domenica 28 febbraio 2016

La grande scrofa nera (1971)

di Filippo Ottoni



Regia: Filippo Ottoni. Soggetto e Sceneggiatura: Filippo Ottoni. Scenografo: Sergio Canevari. Montaggio: Ruggero Mastroianni. Fotografia: Pasqualino De Santis. Musiche: Luis Enriquez Bacalov. Direttore di Produzione: Mario Cotone. Produttore: Giuseppe Zaccariello. Aiuto Regista: Joe Pollini. Operatore alla Macchina: Mario Cimini. Assistente Operatore: Gianni Fiore. Doppiaggio: Cooperativa Doppiatori. Edizioni Musicali: Cam. Rergistarzione e Sincronizzazione: Cinefonico Palatino. Mixage: Mario Morigi. Colore: Technicolor. Genere: Drammatico. Durata: 90’. Interpreti: Mark Frechette, Rada Rassimov, Alain Cuny, Flora Robson, Francisco Rabal, Claudio Volontè, Rik Battaglia, Jean Michel Antoine, Liana Trouchè, Gianni Pulone, Marcella Michelangeli.



Filippo Ottoni (Viterbo, 1938) è autore noto soprattutto per aver scritto e sceneggiato Reazione a catena (1971) di Mario Bava. Roberto Poppi nel Dizionario dei Registi Italiani ci fa sapere che lavora nel cinema dalla fine degli anni Sessanta (aiuto di R. Girolami per Il divorzio) e che la sua opera più ambiziosa è La grande scrofa nera. Per il resto va ricordato come autore di un intenso lacrima movie (Questo sì che è amore, 1977) e per due opere commerciali (Asilo di polizia, 1986 - I giorni randagi, 1987). L’assassino è quello che le scarpe gialle (1995) è il suo ultimo film, un lavoro ironico interpretato dalla Premiata Ditta. Sceneggiatore di Jona che visse nella balena (1993) di Roberto Faenza - vince un David di Donatello -, va ricordato come direttore del doppiaggio di oltre duecento film stranieri.



La grande scrofa nera è un film che anticipa le tematiche approfondite da Gavino Ledda in Padre padrone (1975), portato sullo schermo dai fratelli Taviani (1977), nel loro film più riuscito, vincitore della Palma d’Oro a Cannes. Ottoni non raggiunge identiche vette di poesia e non riesce a conferire la stessa credibilità alla storia, ma affronta coraggiosamente il drammatico problema di una famiglia patriarcale, chiusa e ottusa, ancorata a vecchie idee e tradizioni. La grande scrofa nera, è proprio la famiglia Mazzara, definita da Donna Flora (Robson, la nonna, uno dei pochi personaggi positivi) un’associazione a delinquere che odia gli estranei. Il film si sviluppa come un lungo e intenso flashback, sulle onde emotive del racconto che Enrico Mazzara fa a una giornalista, molti anni dopo, ormai anziano, all’uscita dal carcere. I problemi non sono cambiati, dice la giornalista che assomiglia molto alla sua donna, indipendente e moderna come lei, per questo è importante raccontare. Vediamo la storia. Enrico (Frechette) sposa Anita (Rassimov), una ballerina di città, la porta in seno alla famiglia, dove il padre vedovo (Cuny) comanda secondo vecchie regole autoritarie, la sorella Cristina è in odore d’incesto, Francesco è un povero scemo, il fratello maggiore è geloso e brutale. Tutti odiano Anita, vorrebbero scacciarla, ma al tempo stesso la desiderano carnalmente, la spiano mentre è in casa da sola, tentano di violentarla. In questo contesto arriva un medico ubriacone - l’ottimo Francisco Rabal - che vaga per i villaggi e vaccina contro il colera. Anita non ne può più di essere maltrattata dalla famiglia, inoltre si sente incompresa da un marito debole, quindi fugge con il medico nascondendosi nell’auto. 



