Acapulco,
prima spiaggia… a sinistra (1983)
di Sergio
Martino
La parte peggiore della commedia sexy è datata primi
anni Ottanta, quando il genere si estingue per carenza di idee, dibattendosi per
alcuni anni prima di spegnersi definitivamente. Il canto del cigno della
commedia erotica è rappresentato da alcune pellicole con Gigi e Andrea, due
comici reduci da un effimero successo televisivo che non reggono la prova del
grande schermo. Acapulco, prima spiaggia…
a sinistra (1983) è un esempio
eclatante. Scritto e sceneggiato dal regista con la collaborazione di Massimo
Franciosa. Fotografia di Giuseppe Pinori, musiche di Detto Mariano, montaggio
di Eugenio Alabiso, scenografie di Sergio Canevari. Producono Luigi Borghese e
Manuel Laghi, per Cinematografica Alex. Distribuisce Variety. Interpreti: Gigi
Sammarchi, Andrea Roncato, Gegia (Francesca Antonaci), Simona Marchini, Mirella
Banti, Jimmy il Fenomeno, Jacques Stany, Anna Kanakis e Serena Grandi.
Acapulco esiste solo nel titolo come luogo vagheggiato dai due amici bolognesi (Gigi e Andrea) che finiscono per trascorrere le vacanze a Cesenatico, in una squallida pensione, a caccia di donne da rimorchiare. Una pessima pellicola che definirei commedia bolognese di grana grossa, se mi passate un termine coniato per l’occasione. Gigi e Andrea ci provano un po’ con tutte per un’ora e quarantacinque di pellicola (troppo lunga per quel che ha da dire), rimediando brutte figure e sonori ceffoni. Alla fine tornano in città delusi proprio nel giorno di ferragosto, dove si consolano con due bellezze locali. Si ricordano solo espressioni in bolognese che fanno rimpiangere non poco la vecchia comicità stile Banfi - Montagnani.
Le battute sono il massimo della volgarità, si passa da “un gran bel giro di culi”, per arrivare alla protesi nello slip modello Incredibile Hulk di Andrea, finendo con la bella mortadellona da dare in pasto alla ragazza di turno. Andrea mette in scena una stanca verve comico - erotica a suon di “me la dai o no?”, “mica male il culetto di Miranda”, “a me mi diventa duro… sì, ma non è cattivo!”, “che modi da tramviere!” (rivolto al babbo che guida i tram), “quei bei minervoni nostrani con lo zolfone rosso”, “ti tocco? L’aria è di tutti…”, “la vogliamo keniota, ma meglio kegnocca…”. Gigi cerca di fare l’intellettuale ma non è una grande spalla, i tempi comici dei due attori sono televisivi, al punto che il film pare una sit-comedy venuta male. Le donne ammiccanti della vera commedia sexy non ci sono più, qui fanno la parte del leone bellezze prosperose tipo Mirella Banti e Serena Grandi. Sono il massimo del volgare i dialoghi tra Andrea e la bella tabaccaia Mirella Banti con lui a chiedere zolfanelli con la capocchia rossa, citando malamente Fellini.
Da ricordare in negativo anche il discorso sulla protesi al cervello con Andrea che non comprende a cosa possa servire, ché lui quando va a letto con una donna mica le deve dare cervellino fritto! Tra tanta tristezza merita un cenno la canzoncina trash che fa da leitmotiv alla pellicola: Viva le donne che son come l’acqua santa/ quando le tocchi il miracolo non manca/ Miranda dice che l’hai messa pure incinta/ che ci do che ci do che ci do... Il film è recitato male, i due protagonisti non sono all’altezza e non ce la fanno a reggere una trama inesistente infarcita di pessimi dialoghi. Le battute sono vecchie, penose, risapute, non divertono ma fanno innervosire. Tra i comprimari citerei Gegia, miss culetto d’oro, che consola Andrea al rientro da Cesenatico e tutto sommato non interpreta male la meridionale trapiantata a Bologna. Mirella Banti deve solo far vedere un po’ di mercanzia, così Serena Grandi, che dice due battute sul lungomare di Cesenatico. Interessante come viene presentatala
Grandi nel ruolo di sexy maschera di un cinema hard gestito
dalla madre di Andrea, assunta per combattere la crisi del porno. Serena Grandi
veste in pizzo nero, reggicalze, calze a rete e riceve con sorrisi maliziosi
alcuni clienti, tra i quali notiamo un gay che sfoggia l’abbonamento.
Il film manca di una vera trama: scorrono sullo schermo una serie di scenette unite dall’esile collante delle ferie a Cesenatico. Simona Marchini è poco utilizzata, interpreta una donna vestita di bianco che appare e scompare sulla strada di Andrea. Le avventure di Gigi e Andrea si trascinano tra intermezzi penosi con una baby-sitter fornita da una ditta seria (ma io non ho mica riso!) che loro si vorrebbero portare a letto, battute stantie come il cannone è vecchio ma spara ancora bene e cazzotti ricevuti da mariti gelosi. Anna Kanakis interpreta una bella ragazza che si fa abbordare da Andrea perché lo crede un riccone in compagnia del cameriere. I due amici finiscono a cena con la ragazza e un’amica, ma fanno la figura dei pidocchiosi (quali sono) perché le portano in un ristorante per camionisti gestito da un esilarante Jimmy il Fenomeno. Pure qui da segnalare una battuta davvero scadente ai danni del tremolante Jimmy: Questo chi è, San Vito? Balla…
Prima di tornare a casa i due amici finiscono con una coppia di ricchi sporcaccioni che pagano per una notte a base di amore di gruppo, ma al mattino non ricordano niente e li cacciano di casa. A Bologna i nostri eroi ritrovano Gegia, miss culetto d’oro, e si consolano con un bel pranzo meridionale in una mansarda del centro. Acapulco è una vera stronzata, conclude Andrea. Per finire in bellezza i due amici vorrebbero convincere Gegia a fare la puttana, ma lei dice che va con gli uomini solo per amore. Le ultime sequenze vedono arrivare un’amica sarda piuttosto bruttina - ma dotata di un gran seno - che va a letto con Gigi per santificare in piena regola il ferragosto. Un film da dimenticare. Non sembra un lavoro di Sergio Martino. Per la volgarità di certe situazioni ricorda il cinema di Gianfranco Baldanello.
