Luigi
Scattini (Torino, 17 maggio 1927 -
Roma, 12 luglio 2010) si laurea in Giurisprudenza nei primi anni Cinquanta, non
esercita alcun tipo di professione legale, ma si impiega come giornalista nelle
redazioni dei settimanali Gente e Oggi. Il cinema è la forma d’arte che
più l’appassiona, da un punto di vista teorico e pratico, impara il mestiere
frequentando la bottega di Pietro Francisci e il set di Attila (1953), come assistente alla regia.
Luigi Scattini si dedica alla produzione di tre
documentari, il primo di tipo industriale, gli altri due artistici: Immagini in cantiere (1953), Donatello (1955) e La città di Donizetti (1955). Nel 1962 il suo lavoro di non fiction La via del carbone viene presentato agli Oscar come miglior
documentario.
Luigi Scattini si avvicina alla fiction, cominciando dal mondo
movie, un genere ibrido tra realtà e finzione. Alessandro Blasetti è il
precursore di una moda documentaristica che cerca di mostrare in maniera
scientifica e distaccata il rapporto sessuale in tutte le sue implicazioni. Europa di notte (1959) rappresenta un passo in avanti rispetto al
documentario anni Cinquanta che evitava con cura ogni aspetto salace e morboso.
La pellicola è molto castigata, ma per la nostra Italia moralista e bacchettona è un vero scandalo e di conseguenza un
grande incasso al botteghino. Molti registi italiani inseguono il successo di Europa di notte e cominciano a girare
documentari che presentano riferimenti sessuali. Il tema è sempre lo stesso: si
parte da scene vere, se ne aggiungono altre dichiaratamente false e si costruisce
una pellicola con valenza erotica. Il mondo
movie è un genere portato al successo da Gualtiero Jacopetti che fa
scalpore con Mondo cane (1962), Mondo cane 2 (1963), La donna nel mondo (1963), Africa addio (1966) e Addio zio Tom (1972).
Il primo film da regista di Luigi Scattini, girato
insieme a Mino Loy, è proprio il mondo
movie erotico Sexy magico (1963) che tratta temi consueti:
sesso, riferimenti a usanze regionali, abitudini e vizi erotici degli italiani.
Il secondo film - il primo girato in totale autonomia - è L’amore primitivo
(1964), un lavoro originale, a metà strada tra film a soggetto e documentario. Scattini
è anche soggettista e autore del commento che accompagna le immagini. Jayne
Mansfield è una bella antropologa spiata da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia
mentre visiona un reportage sui
costumi sessuali dei popoli primitivi. Franco Franchi e Ciccio Ingrassia si
confrontano con il mondo movie, sono la
cornice comica di un documentario sull’amore
primitivo e interpretano un lavoro ricco di elementi sexy.
Il secondo film di Scattini è Due marines e un generale, ancora una volta interpretato da Franco
Franchi e Ciccio Ingrassia, ma soprattutto dal grande Buster Keaton. Una
pellicola comica che è un unicum in
una produzione caratterizzata da documentario ed esotico - erotico. Non è la
sua miglior pellicola, Scattini non è il regista più adatto per una farsa che
cita il periodo d’oro del muto. Scattini, in ogni caso, studia a fondo le caratteristiche
di Franchi e Ingrassia per adeguarle al genio di Buster Keaton (1895 - 1996).
Il film resta di culto, anche se Roberto Provenzano lo definisce
“squalificante” per il grande comico statunitense.
Luigi Scattini torna a girare pellicole a lui più
congeniali con Duello nel mondo
(1966) - firmato Arthur Scott - e La
sfinge d’oro (1967), che la critica considera i suoi film migliori.
Duello nel
mondo è un lavoro drammatico a tinte
gialle con un finale a sorpresa degno del miglior thriller spionistico.
Scattini racconta la storia di un investigatore che indaga sulle misteriose
morti dei nuovi assicurati di una grande compagnia. Il protagonista si mette
sulle tracce dei cadaveri, si difende da una misteriosa organizzazione che
vorrebbe eliminarlo e insieme alla figlia di una delle vittime scopre un’incredibile
verità. Protagonisti: Bernard Blier, Dominique Boschero, Richard Harrison,
Sherill Morgan e Giacomo Rossi Stuart. La
sfinge d’oro narra le avventure di un archeologo americano che per amore della
scienza cerca la tomba del faraone Aposis ma è insidiato da colleghi privi di scrupoli.
Un film turistico - avventuroso, girato tra Luxor e il Canale di Suez, che
racconta la difficoltosa salvezza dell’archeologo da un complotto ordito ai
suoi danni. La nipote e il fidanzato aiutano l’americano a uscire da una trama
ordita dalla subdola amante, interessata ai tesori egizi. Il film vede
protagonisti Anita Ekberg, Giacomo Rossi Stuart, Gianna Serra e Robert Taylor.
