giovedì 8 dicembre 2011

Ciccio perdona…io no! (1968)

di Marcello Ciorciolini


Regia: Marcello Ciorciolini. Soggetto e Sceneggiatura: Amedeo Sollazzo e Marcello Ciorciolini. Fotografia: Alessandro D’Eva. Musica: Roberto Pregadio. Montaggio: Luciano Anconetani. Produzione: Italo Zingarelli. Interpreti: Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Fernando Sancho, Adriano Micantoni, Mario Maranzana, Gia Sandri, Rossella Bergamonti, Vincenzo Monteduro, Lino Banfi. 

Ciccio Ingrassia alla moda di Clint Eastwood

Marcello Ciorciolini (Roma, 1922) è un autore di riviste teatrali e radiofoniche, sceneggiatore cinematografico e televisivo, collaboratore instancabile a soggetti comici, avventurosi e mitologici. Gerarchi si muore (1961) di Giorgio Simonelli rappresenta il primo incontro con la coppia sicula, ma il rapporto è destinato a consolidarsi, perché l’affiatamento tra regista e attori pare naturale. Ricordiamo molte sceneggiature al servizio dei Franco & Ciccio movies, in collaborazione con il regista Giorgio Simonelli: Due samurai per cento geishe (1962), I due toreri (1964), Due mafiosi contro Al Capone (1965), Due mafiosi nel Far West (1964), I due figli di Ringo (1966), I due sanculotti (1966). I due evasi di Sing Sing (1964) è un’eccezione alla regola, perché il regista è Lucio Fulci, grande valorizzatore delle potenzialità comiche di Franco e Ciccio.


Marcello Ciorciolini firma soltanto undici film da regista, quasi tutti di genere comico, ben cinque interpretati da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia: I barbieri di Sicilia (1967), Ciccio perdona…io no! (1968), I nipoti di Zorro (1968), Indovina chi viene a merenda? (1969) e Franco e Ciccio… ladro e guardia (1969). Il suo ultimo film per il cinema è Meo Patacca (1972), una farsa in costume con Luigi Proietti, Enzo Cerusico e Marilù Tolo, mentre l’ultimo lavoro è il televisivo Settefolli (1982), un documentario comico che mette in evidenza l’estro di Giorgio Bracardi alle prese con i suoi personaggi.


Ciccio perdona…io no! (1968), è una parodia del Tortilla western, ambientata in un Messico surreale (Desolación) nel quale è facile riconoscere la periferia di Roma e dove i nostri eroi si definiscono italo - peones, parlano uno spagnolo maccheronico contaminato con espressioni sicule (“Buoni señores non s’arrabbiasseros!”) e ne combinano di tutti i colori. Stupenda la sigla a disegni animati che cita la popolare trasmissione Carosello e altrettanto comica la canzoncina Ciccio perdona Franco invece no, su musica di Roberto Pregadio, che ricorda un refrain fanciullesco. Franco e Ciccio sono due ladruncoli di cavalli che raggirano i viandanti proponendo una sosta in una posada che sfornerebbe inesistenti manicaretti della cucina siculo - messicana, ma in realtà regala truffe a ripetizione. Ciorciolini mostra i trucchi del cinema con la finta posada che si apre sul niente ed è soltanto una facciata di compensato. Citiamo alcuni piatti promessi da Franco per invitare i passanti: avvoltoio ruspante, tortellini alla napoletana… il tutto preparato da inesistenti muglieres (derivazione comica dallo spagnolo mujeres e dal siculo mugliere). Un bel giorno i due truffatori si imbattono nel terribile bandito El Diablo (un grande Fernando Sancho), lo derubano del cavallo e di un carro costruito con oro rubato, scatenando la sua sete di vendetta.


