di Ingmar
Bergman
Titolo originale: Fanny
och Alexander. Regia: Ingmar Bergman. Soggetto e Sceneggiatura. Ingmar
Bergman. Fotografia: Sven Nykvist. Montaggio: Sylvia Ingemarsson. Scenografia:
Anna Asp. Costumi: Kristina Makroff, Elsie Britt Lindström, Marik Vos, Robert
Nordlund, Kjell S. Koppel. Trucco: Leif Qviström, Anna-Lena Melin. Musica. Quintetto per pianoforte E maggiore op. 45
(secondo movimento) e Du Ring an meinem
Finger di Robert Schumann, Suite per
cello op. 72, 80 e 87 di Benjamin Britten. Suono: Owe Svensson. Produzione:
Jörn Donner per Cinematograph/Svenska Filminstitute/Sveriges Television 1/
Sandrews/ Gaumont/ Personalfilm/ Tobis Film. Distribuzione Italiana. Gaumont
Italia. Riprese: 7 settembre 1981 – 22 marzo 1982 (Uppsala, Södra Teatern,
Värmdö-Tynningö, SFI Studios, Stoccolma). Prima proiezione: 17 dicembre 1982.
Durata: 188 minuti (versione cinematografica), 512 minuti (versione integrale).
Origine: Svezia - Francia - Germania.
Interpreti: Bertil Guve (Alexander Ekdahl), Ewa
Fröling (Emilie Ekdahl), Jan Malmsjö (vescovo Edvard Vergérus), Erland
Josephson (Isak Jacobi), Gunn Wållgren (Helena Ekdahl), Jarl Kulle (Gustav
Adolf Ekdahl), Allan Edwall (Oscar Ekdahl), Börje Ahlstedt (Carl Ekdahl),
Pernilla August (Maj King), Käbi Laretei (zia Anna von Bohlen), Pernilla Alwinn
(Fanny Ekdahl), Kristina Adolphson (Siri), Kristian Almgren (Putte Ekdahl),
Harriet Andersson (Justina), Carl Billquist (Jespersson, il sovrintendente
della polizia), Axel Düberg (il testimone), Ebba Edstrand (Aurora, neonata),
Siv Ericks (Alida), Patricia Gélin (la statua), Majilis Granlund (Vega), Maria
Granlund (Petra Ekdahl), Eva von Hanno (Berta), Sonya Hedenbratt (zia Emma),
Olle Hilding (prete), Svea Holst-Widén (miss Ester), Linnéa Linder (Helena
Victoria), Mona Malm (Alma Ekdahl), Lena Olin (Rosa), Gösta Prüzelius (Dr.
Fürstemberg), Christina Schollin (Lydia Ekdahl), Hans Strååt (pastore della
cerimonia nuziale), Angelica Wallgren (Eva), Emelie Werkö (Jenny Ekdahl), Inga Ǻlienus
(lisen), Georg Ǻrlin (il colonnello), Marianne Aminoff (Blenda Vergérus), Mona
Andersson (Karna), Linda Krüger (Pauline), Hans Henrik Lerfeldt (Elsa Bergius),
Marianne Nielsen (Selma), Marrit Ohlsson (Malia Tander), Kerstin Tidelius
(Henrietta Vergérus), Pernilla Wahlgren (Esmerald, la figlia morta del
vescovo), Anna Bergman (Mrs Hanna Schwartz), Gunnar Björnstrand (Filip
Landhal), Nils Brandt (Mr. Morsing), Lars-Owe Carlberg, Gus Dahlström, Ernst
Günther (il rettore), Hugo Hasslo, Heinz Hopf, Maud Hyttenberg, Stina Ekblad
(Ismael Retzinsky), Mats Bergman (Aron Retzinsky), Marie-Hélène Breillat, Peter
Stormare, Krister Hell.
Fanny e
Alexander è un affresco epocale, un
grande film che racconta la storia di una famiglia vista attraverso gli occhi
di due ragazzini, progettato da Bergman per decretare il suo addio al cinema.
In realtà le cose non andarono così perché questa pellicola dopo girò Dopo la prova (1984), Vanità e affanni (1997) e molti film
televisivi, fino al definitivo abbandono con lo stupendo Sarabanda (2003). Questo “ultimo film annunciato” ma non mantenuto,
si caratterizza per grande ispirazione e notevole sfoggio di mezzi tecnico - produttivi.
