali, ma Giuliana intuisce l'orribile gesto e grida tutto il suo odio al marito. Tullio scappa da Teresa che non lo comprende ma è sconvolta dai fatti e decide di lasciarlo. Tullio - abbandonato da tutti - decide di suicidarsi con un colpo di pistola. La scena memorabile del film è il finale che vede Jennifer O'Neill lasciarsi alle spalle la villa e il suo passato, oltre a delitti e suicidi, percorrendo un viale nebbioso.

 
L'innocente fu presentato fuori concorso al Festival di Cannes del 1976, due mesi dopo la morte di Visconti, che diresse il film malato, seduto in carrozzella, aiutato dai fidi collaboratori. Il regista morì a primavera, per una grave forma di trombosi, ma aveva già visionato una bozza di montaggio di cui non era convinto. Suso Cecchi D'Amico apportò poche modifiche che scaturirono da un confronto dopo la visione, ma nella sostanza il lavoro uscì nella forma incompleta realizzata da Visconti, quindi non può dirsi opera conclusa. L'innocente è un film profondamente decadente e dannunziano, anche se alcuni critici negano e ritengono che Visconti abbia affrontato con spirito critico il testo del poeta di Pescara. Il protagonista è un superuomo, ateo, libertino, anticonformista, ricalcato in parte sul carattere di D'Annunzio; così come l'impianto della storia è un melodramma romantico, crepuscolare, a tinte fosche, che descrive i rapporti erotici e matrimoniali nell'Italia umbertina. Il romanzo di D'Annunzio è preso solo come base per un adattamento moderno, in senso cinematografico: il protagonista non narra in prima persona, la moglie è molto meno remissiva, la contessa amante acquista un'importanza che nella storia non possiede, la coppia del romanzo ha due figli e non desidera il terzo, il suicidio di Tullio è un'aggiunta di sceneggiatura.


L'innocente di Visconti è un film che serve a scatenare un profondo dibattito su aborto ed emancipazione femminile, perché i personaggi delle due donne sono molto indipendenti - soprattutto l'amante - e moderni, affrontano la vita da sole e prendono decisioni che contrastano con la volontà dei compagni. Il film ottiene un buon successo di pubblico, ottavo posto della stagione, incasso di 1.246.472.000 lire, dovuto anche alla presenza dei due attori protagonisti, soprattutto a Laura Antonelli, anche se Visconti avrebbe voluto Delon e la Schneider. Il regista morì prima di assaporare la gioia di uno dei suoi maggiori successi commerciali ai quali da tempo non era abituato, anche se le testimonianze dei collaboratori confermano che non era soddisfatto, forse credeva di non essere stato abbastanza chiaro nel separare D'Annunzio dal suo stile letterario e cinematografico. Il regista chiama sul set due attori feticcio: Massimo Girotti - protagonista di Ossessione -, nel piccolo ruolo del conte che vuol concupire la contessa, e Rina Morelli - compagna di Paolo Stoppa -, sempre presente nei film di Visconti, da Senso in poi, qui nei panni della madre di Tullio.


Laura Antonelli è bravissima, forse nel ruolo della sua vita a livello di interpretazione drammatica, anche se deve recitare nuda in un paio di sequenze, per esigenze produttive, visto che Visconti non amava spogliare le attrici. In compenso abbiamo il classico nudo maschile, spesso presente in Visconti, questa volta tocca a Marc Porel, nei panni di Filippo D’Arborio, lo scrittore (in parte simile a D'Annunzio) amante di Giuliana. Porel è un bello e maledetto anche nella vita reale, lavora molto in Italia, soprattutto nel cinema minore, muore a soli 34 anni per overdose. Ottimo Giancarlo Giannini come perfido marito infanticida, ateo, razionale, privo di sentimenti, con uno sguardo che sprizza scintille di odio per buona parte del film. Jennifer O'Neill è una valida co-protagonista, che ricopre un ruolo fondamentale, inesistente nel testo letterario. Il film gode di una regia formale ed equilibrata, caratterizzata da ottima direzione di attori e tecnica di ripresa dal taglio classico, con un parco uso dello zoom.


