di Gianni
Franciolini
Regia: Gianni Franciolini. Soggetto: Alberto Moravia,
Sergio Amidei. Sceneggiatura: Sergio Amidei, Age (Agenore Incroci) &
Scarpelli (Furio Scarpelli), Alberto Moravia, Francesco Rosi. Fotografia. Mario
Montuori. Montaggio: Adriana Novelli. Musiche: Mario Nascimbene. Scenografia.
Aldo Tommasini. Costumi: Beni Montresor. Produttore: Niccolò Theodoli per ICS.
Distribuzione: Diana Cinematografica. Durata. 95’. Colore. Genere: Commedia. Interpreti:
Totò, Vittorio De Sica, Silvana Pampanini (doppiata da Benita Martini), Franco
Fabrizi, Antonio Cifariello (doppiato da Aldo Barberito), Giancarlo Costa,
Maurizio Arena, Sergio Raimondi (doppiato da Adriano Micantoni), Nando Bruno,
Mario Riva, Aldo Giuffrè (doppiato dal fratello Cralo), Mario Carotenuto, Eloisa
Cianni, Giovanna Ralli, Maria Pia Casillo, Turi Pandolfini, Anita Durante,
Gisella Monaldi, Ciccio Barbi, Elio Crovetto. Premi: David di Donatello (1956)
Miglior Regia e Miglior Produttore.
Racconti
romani è un film ispirato all’opera
omonima di Alberto Moravia, che partecipa alla stesura della sceneggiatura,
oserei dire che prende solo il titolo e una vaga ispirazione dalla famosa
raccolta di racconti per poi seguire regole proprie, da commedia
cinematografica, con il consenso dello scrittore.
In breve la trama. Il protagonista indiscusso della
pellicola è Franco Fabrizi, nei
panni di Alvaro, bello e dannato, un furfantello con precedenti penali, sposato
con la bella Maria (Pampanini) che sopporta le sue menzogne. Alvaro convince
Otello (Cifariello), Mario (Arena) e Spartaco (Costa) a mettersi in proprio
comprando un camioncino per autotrasporto. Visto che non hanno denaro per
pagare il mezzo e i loro impieghi come cameriere, barbiere e pescivendolo non
bastano, Alvaro escogita una serie di imbrogli che purtroppo finiscono sempre
male. Bagarinaggio allo stadio, biglietti di banca falsi, un imbroglio a un
avvocato, fingersi guardie per multare coppiette che si baciano. Le fidanzate
delle tre vittime soggiogate dal carisma del leader negativo si ribellano e i
ragazzi scaricano il capo dopo aver passato una notte in carcere. Lui non
desiste, anche se trova un lavoro vero, e nell’ultima scena lo vediamo intento
a convincere nuovi compari per dedicarsi a truffe finalizzate ad acquistare il
famoso camioncino.
Il film resta memorabile per l’episodio che vede
all’opera Totò nei panni del professor Semprini, uno scrittore da quattro
soldi, avvicinato da Alvaro per comporre una lettera strappalacrime che
dovrebbe convincere l’avvocato Mazzoni Baralla (De Sica) a elargire una somma di
denaro per un oggetto di nessun valore. Esilarante la parte al bar con Totò che
mangia a sbafo e scrive la lettera, ma soprattutto quando si sostituisce ai
ragazzi e li anticipa nella truffa ai danni dell’avvocato. Vittorio De Sica è
straordinario nei panni del legale sconvolto dal dolore per la recente perdita
della mamma, ma che nonostante tutto riesce ancora a contrariarsi per come
vengono pronunciate le parole babbo e
mamma. Troppe b, secondo lui, troppe m,
suoni che lo disgustano, soprattutto per come Totò pronuncia le parole. In
questo segmento si sente in maniera importante l’ispirazione al racconto di
Moravia La parola mamma. Tra gli attori,
in primo piano un istrionico Franco Fabrizi, perfetto nel ruolo del bullo da
borgata, sempre intento ad architettare imbrogli. Brava anche Giovanna Ralli
come pescivendola scostumata e irascibile, che alla fine si lascia placare
dall’amore per il suo bello (Arena). Una sequenza al mare permette di mostrare
le gambe della bella attrice romana che sfoggia un audace (per i tempi) costume.