Si ricorda per i tentativi di seduzione di Anita Ekberg - segretaria
interessata al tesoro - nei confronti di Robert Taylor. Scritto da Bitto
Albertini, un esperto del genere esotico - erotico, Adriano Bolzoni e Fabio
Piccioni.
Svezia:
inferno e paradiso (1967 - 68), vede Scattini
impegnato come regista, soggettista, sceneggiatore e montatore. Il commento - opera
di Scattini - è letto da Enrico Maria Salerno. Un film inchiesta sulle
contraddizioni della società svedese, il lavoro maggiormente responsabile di
aver mitizzato la libertà di costumi scandinava rispetto alla nostra
arretratezza culturale. Ottima colonna sonora di Piero Umiliani (indimenticabile
il motivetto Mah Na’ Mah Na’) e notevole
fotografia di Claudio Racca. Un mondo
movie che presenta lezioni di sesso a scuola, sexy shop e unioni tra
consanguinei, ma al tempo stesso stigmatizza alcolismo, malessere esistenziale,
violenza e alto tasso di suicidi giovanili. Ricordiamo
un dibattito televisivo sul sesso e la sequenza dove si mostra una poliziotta
impegnata ad arrotondare il magro stipendio impiegandosi come modella sexy.
Pretese scientifiche modeste, quel che interessa è far uscire al cinema un po’
di nudi, perché - come voleva la vulgata
- “le svedesi sono le donne più libere del mondo”. La Svezia era il sogno di
tutti i maschi latini, sembrava una lontana mecca di libertà alla quale far
riferimento per poter vedere in santa pace una donna nuda e magari conoscere
una femmina disinibita. Il film incassa oltre un miliardo, un successo
inaspettato che dimostra un diffuso bisogno di libertà sessuale.
Angeli
bianchi… angeli neri (1969) è ancora
un mondo movie diretto e montato da
Scattini che affronta il tema della stregoneria contemporanea, magie vere o
presunte di maghi, ipnotizzatori e ciarlatani. Ricordiamo la pregevole
fotografia di Racca e le grandi musiche di Umiliani, ma anche una presenza di
culto come Anton La Vey (Gran Sacerdote della Casa di Satana) che per la prima
volta mostra la sua dimora. Enrico Maria Salerno è la voce narrante di un
commento scritto da Alberto Bevilacqua, che ci fa conoscere cimiteri profanati,
messe nere e magia bianca brasiliana. Molti sabba fasulli, parecchio nudo,
moralismo e citazioni jacopettiane
per un tentativo - solo in parte riuscito - di bissare il successo svedese.
Luigi Scattini è un abile montatore, per questo nel
1970 viene chiamato a collaborare in tali vesti con Bitto Albertini per I vendicatori dell’Ave Maria. Torna a
lavorare in coppia con Mino Loy nel 1970 - 71 per produrre Questo sporco mondo meraviglioso, di cui è soggettista, sceneggiatore
e montatore, una pellicola che riprende la formula lanciata da Jacopetti in Mondo cane. I vizi segreti della donna nel
mondo (1971) vede Scattini sfoggiare lo pseudonimo di Silvano Secelli,
ancora una volta regista, soggettista, sceneggiatore e montatore. Il modello è
di nuovo Gualtiero Jacopetti, un mondo
movie di pura imitazione che cita il ben noto La donna nel mondo.
Luigi Scattini passa alla fiction esotico - erotica con La
ragazza dalla pelle di luna (1972),
interpretato da un’affascinante Zeudi Araya, Miss Eritrea, ma anche dalla
bionda Beba Loncar e da Ugo Pagliai e Giacomo Rossi Stuart (un attore amato da
Scattini). Luigi Scattini non si limita alla regia, ma scrive il soggetto e lo
sceneggia, oltre a occuparsi del montaggio. Loncar e Pagliai sono una coppia in
crisi che cerca di ritrovare la passione dei primi tempi durante una vacanza
alle Seychelles, ma il rimedio è peggiore del male perché il marito s’innamora
di un’intrigante indigena (Araya) e la moglie lo tradisce con uno scrittore
(Stuart). In ogni caso i reciproci tradimenti finiscono per ricomporre la
coppia. Il titolo del film è noto come soprannome della bella Zeudi Araya,
lanciata proprio grazie a questo lavoro, la cui struttura è stata imitata più
volte dai registi del cinema bis italiano.
Tra tutti questi prodotti che rasentano il plagio citiamo La ragazza dalla pelle di corallo (1975) di Osvaldo Civiriani,
interpretato da Norma Jordan e Gabriele Tinti a Santo Domingo.
