giovedì 13 febbraio 2014

Le dolci zie (1975)


di Mario Imperoli 


Regia: Mario Imperoli. Soggetto: Mario Imperoli. Sceneggiatura: Mario Imperoli, Piero Regnoli. Fotografia: Fausto Zuccoli. Montaggio: Otello Colangeli.  Scene e Costumi: Giorgio Desideri. Operatore alla Macchina: Guglielmo Vincioni. Aiuti Regista: Claudio Bernabei, Stefano Petruzzellis, Antonio Nieddu. Colore: Telecolor, Eastmancolor. Distribuzione: Compagnie Internazionali Associate. Presenta: Rodolfo Putignani. Produzione: Enzo Boetani e Giusepe Collura per Dyonisio Cinematografica e Roma International Production. Interni: Teatri di Posa Elios. Musica: Nico Fidenco. Direzione Musica: Giacomo Dell’Orso. Canzone: La strada era bella, cantano UT. Interpreti: Pascale Petit, Femi Benussi, Marisa Merlini, Jean-Claude Verné (Corrado Leveghi), Mario Maranzana, Pupo De Luca, Patrizia Gori, Orchidea De Santis, Guerrino Crivello. 


Mario Imperoli (1931 - 1977) è un giornalista che entra nel cinema come produttore e sceneggiatore; si ricorda per aver diretto otto film, soprattutto drammi erotici e polizieschi, dal 1972 al 1977. Il debutto è datato 1972 con Mia moglie… un corpo per l’amore, un dramma interpretato da Silvano Tranquilli, Antonella Murgia, Michele Placido, Peter Lee Lawrence e Sonia Burton. Simona un corpo per tutti, è il titolo alternativo di un film che racconta la vita erotica di una moglie fedifraga fino al tragico epilogo familiare. Il regista romano si ricorda come colui che ha scoperto Gloria Guida e l’ha lanciata come attrice sexy, dopo aver notato alcune foto della giovane cantante alla CHD. Imperoli pensa che la ragazza sia perfetta come diciassettenne ingenua, inesperta e soprattutto bella. Mario Imperoli è un regista poco noto al grande pubblico, anche perché è morto proprio quando iniziava ad avere un certo successo. 


I suoi film più importanti sono La ragazzina (1973) e Blue jeans (1975), entrambi interpretati da Gloria Guida, due drammi erotici di ambientazione familiare. Mario Imperoli affronta una tematica comico - erotica di ambientazione agreste solo ne Le dolci zie (1975), ispirandosi a illustri precedenti come Venga a prendere il caffè da noi (1970) di Alberto Lattuada (tratto da La spartizione di Piero Chiara) e Grazie zia (1968) di Salvatore Samperi, senza dimenticare La nipote (1974) di Nello Rossati. Tra i film di Imperoli ricordiamo il giallo Istantanee per un delitto (1974), firmato con lo pseudonimo di Arthur Saxon, il poliziottesco Come cani arrabbiati (1976), con interpreti sexy Paola Senatore e Anna Rita Grapputo, il noir mafioso Canne mozze (1977) e il thriller erotico Quella strana voglia d’amare (1977), interpretato da Beba Loncar e Marina Giordano. 

Le dolci zie gode di un gran cast, ma il regista è dotato di uno stile troppo rozzo per gestirlo al meglio. La storia non è molto originale. Si racconta l’educazione sentimentale di un adolescente (Verné), conteso tra il nonno anarchico (Maranzana) che vive in un casolare con un’ex prostituta (De Santis), le tre zie zitelle (Merlini, Benussi, Petit), e una giovane bottegaia psicologa (Gori). In questa situazione si inserisce la figura di un prete  come Don Fiorello (De Luca) che sta dalla parte delle tre zitelle, devote parrocchiane, mentre ingaggia memorabili dispute a suon di stornelli con il vecchio anarchico. La commedia sexy di ambientazione campagnola è godibile, anche se un po’ troppo volgare ed eccessivamente urlata. Maranzana è straordinario come anarchico mangiapreti, un Peppone sopra le righe cantore di volgarissimi stornelli a sfondo erotico - anticlericale. Pupo De Luca è un Don Camillo versione rozza, bevitore di vino e in fin dei conti abbastanza interessato alle grazie femminili. 

 
Orchidea De Santis è al culmine della sua bellezza, la ricordiamo durante una sexy corsa nel prato, seno al vento, in un erotico ralenti con Maranzana che la insegue e una volta raggiunta non ha il fiato per fare altro. Non mancano gli sguardi torbidi della macchina da presa che scruta sotto le sue gonne mentre è intenta a lavare, come già accaduto ne La nipote.  Memorabile la parte nel pagliaio con il ragazzino e censuratissima la sequenza erotica finale quando il nonno anarchico le affida il compito di svezzare l’imbranato adolescente. Marisa Merlini è molto brava come zia inquieta ancora in preda a bollori erotici. Il Resto del Carlino in una recensione scriveva: “Imperoli riesce - per la prima volta in carriera - a far spogliare persino un’attrice come Marisa Merlini”. Ed è vero, perché in una lunga parte girata sulla spiaggia di Ostia vediamo la non più giovane attrice a seno nudo, per la sbadataggine del nipote che lascia cadere il telo quando osserva un gruppo di nudiste. Femi Benussi e Pascale Petit sono le due zie più giovani che si contendono il ragazzino nei modi più disparati, dal farlo posare nudo per una statua di creta fino a lavarlo in vasca e impartirgli lezioni di danza. 