Enrico si mette all’inseguimento e la ritrova quando il medico muore di colera. Vorrebbe ucciderla per salvare l’onore, in una sequenza melodrammatica molto spettacolare girata sul bordo di un dirupo, ma alla fine comprende che la moglie è vittima della famiglia. Finale da cinema western con il tentativo fallito di rientrare in famiglia, la violenza carnale punitiva commessa dai fratelli ai danni della moglie e lo sterminio compiuto da Enrico ai danni dei bestiali congiunti. Si salva solo la nonna, che vive altri sette anni in ospizio, la moglie muore poco dopo in manicomio e lui sconta la pena in galera. Toccante il finale con Enrico che rivede i luoghi della tragedia e ritrova oggetti del suo passato che ricordano il tempo perduto.



Filippo Ottoni debutta alla regia - dopo aver scritto Reazione a catena - con un film ben diretto, interpretato da attori ben calati nella parte, fotografato con cura da Pasqualino De Santis e montato senza esitazioni da Ruggero Mastroianni. Intensa e sinfonica la colonna sonora di Luis Enriquez Bacalov che conferisce tensione e suspense nei momenti più concitati della pellicola.  Molto uso dello zoom, come moda dei tempi, per un film girato quasi tutto in primo piano, secondo lo stile del cinema western, del quale ricalca molte convenzioni. Melodramma romantico, spaccato di un mondo lontano, ben ambientato in un’Italia rurale dei primi del Novecento, in alcune zone della provincia di Ragusa. Morboso ed erotico in certe sequenze ben interpretate dalla bella Rada Derasimovic (Rassimov è uno pseudonimo), sorella di Ivan, pure lui attore, interprete di fotoromanzi e di molto cinema italiano, lanciata da Sergio Leone ne Il buono, il brutto, il cattivo (1966) e confermata da Dario Argento ne Il gatto a nove code (1971). Ottima attrice che lavora in ruoli western, drammatici, televisivi, romantici, ma non è la sola grande interprete di un film interessante. Alain Cuny (nome d’arte di René Xavier Marie), il padre padrone, è uno straordinario attore francese, che conferisce spessore a un personaggio complesso. Francisco Rabal (detto anche Paco) è un grande interprete spagnolo dal curriculum sterminato, vincitore a Cannes, guidato persino da Antonioni. Flora Robson, la nonna, è una nota attrice teatrale britannica, poco attiva in Italia. Mark Frechette (1947 - 1975) è una scoperta di Antonioni, una promessa di attore statunitense, interprete soltanto di Zabriskie Point (1970) di Antonioni, Uomini contro (1971) di Francesco Rosi e di questo lavoro di Ottoni. Una vita fuori dagli schemi lo porta a compiere una rapina in banca a Boston, insieme ai membri della comune dove vive. Muore in carcere in seguito a un misterioso incidente di palestra, schiacciato e soffocato dal peso di un bilanciere di 70 chili. Si ricorda un documentario sulla sua vita: Death Valley Superstar (2008) di Michael Yaroshevsky.


La critica alta distrugge il film, ne parla solo Paolo Mereghetti (una stella), uno dei peggiori nemici del cinema di genere italiano: “Un drammone rusticano con velleità sociologiche… la scrofa nera del titolo è la famiglia patriarcale… non mancano ammiccamenti femministi… ma i personaggi sono tagliati con l’accetta, e ci sono lungaggini e ingenuità, come il trucco da ottuagenario di Frechette nella cornice d’ambientazione contemporanea”. Condividiamo solo la critica al trucco da anziano di Frechette nelle sequenze iniziali e finali. Per il resto abbiamo visto un bel quadro drammatico e realistico della vita in una famiglia rurale di inizio secolo, un’ottima ricostruzione d’epoca e un’interpretazione credibile. Si notano difetti di sceneggiatura in certi dialoghi verbosi e retorici, del tutto trascurabili nell’economia di un lavoro interessante. Impianto teatrale, frequente uso del flashback in funzione onirica con fotografia modificata per ricordare eventi del passato, immagini evocative (la morte con la falce o un contadino che miete le messi?), citazioni dal cinema western, anticipazioni della commedia sexy (il buco della chiave) in funzione drammatica, riferimenti alla commedia pirandelliana e alla narrativa verghiana (il tema della roba). Finale cupo ma realistico. Il pubblico non premia il film e neppure la critica, resta solo il tempo per una rivalutazione postuma. Da riscoprire.



