di Mario Mattòli
Regia: Mario Mattòli. Soggetto: Vittorio Metz.
Sceneggiatura: Vittorio Metz, Age & Scarpelli, Marcello Marchesi, Mario
Mattòli. Fotografia. Mario Albertelli. Montaggio: Otello Colangeli. Musiche:
Armando Fragna. Direttore Musiche: Felice Montagnini. Scenografia: Piero
Filippone. Costumi: Mario Rappini. Durata. 78’. Bianco e Nero. Comico. Produttore: CDI
(Roma). Interpreti: Totò, Marilyn Buferd, Mario Castellani, Tino Buazzelli,
Alba Arnova, Adriana Serra, Luigi Pavese, Luisa Poselli, Guglielmo Barnabò,
Nico Pepe, Galeazzo Benti, Carlo Croccolo, Alberto Sorrentino, Giacomo Furia,
Bianca Maria Fusari, Aldo Giuffrè, Riccardo Billi, Guglielmo Inglese, Ughetto
Bertucci, Nino Vingelli, Enrico Luzi, Rino Tognaccini, Clara Bindi, Mario
Siletti, Bruno Corelli, Eduardo Passarelli, Ciro Berardi, Totò Mignone, Sofia
Lazzaro, Rita Andreana, Paola Bertini, Rina Franchetti, Vira Silenti, Anna
Fallarino, Paolo Modugno, Mario Meniconi.
Totò Tarzan (1950) di Mario Mattòli è una parodia di Tarzan che
contiene modesti elementi erotici, sfruttando un nutrito cast di ragazze che
circondano il protagonista, tra le quali spicca una sconosciuta Sofia Lazzaro,
non ancora diventata Loren, nei panni di una fan del circolo Tototarzanista. Giovanna Ralli, una semplice
debuttante, s’intravede appena. Ma a fare scandalo non sono loro, quanto
Adriana Serra, che in una sequenza diventata famosa per pochi attimi rimane a
seno nudo. La censura non se ne accorge e il frammento entra a far parte del
film, anche se bisogna essere molto accorti per rendersi conto che quando Totò
strappa dal corpo della ragazza la pelliccia di leopardo si scorge il seno
destro. La farsa è scritta con un tono a metà strada tra il fantastico e il
surreale da un quartetto di validi umoristi come Marchesi, Metz, Incrocci (Age)
e Scarpelli. Pare che per una battuta contribuisca anche un giovanissimo Ettore
Scola: “Io Tarzan, lei Cheeta, tu bona”.
Mario Mattòli dirige con sicurezza Totò, attore che fa per lui,
lasciandolo libero di sbizzarrirsi nel campionario di gag e smorfie che l’hanno
reso celebre. Una volta accettato il punto di partenza fantastico - che Totò
possa essere Tarzan - la comicità viene di conseguenza ed è composta da
battute ai limiti del surreale. Totò
Tarzan registra un incasso di circa quattrocento milioni di lire,
conta quattro milioni di spettatori e infinite repliche nelle sale di terza
visione. Un cult storico, firmato Mattòli, come Totò sceicco, Fifa e arena,
Totò al giro d’Italia e altri titoli
indimenticabili.
Totò è la scimmia bianca, figlio d’un esploratore
abbandonato nella giungla, che eredita un patrimonio miliardario. Tre
avventurieri lo catturano e lo portano in Europa, confidando sulla sua
ingenuità, per depredarlo dei suoi averi. Un parente del padre di Totò contrasta
la loro decisione e cerca di convincere il selvaggio che la sua amicizia è
disinteressata. Comincia il lato erotico della vicenda, perché Totò mostra subito
interesse per le bellezze femminili. Il progetto dei due gruppi rivali sarebbe quello
di uccidere il selvaggio e dividersi le spoglie, ma per fortuna una ragazza
innamorata finisce per salvarlo.
Moltissime le scenette comiche, così come abbonda il
cinema costruito sul niente: una guerra da burletta, un gorilla che guida il
treno, la giungla fatta di cartapesta, i fondali dipinti, Totò che pesta i
piedi a un soldato (ripresa da Terence Hill) e fa saltare in aria il
colonnello. Sequenze sexy castigate, a parte il seno nudo intravisto per un
microsecondo, con un cast di belle ragazze non ancora famose. Molto bravi
Buazzelli, Castellani, Pavese e Croccolo, come spalle in secondo piano (ma non
troppo).
Paolo Mereghetti (due stelle e mezzo): “Il film
ribalta la logica del buon selvaggio, utilizzandone l’istinto angelico per
mettere a nudo le convenzioni di una società borghese grazie a uno sguardo langdoniano e infantile (Fofi)
che amplifica gli effetti comici, come quando nella stanza d’albergo di Totò
vengono posti dei rami per farlo dormire a suo agio e lui, alla vista di un
letto vero, sceglie quello affermando: Uomo
di foresta sì, fesso no”. Morando Morandini (due stelle e mezzo per la
critica, quattro stelle per il pubblico): “Munito anche di coda, Totò mette a
nudo, con il suo sguardo infantile, le convenzioni della società civile”. Il
poeta Aldo Palazzeschi esalta Totò: “È apparso all’orizzonte del cinema come
arcobaleno dopo il temporale”. Pino Farinotti concede tre stelle, che
condividiamo per la freschezza delle situazioni, ma come al solito non motiva.
Per vedere alcune sequenze: http://www.youtube.com/watch?v=j6IfeU8FEQc
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