lunedì 29 luglio 2013

Totò, Peppino e le fanatiche (1958)



di Mario Mattòli



Regia: Mario Mattòli. Soggetto e Sceneggiatura: Ruggero Maccari, Stefano Vanzina (Steno), Furio Scarpelli, Agenore Incrocci (Age). Fotografia: Anchise Brizzi. Montaggio: Gisa Radicchi Levi. Scenografia: Alberto Boccianti. Costumi: Giuliano Papi. Produttori: Isidoro Broggi, Renato Libassi. Musiche: Michele Cozzoli, Johnny Dorelli, Renato Carosone. Durata. 86’. Comico. Bianco e Nero. Interpreti: Totò, Peppino De Filippo, Aroldo Tieri, Mario Riva, Johnny Dorelli, Renato Carosone, Alessandra Panaro, Diana Dei, Rosalia Maggio, Enzo Garinei, Giacomo Furia, Peppino De Martino, Yvette Masson, Fanfulla, Antonio La Raina. Doppiatori: Massimo Turci (Johnny Dorelli), Maria Pia Di Meo (Alessandra Panaro).



Antonio Vignarello (Totò) e Peppino Caprioli (De Filippo) finiscono in manicomio per colpa del logorio della vita moderna, ma soprattutto per via di familiari incontentabili, di capi ufficio indisponenti, di donne troppo disinibite e di vere e proprie manie che rendono la vita difficile. Il film è strutturato come una commedia a episodi tenuta insieme dal blando collante del racconto che Totò e Peppino fanno a un allibito direttore della clinica (Tieri). Aroldo Tieri ascolta le vicissitudini e gli equivoci che hanno distrutto la vita ai due amici, ma a un certo punto mostra come anche lui sia vittima di una mania: ama cucinare manicaretti di cui subito dopo si libera perché mangia solo un panino. Le fanatiche sarebbero le mogli dei due malcapitati, ma anche le figlie, insomma, le donne che frequentano la loro vita. Antonio e Peppino si conoscono per colpa di un incidente causato dalla loro dabbenaggine, campeggiano in un boschetto in attesa di soccorsi e non riescono a combinare niente con due turiste tedesche per colpa di una mania delle mogli: i tranquillanti americani. Niente è salvo, neppure l’onore, perché Antonio e Peppino si addormentano. 

Gli elettrodomestici sono la seconda mania che rovina la vita di Antonio, costretto a pagare esose cambiali prima di vendicarsi della moglie. Gli hobby sono la croce di Peppino, sfruttato dal capo ufficio Mario Riva come domestico, con la scusa di trovargli un passatempo divertente. Le maggiorate che lavorano nell’ufficio di Antonio sono un altro elemento di modernità che contribuisce a far passare dei brutti momenti al povero impiegato, sorpreso dalla moglie e malmenato dalla bella ragazza. Infine la beneficienza, altra mania che colpisce i nostri amici, costretti a vendere biglietti di uno spettacolo dove tutti entrano gratis e a piazzare spille per i poveri orfanelli. Il finale vede i due amici vendicarsi dei familiari e scappare dal manicomio dopo averci rinchiuso i parenti: “Un po’ per uno non fa male a nessuno!”.



Il film presenta un’interessante struttura a episodi, sceneggiata da alcuni mostri sacri del periodo (Steno, Age, Scarpelli, Maccari), ma presenta anche divagazioni da musicarello per la presenza di Johnny Dorelli (doppiato da Massimo Turci quando recita) e di Renato Carosone  che interpretano alcuni pezzi del loro repertorio (Tu vo’ fa’ l’americano, Calypso, Torero...). Un episodio anticipa la commedia sexy, anche se in maniera molto casta, perché la sceneggiatura gioca sull’equivoco tra il regalo di compleanno a sorpresa della moglie e il seno della maggiorata. Molte battute di Totò non presentano lo smalto dei film migliori ma sono efficaci e l’affiatamento con Peppino De Filippo è ad alto livello. Totò alle turiste tedesche: "” siete scapole. Noi siamo scapoli. Perché non facciamo una bella scapolata? Poi da cosa nasce cosa...”. Totò al negoziante. ?Come tratto la tratta se non so di che si tratta?”. 

Mattòli e gli sceneggiatori criticano modernità e mode, la prima pubblicità televisiva che spinge a comprare di tutto (frigorifero, forno, lavatrice, phon, rasoio elettrico...), il rudimentale consumismo fine anni Cinquanta, gli hobby, gli spettacoli di beneficienza e le passioni americane. L’episodio dell’hobby presenta un chiaro riferimento al Tom Sawyer di Mark Twain quando convince gli amici che dipingere la staccionata è un passatempo divertente. 



Rassegna critica. Paolo Mereghetti (una stella e mezzo): “IL film più brutto della coppia dove i due attori appaiono malinconicamente pieni di buon senso (Fofi), tutti preoccupati di assecondare le leggi e di non infrangerle con la loro comicità. Unici sprazzi di genialità, una sequenza in cui i personaggi parlano soltanto attraverso fumetti che appaiono sulla loro testa e le disavventure prefantozziane di Peppino, costretto dal suo capufficio (Riva) a fargli da imbianchino e giardiniere”. Morando Morandini (una stella e mezzo per la critica, tre stelle per il pubblico): “Una collana di barzellette, poche idee, regia incolore. Solo Totò e Peppino offrono qualche momento esilarante”. Pino Farinotti concede tre stelle, che condivido, perché anche se il film non è un capolavoro, Totò e Peppino sono come il re Mida, trasformano in oro (leggi comicità) ogni cosa che toccano. 


Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi

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