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domenica 21 febbraio 2016

Presentazione Gloria Guida a Livorno




Lupi parla di Gloria Giuda


Un filmato che ricvorda gli esordi di Gloria Guida (15 anni)


Lupi parla del libro

(Foto Nicola Pera)

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martedì 9 febbraio 2016

I viaggiatori della sera (1979)

di Ugo Tognazzi

 
Regia: Ugo Tognazzi. Soggetto: Umberto Simonetta )romanzo omonimo edito da Mondadori). Soggetto Cinematografico: Sandro Parenzo. Sceneggiatura: Sandro Parenzo, Ugo Tognazzi. Fotografia. Ennio Guarnieri. Montaggio: Nino Baragli. Musiche: Toti Solér, Xavier Battlés. Arrangiamento ed Esecuzione: Toti Solér, Santi Arisa, Xavier Battlés. Scenografia e Costumi: Uberto Bertacca. Direttore di Produzione: Gino Santarelli. Architetto: José Luís Galicia. Aiuto Scenografo: Pasquale Germano. Aiuto Regista: Ricky Tognazzi. Aiuto Regista Aggiunto: Ramiro De Maetzu. Operatore alla macchina: Renato Ranieri. Fotografo di Scena: Sandro Borni. Fonico: Carlo Palmieri. Microfonista: Piero Fondi. Produttore: Franco Committeri. Case di Produzione: Juppiter Generale Cinematografica spa (Roma), Brujula Film sa (Madrid). Produttore Associato: Il Quadrifoglio spa. Teatri di Posa, Colore e Suono: Cinecittà. Doppiaggio: C. D.. Direttore del Doppiaggio: Anna Maria Savagnone. Effetti Sonori: Cine Audio Effects. Mixage. Fausto Ancillai. Durata: 108’. Genere: Fantascienza. Interpreti: Ugo Tognazzi (Orso), Ornella Vanoni (Nicki), Roberta Paladini (Anna Maria), Corinne Clery (Ortensia), Pietro Brambilla (Francesco), José Luís Lopez Vazquez (Simoncini), William Berger (Cochi Fontana), Manolo De Blas (Bertani), Deddi Savagnone (Mila), Leonardo Benvenuti (Zafferi), Enrico Tricarico, Sergio Antonica, Ricky Tognazzi, Carmen Russo, David Fernadez Alvaro (il bambino Antonluca).


I viaggiatori della sera (1979) è un film insolito che Paolo Mereghetti sul noto Dizionario definisce “una specie di apocalisse degli anziani dal tono vagamente fantascientifico”.
Il tono è da film di fantascienza, il soggetto deriva da un romanzo di Umberto Simonetta, sceneggiato da Tognazzi e Sandro Parenzo. Siamo in un futuro indefinibile dove vediamo un attempato disc-jockey (Tognazzi) spedito in vacanza obbligata insieme alla moglie giornalista (Vanoni).


I figli e il nipotino si limitano ad accompagnarli e sono consapevoli che quella vacanza è una sorta di confino, un allontanamento dalla società. Nel mondo futuro immaginato da Simonetta si pubblica un solo giornale, si chiede il voto per i bambini di 13 anni e il potere è saldamente nelle mani dei giovani. Poliziotti vestiti di bianco vigilano come esercito di salute pubblica, mentre orwelliani altoparlanti ricordano regole e prescrizioni.


Una legge prevede che una volta raggiunta l’età di 49 anni i cittadini debbano abbandonare ogni attività per trasferirsi in assurdi villaggi turistici. I giovani sono grigi e amorfi, mentre i vecchi hanno tanta voglia di far caciara e divertirsi. I locali sono fantascientifici distributori di bibite e liquori tutti uguali, il caffè viene prodotto da un macchinario impersonale e il servizio al tavolo non è contemplato. I villaggi vacanza sono lager di lusso, dove si pratica un gioco che mette in palio una crociera, ma da quel viaggio premio non torna mai nessuno.


