di Mario Mattòli
Regia: Mario Mattòli. Soggetto: da Nu turco napulitano (1888) di Eduardo Scarpetta. Sceneggiatura. Sandro Continenza, Italo Di Tuddo, Ruggero Maccari, Mario Monicelli. Produttore: Alfredo De Laurentiis. Fotografia: Riccardo Pallottini, Karl Strauss. Montaggio: Roberto Cinquini. Musiche. Pippo Barzizza. Costumi: Dario Cecchi, Gaia Romanini. Genere: Commedia. Durata: 86’. Colore. Interpreti: Totò, Aldo Giuffré, Carlo Campanini, Isa Barzizza, Primarosa Battistella, Vinicio Sofia, Mario Castellani, Amedeo Girard, Franca Faldini, Enzo Turco, Anna Campori, Nicola Maldacea junior, Guglielmo Inglese, Ugo D’Alessio, Giacomo Furia.
Totò interpreta da par suo la farsa parodistica Nu turco napulitano (1888) di Eduardo Scarpetta, sceneggiata con bravura da Continenza, Maccari, Monicelli, Di Tuddo e girata con diligenza da Mattòli. Il lavoro è molto teatrale, girato in interni, per i pochi esterni a San Felice Circeo, fingendo che sia Sorrento, iniziato come se fosse una commedia recitata a Napoli e concluso con la riverenza al pubblico come un lavoro teatrale che si rispetti. Un turco napoletano è la prima opera di Scarpetta portata al cinema da Mattòli con Totò protagonista nei panni del furbo mariuolo Felice Sciosciammocca, ma seguiranno le altrettanto riuscite Miseria e nobiltà (1954) e Il medico dei pazzi (1954). Eduardo De Filippo e il figlio Luca, in tempi recenti, hanno riportato in teatro il personaggio di Felice Sciosciammocca e le migliori commedie di Scarpetta.
In breve la trama. Felice (Totò) e Faina (Giuffré) sono due furfanti da quattro soldi che si sono conosciuti in carcere, il primo è fortissimo, al punto di evadere piegando le sbarre della cella. Quando i due amici escono di galera, stordiscono e derubano un turco (Sofia), Felice si presenta a Sorrento con i documenti del forestiero e assume il suo impiego. Don Pasquale (Campanini), un ricco commerciante geloso della moglie Giulietta (Barzizza) e della figlia Lisetta (Battistella), ha promesso di assumere il turco raccomandato dall’onorevole Cocchetelli (Castellani).
La lettera del politico parla di un turco eunuco, Don Pasquale è tranquillo, impiega il nuovo arrivato come uomo di compagnia per moglie e figlia. Felice non si fa pregare e accetta volentieri la compagnia i tante donne, senza disdegnare quella di Angelica (Faldini), moglie di Don Ignazio (Girard), amico di Don Pasquale, e della cameriera Concetta (Campori). Don Carluccio, detto l’Uomo di Ferro (Turco), è il promesso sposo di Lisetta, ma durante la cerimonia di fidanzamento, Felice seduce Giulietta e Angelica. Arriva l’onorevole Cocchetelli in compagnia della moglie, in realtà è l’amante francese, Felice la riconosce perché l’ha vista ballare in teatro.
Battuta storica: “Questo viso non mi è nuovo!”, dice Totò mentre guarda il sedere alla donna. Tra le molte battute indimenticabili: “La donna è mobile! E io mi sento mobiliere!”. La pochade tira le fila e finisce in bagarre. Felice viene scoperto, sta per essere cacciato in malo modo, ma riesce a farsi perdonare rompendo il fidanzamento tra Lisetta e Carluccio. La ragazza sposa il suo vero innamorato e il prepotente Uomo di Ferro viene buttato fuori a pedate dall’intraprendente Felice.
Una farsa molto divertente, interpretata da attori in gran forma, gestita con perizia da Mattòli e condotta da un Totò mattatore, coadiuvato da spalle importanti come Aldo Giuffré, Carlo Campanini, Mario Castellani e da bellezze come Isa Barzizza, Anna Campori e Franca Faldini. Piccola parte per Valeria Moriconi nel ruolo di una delle bagnanti. Totò in mezzo alle donne anticipa la commedia erotica in alcune sequenze calde che lo vedono abbracciato a corpi muliebri mentre si tolgono i vestiti. La sequenza al mare con le ragazze che mostrano le gambe ai maschi allibiti precorre i tempi della commedia sexy. Molto buona la musica di Pippo Barzizza, notevole la canzone - scritta da Totò - Carmè… Carmè..., interpretata da Nicola Maldacea junior. Rassegna critica. Paolo Mereghetti (tre stelle): “Pur utilizzando un testo teatrale forte, Mattòli riesce perfettamente a inserire le divagazioni linguistico - surreali di Totò, impagabili chicche di comicità sensuale e popolaresca. Sfolgorante fotografia ferraniacolor di Karl Strauss, reduce dal successo chapliniano de Le luci della ribalta”.
Morando Morandini (tre stelle per la critica, quattro stelle per il pubblico): “Memorabile scena in carcere dove, condannato a morte senza saperlo, Totò scambia il becchino per un sarto. Commedia dell’arte a 18 carati. Regia, scene e costumi omogenei senza gravi cadute di gusto”. Tre stelle anche per Pino Farinotti, che non motiva ma si limita a sintetizzare la trama. La bravura di Totò e degli attori napoletani che fanno da contorno ci spingono a pensarla come il pubblico e a concedere quattro stelle.
Gordiano Lupi
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