martedì 28 luglio 2015

Il prete sposato (1970)

di Marco Vicario


Regia: Marco Vicario. Soggetto e Sceneggiatura: Marco Vicario. Fotografia: Sandro D'Eva. Montaggio: Nino Baragli. Musiche: Armando Trovajoli. Produzione: Atlantica Cinematografica Produzione Films - Filmindustria - Telcia Films - Terra Film Produktion. Paesi Produzione: Italia - Francia. Genere: Commedia - Sentimentale. Durata: 98’. Interpreti: Lando Buzzanca (Don Salvatore), Rossana Podestà (Silvia), Salvo Randone (Don Clemente), Magali Noel (signora Bellini), Luciano Salce (Monsignor Torelli), Silvia Dionisio (Luciana Bellini), Mariangela Melato (prostituta), Wendy D’Olive, Pietro De Vico (sacrestano), Isabella Savona, Emilio Bonucci, José Cruz, Karin Schubert (ragazza bionda), Katerina Lindfelt, Enrico Maria Salerno (Don Calogero), Barbara Bouchet (signora Marchio), Patrizia Gori, Ely Galleani, Wolfang Hillinger, Margherita Horowitz, Nerina Montagnani, Adalberto Rossetti, Eugene Water.


Marco Vicario (1925) scrive, dirige e produce (con la sua Atlantica) un buon film, molto nelle sue corde, a metà strada tra l’erotismo conturbante e la denuncia sociale, con interessanti risvolti sentimentali. In breve la trama. Lando Buzzanca è Don Salvatore, un giovane sacerdote siciliano trasferito a Roma per fare da vice parroco a Don Clemente (Randone), entra in contatto con la viziosa borghesia della capitale. Molte ragazze frequentano la parrocchia solo per concupirlo, si fanno confessare per rivelare particolari piccanti e relazioni peccaminose che mettono in crisi la vocazione del prete. Don Salvatore si innamora, ricambiato, di Silvia (Podestà), prostituta redenta, ma vorrebbe sposarsi e continuare a fare il prete, cosa che i superiori non possono concedere. Sarà la donna ad abbandonarlo con una lettera piena di sentimento dove confessa di aver capito quanto sia importante per il parroco la missione sacerdotale. 


Un film di denuncia, sin troppo spinto per il periodo storico, non tanto sul versante erotico quanto per contenuti polemici, anticlericali e antiborghesi. Vicario inaugura la vena legata all’erotismo che lo porterà a firmare piccoli capolavori come Paolo il caldo, Homo eroticus, Moglieamante, senza dimenticare il problema del celibato dei preti e una piaga sociale come la corruzione della borghesia. In definitiva il solo personaggio femminile positivo è la prostituta, innamorata del parroco, che Rossana Podestà interpreta con bravura, mentre le ragazzine viziate e viziose (su tutte Dionisio), figlie di cotante madri (Noël, Bouchet) sono descritte come un coacervo di peccati trasmessi per via ereditaria. “Tu puoi smettere quando vuoi” dirà Buzzanca alla puttana “le altre che vengono a confessarsi no, perché il vizio fa parte della loro natura”. San Paolo, ma anche il Vangelo, il messaggio di Cristo che salva la Maddalena sono alla base del discorso narrativo di un regista che mette all’indice i vizi privati mascherati da pubbliche virtù. Non crediamo che la storia sia soltanto una scusa per mostrare qualche nudo - come afferma Paolo Mereghetti - perché il regista è molto parco nell’esibire, mentre preferisce lanciare affermazioni scomode e controcorrente. 


La seconda parte del film è sbilanciata sul versante sentimentale, con Trovajoli che imposta la colonna sonora in senso romantico, ma il finale realistico, con la prostituta che decide di lasciare il prete al suo destino, conferisce credibilità. Molte parti oniriche ricche di ralenti e flashback, alcune dal taglio fantastico, servono a mettere in scena i desideri del parroco, le pulsioni erotiche e l’ansia di avere l’amore terreno accanto a quello divino. Buzzanca ricorda le torbide confessioni, i discorsi erotici, i rapporti omosessuali rivelati in segreto, il peccato eletto a sistema di vita dalle ragazzine borghesi e trascorre notti insonni. Salvo Randone è il prete accomodante, uso ai compromessi, che teme la carica rivoluzionaria del giovane parroco; Luciano Salce rappresenta la gerarchia ecclesiastica che predica bene e razzola male (“Devi scegliere tra spretarti e avere una donna, oppure fare il prete come me!”), visto che in segreto manda avanti relazioni erotiche; Enrico Maria Salerno è il prete psicologo che indaga sulle pulsioni del giovane parroco. 


