di Mario
Landi
Regia: Mario Landi. Soggetto e Sceneggiatura: Aldo
Serio. Musica: Berto Pisano. Montaggio: Mario Salvatori. Operatore: Giacomo
Testa. Assistente: Giovanni Marras. Fotografia: Franco Villa. Scenografie:
Nunzio De Angelis. Trucco: Mauro Gavazzi. Aiuto Regista: Roberto Silvestrini.
Fotografo di scena. Giuseppe Botteghi. Fonico: Umberto Picistrelli.
Microfonista: Silvio Spingi. Ispettore di Produzione: Marcello Spingi.
Segretario di Produzione: Gianfranco Fornari. Costumi: Itala Giardina. Produttore:
Gabriele Crisanti per Elea Cinematografica. Distribuzione: Stefano Film. Teatri
di posa: Incir De Paolis. Colore: Telecolor. Titoli: Studio: Mafera.
Interpreti: Leonora Fani (Flavia), Jeff Blynn
(Commissario De Pol), Gianni Dei (Fabio), Mariangela Giordano (Marzia –
accreditata come Maria Angela Giordan), Vassili Karamesinis (Bruno), Eolo
Capritti, Giancarlo Del Duca, Michele Renzullo, Maria Mancini.
Mario Landi (Messina, 1920 - Roma, 1992) comincia
come regista teatrale, debutta al cinema con Canzoni per le strade (1949) - film musicale con Luciano Tajoli -,
si afferma in televisione dirigendo le serie con protagonisti il Commissario
Maigret (Gino Cervi) e l’Ispettore Sheridan (Ubaldo Lai) e molti sceneggiati di
ottima fattura, dal 1955 al 1979 (Cime
tempestose, Canne al vento, Nessuno deve sapere, Accadde ad Ankara). Tutte
cose politicamente corrette, oltre che curate e girate con grande
professionalità. Mario Landi porta al cinema il suo Maigret, nel 1966, con Maigret a Pigalle, ma è il solo titolo
in sintonia con la produzione televisiva. Roberto Poppi non si spiega come mai
Landi abbia girato una manciata di film non proprio eccezionali, alcuni dei
quali si ricordano solo per gli eccessi e per il gusto della trasgressione. Tra
i titoli peggiori: Le impiegate stradali
(Batton Story) (1967), Il viziaccio (1977), Supersexymarket (1979). Gli ultimi due
rappresentano il canto del cigno di una gloria dell’erotico casereccio come
Femi Benussi, presente anche nel primo titolo, volgare ma ricercato proprio per
la sua essenza trash. Si salvano - con un giudizio di sufficienza espresso dal
noto critico bolognese - solo il thriller erotico Giallo a Venezia e l’horror Patrick
vive ancora (1980).
Giallo a Venezia è il lavoro migliore del Landi
cinematografico, ma non è facile vederlo in versione integrale, visto che
risultano due edizioni, una tagliata di circa dieci minuti, per non parlare di
una fantomatica edizione arricchita di inserti porno. La durata del film varia
dai 90 (cut) ai 100 minuti (uncut), secondo il tipo di versione impressa su
pellicola. Si tratta di un giallo molto sopra le righe, da molti definito “un horror-thriller-splatter-erotico
in cui la storia è un pretesto per mostrare scene ai limiti dell’hard e
uccisioni violentissime”.
Edito in Home Video da Star Video, considerato uno
dei film più violenti del cinema italiano, per anni bandito in Germania.
Abbiamo un insolito commissario mangiatore di uova - molto americano -
interpretato da un diligente Jeff Blynn che indaga su un duplice omicidio. Si
parte con la scoperta nella laguna di Venezia di due corpi, un uomo
massacrato da colpi di forbici inferti con violenza e una donna annegata dopo
un amplesso, ma trascinata a riva nel tentativo di salvarla. Leonora Fani
(Flavia) è la protagonista, come al solito torbida e perversa, ma questa volta
davvero ai limiti dell’hard. Mariangela Giordano è l’amica che racconta per
lunghi flashback le vicissitudini di
un amore tormentato tra la ragazza e il suo uomo (Fabio), un perverso e sadico
esibizionista. Il giallo si trasforma in un dramma erotico e le parti migliori
della pellicola sono proprio i ricordi della Giordano che illustrano con
dovizia di particolari un amore malato.
Fabio fa l’amore per strada con la sua donna,
ama essere spiato dai passanti, si droga, si abbandona a eccessi sadici, mentre
il regista mostra molti rapporti sessuali particolareggiati, a rischio censura.