Silvana Pampanini è di una sfolgorante bellezza ma il suo ruolo di moglie
comprensiva di un marito irresponsabile è più casto. Mario Riva è sotto
utilizzato come cameriere investito dagli insulti della irruente Ralli nei
panni di una cliente insoddisfatta sia per il pranzo che per il conto da
pagare. Aldo Giuffrè fa una rapida apparizione come avvocato, doppiato dal fratello
Carlo, e Mario Carotenuto si vede lo spazio di una rapida sequenza girata a
Villa Borghese. Bella fotografia in quattro colori di una Roma solare, in
alcune sequenze vista dall’alto e dal lungo Tevere. Gianni Franciolini - che
vince un David di Donatello - anticipa Paolo Sorrentino nel fotografare la
bellezza di Roma, talmente bella (negli anni Cinquanta lo era ancora di più) da
facilitare il compito.
Gianni Franciolini (1910 - 1960) è un regista toscano
formato alla scuola francese di Eugène Desleve, influenzato dall’avanguardia
d’oltralpe, assistente di Géorges Lacombe. Sceneggiatore prolifico, dirige il primo
film nel 1940 (L’ispettore Vargas) e
realizza la sua opera migliore con Fari
nella nebbia (1941), incentrato sulla crisi sentimentale di un camionista
abbandonato dalla moglie e tradito dall’amante. Roberto Poppi (Dizionario del cinema italiano - I registi)
afferma che “Fari nella nebbia anticipa
il neorealismo, ma soprattutto risente del realismo francese dei Carné e dei
Duvivier”. Nel dopoguerra Franciolini si avvicina alla commedia neorealista e
collabora con Cesare Zavattini. Tra le sue cose migliori citiamo: Ultimo incontro (1951), Buongiorno elefante! (1952), Il divorzio (1954), Le signorine dello 04 (1955), Peccato di castità (1956), Racconti d’estate (1958). Scompare a
soli cinquant’anni, nel pieno della creatività artistica.
Rassegna critica. Paolo Mereghetti (due stelle): “Ispirandosi
ad alcuni dei Racconti romani di
Alberto Moravia scelti da Sergio Amidei (Il
biglietto falso, Il godi godi, Arrivederci, Il terrore di Roma, Il
bassetto, La parola mamma, La voglia di vino e Prepotenti per forza) e sceneggiati, oltre che da loro, anche da
Age, Scarpelli e Rosi, il film cerca di far convivere il pessimismo dello
scrittore con la bonarietà della commedia al’italiana: ne esce un ibrido
curioso, vivacizzato - forse troppo - da un cast brillante, che testimonia la
nascente tentazione del cinema italiano a stemperare nel rosa certe componenti
di più seria analisi sociale. Bello il duetto tra il professor Semprini (Totò)
e l’avvocato Mazzoni Baralla (De Sica) sull’insopportabilità della parola mamma.
Citazione speciale nel nutrito cast femminile per la pescivendola irruente e
irosa interpretata da Giovanna Ralli”.
Morando Morandini (due stelle e mezzo
per la critica, quattro stelle per il pubblico): “Presa una mezza dozzina di Racconti romani di A. Moravia, li hanno
cuciti assieme attraverso le sollazzevoli e poco edificanti imprese dio quattro
giovanotti sfaticati. A un’ingegneria narrativa indubbiamente efficace, corrisponde
il trionfo del becerismo romanesco, del bozzettismo più sbracato, de meridionalismo
più smaccato. Oltre a un impareggiabile Totò, da notare la prova del bassetto
Giancarlo Costa: qualcosa di più d’una macchietta. Qua e là la tematica moraviana affiora. I personaggi positivi
sono tutti femminili: fidanzate, mogli, sorelle”. Pino Farinotti concede tre
stelle, come al solito non motiva, ma il giudizio è condivisibile. Neorealismo
rosa, in salsa di commedia all’italiana, ambientazione romana e personaggi
indovinati interpretati da un cast ottimo. Successo di pubblico, che premia un
buon prodotto d’intrattenimento, anche se la critica - come spesso accade con
la commedia - storce la bocca. Certo, la poetica moraviana si perde completamente…
Gordiano Lupi - www.infol.it/lupi
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