Regia: Sergio Corbucci. Durata: 101’. Bianco e Nero. Commedia. Soggetto e Sceneggiatura: Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi. Produttore: Giovanni Addessi. Fotografia: Enzo Barboni. Musiche: Armando Trovajoli. Scenografia: Ottavio Scotti. Interpreti: Totò, Nino Taranto, Erminio Macario, Lisa Gaston, Moira Orfei, Giacomo Furia, Fiorenzo Fiorentini, Dany París, Mario Castellani, Gianni Baghino, Clara Bindi, Carlo Delle Piane, Mimmo Poli, Franco Ressel, Adriano Celentano, Don Backy, Marco Morandi, Cristiano Cucchini, Jimmy il Fenomeno, Renato Terra, Tina Gloriani, Roberto Proietti, Miranda Poggi, Maria Badmajew. Doppiatori: Gino Bramieri (Adriano Celentano), Mirella Pace (Moira Orfei).
Il monaco di Monza è una parodia dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni, diretta da Sergio Corbucci, interessante perché mette in scena tre colossi della comicità come Totò, Nino Taranto ed Erminio Macario, ma anche perché in un breve siparietto comico cita il musicarello, sottogenere di successo che vede in prima fila il fratello Bruno (sceneggiatore del film insieme a Grimaldi). La monaca di Monza di manzoniana memoria è soltanto un pretesto per far sbizzarrire Totò nei panni di Pasquale Cicciacalda, un falso frate (Fra’ Pasquale da Casoria, il monaco di Monza, appunto!) che vaga in cerca di elemosine insieme al fido Mamozio (Macario) per mantenere i suoi 12 figli (della Provvidenza!). Mamozio è un pastore rimasto senza gregge perché si è mangiato tutte le pecore, mentre Totò è così affamato che sogna di mangiarsi il cane arrosto. A un certo punto il finto frate si trova coinvolto nel rapimento a scopo matrimonio che Don Egidio (Taranto) compie ai danni della marchesa del Grillo (Gastoni), la cognata rimasta vedova.
Le gag tra Totò e Nino Taranto sono esilaranti, in un film teatrale giocato sulla bravura dei protagonisti che interpretano un avanspettacolo di taglio storico - letterario. Il monaco di Monza alla fine salva dalle nozze obbligate la bella marchesa, grazie all’intervento di un gruppo di suore inferocite. Totò interpreta due personaggi: il finto frate e Don Manuel, soldato spagnolo innamorato della marchesa che nell’ultima sequenza risolve la situazione. Il film è quasi tutto girato in interni, ma una delle poche scene esterne riprende il solito castello di Balsorano, tempio del gotico italiano.
Il monaco di Monza è una commedia, quasi una farsa, ma presenta elementi da horror comico durante la visita alla cripta dove Don Egidio ha fatto morire una serie di frati fedifraghi. Da qui la battuta di Totò: “Ma lei è criptomane!”. Il dialogo esilarante tra Taranto e Totò, in questa fase del film, è da antologia del cinema comico. Adriano Celentano (doppiato da Gino Bramieri!) e Don Backy sono due finti frati che cantano La carità, una canzone divertente per invitare gli avventori a fare l’elemosina. Carlo Delle Piane è un oste che duetta con Totò su questioni di naso, visto che entrambi gli attori sono dotati di un naso importante. La comicità è spesso surreale e giocata su anacronismi: “Io sono un monaco vero, iscritto ai sindacati”; “Sono un vero monaco: guardi sulla Guida Monaci”. Totò a Macario: “Ai confini del tonto ci sei tu…”. Ma anche: “Il morto lo veglia lui che è vegliardo”. I dialoghi tra i protagonisti sono irresistibili. Nino Taranto: “Mio padre era molto magnanimo”. Totò: “E che si magnava?”.
Inutile cercare in un film come questo approfondimento psicologico dei personaggi, sceneggiatura priva di difetti, logica e persino solida struttura. Non si troveranno. Il monaco di Monza va gustato per quel che è: avanspettacolo. Ricordiamo la presenza di due bellezze, per l’occasioni in abiti molto casti, come Lisa Gastoni e Moira Orfei (doppiata da Mirella Pace), che interpreta addirittura una suora. Rassegna critica. Paolo Mereghetti (una stella e mezzo): “Parodia abbastanza scontata, vagamente debitrice al Manzoni e sceneggiata da Bruno Corbucci e Gianni Grimaldi, ma letteralmente infarcita di giochi di parole e calembour capaci di strappare più di una risata”.
Morando Morandini non si spreca in valutazioni ma conferma una stella e mezzo, aggiungendo le due stelle del pubblico, che a mio giudizio sono anche tre, se non quattro. Pino Farinotti concede due stelle ma non motiva. La critica contemporanee a distrugge il film, scrive sciocchezze simili: “Totò fa un film peggiore dell’altro e l’ultimo è sempre inferiore al precedente”. Risparmio il nome di un tale solone, sconfessato dai fatti, visto che Il monaco di Monza, rivisto a distanza di due lustri fa ancora sbellicare dalle risate.
Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
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