di Avi
Nesher
Regia: Avi Nesher. Soggetto: Avi Nesher, tratto dal romanzo
She di H. Rider Haggard. Sceneggiatura:
Avi Nesher. Musica: Rick Wakeman (colonna sonora originale), con pezzi aggiunti
di Justin Hayward, Mothöread, Bastard. Fotografia: Sandro Mancori. Montaggio:
Nicholas Wentworth. Costumi: Ivana Massetti. Scenografia: Otello e Stefano
Fava. Effetti Speciali: Armando Grilli. Produttore: Renato Dandi. Produttori
Associati: Michael John-Biber, Sue Cameron. Produttori Esecutivi: Helen ed Eduard
Sarlui. Durata: 102. Genere: Postatomico. Paese di Origine: Italia, 1982.
Interpreti: Sandahl Bergman (She), David Goss (Tom),
Quin Kessler (Shanda), Harrison Muller (Dick), Elena Wiederman (Hari), Gordon
Mitchell (Hector), Laurie Sherman (Taphir), Andrew McLeay (Tark), Cyrus Elias
(Kram), David Brandon (Pretty Boy), Susan Adler (Pretty Girl), Gregor Snegofi
(Godan), Mary D’Antino (Eva), Mario Pedone (Rudolph), Donald Hodson (Rabel),
Maria Quasimodo (Moona), David Traylon (Xenon).
She è un film interessante per la sua completa follia e
una quasi totale assenza di logica, tipica del film indipendente, ma girato con
alcuni colpi di genio che lo rendono unico. La trama si racconta in poche
righe. Tom parte alla ricerca della sorella catturata da una tribù feroce
comandata da Hector (un Gordon Mitchell con i capelli arancioni vestito da
antico romano), nella sua impresa viene aiutato da Dick (Muller), dalla dea She
(Bergman) e dalla sua fida guerriera Shanda (Kessler). Riusciranno
nell’intento, come è naturale, ma il sale della pellicola è tutto negli
incontri che faranno lungo un cammino irto di assurde difficoltà. Il film è
ambientato in un Medio Evo del futuro, ricco di anacronismi tipici del
fantastico postatomico, ma il bello è che Avi Nesher esagera. La fiera
dell’assurdo viene messa in scena, prendendo come pretesto un romanzo di Rider
Haggard che forse il regista non ha nemmeno letto.
She è la regina - dea di una
tribù matriarcale dove gli uomini sono ridotti a oggetti erotici, torturati e
uccisi quando non servono più allo scopo. Un assurdo santone (Godan) sposta
oggetti e persone con la telecinesi, grazie a un raggio verde emanato dagli
occhi (forse ispirato a Patrick).
Non solo: le insegne del suo potere ricordano i simboli del Partito Comunista.
Un buffo Frankenstein di gomma si sgonfia quando She gli taglia la testa e per
fattezze ricorda Aldo Maccione in Frankenstein
all’italiana. I nostri eroi se la devono vedere con soldati vestiti come
gli antichi romani, ma anche con emuli di Hitler e truppe dotate di elmetti
nazisti. Non mancano dei mutanti stile mummie in putrefazione che perdono pezzi
quando si toccano. Un assurdo custode di un ponte crea un individuo simile a
lui ogni volta che gli viene staccato un arto, fino a costituire un gruppo di comici
invasati che in realtà sono terribili bombe. Alcuni pacifici personaggi che
sembrano antichi romani dediti alla poesia e all’amore nottetempo si
trasformano in terribili licantropi affamati di carne umana.
Due assurdi
collezionisti rinchiudono i nostri eroi dentro sacchetti giganti appesi al
soffitto e li domano con gas asfissiante, ma She trova il modo di scappare.