Il film prende spunto dal romanzo e lo modifica aggiungendo un movimento di resistenza degli anziani per realizzare un finale più duro. Non è un lavoro unitario, parte come analisi della vecchiaia, d’impostazione crepuscolare, ma si perde nel clima cupo della seconda parte e in un’esagerata orgia erotica che coinvolge gli anziani. Ornella Vanoni - mai così nuda e sensuale - si scopre ottima attrice, mentre Corinne Clèry compie una breve incursione sexy come addetta al villaggio che favorisce la fuga degli anziani.


Finale nerissimo con Tognazzi che perde la moglie (vince la crociera) e viene ucciso dal nipotino al termine di un terribile gioco. Ottima l’ambientazione in un incredibile villaggio vacanze delle Canarie, a Lanzarote, tra brulli panorami vulcanici e il lavoro scenografico di Uberto Bertacca. Il film esce penalizzato da un assurdo divieto ai minori di anni diciotto.


Tema fantapolitico insolito per un film italiano, ottimi gli interpreti, soprattutto Tognazzi e Vanoni, coppia innamorata in esilio, ma confuso a livello di sceneggiatura, soprattutto nella seconda parte. Ci sono anche Carmen Russo, visibile per pochi secondi insieme a Tognazzi nella cabina di regia della radio privata, e Ricky Tognazzi, aiuto regista e inserviente del villaggio. Condivisibile il giudizio di Morandini (due stelle): “Esaurito lo spunto di partenza, si gira un po’ a vuoto anche perché i personaggi di contorno sono sciapi”. Echi di Marco Ferreri e de Il fischio al naso, anche se “un Ferreri dei poveri”, come sostiene Mereghetti (una stella e mezzo). Troppo duro Marco Giusti (Stracult), che vede tette e culi in funzione salvifica, ma non digerisce il fantastico futuribile.

 
Ugo Tognazzi (Cremona, 1922 - Roma, 1990) comincia la carriera nel dopoguerra come attore teatrale, diventa protagonista di molti film comici ed è tra i principali artefici della commedia all’italiana. Attore brillante di modesti film interpretati in coppia con Raimondo Vianello, ma anche di riuscite caratterizzazioni comico - grottesche con registi del calibro di Luciano Salce (Il federale, La voglia matta…), Marco Ferreri (La donna scimmia) e Mario Monicelli (Amici miei). Da regista firma una manciata di pellicole: Il mantenuto (1961), Il fischio al naso (1966), Sissignore (1968), FBI - Francesco Bertolazzi investigatore (1969 - serie TV), Cattivi pensieri (1976) e I viaggiatori della sera (1979).

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venerdì 5 febbraio 2016

Romanzo di un giovane povero (1995)

di Ettore Scola


Regia: Ettore Scola. Soggetto: Ettore Scola. Sceneggiatura: Ettore Scola, Giacomo Scarpelli, Silvia Scola. Musica: Armando Trovajoli  (composta e diretta).  Edizioni Musicali: BMG Ricordi spa. Canzone: Karline Ananas, canta Marina Restuccia.  Violoncello Solista: Matteo Scarpelli. Fotografia: Franco Di Giacomo. Operatore alla Macchina: Stefano Coletta. Assistente Operatore: Lorenzo Tovoli.  Scenografia: Luciano Ricceri. Arredamento: Ezio Di Monte.  Costumi: Enrico Sabbatini, Simonetta Leoncini.  Fonici Presa Diretta: Gaetano Carito, Benito Alchimede. Aiuto Regista: Amanzio Todini. Montaggio: Raimondo Crociani. Organizatore Generale: Giorgio Scotton. Direttore di Produzione: Carlo Pasini. Produttori: Franco Committeri, Luciano Ricceri. Produzione: Massfilm, Studio El, Matopigia, Istituto Luce (Italia); Les Films Alain Sarde (Francia); collaborazione della RAI Radio Televisione Italiana; contributo del Presidenza del Consiglio dei Ministri Dip. Spettacolo per film d’interesse culturale nazionale. Paesi Produzione: Italia, Francia. Filmato: Panavision, Cinemascope.  Teatri di Posa: Cinecittà. Mixage: Danilo Sterbini. Distribuzione: Istituto Luce. Interpreti: Alberto Sordi (sig. Bartoloni),  Rolando Ravello (Vincenzo), Isabella Ferrari (Andreina), Andre Dussollier (sostituto procuratore), Renato De Carmine (avvocato De Carmine), Gianfelice Imparato  (assistente del sost. proc.), Sara Franchetti (madre di Vincenzo), Mario Carotenuto (sig. Pieralisi, tipografo)  Gea Martire (la testimone), Aida Billarelli (Karline), Enzo Monteduro, Ester Astrologo, Giovanni Baghino, Nathaly Caldonazzo (Karline “Ananas”, da giovane), Vittorio Di Mambro,  Gloria Sirabella (la panettiera), Barbara D’Urso (madre dello studente).