La ragazza
fuoristrada (1973) è un erotico puro,
scritto, diretto e montato da Scattini. Sceneggiatura di Leo Chiosso e Gustavo
Palazzo. Zeudi Araya è l’interprete principale, al secondo film (non il primo
come affermano Mereghetti nel Dizionario
e Giusti su Stracult) ma troviamo
anche Luc Merenda, Lucretia Love (Anna Morganti), Martine Brochard, Giacomo
Rossi Stuart, Caterina Boratto, Tony Kendall (Luciano Stella) e Franco Ressel.
Luc Merenda è un pubblicitario che ritorna a Ferrara con la bella Araya
conosciuta in Nubia, la sposa, ma poi crede agli amici invidiosi che gli
raccontano un’improbabile storia di corna. Un film sulla provincia che dipinge
a tinte forti ipocrisia e razzismo, ma anche tutta la grettezza di chi vive ai
margini del mondo. Non ci sono grandi nudi, si ricordano le musiche di Piero
Umiliani, le canzoni Oltre l’acqua del
fiume e Maryam, cantate da Zeudi
Araya e Ritornerai di Bruno Lauzi,
interpretata da Ornella Vanoni. Atmosfere decadenti di una provincia padana.
Il corpo (1974) è il terzo film che Scattini sceneggia e
dirige con protagonista l’affascinante Zeudi Araya al culmine del suo splendore.
Non fa tutto da solo, ma è importante la collaborazione di Felisatti e
Pittorru. Piero Umiliani e le sue immancabili musiche conferiscono un tono
suadente a un esotico - erotico girato alle Antille, interpretato da Enrico
Maria Salerno, Leonardo Manzella e Carrol Baker. Mereghetti non a torto
definisce il film “una variazione tropicale de Il postino suona sempre due volte”, un triangolo erotico tra
Salerno, la sua donna (Araya) e l’altro (Manzella), con l’inserimento della
moglie di quest’ultimo (Baker).
In questo periodo Scattini si occupa di produzione,
realizzando due film d’autore come Fatti
di gente per bene di Mauro Bolognini (1974) e Divina creatura (1975) di Giuseppe Patroni Griffi. Luigi Scattini conclude
una breve ma intensa carriera con La
notte dell’alta marea (1977) e Blue
Nude (1977), scritti e sceneggiati in prima persona.
La notte
dell’alta marea è cinema letterario tratto
da Il corpo di Alfredo Todisco, come
sempre musicato dal grande Umiliani e fotografato da Frattari. Aiuto regista
l’attore feticcio di Scattini, Giacomo Rossi Stuart (anche interprete), per un
film prodotto da Carlo Ponti con capitali canadesi, interpretato da Anthony
Steel, Annie Belle, Pam Grier, il fumettista Hugo Pratt, Gerardo Amato e Alain
Montpetit. Marco Giusti lo definisce un porno
esotico, ma si tratta del solito esotico
erotico ambientato nella Martinica che racconta la storia di un
cinquantenne innamorato di una ragazzina e il solito triangolo che prevede un
terzo incomodo. Molto nudo e un film piuttosto spinto con Annie Belle
protagonista assoluta della parte sexy.
Blue Nude vede all’opera Gerado Amato, Susan Elliott (Suzanne
McBain), l’immancabile Giacomo Rossi Stuart (con lo pseudonimo di Jack Stewart)
e la figlia del regista - per la prima e unica volta diretta dal padre - Monica
Scattini. Amato è un aspirante attore che a New York interpreta film porno e
viene scritturato da locali equivoci dove si esibisce in strip maschili. Alla
fine si mette in testa di girare un personale remake di Taxi Driver di
Martin Scorsese. Mondo movie erotico,
cinema nel cinema, porno che si trasforma in snuff anticipando i tempi, moralismo e luoghi comuni. Ricordiamo
alcune comparsate di attori porno: Robert Kerman, Wade Nichols, Mona Sands,
Jill Turner. Scattini scrive il film con la collaborazione di Vittorio
Schiraldi. Piero Umiliani, ancora una volta, musicista di fiducia.
Luigi Scattini lascia il mondo del cinema subito dopo
aver collaborato alla sceneggiatura di Goya
(Goya ven Burdeos), un film di Carlo Saura. Regista di buon mestiere, lo
ricordiamo anche come padre dell’attrice Monica Scattini e come direttore di un
gruppo di doppiaggio. Negli anni Ottanta abbandona la regia per dedicarsi alle
edizioni italiane dei film stranieri come dialoghista e direttore del
doppiaggio. Muore a Roma il 12 luglio del 2010, all’età di 83 anni. La figlia
Monica muore cinque anni dopo, il 4 febbraio del 2015, a soli 59 anni.
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