Citazioni a non finire, pure da Non
aprite quella porta quando vediamo una tribù usare seghe elettriche come
armi d’attacco. Non manca il finale da arrivano
i nostri che ricorda il cinema western, né la storia d’amore tra She e Tom,
ma anche tra Shanda e Dick, soltanto la seconda a lieto fine. La pellicola
finisce sullo sguardo della bella Bergman (la ricordiamo protagonista di Conan) sul suo uomo che torna al
villaggio insieme alla sorella. Attori terribili, ma visto il film va bene
così.
On the road
fantasy ispirato a Conan il barbaro (1982), costruito sulla scia di quel successo ma
strampalato e ricco di momenti trash.
Le parti violente, sadiche ed erotiche - che non mancano - sono stemperate da
un tono grottesco che strappa involontari sorrisi nei momenti più truci. Le locationes e le situazioni
cinematografiche sono ispirate alla mitologia greco - romana, ma ogni sequenza
è pervasa di anacronismi. La colonna sonora a base di musica rock psichedelica
conferisce al prodotto - che gode di una fotografia gelida e soffusa - una
connotazione ancora più grottesca.
She è una produzione italiana curata da Renato Dandi, in
stretta collaborazione con la Continental Motion Pictures di Helen ed Eduard
Sarlui, che ha lavorato molto con Joe D’Amato e la Filmirage. Per anni è stato
attribuito a Ivana Massetti - che nel corso della sua carriera utilizza spesso
pseudonimi - ritenendo Avi Nesher uno dei tanti nomi inventati. In realtà la
Massetti - autrice di Domino (1988),
Nadro (1998) e di interessanti video
musicali - lavora nel cast tecnico ma soltanto in qualità di costumista e aiuto
scenografa. L’equivoco è talmente comune e scusabile che persino Roberto Poppi
ne I Registi (Gremese) accredita la
Massetti come regista. Altri dicevano che il film fosse opera di Joe D’Amato,
ma non è così, anche se Massaccesi ha realizzato la serie Ator, a imitazione di Conan.
Un altro film di controversa attribuzione è I predatori dell’anno Omega, a lungo accreditato
a Ivana Massetti, successivamente pure a Joe D’Amato, ma quasi per certo
dell’americano David Worth. Adesso sappiamo che Avi Nesher esiste: è un
regista israeliano, nato a Ramat Gan, figlio di un diplomatico rumeno e di
madre russa, ha vissuto negli Stati Uniti e si è laureato alla Columbia
University, gode di una discreta filmografia ed è considerato uno dei più
interessanti registi israeliani. She
è il suo terzo lungometraggio e, anche se non può dirsi un capolavoro, per
essere un film d’imitazione, gode di trovate interessanti e originali. Il suo
ultimo lavoro è Plaot (2013), girato
in ebraico.
Marco Giusti su Stracult
afferma che She è “invedibile”,
perché “non è mai uscito regolarmente in Italia”. In realtà si può vedere su
alcune televisioni locali del circuito Odeon e su antenne satellitari
indipendenti come ILIKE.TV (dove l’ho visto a notte fonda), ma occorre molta
fortuna. Nostalgia lo definisce “un
film geniale, qualcosa di mai fatto, mai visto, una nullità assoluta che tocca
livelli così sublimi da far scomparire il senso critico…”.
Gordon Mitchell lo ricordava
come un incubo: “Non aveva continuità né senso logico. Non si capiva niente.
Alla Bergman per poco non tagliarono due dita. Avi Nesher non sapeva girare.
Rischiai la vita per una caduta da cavallo dovuta alla sua incapacità. Mi ruppi
due vertebre. E non avevano neppure l’assicurazione”. Il solo dizionario di
cinema che riporta l’esistenza di She
- a parte Stracult di Giusti, il Davinotti on line e alcuni siti
specializzati in pellicole trash - è
Pino Farinotti, che concede due stelle ma fa capire che non ha visto il film.
Si limita a dire che in un mondo postatomico She guida una tribù dove comandano
le donne e gli uomini sono ridotti al rango di esseri inferiori. Ma è soltanto
l’inizio…
Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
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