Leonora Fani ci concede la masturbazione femminile più lunga della storia
del cinema soft. I tempi sono da giallo televisivo, il vero mestiere del
regista, che fotografa bene una Venezia luminosa e decadente, quindi cita se
stesso - con ironia - facendo chiamare il suo ispettore da un medico legale: “Caro
Maigret”. Un eccesso splatter e gore è l’eccidio di una prostituta da
parte di un killer psicopatico che la squarta a forbiciate partendo dall’organo
sessuale. La sequenza è molto realistica. Il killer è un innamorato respinto
della Giordano ed entra a far parte del mistero.
Continuano i flashback sulle perversioni dei due
amanti: sodomizzazioni, voyeurismo,
sequenze al cinema dove l’uomo fa toccare la compagna da uno spettatore che si
masturba (si vede persino il pene eretto), una masturbazione (mimata) di
un garzone da parte di Leonora Fani mentre il marito guarda... Tutte
le convenzioni del giallo erotico italiano sono spinte al massimo grado, il
regista eccede in particolari truculenti ed erotici. Molto truce è l’omicidio
della Giordano da parte del killer che prima la lega al tavolo,
quindi le sega una gamba e infine la rinchiude in frigorifero divisa in pezzi.
Schizzi
di sangue e frattaglie varie ricordano lo stile di Lucio Fulci, ma
soprattutto di Joe D’Amato, anche se siamo molto più vicini (come
risultati) ad Andrea e Mario Bianchi. Il killer non è il colpevole del duplice
omicidio iniziale, ma si scopre soltanto nelle rapide scene finali, quando il
regista mostra l’ultimo eccesso che il compagno pretende dalla sua donna: farsi
scopare come una prostituta da due portuali della Giudecca. Pure questa scena di
amplesso è ai limiti dell’hard ed è molto torbida la situazione voyeuristica. La soluzione del
mistero arriva nelle ultime dure sequenze: è stata la donna a uccidere il
perverso compagno colpendolo con ripetute forbiciate, quindi è annegata e
niente ha potuto fare un suo ex innamorato per salvarla.
Giallo a
Venezia è un film che si può
apprezzare solo in versione integrale, per gli eccessi erotici e splatter, ma che risulta inutile se
mutilato delle parti non politicamente corrette. Il giallo è in definitiva
interessante, anche se i tempi sono lenti e compassati, ma la sorpresa finale
ripaga l’attesa. Leonora Fani e Mariangela Giordano sono molto nude e
disinibite, soprattutto la prima non l’avevamo mai vista così disponibile
davanti alla macchina da presa. Musiche suggestive di Berto Pisano, secondo
Marco Giusti non originali, ma tratte da Interrabang
con un tema prelevato da Nude per
l’assassino. Distribuzione internazionale. In Brasile come Pesadelo em Veneza. In Spagna come Crimen sin huella.
Rassegna critica. Marco Giusti apprezza, perché il
film è davvero Stracult: “Thriller veneziano
diretto da un maestro televisivo, veramente molto spinto, ai limiti dell’hard
con una Leonora Fani fantastica che scopa e si masturba per tutto il tempo. È
lei che è affiorata dalle acque della laguna morta, dando così il via alle
ricerche del commissario Jeff Blynn, che scopre, pezzo dopo pezzo, tutta la
storia non proprio edificante sua e del marito Gianni Dei, ucciso proprio dalla
moglie prima di annegarsi. Assolutamente da vedere per i fan della Fani. Le
scene di tortura a Mariangela Giordano e l’omicidio di una prostituta sono in
verità violentissime. E la Fani è sempre nuda. Quando l’ho visto a Trieste mi
ha fatto veramente colpo”. Delirium
scrive: “Il film più disgustoso mai fatto”. Gomarasca e Pulici su 99 Donne: “Una grandguignolesca
pellicola tanto violenta quanto idiota”.
Paolo Mereghetti (una stella) stronca
di brutto, come era lecito attendersi: “Un poliziotto che mangia sempre uova
(Blynn) indaga sull’omicidio di una coppia (Dei - Fani) che aveva esagerato in
giochi sadomaso. Merita di essere ricordato (o forse non lo merita) come uno
dei thriller italiani più cretini mai realizzati, collage di sequenze
porno-soft e di squartamenti di rara efferatezza che cascano nel vuoto, nel
puerile tentativo di stupire”. Pino Farinotti porta a due le stelle ma senza
motivare. A nostro parere merita una visione
storica - con occhio critico - per apprezzare quel che poteva fare il
cinema italiano con pochi mezzi, tanta inventiva e uno spirito trasgressivo.
lo vedrò...
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