di Mario Siciliano
Regia: Mario Siciliano. Soggetto: Federico De Urrutia.
Julio Busca (Buchs), Sceneggiatura: Federico De Urrutia. Julio Busca, Mario
Siciliano. Fotografia: Vincente Minaya. Montaggio: Otello Colangeli. Musica:
Stelvio Cipriani (Edizioni Musicali Bixio - Sam, Milano). Effetti Speciali:
Paolo Ricci. Direttore di Produzione: Piero Ghione, Rafael Vazquez. Aiuti Regista. Paulino Gonzales, Ivo Barouch.
Scenografie: José Antonio de la Guerra. Produzione: Metheus Film (Roma), Emaus
Films (Madrid). Interpreti: Anthony Steffen (Antonio De Teffé), Richard Conte,
Pilar Velasquez, Jorge Rivero (il protagonista, Peter Crane), Eduardo Fajardo,
Pia Giancaro, Luis La Torre, Eva Vanicek, Alan Collins (Luciano Pigozzi), Lane Fleming,
Floria Marrone, Terele, Daniela Giordano. Girato per Interni: Stabilimenti RPA
- Elios Film. Sviluppo e Stampa: Staco Film (Roma) e Madrid Film.
Mario
Siciliano (1925 - 1987), attivo sin
dal 1962 come produttore di film avventurosi, passa alla regia nel 1968 e si
dedica a pellicole popolari di buona fattura. La fase terminale della carriera
lo vede molto attivo sul versante erotico e pornografico, spesso alle prese con
prodotti per il cinema a luci rosse. Utilizza pseudonimi come Marlon Sirko, Luca
Delli Azzeri e nel cinema hard si fa chiamare Lee Castle. Eroticofollia (1974), noto anche come Malocchio, è l’unica opera di Mario Siciliano di taglio horror,
sottogenere demoniaco - esorcistico, ma di impianto originale. Il film è una
coproduzione italo - spagnola, scritta da Federico De Urrutia e Julio Buchs
(Busca), che lo sceneggiano insieme al regista.
Le musiche sono di Stelvio
Cipriani, la fotografia di Vincente Minaya e il montaggio di Otello Colangeli.
Scenografie di José Antonio de la Guerra. Produce lo stesso Siciliano per la
Metheus Film, associandosi alla madrilena Emaus Films. Il cast è italo -
spagnolo: Anthony Steffen (Antonio De Teffé), Pilar Velasquez, Richard Conte,
Daniela Giordano, Jorge Rivero, Pia Giancaro, Eduardo Fajardo, Eva Vanicek e
Alan Collins (Luciano Pigozzi). La pellicola è un ibrido tra erotico e horror
difficilmente inquadrabile, così come lo sono alcuni film di Joe D’Amato. In
Spagna esce come Mal de ojo, in Germania Blutige Magie e in Messico si ricorda come Más allá del exorcismo, che forse sono titoli più consoni al tema
trattato.
Una telefonata dell’amica Taga sveglia Peter Crane (il
culturista messicano Rivero) da un incubo satanico che lo tormenta dopo una
notte di bagordi. La sua casa è piena di gente che ha partecipato al festino.
Peter, scosso dall’incubo, incarica il maggiordomo di svegliare gli ospiti e di
mandarli a casa. Un giorno incontra la misteriosa Yvonne (Pilar Velasquez), che
gli rivela di aver avuto un incubo dove il marito defunto le diceva che un uomo
di nome Peter Crane l’avrebbe uccisa. Peter pensa a uno scherzo di pessimo
gusto e continua a frequentare Yvonne, ma durante una nuova visione satanica
strangola la donna. La trama si sviluppa attorno a una spirale di omicidi, ma
presenta un suo tocco di originalità nella commistione di generi e in un
morboso erotismo che pervade ogni scena. La pellicola parte come un giallo
soprannaturale esoterico, ma sconfina nell’horror demoniaco; il regista pare
interessato a stupire con effetti speciali esorcistici, più che a far capire il
senso della storia, basata su una sceneggiatura zeppa di buchi.
I personaggi
hanno tutti nomi inglesi ma è chiaro dai pochi interni girati fuori dalla Elios
che ci troviamo a Roma. Le parti oniriche la fanno da padrone, tra messe nere,
incubi che ricordano una cerimonia d’iniziazione, fantasmi della memoria.
Alcune scene memorabili: le rane che escono dalla bocca del maggiordomo, i
tavoli che lievitano, i cristalli che si spaccano, un fucile che spara da solo
cadendo dall’alto e uccidendo la vittima designata, donne misteriose che
appaiono e scompaiono, cadaveri ritrovati in case di campagna, bambole e
carillon in primo piano alla Dario Argento e molti omicidi cruenti. L’erotismo
è ai minimi termini, il titolo italiano promette molto più di quel che
mantiene, a meno che non esista una versione per il mercato estero. La
recitazione è da fotoromanzo. Il protagonista è un buon attore messicano come
Jorge Rivero, ma in questo film non dà il meglio di sé, impegnato in ridicole
possessioni demoniache che lo fanno uscire di senno e uccidere. Eduardo Fajardo
è un infido maggiordomo, Anthony Steffen il poliziotto che indaga, Richard
Conte (Il padrino!) è uno psichiatra
ingessato, Daniela Giordano una delle tante innamorate del protagonista, insieme
a Pia Giancaro.
Il finale è la parte più strana e incomprensibile di tutto il
film, perché assistiamo a un crescendo onirico - demoniaco. Il poliziotto viene
fermato da forze occulte, accadono strane morti violente e un’auto con a bordo
il protagonista e la sua amante precipita da una scogliera. Ottimo il commento
musicale di Stelvio Cipriani. Mario Siciliano mette la firma su un’opera
anomala e curiosa che non si può definire horror gotico, ma neppure esorcistico
e neanche erotico in senso stretto. Il film è un bizzarro ibrido di generi, che
sconfina nel dramma psicologico, una folle calata negli inferi delle
perversioni demoniache.La critica stronca all’unanimità. Marco Giusti fa un
po’ di confusione su Stracult perché
vede Anthony Steffen nel ruolo dell’assassino, mentre è il poliziotto. In
compenso dà una spiegazione razionale a una pellicola che non pare averne e
forse ha ragione lui che ha visto una versione più completa.
A suo parere “il
killer indemoniato era manovrato dallo psichiatra Richard Conte, vecchio amico
di famiglia, con una specie di diavoleria, per eliminare dei manigoldi che
avevano eluso la giustizia”. Beneficio d’inventario, ma riportiamo la tesi come
risulta dal testo del Giusti. Pino Farinotti cita il film come Malocchio, concede due stelle,
avallando la tesi del dottore come mandante occulto dei delitti. In realtà si
propende per tale spiegazione da un dialogo tra il poliziotto e lo psichiatra,
quando il primo afferma: “Noi due sappiamo chi è il colpevole”. L’espressione
che compare sul volto del medico tradisce la responsabilità di mandante.
Mereghetti e Morandini non citano neppure la pellicola, non ritenendola
meritevole di attenzione.
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