sabato 22 marzo 2014

Il padrone del mondo (1982)

di Alberto Cavallone


Regia: Dirk Morrow (Alberto Cavallone). Soggetto: Nicolò Pomilia. Sceneggiatura: Alberto Cavallone, José Luis Martinez Molla. Fotografia: Sandro Mancori, Maurizio Dell’Orco, Gianfranco Maioletti. Montaggio: Alberto Cavallone, Stefano Pomilia (assistente). Costumi: Maria Pia Luzi. Musiche: Alberto Baldan Bembo. Cameramen: Aldo Marchiori, Giovanni Brescini, Giovanbattista Marras. Trucco: Rosario Prestopino. Effetti Speciali: Roberto Pace. Produzione: Falco Film srl (Roma) e Stefano Film. Produttore: Luciano Ceprani. Interpreti: Sven Kruger, Sacha D’Arc, Viviana M. Rispoli, Vittoria M. Garlanda, Aldo Sambrell, Serafino Profumo, Fabio Baciocchi, Paolo Bernacchioni, Tristano Iannetta, Adriano Chiaramida, Massimo Pompei, Adriana Giuffrè, Gianfranco Amoroso, Edoardo Terzo, Roberto Trinci, Pietro Angelo Pozzato, Nicola Di Gioia, Gina Giuri, Marina Medde, Gabriella Montemagno, Antonio Mea, Salvatore Bardaro, Massimo Bardaro, Michele Knewels, Renato Moriconi, Maurizio Faraoni, Palmiro Liotta, Sebastiano Tosto, Luciano Casamonica, Patrizia Salerno, Zaira Zoccheddu, Daniela Airoldi. 


Il padrone del mondo è stato girato da Cavallone con pochi mezzi, tra le Canarie e le campagne laziali, ispirandosi a La guerra del fuoco (1981) di Jean-Jacques Annaud, divagando intorno a una sua sceneggiatura originale scritta per un film di Umberto Lenzi: La guerra del ferro - Ironmaster (1982). La guerra del fuoco è il capostipite del sottogenere clava movie, racconta il viaggio di tre uomini preistorici in fuga da una tribù di antropofagi alla ricerca del fuoco, che sono capaci di conservare ma non di accendere. Il soggetto è ricavato dal romanzo di J. H. Rosny Aîné, sceneggiato da Gérard Brach, girato con perizia (e con mezzi ingenti) da Jean-Jacque Annaud, tra Kenia, Irlanda, Scozia e Canada.  Desmond Morris è consulente per i linguaggi gestuali e Anthony Burgess per i suoni gutturali. Un film che vince un Oscar per i trucchi e che si ricorda per molte scene di nudo di Rae Dawn Chong. Filologicamente corretto e ben girato. La guerra del ferro - Ironmaster (1983) è il primo clone italiano, girato da Umberto Lenzi, scritto e sceneggiato da Alberto Cavallone, Dardano Sacchetti, Luciano Martino e Gabriel Rossini. Un film trash, tutto sommato, soprattutto per i costumi, per gli improbabili interpreti (i costumi di Pamela Prati e George Eastman toccano livelli di ridicolo difficilmente eguagliabili) e per la scarsità di mezzi. Pamela Prati è più nuda e sexy di quanto lo fosse la Chong nel film originale. La guerra del ferro è una storia avventurosa di battaglie tra cavernicoli per un posto da capotribù che toccherà al più forte e soprattutto allo scopritore del ferro. Un clava movie ridicolo, come scrivono molti critici importanti. Non hanno tutti i torti se lo prendiamo sul serio. 


