di Stefano
Mordini
Regia: Stefano Mordini. Soggetto: Silvia Avallone
(romanzo omonimo). Sceneggiatura: Giulia Calenda, Stefano Mordini, Silvia
Avallone. Fotografia: Marco Onorato. Montaggio: Jacopo Quadri, Marco Spoletini.
Musiche: Andrea Mariano. Produttore: Carlo Degli Esposti. Produttore Esecutivo:
Patrizia Massa. Case di Produzione: Palomar, Rai Cinema, Ministero per i Beni e
le Attività Culturali, Direzione Generale Cinema. Distribuzione: Bolero Film.
Interpreti: Vittoria Puccini (Elena), Michele Riondino (Alessio), Massimo
Popolizio (Arturo), Matilde Giannini (Anna), Anna Bellezza (Francesca), Luca
Guastini (Cristiano), Monica Brachini (Sandra), Francesco Turbanti (Mattia).
Stefano Mordini (1968) è un buon documentarista (Paz 77, L’allievo modello, Essere
Claudia Cardinale, Il confine),
ma un pessimo autore di fiction. In
realtà ne ha girate soltanto due e con identica ambientazione, tanto che lo
potremmo definire un regista siderurgico:
Provincia meccanica (2005) e Acciaio (2012). Forse è stato scelto
per Acciaio proprio perché aveva
girato Provincia meccanica, ambientato
in acciaieria, e la produzione riteneva che avesse maturato un’esperienza
sufficiente per affrontare la tematica. Non è stata giocata la carta giusta,
senza dubbio, ché Acciaio è un
fallimento totale, un film poco comprensibile tanto è confusa e farraginosa la
sceneggiatura. Un vero peccato, perché il romanzo di Silvia Avallone - edito da
Rizzoli - aveva le carte in regola per essere trasformato in una pellicola di
successo.
La scrittrice non è indenne da colpe, però, visto che firma la
sceneggiatura insieme al regista e a Giulia Calenda. Acciaio viene presentato alla 69° Mostra del Cinema di Venezia,
quindi distribuito il 15 novembre del 2012, tra l’indifferenza generale di
pubblico e critica. Alcuni motivi per vedere la pellicola: un’ottima fotografia
curata da Marco Onorato, alcune sequenze cinematografiche girate tra la costa
est piombinese e il centro storico e una discreta colonna sonora di Andrea
Mariano. Provincia meccanica era
parzialmente salvato (ma non troppo) da un’eccellente interpretazione di
Stefano Accorsi, mentre Acciaio può
contare sull’interpretazione spontanea di due ragazzine come Anna Bellezza e
Matilde Giannini.
Poche le cose buone: squarci di Piombino, i paesaggi marini,
la fabbrica, i quartieri operai, la fotografia industriale (un po’ troppo
scura), in definitiva il vero mestiere di Mordini, che è quello di realizzare
documentari. Ma in questo film sembra di vedere uno scrittore che riempie le
pagine di descrizioni e parole ricercate ma non riesce a trovare un contenuto degno
d’essere seguito. Per il resto si racconta la profonda amicizia tra le due
ragazzine, il sogno della fuga, la voglia di tornare in provincia costi quel
che costi, ricorrendo a dialoghi improbabili e compassati, il tutto impostato con
un montaggio lento. Il film procede per flash
scollegati tra loro, girati in presa diretta, spesso i protagonisti sono al
volante di un’auto e non si comprende il motivo. Il regista cerca di raccontare
una storia torbida, tra il lavoro che non c’è, la cassa integrazione, la
prostituzione, la micro criminalità e la fabbrica che sembra una triste
matrigna.
A Piombino - emblema d’una provincia siderurgica - il futuro è in
mano ai vecchi, per i giovani la sola prospettiva è quella di emigrare. Mordini
inserisce brani d’epoca tratti da La
città dell’acciaio (1926), un documentario storico che racconta il lavoro
in fabbrica a inizio secolo. La scena dell’incidente in fabbrica con la morte
del ragazzo è realizzata molto bene, ma non basta. I personaggi sono privi di
spessore, non ci si affeziona a nessuno, non si soffre per le loro sconfitte.
Un film privo di anima. Freddo come l’acciaio di Piombino.
Gordiano
Lupi
www.infol.it/lupi
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