di Ivana
Massetti
Regia: Ivana Massetti. Soggetto: Ivana Massetti.
Sceneggiatura: Gerard Brach, Ivana Massetti. Fotografia. Tonino Nardi.
Montaggio: Anna Rosa Napoli. Scenografia: Giantito Burchiellaro. Costumi:
Silvana Fusacchia. Case di Produzione: Clemi Cinematografica srl, Rete Italia
spa. Produttore: Giovanni Di Clemente. Direttore di Produzione: Domenico Lo
Zito. Organizzatore Generale: Bruno Ridolfi. Produttore Esecutivo: Michal
Janczarek Kapuscinski. Aiuti Regista: Bruno Mancinelli, Albino Cocco.
Assistente Regia: Guidalberto Torlonia. Operatore alla Macchina: Maurizio
Calvesi. Effetti Speciali: Aldo Frollini (visivi), Adriano Pischiutta
(scenici), Cooperativa Studio Sound (sonori). Musica: Alessandro Murzi, Massimo
Terracini (Edizioni Musicali Gipsy). Brani Musicali cantati da Billie Holiday: For Heaven’s Sake, (Meyer/ Bretton/
Edwards), You Don’t Know What Love Is
(Rae/ De Paul). Altri Brani: These Arms
of Mine (Otis Redding), Adios Nonino
(Astor Piazzolla). Interni: Teatri di Posa Cinecittà. Doppiaggio: CDC, diretto
da Massimo Giuliani. Interpreti: Brigitte Nielsen (doppiata da Micaela Esdra
Carmosino), Thomas Arana, Daniela Azzone, Lucien Bruchon, Pascal Druant, Cyrus
Elias, Stephane Ferrara, Sheila Folli, Joy Garrison, Geretta Giancarlo, Yves
Jouffroy, Kim Rossi Stuart, Antonella tinazzo, David Warbeck.
Ivana Massetti
Stroncare Domino
è fin troppo facile. Credo che l’abbiano fatto tutti. Dalla rivista web Gente di Rispetto a Maurizio Porro sul Corriere della Sera, passando per Fabio
Bo (Il Messaggero) e Giovanni Bogani
(La Nazione), per finire con Marco
Giusti su Stracult. Ivana Massetti è
al debutto, perché ormai lo sappiamo che She
(1983) e I predatori dell’anno Omega (1984) sono di Avi Nesher e David
Worth, come sappiamo che non ha girato Alter
Ego (1992), ancora di Avi Nesher. Ivana Massetti, regista di video
musicali - soprattutto sui Pooh - e
documentari ha diretto soltanto due film a tema: l’erotico - patinato Domino e Nadro, colui che non dimentica (1998), per raccontare la vita di Frédéric Bruly Bouabre e il
dramma della Costa d’Avorio. Un documentario scritto per capire la vita e la
spiritualità di un uomo che si è occupato di arte e filosofia. Il
vero mestiere della Massetti è il video clip, infatti le cose migliori di Domino sono legate alla musica e alla
scenografia, soprattutto quando racconta la vita di Billie Holiday attraverso
le sue canzoni. Tutto il resto è noia, direbbe Califano. Ma di una noia
mortale, soporifera, da gran premio della resistenza cinematografica, anche per
chi è ben dotato di pazienza e di buona disposizione d’animo.
Brigitte Nielsen (1963), attrice danese ed ex modella,
non si sa come arrivata al successo, forse per la sua altezza esagerata (185 centimetri),
dotata della sensualità di un palombaro, è al massimo della notorietà. Proviene
da Festival su Canale 5, presentato accanto
a Lorella Cuccarini e Pippo Baudo, è comparsa nuda su alcune riviste patinate,
e ha già interpretato diverse pellicole (Rocky
IV di Sylvester Stallone, Beverly
Hills Cop II di Tony Scott). Ivana Massetti la ritiene adatta a
interpretare un erotico - psicologico, ispirato ai successi di Tinto Brass (La chiave, 1983) e Joe D’Amato (L’alcova, Il piacere, Voglia di
guardare, Lussuria, 1985 - 86), anche
se l’ex modella di Versace non ha certo la sensualità di Stefania Sandrelli,
Lilli Carati, Jenny Tamburi e Laura Gemser. Tutt’altro. Le sue performance
erotico - masturbatorie sono soporifere ed eccessive, oltre al fatto che non
recita con la sua voce, ma è doppiata fuori sintonia da Micaela Esdra
Carmosino.