Un vero e proprio gineceo di attrici, non ancora famose, ricordiamo Mariangela Melato in una breve apparizione da prostituta, ma sono brave anche Barbara Bouchet, Silvia Dionisio e Magalì Noël. Due rapide incursioni per Karin Schubert, in apertura a bordo dell’aereo e subito dopo motorizzata, mentre Ely Galleani e Patrizia Gori non sono neppure accreditate. Vicario accenna polemicamente alla rivoluzione sessantottina: “Questi ragazzi contestano tutto perché sono infelici”, fa dire alla Bouchet. 


Mette alla berlina il celibato sacerdotale mostrando i seminaristi eccitati di fronte a spettacoli osceni, ma anche un prete in crisi nonostante la fede per colpa di una mancanza fisiologica. “In seminario molti entrano per fame, senza vera vocazione”, scrive Vicario in un altro passaggio rischioso della sceneggiatura. Non manca un attacco ai politici - in questo caso gay - che approfittano del potere per modificare le carriere delle persone che usano. Alcuni passaggi ricordano situazioni scabrose che rivedremo in un film di Lucio Fulci, interpretato da Lando Buzzanca: All’onorevole piacciono le donne (1971). Vicario stigmatizza il divario sociale tra provincia sicula e vita della capitale, mostra il disagio di un giovane parroco di campagna alle prese con i problemi della grande città. Un film di grande attualità, invecchiato bene, perché i problemi che affronta sono lontani dall’essere rimossi. Da recuperare.


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giovedì 23 luglio 2015

Una gita scolastica (1983)

di Pupi Avati


Regia: Pupi Avati. Soggetto e Sceneggiatura: Pupi Avati, Antonio Avati. Fotografia: Pasquale Rachini. Colore: Telecolor. Montaggio: Amedeo Salfa. Musica: Riz Ortolani. Edizioni Musicali: Frame Music. Direttore di Produzione: Paolo Bacchi. Aiuto Regista: Cesare Bastelli. Scenografia: Giancarlo Basili, Leonardo Scarpa, Annalisa Cecchini. Costumi: Steno Tonelli. Operatore: Antonio Schiavo - Lena. Fotografo di Scena: Andrea Marcaccioli. Mixage: Romano Checcacci. Produzione: Ama Film di Antonio Avati, Rai - Rete Uno. 


Interpreti: Carlo Delle Piane, Tiziana Pini, Rossana Casale, Cesare Barbetti, Ferdinando Orlandi, Bob Tonelli, Gianpaolo Cocchi, Gianfranco Mari, Amerigo Alberani, Enea Ferrario, Gianluigi Gaspari, Alessandro Baraldi, Francesco Brunacci, Vittorio Catelli, Davide Celli, Marcello Cesena, Domenico Lo Bianco, Paolo Magagna, Mauro Marchese, Roberto Messini, Salvatore Morelli, Marco Prosperini, Leonardo Sottani, Agostino Tamburini, Edoardo Tonioni, Giancarlo Torri, Giovanni Veronesi, Elisabetta Canaletti, Rossana Coggiola, Maura Gualtieri, Isabella Ippoliti, Federica Lolli, Lea Martino, Patrizia Poli, Giuseppina Romagnoli, Antonella Savini, Alessandra Tedeschi,Ginevra Testa, Martina Vicinelli, Lidia Broccolino, Antonio Viespoli, Ferdinando Gueli, Pino Tosca, Carlotta De Furlani, Massimo Romano, Romano Sancini, Sergio Lama, Giancarlo Costa, Nik Novecento. 


Esterni: Comunità Montana di Vergato, Sasso Marconi, Porretta Terme, Bologna. Canzoni: L’incanto, A tu per tu, Rosso e blu (Riz Ortolani - Iaia Fiastri). Premi: Premio Pasinetti Miglior Attore a Carlo Delle Piane, Festival di Venezia 1983. Nastro d’Argento Miglior Film, 1983 - 84. Nastro d’Argento a Pupi e Antonio Avati, Miglior Soggetto. Nastro d’Argento Carlo Delle Piane, Miglior Attore Protagonista. Nastro d’Argento Lidia Broccolino, Miglior Attrice Esordiente. Nastro d’Argento a Riz Ortolani, Migliore Musica. Globo D’Oro a Carlo Delle Piane, Miglior Attore.