Locandina francese

Romanzo di un giovane povero è uno degli ultimi lavori di Ettore Scola, il penultimo di Alberto Sordi (prima di Incontri proibiti, 1988) e l’ultimo di Mario Carotenuto (1915 - 1995), che morirà poco dopo la fine delle riprese. Salta subito agli occhi del buon conoscitore di Scola il fatto che la location è lo stesso condominio dove fu realizzato Una giornata particolare (1977), uno dei capolavori indiscussi del regista. L’interpretazione degli attori è una delle cose più pregevoli di una commedia interessante caratterizzata da totale commistione di generi, passando dal registro grottesco, al noir, con venature gialle e psicologiche. Alberto Sordi vince la Grolla d’Oro come miglior attore protagonista e Isabella Ferrari la Coppa Volpi a Venezia come miglior attrice non protagonista. Non premiato ma molto bravo anche Rolando Ravello nei panni del modesto professore disoccupato accusato di un crimine non commesso.

Ravello è Vincenzo, giovane professore di lettere disoccupato, che vive impartendo ripetizioni di italiano a uno studente svogliato, interessato solo alla playstation, ma a un certo punto perde anche tale impiego precario. Vincenzo è vessato da una madre borghese che rimpiange il passato e si vergogna della presente situazione di povertà. Il regista introduce subito la fase dell'arresto di Vincenzo, accusato di omicidio, narra il resto in un lungo flasback, illustrando la vita quotidiana di un uomo frustrato, che vive con la madre - apprensiva e asfissiante - in un grande condominio e non accetta l'amore della sincera Andreina(Ferrari), perché umiliato dalla sua indigenza. Il regista scava nella psicologia del personaggio, lo rappresenta come un uomo debole, in balia degli eventi, contento di occupare un posto da commesso tipografo pur di lavorare. Vincenzo è un insoddisfatto, depresso, dal carattere instabile che stringe amicizia con il viscido Bartoloni (Sordi) che vorrebbe eliminare la moglie Karline, un tempo bellissima ballerina ormai ingrassata, dedita ad alcol e psicofarmaci. Bartoloni è innamorato della graziosa panettiera Marcella - troppo giovane per lui - e vorrebbe scappare con lei in una fuga d'amore, ma prima Vincenzo dovrebbe ammazzare la moglie. Durante un incontro i due sono ubriachi e il ragazzo pare accettare, ma in cambio chiede che Bartoloni ammazzi sua madre. Tutto è frutto di un malinteso, ma quella affermazione costerà cara al ragazzo quando Karline muore per davvero, precipitando dal terrazzo.

Isabella Ferrari, Coppa Volpi a Venezia

Bartoloni ha recapitato i soldi pattuiti a Vincenzo, anche se lui non ha fatto niente, e lo denuncia per sviare le indagini dalla sua persona. Proprio quando Vincenzo aveva ripreso a vivere con interesse, frequentando la fidanzata, andando a ballare e passeggiare per Roma, arriva la tegola dell'indagine che lo fa precipitare nella più cupa depressione. Vincenzo rifiuta di difendersi, non collabora con nessuno, neppure con il suo avvocato, dice solo cose contraddittorie. Il sostituto procuratore conduce l’indagine, conclude che sono due le possibili ricostruzioni: autori del delitto possono essere tanto Bartoloni quanto Vincenzo. Finale aperto. Il ragazzo si abitua alla galera - un luogo dove gli altri decidono per lui e non deve prendersi responsabilità - e svolge con passione il suo lavoro di insegnante con i detenuti. Il signor Bartoloni vive in solitudine nella sua casa e sogna i bei tempi in cui aveva accanto una donna bellissima che danzava e cantava Karline Ananas. Il suo sogno impossibile di amore e fuga con la bella panettiera è svanito nel nulla, non resta che la tristezza di una notte di Capodanno solitaria, mentre sul palcoscenico della memoria danza un ricordo e scorrono le note struggenti d’una canzone lontana.