Il soggetto di Domino è ai minimi termini, condito da psicologia spicciola da dopo cena. Una regista in crisi affettiva, Domino, sembra votata alla solitudine, usa gli uomini come oggetti erotici, vive con un manichino di plastica nera, frequenta un’amica puttana e un ragazzo gay, viene spiata da un improbabile molestatore telefonico e se la dice con un vicino di casa cieco. Meraviglia la presenza di Gerard Brach (collaboratore di Polanski) come sceneggiatore, ma la pochezza della storia fa pensare che la regista abbia fatto quasi tutto da sola. Tra gli attori ricordiamo un giovanissimo Kim Rossi Stuart, nei panni dell’amico gay, che naufraga nella pochezza del racconto. Tra citazioni colte di Vinicius De Moraes (Una donna deve avere qualcosa di più della bellezza. Qualcosa che piange) e filippiche femministe che vorrebbero mostrare la differenza tra uomo e donna, il film annoia mortalmente e non lo risollevano certo le grazie della giunonica Nielsen. Una fotografia psichedelica, color pastello, in certi casi tendente al bianco e nero, sottolinea la falsità di una scenografia ricostruita in studio e con pochi esterni. Una luna di cartone cerca di imitare Fellini, ricordato anche dalle scenografie imponenti di Cinecittà, ma il regista più saccheggiato è Tinto Brass, citato a ripetizione in numerose sequenze erotiche. Domino è un film pretenzioso, assurdo, inconcludente, raffazzonato, senza capo né coda, irrisolto, inutile, macchinoso, soporifero, montato e fotografato come un porno, totalmente privo di senso logico. Il mestiere vero di Ivana Massetti viene fuori nelle parti musicali dedicate a Billie Holiday e in tutto quel che ricorda il documentario. La fiction non fa per lei, l’erotismo meno che mai, perché non è sinonimo di noia. Domino tradisce intenzioni autobiografiche, perché racconta la vita di una regista di videoclip, ma l’interpretazione della Nielsen è ai minimi storici, in tutti i sensi.
Il soggetto di Domino è ai minimi termini, condito da psicologia spicciola da dopo cena. Una regista in crisi affettiva, Domino, sembra votata alla solitudine, usa gli uomini come oggetti erotici, vive con un manichino di plastica nera, frequenta un’amica puttana e un ragazzo gay, viene spiata da un improbabile molestatore telefonico e se la dice con un vicino di casa cieco. Meraviglia la presenza di Gerard Brach (collaboratore di Polanski) come sceneggiatore, ma la pochezza della storia fa pensare che la regista abbia fatto quasi tutto da sola. Tra gli attori ricordiamo un giovanissimo Kim Rossi Stuart, nei panni dell’amico gay, che naufraga nella pochezza del racconto. Tra citazioni colte di Vinicius De Moraes (Una donna deve avere qualcosa di più della bellezza. Qualcosa che piange) e filippiche femministe che vorrebbero mostrare la differenza tra uomo e donna, il film annoia mortalmente e non lo risollevano certo le grazie della giunonica Nielsen. Una fotografia psichedelica, color pastello, in certi casi tendente al bianco e nero, sottolinea la falsità di una scenografia ricostruita in studio e con pochi esterni. Una luna di cartone cerca di imitare Fellini, ricordato anche dalle scenografie imponenti di Cinecittà, ma il regista più saccheggiato è Tinto Brass, citato a ripetizione in numerose sequenze erotiche. Domino è un film pretenzioso, assurdo, inconcludente, raffazzonato, senza capo né coda, irrisolto, inutile, macchinoso, soporifero, montato e fotografato come un porno, totalmente privo di senso logico. Il mestiere vero di Ivana Massetti viene fuori nelle parti musicali dedicate a Billie Holiday e in tutto quel che ricorda il documentario. La fiction non fa per lei, l’erotismo meno che mai, perché non è sinonimo di noia. Domino tradisce intenzioni autobiografiche, perché racconta la vita di una regista di videoclip, ma l’interpretazione della Nielsen è ai minimi storici, in tutti i sensi.
Rassegna citica. Marco Giusti: “Terribile filmetto
modaiolo costruito su Brigitte Nielsen e affidato a una sconosciuta… Ne viene
fuori qualcosa di assurdo, totalmente senza senso, dove la Nielsen non fa altro
che muovere il suo corpo inespressivo da uno spazio all’altro”. Paolo
Mereghetti (una stella): “Dialoghi allucinanti, superficiale gusto voyeur, atmosfere oniriche solo nelle
intenzioni, virtuosismi e giochi di luce e ombre insulsi ed estenuanti, in un
prodotto vuoto e falso come le forme statuarie dell’ex moglie di Stallone”.
Pino Farinotti (due stelle): “Brigitte Nielsen non è un’attrice. E il film è un
videoclip allucinato e stentoreo che non riesce mai a diventare racconto”.
Pare che questo film inutile quanto patinato e
lussuoso sia costato ben sette miliardi di vecchie lire. Si nota dalle
scenografie imponenti e dalle immagini false ricostruite in studio. Non credo
che gli incassi abbiano ripagato le spese. Brigitte Nielsen viene definita da
certa critica “un’icona di bellezza contemporanea”, ma anche “la donna simbolo
degli anni Ottanta”. Avranno ragione loro, certamente, visto che lavora ancora,
con discreto successo. Lasciateci dire che come icone di erotismo preferivamo
Gloria Guida, Edwige Fenech, Lilli Carati, Stefania Sandrelli, Ornella
Muti…l’elenco potrebbe continuare. Domino,
in ogni caso, è un film sconsigliatissimo. Irrecuperabile.
Anch'io, come te, non ho mai trovato troppo sensuale la Nielsen, ma negli anni ottanta quasi nessuno la pensava come noi. Tanto per citare un mio compagno di liceo, ai tempi di 'Festival' di Pippo Baudo: "Brigitte Nielsen?... Tanto di cappella!"
RispondiEliminaA prescindere dai gusti sul film, io ho sempre trovato molto molto attraente Brigitte Nielsen, ovviamente ai tempi d'oro.
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