Il padrone del mondo come qualità di girato non è lontano dal film originale, cosa encomiabile perché i mezzi di cui Cavallone dispone sono davvero scarsi. Abbiamo visto la versione inglese Master of world, con sottotitoli in greco, perché non è facile reperire la traccia italiana, mai uscita sul mercato e non distribuita. In ogni caso si apprezza senza problemi perché non ci sono dialoghi ma soltanto musica suggestiva, suoni gutturali, rumori e fotografia coloratissima. Nella nostra copia non abbiamo trovato nei titoli di testa lo pseudonimo Dirk Morrow attribuito al regista, ma forse era soltanto nella versione italiana. Cavallone affronta la cultura tribale primitiva e vorrebbe descrivere il delicato passaggio culturale dai primi fonemi alla capacità di esprimersi. In breve la trama. Siamo agli albori della storia dell’umanità. Il regista ci presenta alcune tribù caratterizzate da diversi stadi evolutivi che si muovono in una scenografia composta da montagne, fiumi e radure, combattendo per sopravvivere e difendendosi da bestie feroci. Conosciamo un orso colossale, il nemico più infido tra tutte le belve incontrate, nemico dei nostri cavernicoli e in alcuni casi adorato come divinità. Cavallone tenta di non cadere negli stereotipi, ricostruisce ambienti e scenari secondo le più recenti scoperte antropologiche ed etnografiche. Il soggetto è poco originale, ma il regista pone l’accento sulla rivoluzione intellettuale, sull’articolazione del linguaggio, accompagna lo spettatore alla scoperta della nascita del vero uomo. Cinema puro composto di rumori, immagini, vento che fruscia, suoni gutturali,  fonemi dei primitivi, musica gelida e intensa. Cavallone racconta i comportamenti tribali di uomini primitivi che hanno scoperto il fuoco, si vestono con le pelli degli animali che uccidono e vagano per laghi e foreste. I primitivi di Cavallone lottano come selvaggi per conquistare il territorio e per possedere una donna che assicuri la riproduzione della specie. Interessanti e molto cavalloniane le sequenze in cui gli uomini divorano il cervello dei nemici per acquisire il loro coraggio e le loro capacità intellettive. Apprezziamo crani di primitivi fatti a imitazione degli uomini e teste fracassate con la materia cerebrale che fuoriesce per essere divorata. Parti da puro cinema horror, più gore che splatter, ma filologicamente corretto, secondo il regista. Molti inserti da mondo movie cercano di colmare le lacune di budget quando si tratta di inquadrare condor, aironi, scimmie, lupi e sparvieri. La colonna sonora di Alberto Baldan Bembo è intensa, gelida e suggestiva, contribuisce a creare momenti di suspense durante le fasi delle battaglie tribali. Cavallone ricostruisce il primitivo rapporto uomo - donna, ma sfuma sui rapporti sessuali e non riprende mai un nudo integrale, inoltre ricostruisce nel finale una singolare quanto credibile sequenza di parto. Le sequenze i lotta sono intrise di un realismo crudo anticonvenzionale, mentre l’ambientazione preistorica è ottima, nonostante lo scarso budget, e tutte le parti da action movie sono girate a ritmo sostenuto. La cosa migliore resta la lotta uomo - orso, con la ricostruzione di una credibile vittoria umana, senza far ricorso a inserti posticci o a trucchi di scena. Fotografia luminosa, tendente al rosso e al celeste, tramonti coloratissimi, zummate a iosa, persino inutili, ma era un problema dei tempi. cavallone gira con sapienza tecnica e si dimostra ottimo direttore di attori che istruisce a dovere. 


Il padrone del mondo è un film poco visto, persino poco cercato, perché di non grande importanza per capire la filosofia del regista. Di fatto non aggiunge niente sulla poetica cavalloniana ed è inutile per capire i film migliori di un regista problematico, surrealista ed estremo. In Italia è inedito, a parte una proiezione al San Panfilo, un cinema d’essai romano. Realizzato per salvare la Stefano Film (e la Falco), ma finì per inabissarsi nel naufragio economico dei produttori. Il crack economico si verificò durante la lavorazione del film alle Canarie, e la pellicola fu utilizzata per far nascere perdite sul bilancio, sanare utili e risolvere problemi di tasse. 
Paolo Mereghetti (una stella e mezzo) riconosce i debiti d’ispirazione con La guerra del fuoco, ma afferma che “non è girato tanto peggio” oltre a essere coerente perché “i personaggi si esprimono solo a grugniti”. Condivisibile l’affermazione finale secondo la quale “Cavallone non riesce a concretizzare le intenzioni presenti in sceneggiatura: raccontare la prima rivoluzione intellettuale, il passaggio alla parola”. In definitiva, secondo il critico milanese: “La vicenda prende una piega da monotono film d’avventura, con scampoli horror e meno sesso del previsto”. Se è il sesso che interessa, non ce n’è per niente, come non si tratta di un film d’avventura, ma di un preistorico che solo a tratti lascia intuire lo stile di Cavallone. Marco Giusti (Stracult): “Curioso preistorico con idee che vede protagonisti gli uomini delle caverne in un zona di transizione tra la parola e il mutismo. Grande scena con un orso vero, che in un primo tempo era stato costruito come un pupazzo da Rosario Prestopino, ma non ci si poteva stare dentro oltre i tre minuti. Il protagonista Sven Kruger è un ragazzo svedese figlio di un funzionario della Fao, mentre Sasha D’Arc è un ex pugile jugoslavo. Completamente ignorato in Italia, è andato bene all’estero”. Interpretazione autentica di Alberto Cavallone, intervistato da Nocturno Cinema: “È un film estremamente documentato: tutti i teschi ritrovati nelle grotte, vicino al Principato di Monaco, presentano buchi nella testa perché questa gente mangiava il cervello… che poi il nutrirsi di cervelli abbia portato l’uomo a essere sempre più intelligente, questo è tutto da discutere. Gli attori mi seguirono molto bene nel film, li ho preparati io personalmente in palestra per insegnarli come muoversi”. Per quel che mi riguarda, una piacevole sorpresa.

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