L’idea iniziale di Fanny e Alexander - come dice lo stesso Bergman - deriva da
un’illustrazione contenuta nel volume Lo
schiaccianoci di E.T.A. Hoffmann: “due bambini rannicchiati nella penombra,
la vigilia di Natale, in attesa che venga acceso l’albero e che siano aperte le
porte della sala”. Charles Dickens e il suo Canto
di Natale è un altro nume tutelare di una pellicola fantastica, una vera
gioia per gli occhi.
Una lunga storia che parte lenta, ma coinvolge sempre di
più, cambiando in continuazione registro drammatico. Duecentocinquanta giorni
di riprese, una sceneggiatura perfetta, scenografia, colonna sonora, costumi,
recitazione senza la minima sbavatura. La storia dei due bambini - Fanny e
Alexander - come un’epopea che rappresenta la vita e i problemi del quotidiano,
le difficoltà da superare, il tempo che passa e i sogni che diventano realtà.
Bergman descrive passo dopo passo le speranze racchiuse nella notte di Natale,
la morte del padre, la convivenza con un patrigno dispotico, l’amore materno,
il ritorno a casa, la gioia familiare e il senso di appartenenza a un gruppo.
Tutto questo in tre ore di cinema che passa dalla commedia sofistica al puro
dramma, sconfinando a tratti in immagini horror e fantastiche.
Alexander è il
protagonista, perseguitato dal ricordo del padre che vede apparire sotto forma
di fantasma, ma non è da meno la matriarca della famiglia Ekdahl, vero dominus
che muove i fili delle diverse esistenze. La madre di Fanny e Alexander - la
giovane Emilie - che rimane vedova molto giovane e si risposa con il tirannico
vescovo, è un’altra presenza importante. Le donne dirigono le vicende
familiari, mandano avanti la casa, decidono, soffrono, sperano, mentre gli
uomini sono i personaggi negativi, incarnando lussuria, oscurantismo e
prepotenza. Ingmar Bergman non è immune da tentazioni autobiografiche. Prima di
tutto ambienta la storia a Uppsala, sua città natale, ma nel 1907, undici anni
prima della sua nascita. Inoltre racconta le vicende di una famiglia
aristocratica dove spesso troviamo in primo piano la religione, che il piccolo
Bergman ha dovuto subire come imposizione da un padre tradizionalista e
osservante. Alexander è un piccolo Bergman che crede soltanto ai suoi sogni, affascinato
dal cinema casalingo che produce con la lanterna
magica, fantastica a occhi aperti e inventa storie surreali.
La parte
ambientata nella casa - prigione del vescovo è puro cinema fantastico, intriso
di momenti cupi e angoscianti, caratterizzato da elementi dickensiani. La cosa straordinaria è proprio la grande visionarietà
del regista che spazia in libertà senza lasciarsi confinare nelle strette maglie
di una pellicola in costume, biografica e realistica. Bergman ci descrive con
pennellate di pura poesia l’amore, l’odio, il sentimento familiare, il rapporto
padre - figlio, il coraggio materno, i ricordi del passato e il tempo che scorre.
La narrazione compiuta attraverso gli occhi dei bambini (soprattutto di
Alexander) permette al regista di mutare registro dal reale al fantastico,
affascinando lo spettatore in un continuo alternarsi di sequenze oniriche e
frammenti realistici. La figura del vescovo incarna il male assoluto, i bambini
sono la purezza e le donne personificano il coraggio. Tutto questo inserito in
una cornice da romanzo storico, nel racconto appassionato e coinvolgente di una
famiglia alto - borghese svedese dei primi del Novecento.
La fotografia a
colori di Sven Nykvist è uno dei pregi della pellicola, caratterizzata da
effetti cromatici tendenti al rosso, che divengono cupi e grigi quando la scena
si sposta nella casa - prigione del vescovo. Lo stile di Bergman si esprime
alla massima potenza: attenzione ai particolari, passaggio dalla commedia alla
Feydeau al dramma nel volgere di poche sequenze, stupendi monologhi teatrali,
racconti a tinte fosche e apparizioni di fantasmi che tormentano il
protagonista. Fanny e Alexander è una pellicola teatrale intensa e profonda,
cinema che racconta la vita, curato con attenzione e confezionato guidando attori
molto espressivi.
Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
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