Acapulco esiste solo nel titolo come luogo vagheggiato dai due amici bolognesi (Gigi e Andrea) che finiscono per trascorrere le vacanze a Cesenatico, in una squallida pensione, a caccia di donne da rimorchiare. Una pessima pellicola che definirei commedia bolognese di grana grossa, se mi passate un termine coniato per l’occasione. Gigi e Andrea ci provano un po’ con tutte per un’ora e quarantacinque di pellicola (troppo lunga per quel che ha da dire), rimediando brutte figure e sonori ceffoni. Alla fine tornano in città delusi proprio nel giorno di ferragosto, dove si consolano con due bellezze locali. Si ricordano solo espressioni in bolognese che fanno rimpiangere non poco la vecchia comicità stile Banfi - Montagnani.
Le battute sono il massimo della volgarità, si passa da “un gran bel giro di culi”, per arrivare alla protesi nello slip modello Incredibile Hulk di Andrea, finendo con la bella mortadellona da dare in pasto alla ragazza di turno. Andrea mette in scena una stanca verve comico - erotica a suon di “me la dai o no?”, “mica male il culetto di Miranda”, “a me mi diventa duro… sì, ma non è cattivo!”, “che modi da tramviere!” (rivolto al babbo che guida i tram), “quei bei minervoni nostrani con lo zolfone rosso”, “ti tocco? L’aria è di tutti…”, “la vogliamo keniota, ma meglio kegnocca…”. Gigi cerca di fare l’intellettuale ma non è una grande spalla, i tempi comici dei due attori sono televisivi, al punto che il film pare una sit-comedy venuta male. Le donne ammiccanti della vera commedia sexy non ci sono più, qui fanno la parte del leone bellezze prosperose tipo Mirella Banti e Serena Grandi. Sono il massimo del volgare i dialoghi tra Andrea e la bella tabaccaia Mirella Banti con lui a chiedere zolfanelli con la capocchia rossa, citando malamente Fellini.
Da ricordare in negativo anche il discorso sulla protesi al cervello con Andrea che non comprende a cosa possa servire, ché lui quando va a letto con una donna mica le deve dare cervellino fritto! Tra tanta tristezza merita un cenno la canzoncina trash che fa da leitmotiv alla pellicola: Viva le donne che son come l’acqua santa/ quando le tocchi il miracolo non manca/ Miranda dice che l’hai messa pure incinta/ che ci do che ci do che ci do... Il film è recitato male, i due protagonisti non sono all’altezza e non ce la fanno a reggere una trama inesistente infarcita di pessimi dialoghi. Le battute sono vecchie, penose, risapute, non divertono ma fanno innervosire. Tra i comprimari citerei Gegia, miss culetto d’oro, che consola Andrea al rientro da Cesenatico e tutto sommato non interpreta male la meridionale trapiantata a Bologna. Mirella Banti deve solo far vedere un po’ di mercanzia, così Serena Grandi, che dice due battute sul lungomare di Cesenatico. Interessante come viene presentata
Il film manca di una vera trama: scorrono sullo schermo una serie di scenette unite dall’esile collante delle ferie a Cesenatico. Simona Marchini è poco utilizzata, interpreta una donna vestita di bianco che appare e scompare sulla strada di Andrea. Le avventure di Gigi e Andrea si trascinano tra intermezzi penosi con una baby-sitter fornita da una ditta seria (ma io non ho mica riso!) che loro si vorrebbero portare a letto, battute stantie come il cannone è vecchio ma spara ancora bene e cazzotti ricevuti da mariti gelosi. Anna Kanakis interpreta una bella ragazza che si fa abbordare da Andrea perché lo crede un riccone in compagnia del cameriere. I due amici finiscono a cena con la ragazza e un’amica, ma fanno la figura dei pidocchiosi (quali sono) perché le portano in un ristorante per camionisti gestito da un esilarante Jimmy il Fenomeno. Pure qui da segnalare una battuta davvero scadente ai danni del tremolante Jimmy: Questo chi è, San Vito? Balla…
Prima di tornare a casa i due amici finiscono con una coppia di ricchi sporcaccioni che pagano per una notte a base di amore di gruppo, ma al mattino non ricordano niente e li cacciano di casa. A Bologna i nostri eroi ritrovano Gegia, miss culetto d’oro, e si consolano con un bel pranzo meridionale in una mansarda del centro. Acapulco è una vera stronzata, conclude Andrea. Per finire in bellezza i due amici vorrebbero convincere Gegia a fare la puttana, ma lei dice che va con gli uomini solo per amore. Le ultime sequenze vedono arrivare un’amica sarda piuttosto bruttina - ma dotata di un gran seno - che va a letto con Gigi per santificare in piena regola il ferragosto. Un film da dimenticare. Non sembra un lavoro di Sergio Martino. Per la volgarità di certe situazioni ricorda il cinema di Gianfranco Baldanello.
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