di Pàstina,
Zampa, Soldati, Fabrizi
Questa è la
vita è un grande film d’autore, anzi
di molti autori, strutturato in quattro episodi, sceneggiato da scrittori di buon
livello sulla falsariga di altrettante novelle di Luigi Pirandello.
La giara, di Renato Pàstina, è interpretato da Turi
Pandolfini, Domenico Modugno, Franco Gandolfi e Antonio Nicotra, ci porta in
Sicilia rurale per raccontare tradizioni d’un recente passato. Un riparatore di
brocche finisce prigioniero della giara che sta riparando e provoca una lite
con il padrone che vorrebbe essere risarcito. La giara va in mille pezzi dopo
che l’artigiano aveva dichiarato al padrone che preferiva restare nella giara
per sempre piuttosto che pagare. I fratelli Taviani faranno un bel remake allargato di questo episodio in Kaos (1984), film a episodi che sfrutta
la bravura di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia nella loro ultima
interpretazione. Un segmento interessante, abbastanza fedele alla narrazione di
Pirandello, che in un livido bianco e nero ricostruisce con dovizia di
particolari la vita nella campagna siciliana.
Il ventaglino, di Mario Soldati, è l’episodio più datato, ma è
interessante come documento che ci fa conoscere una Roma anni Cinquanta tra
nobiltà, soldati e povera gente. Myriam Bru è molto brava nei panni della
ragazza madre che si ritrova con un bambino da mantenere, ma finisce per
spendere i soldi di un’elemosina in un ventaglio. La ragazza usa il suo
acquisto per farsi notare da un bel soldato e il regista lascia solo intuire
cosa potrà accadere. La patente di
Luigi Zampa è un piccolo capolavoro di comicità amara e umorismo surreale
interpretato da Totò e Mario Castellani. La sceneggiatura è molto fedele alla
novella di Pirandello, Totò interpreta con una comicità sopra le righe il ruolo
di un aspirante iettatore, un uomo evitato da tutti per la sua fama di menagramo.
Totò pretende a ogni costo il rilascio di una sorta di patente di iettatore, in
maniera tale da poter vivere sfruttando tale qualifica. Totò vestito di nero,
occhiali scuri e bastone con pomello a forma di gufo è una scena indimenticabile,così
come sono fantastici i poteri da menagramo che fa cadere lampadari e scoppiare
fuochi d’artificio.
In ogni caso il segmento capolavoro del film è Marsina stretta, di Aldo Fabrizi,
regista e attore nei panni di un vecchio professore che fa di tutto per
maritare un’ex allieva (una stupenda Lucia Bosè) con un ricco e innamorato
pretendente (Walter Chiari). L’episodio è impreziosito dalle interpretazioni di
Luigi Pavese e Carlo Romano. Molto teatrale e giocato sull’interpretazione
eccellente di Aldo Fabrizi, professore innamorato della sua allieva come un
vecchio padre, coinvolto nel suo destino sino a forzare la mano della famiglia
del promesso sposo che osteggia le nozze. Molto ben ricostruito il pudore del
vecchio professore, i modi da intellettuale d’altri tempi, ottima la parte
preparatoria con Luigi Pavese che lo convince a indossare una stretta marsina
per fare il testimone alle nozze. Sarà il vestito scomodo a dare al gentiluomo
la forza di irritarsi e di imporre la sua volontà dopo la morte improvvisa
della madre della ragazza. “La felicità di una persona a volte dipende da una
marsina stretta”, conclude. Un episodio che alterna momenti comici a frammenti
drammatici, ma che scorre su un abile registro da commedia all’italiana,
affrontando i casi della vita e facendo sorridere su situazioni al limite del
grottesco.
Questa è la
vita ricorda un’opera teatrale in quattro
quadri, molto ben girati, basati su solide sceneggiature, arricchiti da
interpretazioni di altissimo livello e da una colonna sonora straordinaria
composta da Carlo Innocenzi e Armando Trovajoli. Ottima la fotografia in bianco
e nero di Giuseppe La Torre.
Rassegna critica. Paolo Mereghetti (due stelle):
“Quattro episodi tratti da altrettante novelle di Pirandello, nelle quali, come
sottolinea un insolito prologo didascalico, si vorrebbe riflettere sui rapporti
tra realtà e finzione. In realtà le quattro regie non si staccano molto da
un’onesta notazione di costume: le cose migliori sono a livello di
sceneggiatura, soprattutto per La patente
(Vitaliano Brancati collabora con Zampa) e Il
ventaglino (Giorgio Bassani affianca Soldati)”. Morando Morandini (due
stelle e mezzo): “Uno dei primi film a episodi del cinema italiano post bellico
(il primo fu Paisà) insieme ad Altri tempi e Tempi nostri di Blasetti, un filone che fu coltivato specialmente
negli anni Sessanta. Il migliore dei 4 sketch è La patente, e non soltanto per la presenza di Totò: alla
sceneggiatura diede il suo apporto Vitaliano Brancati, così come per Il ventaglino Mario Soldati ebbe il
conforto di Giorgio Bassani. La giara
fu ripreso e dilatato dai fratelli Taviani in Kaos”. Non condivido del tutto i pareri dei due illustri critici,
perché ho rivisto un film invecchiato molto bene, ancora oggi godibile, un
quadro straordinario di come eravamo. Gli episodi migliori sono Marsina stretta e La patente, mentre Il ventaglino - con buona pace di Bassani -
pare il più datato. Le tre stelle concesse da Pino Farinotti, pur senza motivare,
sono più che condivisibili.
Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
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