Scola dà indicazioni a Ravello
 
Ravello interpreta molto bene il giovane professore depresso, conteso tra i desideri borghesi della madre e l’amore della fidanzata, ma privo di una volontà propria, del tutto in balia del viscido vicino di casa. Alberto Sordi ci lascia l’ultima grande interpretazione della sua carriera, come sempre bravo quando è attore puro e non ha responsabilità di regia o di sceneggiatura. Perfetta caratterizzazione del marito vecchio e laido, appassionato di fumetti, innamorato di una ragazzina, con il chiodo fisso di eliminare un’insopportabile consorte, ormai troppo diversa dalla donna che aveva conosciuto. Straordinario nella parte in cui si finge paterno con Vincenzo, ma di fatto lo accusa di omicidio e cerca di scaricare su di lui ogni responsabilità. Isabella Ferrari è il solo personaggio positivo di un noir cupo e grottesco, ragazza innamorata che parla a raffica, racconta cose non richieste al sovrintendente, per salvare il suo uomo che non vuole essere salvato. Mario Carotenuto è vecchio e sofferente, ma ci regala la sua ultima splendida interpretazione dell’artigiano romano bonaccione, tutto cuore e passione. Ettore Scola dirige con mano salda una sceneggiatura teatrale - scritta insieme a Scarpelli e alla figlia Silvia - citando se stesso con l’idea della location e continuando la sua analisi in negativo della borghesia italiana. Il tema del lavoro e della disoccupazione giovanile è centrale, ma anche la psicologia dei personaggi risulta approfondita, visto che ognuno sprofonda nelle sue paure e nelle debolezze caratteriali.


Il tema del contrasto generazionale, vecchi contro i giovani, è espresso da una lunga filippica di Sordi, un intenso monologo che presenta ancor più il carattere perfido e laido del personaggio: “Essere giovani è una professione e allora essere vecchi come noi è un delitto? Noi chi siamo?”. Il film inizia come una commedia grottesca, prosegue come un noir e termina come un giallo atipico, con l’indagine poliziesca che conduce a diverse possibili ipotesi. Ottimi flashback onirici ricostruiscono in dissolvenza le presunti fasi della morte di Karoline e le varie tesi, ma anche i ricordi di un passato che non può tornare. Film realistico, intenso, a tratti grottesco ma credibile, ben strutturata l’insolita parte gialla, unicum in un film di Scola. Colonna sonora tutta pianoforte e violoncello, suadente e armonica, del maestro Trovajoli, impreziosita da un finale condotto sulle note struggenti di Karline Ananas. Fotografia scura d’una Roma notturna, alternata a scenografie cittadine solari e luminose, che si danno il cambio con cupi interni ambientati a Cinecittà.

 
Il film non ha niente a che vedere con il romanzo di Octave Feuillet, dal quale sono state tratte quattro pellicole e uno sceneggiato televisivo, interpretato da Paolo Carlini e Lea Padovani (1957). Il romanzo di un giovane povero, nella sua veste classica, è stato girato da Amleto Palermi (1921), Guido Brignore (1943), Marino Girolami (1958) e Cesare Canevari (1974). Ettore Scola non deve proprio niente al feuilleton. La critica non è entusiasta. Morando Morandini (due stelle): “Senza entrare nei binari del giallo, il film tenta la via della critica alla società borghese, senza però dimostrarsi particolarmente incisivo”.

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mercoledì 3 febbraio 2016

Cinema Italiano Database: PIERINO CONTRO TUTTI (1981)

Cinema Italiano Database: PIERINO CONTRO TUTTI (1981): Regia/Director: Marino Girolami Soggetto/Subject: Vincenzo Mannino, Gianfranco Clerici Sceneggiatura/Screenplay: Vincenzo Mannino, Gi... (un mio pezzo sulla serie Pierino)

LOCANDINE


 
 
 
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