La pochade western prosegue con l’esercito che ferma i truffatori, mentre El Diablo si finge loro servitore e afferma che il terribile bandito è stato ucciso dai suoi padroni. Si scatena una caccia all’oro che coinvolge Calamity Jane e la sorella Jessie (Sandri e Bergamonti), ma pure i compari di El Diablo (El Baleno e Faccia D’Angelo, alias Maranzana e Micantoni) e un bounty killer chiamato Black Jack. Le situazioni comiche si succedono a ritmo vertiginoso, ma tra tutte è irresistibile il numero da avanspettacolo del registratore di cassa, una sorta di versione western della roulette russa. Un candelotto di dinamite viene collegato a un tasto del registratore di cassa del saloon, mentre il bounty killer sfida un inconsapevole Franco a un duello a colpi di ordinazioni e di cifre digitate sulla tastiera. Alla fine salta in aria il povero Ciccio - che si è appena seduto per riposare - con un effetto nero fumo tipico dei cartoni animati e della comicità slapstick. Ottima la sequenza dell’assalto alla banca da parte dei banditi travestiti da mormoni con Franco che intona strazianti nenie funebri in dialetto siciliano (“Figghiu beddu che dolore!”). Divertenti le battute in puro stile Franco e Ciccio: “Quanti pesos?” “Io peso 75 chili, col sombrero 80”. “Ci siamo congedati con il grado di disertori”. “Salto anch’io?” “No, tu no” (riferito al gioco della dinamite, con riferimento alla popolare canzone di Enzo Jannacci). “Ciccio vuoi sedere con me?” “Grazie, preferisco di no” (ironia sul noto tango). “Stiamo giocando al lotto?” “No, al botto”. Non manca la comicità visiva, mimica corporale, a base di smorfie a tutto schermo da parte di un Franco Franchi in gran forma e certe situazioni (il salto del bancone e la fuga sul cornicione) mostrano tutta la loro inadeguatezza. La trama western è ben presente, ma corretta da Ciorciolini e Sollazzo in pochade comica, ricca di fast motion da cinema muto, di scazzottate nel saloon e di elementi surreali. Il regista inserisce citazioni femministe grazie ai personaggi di Calamity e Jessie Jane, le vere eroine che risolvono la situazione, sposano Franco e Ciccio e aprono una stazione di sosta proprio dove c’era soltanto una facciata in compensato. Sono molto riuscite le due parti oniriche dove prima Ciccio e poi Franco cercano di far la parte degli eroi con le due ragazze, raccontando una finta uccisione de El Diablo. La musica western di Roberto Pregadio imita il sound di Ennio Morricone mentre vediamo Ciccio Ingrassia indossare un poncho color marrone e tenere un sigaro tra le labbra, alla moda di Clint Eastwood. La parte onirica si conclude con Ciccio che usa il trucco dell’eco per distrarre il nemico ed eliminarlo. Franco, invece, si presenta con un elegante completo nero come Eli Wallach e mette in scena una sorta di mezzogiorno e un quarto di fuoco, racconta il ruolo di Ciccio come quello di un verme che striscia, mentre lui è l’eroe che elimina El Diablo con una sfida al coltello. “Ti ho dovuto uccidere. Ciccio perdona, io no. Sono un bounty killer, uccidere è la mia tragedia. La tragedia del bounty”. In una sola frase regista e attore ironizzano su Dio perdona… io no! (1967) di Giuseppe Colizzi e su La tragedia del Bounty (1935) di Frank Lloyd. I riferimenti comici delle due parti oniriche sono una satira di altrettanti episodi contenuti ne Il buono, il brutto e il cattivo (1966) di Sergio Leone.

La sequenza del medico ubriaco

Il film è una serie continua di malintesi, da vera commedia all’italiana, vediamo scambi di persone, situazioni che sembrano in un modo e invece sono all’opposto, scambi di stanze, fughe, scazzottate e pezzi da avanspettacolo. Tra questi citiamo l’episodio del medico ubriaco che terrorizza Franco e pratica una dolorosa puntura con una siringa da bue a entrambi gli amici che se ne vanno doloranti. La parte in cui Franco e Ciccio, rinchiusi nella cassaforte, escono anneriti e con gli abiti stracciati dopo l’esplosione ricorda la comicità dei cartoni animati della Warner Brothers. Un leitmotiv della pellicola è un dialogo tra Franco e Ciccio. Ciccio: “Ti spiegherò”. Franco: “Quando?”. “Ciccio: “Dopo”. Lo scambio di battute si ripete a ogni situazione critica e di solito anche Ciccio non ha capito niente (come quando regala un carretto siciliano a El Diablo per fargli piacere), ma la cosa divertente è che poco prima della parola Fine - quando si ritrovano sposati con le sorelle Jane - le parti si scambiano ed è Franco a promettere una spiegazione (che non arriverà mai) a Ciccio.  


Ciccio perdona… io no! è il film numero 73 della sterminata filmografia di Franco e Ciccio, esce il 26 settembre 1968 - in piena contestazione studentesca - e incassa 841.612.000 lire, piazzandosi al quattordicesimo posto nella lista dei film della coppia più amati dal pubblico. Si tratta di una parodia di tutto lo spaghetti e tortilla-western in voga nel periodo, ma nel titolo ricorda Dio perdona… io no! (1967), grande successo di Pino Colizzi, che - al debutto come regista - inventa la coppia comica Bud Spencer - Terence Hill. Massimo Ciorciolini ha già diretto la coppia ne I barbieri di Sicilia (1967) e sa che Franco e Ciccio rendono di più se sono liberi di improvvisare. Per questo asseconda la loro vis comica e permette gag, siparietti da avanspettacolo, smorfie e lazzi tipici di una comicità spontanea e genuina. Lino Banfi è irriconoscibile, nascosto da baffi e sombrero, nei panni di un peone messicano.


La critica alta non distrugge il film. Mereghetti concede una stella e mezzo e scrive: “Franco e Ciccio rifanno in versione farsesca lo spaghetti-western… Parodia di una parodia con due scenette discrete: la sfida dei numeri al registratore di cassa e il funerale dei mormoni”. Morandini concede due stelle: “Satira riuscita dello spaghetti-western diretta da un robusto mestierante che sa valorizzare la coppia di comici”. Farinotti assegna addirittura tre stelle, ma non motiva. Resta il dubbio che i giudizi dei critici paludati siano stati modificati nel tempo. Sarebbe interessante andare a rileggere le critiche che uscivano contemporaneamente alla pellicola.


Gordiano Lupi

Nessun commento:

Posta un commento