Regia: Mario Lanfranchi. Soggetto: Carolina Invernizio
(Il bacio di una morta, libera
riduzione). Sceneggiatura: Marino Lanfranchi, Pupi Avati. Montaggio: Luciano
Anconetani. Fotografia: Claudio Collepiccolo (Technicolor). Musiche: Piero
Piccioni. Edizioni Musicali: Euro Filmusic. Scene e Costumi: Giancarlo
Bartolini Salimbeni. Organizzatore Generale: Mario Davidde. Direttore di
Produzione: Pierluigi Ciariaci. Produzione: Inter Vision. Aiuto Regista.
Lamberto Bava. Secondo Aiuto Regista: Antonio Avati. Operatore alla Macchina:
Roberto Gengarelli. Coreografie: Alberto Testa. Effetti Speciali: Guido
Massari. Fotografo di Scena: Francesco Bellomo. Teatri di Posa: Elios Film -
R.P.A.. Doppiaggio: Fono Roma srl - C.D.. Interpreti: Maurizio Bonuglia,
Eleonora Giorgi, Martine Beswick, Brian Deacon, Vladey Sheybal, Gianni Cavina,
Tonino Pierfederici, Barbara Romana Calori, Massimo Girotti, Valentina Cortese,
Franca Maresa, Glauco Scarlini, Luigi Zerbinati, Giovanni Vannini, Vittorio
Fanfoni, Riccardo Berlingeri, Gabriele Bentivoglio, Alessandro Perrella,
Corrado Annicelli, Edoardo Toniolo, Macia Pellegrini.
Il bacio è la terza versione del feuilleton Il bacio di una morta di Carolina
Invernizio, dopo gli adattamenti di Guido Brignone (1949) e Carlo Infascelli
(1973), penalizzato anche dal non poter usare il titolo integrale, vista la
vicinanza temporale con la precedente pellicola. Non ci sono grandi differenze
di soggetto tra il film di Infascelli e quello di Lanfranchi, a parte l’ambientazione
veneziana, un duello alla pistola invece che alla spada e una sceneggiatura di stampo
horror erotico. Lanfranchi - aiutato da Pupi Avati - giustifica meglio di
Infascelli la passione improvvisa di un marito per una ballerina di night con
l’escamotage delle messe nere e di
una setta satanica guidata da una sorta di strega. Non solo. Il perfido gruppo
di adoratori del demonio convince il conte che la moglie lo sta tradendo con il
fratellastro e fa trapelare il sospetto di un incesto.
Tutto segue i canoni del
romanzo d’appendice, intrigato, contorto, ricco di sottotrame. Si comincia con
Alfonso (Deacon), il fratellastro che torna a casa e si rende conto che Elena (Giorgi)
è stata sepolta viva. Il film procede in un lungo flashback veneziano, narrando l’amore tra il conte Rambaldi (Bonuglia)
ed Elena, la passione per Nara (Beswick), una ballerina di facili costumi, il
timore del tradimento, il tentativo di liberarsi della moglie, il processo, la
condanna della perfida amante e il ritorno a casa del conte, tra le braccia di
Elena.
Ottimi attori, anche tra le presenze di contorno: l’avatiano Gianni
Cavina è il custode del cimitero che spalanca la bara di Elena ad Alfonso,
Valentina Cortese è Madame Lixen, una sorta di strega lesbica che guida le
messe sataniche, Massimo Girotti è il duca Dazzi che sfida a duello per amore
il conte Rambaldi. Molto brava nel ruolo di Elena una giovanissima Eleonora
Giorgi (21 anni), in uno dei primi ruoli importanti, dopo Appassionata (1974) di Gianluigi Caderone, che aveva scandalizzato
la critica benpensante. Pure ne Il bacio
registriamo un paio di sequenze erotiche, molto castigate. La giamaicana
Martine Beswick (1941) - che un anno prima ci aveva deliziato in Ultimo tango a Zagarol (1973) di Nando
Cicero, interpreta il suo ultimo film italiano e si congeda con una parte sexy
e disinibita.
Nel film di Infascelli il ruolo di Elena era ricoperto
dall’esperta Silvia Dionisio e quello di Nara da Karin Schubert, ma le parti
erotiche erano appena accennate. Valentina Cortese recita con impegno teatrale
un complesso ruolo da megera lesbica che irretisce il conte, favorendo i piani
di Nara. Il bacio presenta diversi pregi:
atmosfera horror inquietante, erotismo torbido (sequenza hot Cortese - Beswick
a rischio taglio censura, più ordinari i rapporti matrimoniali Bonuglia -
Giorgi), fotografia ocra, ambientazione veneziana, sceneggiatura priva di buchi
e montaggio rapido.
L’originalità rispetto al film di Infascelli - e anche nei
confronti del romanzo della Invernizio - sta nel ruolo di Valentina Cortese,
poetessa maledetta che dirige una corte dei miracoli dedita a sesso, droga e
messe nere. Molto ben strutturato il colpo di scena processuale con il ritorno
della sepolta viva e la condanna della perfida amante. Lieto fine assicurato.
Vediamo la critica. Marco Giusti (Stracult): “Uscito un anno dopo Il bacio di una morta di Carlo Infascelli, e quindi penalizzato nel
titolo (si ferma a Il bacio…), ma
forse più interessante, anche per il cast che presenta e per la sua costruzione
horror”. Morandini e Farinotti si limitano a citare la pellicola, a loro
giudizio meritevole di una stella, massimo due. Paolo Mereghetti (una stella e
mezzo): “Terza scatenata versione di Il
bacio di una morta di Carolina Invernzio… Lanfranchi sfrutta discretamente
calli e canali; scenografie e costumi (con la Beswick a metà strada tra Theda
Bara e Vampira) sono uno spasso. Pupi Avati, sceneggiatore col regista,
rispetta il materiale di appendice (duelli, processi, fantasmi, perdizioni e
redenzioni) e calca la mano sul lato morboso (la Cortese che officia messe
nere, presunti incesti, necrofilia). Il troppo comunque stroppia: a quale
pubblico si rivolge un film così?”. Agli amanti del cinema di genere che non
siamo più capaci di fare, rispondiamo.
Conosciamo il regista, seguendo il testo di Roberto
Poppi. Mario Lanfranchi (Parma, 1927) è un autore televisivo di prosa,
inchieste, programmi musicali, ma soprattutto uno dei più importanti registi italiani
di opere liriche. Al cinema dal 1963, soprattutto per filmare opere liriche
come La traviata (1966),
interpretata dalla moglie, il soprano Anna Moffo. Lanfranchi è il primo a
impegnarsi per rendere fruibile l’opera lirica al grande pubblico. Ricordiamo
al cinema: La serva padrona (1963), Sentenza di morte (1967), Il bacio (1974), La padrona è servita (1975), Genova
a mano armata (1976). Per gli ultimi tre film risulta anche produttore. In
televisione: Ritorno dall’abisso
(1963), Venezia, carnevale, un amore
(1982).
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