Jean-Claude Verné è l’adolescente conteso, ormai sappiamo che è l’italianissimo Corrado Leveghi che recita sotto lo pseudonimo del cognome materno italianizzato (Werner). Nato a Bolzano nel 1957, debutta con Un urlo nelle tenebre di Franco Lo Cascio, prosegue con Le dolci zie, Una bella governante di colore, Gli amici di Nick Hezard, Il Casanova di Fellini, Oh Serafina! e Cuore di cane. Bravo nei panni di Libero, ribattezzato Rino dalle perfide zie, imbranato e finto ingenuo quanto basta per realizzare in pieno l’immedesimazione spettatore - attore, soprattutto quando spia le ragazze nude da un buco della serratura o dietro un cespuglio galeotto. Patrizia Gori è molto nuda, mentre fa il bagno nel laghetto storico del cinema italiano formato dalle cascate del fiume Treja di Monte Gelato, nel comune di Mazzano Romano. La Gori interpreta una verginella che gioca a fare la ragazzina provocante ma che sul più bello si ritira e non si concede alle voglie del giovane. 


Le dolci zie è un vero e proprio romanzo di formazione erotica, ruspante e agreste come i luoghi dove è ambientato, rozzo e volgare, ma a tratti efficace, addirittura irresistibile quando Maranzana cerca di spiegare al ragazzino come fanno l’amore un uomo e una donna. Divertenti i siparietti comici stile Don Camillo e Peppone che in una sequenza imbracciano falce e martello, incrociandoli come un paradossale simbolo del compromesso storico. Notevole la seduta spiritica con il ragazzo che si dà un gran da fare con le mani sotto il tavolo, ma non è da meno una maliziosa sequenza onirica che vede protagonista una conturbante Femi Benussi. Alla fine ogni tessera va al suo posto, con il nonno che rapisce il nipote, lo fa diventare uomo grazie alla sexy compagna che lo consegna svezzato alla fidanzata verginella. La voce fuori campo di Pupo De Luca ci accompagna verso un futuro di pacificazione erotico - sociale.

 

Rassegna critica. Marco Giusti su Stracult parla di “mezzi miserabili” e giudica “azzeccatissimo il nonno anarchico di Mario Maranzana”. Critica alta unita nello stroncare la pellicola. Farinotti non la cita neppure, mentre Morandini e Mereghetti concedono una misera stella. Mereghetti merita rispetto per il solo fatto di averla vista: “Il divertimento è tutto sulle spalle di Maranzana, le nudità distribuite in egual misura tra il parentado femminile (ma la più scatenata è la De Santis, che corre al ralenti svestita in mezzo ai campi e nel finale si concede a un amplesso piuttosto osé con il ragazzo. I battibecchi tra il nonno del protagonista e il prete Don Fiorello (De Luca) finiscono per farne una versione trash di Don Camillo”. Un giudizio fin troppo caustico, perché non si può valutare una commedia sexy con i parametri del cinema alto. Ottima la musica di Nico Fidenco, divertente la canzoncina La strada era bella, cantata dagli sconosciuti UT, mitiche le varie osterie e i tanti stornelli intonati da Maranzana. In definitiva un film sceneggiato bene, ricco di gag e di situazioni piccanti, che ancora oggi riesce a divertire.  
 

Abbiamo avvicinato Orchidea De Santis che ha rilasciato alcune dichiarazioni sul film: “Sono d’accordo con te che Rossati era un’altra cosa rispetto a Imperoli. Direi con più classe narrativa, certamente non rozzo. Imperoli lo ricordo come una persona molto simpatica. Nel film come al solito ero doppiata. Con gli attori si perdeva più tempo, perché non erano preparati come i doppiatori, inoltre io non mi opponevo, per comodità. Le mie colleghe le incontravo sporadicamente. Con Femi Benussi ci conoscevamo già, con le altre non mi ha compito niente di particolare, forse solo la statura della Petit. Quel che più mi ricordo di questo film è il mio primo incidente sul set: il forcone che mi serviva in scena per muovere la paglia me lo sono conficcato in un piede. Tutti tremarono perché evidentemente non avevano neanche un’assicurazione decente, ameno così credo conoscendo l’ambiente ed essendo  stata vittima anche successivamente di incidente sul lavoro. Comunque non feci  interrompere le riprese e dopo le cure ho continuato a lavorare. Altri ricordi, più o meno i soliti: con pochi mezzi e in poche settimane riuscire comunque a tirare avanti e sfornare un film che all’epoca nessuno di noi avrebbe mai pensato che sarebbe passato in qualche modo alla storia”.


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