Una gita scolastica è il tipico film di Pupi Avati, piccolo ma grande, nel senso che la storia è ridotta ai minimi termini, ma le emozioni e i sentimenti sono esaltati alla massima potenza. Poesia pura, sapiente costruzione per flashback di una pellicola corale, on the road montano, alla scoperta dell’Appennino tosco - emiliano. Vediamo la storia. Tutto parte dal sogno di Laura, una signora ottantenne che rivive una giornata indimenticabile: la gita scolastica della sua classe, la terza G del professor Carlo Balla (Delle Piane), che da Bologna valica l’Appennino per raggiungere Firenze. Laura è l’unica superstite di una gita che custodisce nella memoria per aver fatto credere alle compagne di aver conquistato un amore impossibile, il ragazzo più bello della classe. Poetico l’incipit del sogno, ma ancora più straordinario il finale che vede Laura morire dolcemente, raggiungendo i compagni d’un tempo che sfumano nella nebbia del lungolago. Avati ambienta alla perfezione la storia nel 1914, alla vigilia dell’intervento italiano nella Prima Guerra Mondiale, descrive il suo Appennino con maestria, aiutato dalla fotografia di Rachini e da una struggente colonna sonora di Ortolani. 


Ma il cuore del romanzo - ché di romanzo si tratta, questo è cinema letteratura! - risiede nel personaggio del timido professor Balla, che Delle Piane interpreta da grande attore. Meritati i riconoscimenti per aver costruito una figura di romantico sognatore, innamorato della professoressa Serena Stanziani (Pini), ma destinato a subire soltanto sconfitte. Serena tradisce il marito ma non con Bolla, sceglie un alunno, il peggiore, il meno dotato, quello che aveva umiliato il professore dicendogli che non avrebbe fatto la sua fine, non si sarebbe fatto fregare dalla vita. 


Nonostante tutto, in un commovente finale, il professore difende la collega dallo scandalo, la protegge mentre gli alunni applaudono. Forse si metteranno insieme, ma non è questo che importa al regista. La storia finisce stemperandosi nel ricordo di Laura e nella sua dolce morte. Tiziana Pini torna a lavorare con Pupi Avati dopo Bordella (1976), ma non va oltre la bella presenza decorativa. Non fa molto nel cinema, nonostante il lancio televisivo con Macario (1978), un Festival di Sanremo (1984) e una copertina su Playboy. Solo qualche commedia: State buoni se potete, In viaggio con papà, Sette chili in sette giorni, Le comiche… Nel cast ci sono anche il futuro regista Giovanni Veronesi e il debuttante Nik Novecento che morirà giovanissimo per una malformazione cardiaca.



Una gita scolastica è la prova di come sia possibile scrivere cinema sentimentale senza cadere nello sdolcinato e nel retorico, raccontando per immagini piccoli episodi che segnano un’intera esistenza. Avati cita Bergman con il suo timido professore che per mettersi in viaggio attende l’incanto, quindi conduce la classe sui sentieri della fanciullezza, alla scoperta del suo tempo perduto, di un posto delle fragole localizzato tra le montagne di Vergato, Sasso Marconi e Porretta Terme. Molti piccoli episodi poetici e al tempo stesso onirici: il funerale dei giovani sposi sul carro tirato dai buoi, la lotta con i cadetti, le piccole storie d’amore della scolaresca, il passaggio dei ciclisti, le parti da musical campestre, il pugilato come ricordo d’infanzia, la provocazione erotica della professoressa. 


Un film dal tono agrodolce, lieve e intenso, leggero e profondo, intriso di commovente poesia. “L’incanto ci aveva abbandonati per sempre”, dice la voce fuori campo. Lo spettatore si rende conto che durante il film pure lui è stato preda dell’incanto, di quel vento montano che aveva spinto il professor Bolla alla ricerca del suo tempo perduto. Un film da vedere, per capire la vita. E chi parla di manierismo nostalgico e zuccheroso - pure se si chiama Paolo Mereghetti - non capisce niente di cinema.


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venerdì 10 luglio 2015