di Camillo
Mastrocinque
Regia: Camillo Mastrocinque. Soggetto: Vittorio Metz.
Sceneggiatura: Eduardo Anton, Ruggero Maccari, Mario Amendola. Fotografia:
Mario Albertelli. Montaggio: Gisa Radicchi Levi. Musiche. Alessandro Cicognini.
Scenografia: Alberto Boccianti. Interpreti: Totò, Peppino De Filippo, Titina De
Filippo, Dorian Gray (alias Maria Luisa Mangini, doppiata da Rosetta
Calavetta), Franco Interlenghi, Maria Pia Casillo, Memmo Carotenuto, Mario
Castellani, Barbara Shelley, Teddy Reno, Andreina Zani, Mario Meniconi, Mimmo
Poli, Gino Scotti, Guido Martufi. Durata: 98’. Bianco e Nero. Nastro d’Argento 1957 a Peppino De Filippo
come Miglior Attore non protagonista.
Camillo Mastrocinque è uno dei nostri migliori autori
di cinema popolare che gira dal 1936 al 1968 una sessantina di pellicole, per
la maggior parte di genere comico. Negli anni Cinquanta si ricorda come uno dei
migliori registi di Totò, soprattutto per averlo guidato nel clamoroso successo
Totò, Peppino e… la malafemmina
(1956) e - nello stesso anno - negli altrettanto interessanti La banda degli onesti, Totò lascia o raddoppia? e Totò, Peppino e i fuorilegge. Mastrocinque
è molto bravo anche a dirigere la coppia comica Totò - Peppino De Filippo,
sempre più affiatata ed esilarante, al punto che per questo lavoro il
bravissimo attore non protagonista si aggiudica il Nastro d’Argento a Venezia.
Totò, Peppino e i fuorilegge narra le
vicissitudini di un marito fannullone (Totò) e del suo compare barbiere (Peppino
De Filippo), che mettono in scena un finto rapimento per truffare la ricca
moglie (Titina De Filippo). Purtroppo per loro vengono scoperti dalla
televisione che manda in onda in diretta la loro festa in un night di Roma dove
brindano in compagnia di avvenenti ballerine. Quando un vero bandito
(Carotenuto) e il suo braccio destro (Castellani) rapiscono il marito, la
moglie non crede alle minacce e lascia quest’ultimo in balia dei rapitori. Per
fortuna un giovane giornalista (Interlenghi), fidanzato della figlia (Gray)
risolve la situazione sfruttando sulla vanità del bandito, convincendolo a
farsi immortalare in un servizio per il suo giornale. Finisce con le nozze tra
i due innamorati e il marito cacciato di casa dalla moglie che deve adattarsi a
fare il ragazzo di bottega dall’amico barbiere.
Al di là della trama, piuttosto
semplice e farsesca, sono le situazioni comiche a farla da padrone, al punto
che hanno fatto scuola nella commedia all’italiana, alta o bassa che sia. Gli
attori sono bravissimi, non solo i protagonisti, ma anche i comprimari come
Memmo Carotenuto e Mario Castellani, nei panni dei banditi dal volto umano. Per
non parlare di Titina De Filippo come perfida moglie, oltre a Franco
Interlenghi e Dorian Gray nel siparietto sentimentale più datato della
pellicola. Mastrocinque gira con abilità un copione dell’umorista Metz,
seguendo una sceneggiatura di Maccari, Anton e Amendola che non presenta
momenti di pausa e non dà tregua allo spettatore. Il regista cita Stan Laurel e
Oliver Hardy (I figli del deserto,
1934, di William A. Seiter) per l’espediente tecnico di far scoprire il marito
truffatore grazie alla televisione. Ricorre a una serata passata al night per
far vedere le gambe delle ballerine, al tempo merce rara e soggetta a durissima
censura. Realizza una parte con Totò in balia dei banditi che resta negli
annali del cinema comico, grazie anche a due spalle validissime come Carotenuto
e Castellani. Il film doveva intitolarsi Totò
a peso d’oro, con riferimento alla richiesta dei rapitori che chiedono
tanto oro quanto pesa il rapito e per questo lo fanno ingrassare con prelibati
manicaretti. Il nome di Peppino nel titolo, insieme al sodale compare di
comicità, rappresenta una garanzia di successo, dopo il grande esito del
precedente lavoro. Va citato Lamberto Maggiorani, protagonista di Ladri di biciclette di Vittorio De
Sica, nei panni di uno dei banditi. Teddy Reno interpreta se stesso e canta una
canzone romantica che nel periodo è molto in voga. Alcune battute di Totò,
irresistibile: “Ma possibile che voialtri polacchi siate sempre così oriundi?”.
“Veramente il ricco sono io, lui è soltanto sfondato!”. “Il primo brindisi lo voglio dedicare a mia moglie:
moglie mia, io non so dove sei, ma ovunque tu sia, io faccio un brindisi alla
facciaccia tua! E alla salute mia!”.
Rassegna critica. Paolo Mereghetti (due stelle): “la
storia di due poveri diavoli a metà tra balordaggine e astuzia, con la
celeberrima situazione dei due cafoni che fanno la bella vita in un night.
Indimenticabile anche Titina nei panni della moglie avara, che mette le
tagliole nei assetti e costringe gli ospiti a mangiare con le posate incatenate
al tavolo”. Manolo Morandini (tre stelle): “Tre attori di grosso calibro
(dialettale) nella stessa commedia scritta e curata più del solito. Titina è
così autorevole che costringe Totò a farle da spalla”. Pino Farinotti concede
tre stelle ma senza analisi critica.
Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
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