La messa in scena è sontuosa, scenografie imponenti - curate da Garbuglia e Gervasi - ricreate negli Studi Dear e in alcune ville lucchesi, costumi perfetti curati da Piero Tosi. La colonna sonora è una gioia per gli orecchi, Franco Mannino merita il David di Donatello, interpretando alcuni pezzi classici al pianoforte (Chopin, Mozart, Liszt...), come bonus abbiamo un brano lirico cantato dal mezzo soprano Benedetta Pecchioli. Fotografia anticata, nitida, morbida, dai toni ocra e pastello, spesso nebbiosa, da romanzo crepuscolare. Un film molto teatrale - come stile di Visconti - girato in interni ben arredati, che denota una cura per i particolari ai massimi livelli, con attori che vestono sfarzosi abiti d'epoca. Il tono è romantico - sentimentale, con misurati accenni erotici sui quali Visconti non calca mai la mano, visto che non è il suo campo.


L'innocente è un romanzone ottocentesco un po' datato, riscattato da accenni di modernità quando affronta il tema femminista e il problema dell'aborto. Un lavoro letterario, un melodramma in costume a tinte fosche, con echi dannunziani che si fanno più ridondanti nell'imprevisto finale. Visconti s'inventa l'uscita di scena del superuomo, la sconfitta del libertino razionale, criticando in parte le idee di D'Annunzio che nel romanzo decide di far sopravvivere il protagonista alla sua terribile colpa.

Rubrica bisettimanale di cinema di Gordiano Lupi su Futuro Europa:
http://www.futuro-europa.it/category/cultura
 
 

mercoledì 4 novembre 2015

Buon compleanno Gloria!



GLORIA GUIDA - IL SOGNO BIONDO DI UNA GENERAZIONE
Pagine 250 - Euro 15,00
www.ilfoglioletterario.it - COLLANA LA CINETECA DI CAINO
 
Ci sono sogni più lunghi della notte. Potrebbe essere il primo verso di una poesia. Il sogno di Gordiano Lupi (ma non solo il suo), da quando ancora giovinetto fu folgorato dalla bellezza sublime di una quasi sconosciuta ragazzina poco più grande di lui apparsa d'improvviso sul telo bianco di un cinematografo, è più lungo di mille e mille notti. La ragazzina quasi minorenne si chiamava Gloria. Si chiama Gloria. Si chiamerà e sarà per sempre Gloria. Sogno e poesia (perché gli occhi di Gloria, e non solo gli occhi, sono sogno e poesia), rimpianti di un tempo che non tornerà più, amore cinefilo incondizionato e non solo cinefilo, si fondono e confondono mirabilmente in questo libro che è omaggio a lei, la divina dallo sguardo dolce e assassino, il volto di un angelo tentatore e il corpo che è perfezione d'artista. Gloria Guida, all'anagrafe è di Merano. Ma è poi diventata bolognese (casalecchiese...) come chi vi scrive. Un po' di sano campanilismo non guasta, neppure nelle presentazioni. Gordiano Lupi, non contento di averle dedicato – almeno in parte - un primo libro anni fa (Le dive nude, pubblicato da Profondo Rosso) e in tempi recenti l'e-book Gloria Guida – La Marilyn Monroe degli anni '70, riprende quest'ultimo lavoro, lo rivede, lo integra e – che il dio della settima arte gliene renda merito – decide oggi di pubblicarlo in libro con i fogli di carta. Da sfogliare e assaporarne il profumo. (dalla prefazione di Roberto Poppi).

 
Ordinabile scrivendo a: ilfoglio@infol.it
Presto a Milano da Blodbuster e a Roma da Altroquando.
A Viareggio da Thrauma.
Disponibile su AMAZON e IBS.
Distribuito da LIBROCO ITALIA srl (San Casciano VP)

Rubrica bisettimanale di cinema di Gordiano Lupi su Futuro Europa:
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