di Vittorio De Sica
Regia: Vittorio De Sica. Soggetto: Giorgio Bassani (Il giardino dei Finzi - Contini, 1962) Sceneggiatura.
Vittorio Bonicelli, Ugo Pirro. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Adriana
Novelli. Musiche: Manuel De Sica, Bill Conti. Direzione Musiche: Carlo Savina. Produttori:
Arthur Cohn, Gianni Hecht Lucari. Scenografia: Giancarlo Bartolini Salimbeni,
Mario Chiari. Costumi: Giancarlo Bartolini Salimbeni, Antonio Randaccio. Genere:
Drammatico, Sentimentale. Durata: 94’. Interpreti: Lino Capolicchio (Giorgio),
Dominique Sanda (Micol), Helmut Berger (Alberto), Fabio Testi (Giampiero), Romolo
Valli (padre di Giorgio), Alessandro D’Alatri (Giorgio bambino), Barbara Leonard
Pilavin (madre di Giorgio), Camillo Cesarei, Cinzia Bruno (Micol bambina), Edoardo
Toniolo, Ettore Geri, Franco Nebbia, Giampaolo Duregon, Inna Alexeievna, Katina
Morisani, Marcella Gentile, Michael Berger, Raffaele Curi.
Il giardino
dei Finzi Contini è l’ultimo lavoro memorabile
di Vittorio De Sica, premio Oscar per il miglior film straniero e Orso d’oro a
Berlino, tratto da una delle più intense storie ferraresi di Giorgio Bassani,
incentrata sulle vicissitudini di una famiglia ebrea, un vero e proprio atto di
accusa contro le leggi razziali. De Sica è un regista che è rimasto prigioniero
dei suoi capolavori, perché la critica ha sempre snobbato l’artigianato di
pellicole interessanti girate nel corso degli anni Sessanta - Settanta. Non
questa, però, che vide persino l’iniziale coinvolgimento di Bassani a livello
di dialoghi e sceneggiatura, ritirato quando lo scrittore si rese conto che la
storia prendeva strade diverse da quelle del romanzo. Bassani pretese che il
suo nome venisse tolto dai titoli di coda del film.
La storia si svolge a Ferrara nel periodo 1938 - 1943 e
racconta l’amore non corrisposto tra Giorgio (Capolicchio) e Micol (Sanda), due
ebrei amici d’infanzia ma di diversa estrazione sociale. Vengono emanate le
leggi razziali e gli ebrei espulsi dal circolo del tennis finiscono per radunarsi
nel giardino dei ricchi Finzi - Contini, che apre le porte a tutti i
connazionali. Conosciamo il debole Vittorio (Berger), fratello di Micol in
odore di omosessualità, il rude proletario Giampiero (Testi), ma soprattutto osserviamo
i giorni dell’amore non colto di Giorgio per Micol, che abbandona la ragazza
nelle mani di Giampiero. Il rapporto tra Micol e Giampiero - che Giorgio spia
dalla finestra scorgendo la sua amata seminuda - non è citato esplicitamente nel
romanzo di Bassani e questo fu uno dei motivi per cui lo scrittore abbandonò la lavorazione della pellicola.
Ma De
Sica - come Bassani - non vuol scrivere un film sentimentale, anche se la
cornice racconta le vicissitudini di un amore non corrisposto. Il tentativo
(riuscito) è quello di descrivere - narrando una piccola storia - il dramma
della guerra e la vergogna delle leggi razziali con la successiva deportazione
degli ebrei. Morirà anche l’amico - rivale Giampiero, soldato nella campagna di
Russia e Giorgio lo verrà a sapere in un triste Luna Park, poco prima di
decidersi a scappare. Commovente la scena finale in cui il padre di Giorgio (Valli)
si ritrova insieme a Micol, in una scuola, in attesa di essere deportato in campo
di concentramento. Uno straordinario ralenti
onirico rievoca giorni felici, giocando a tennis nel giardino dei Finzi -
Contini. Adesso quei ragazzi sono tutti morti.
I protagonisti principali sono molto bravi, ma sia
Lino Capolicchio che Dominique Sanda non avevano interpretato molte pellicole e
possono essere considerati due rivelazioni. Vale la pena ricordare che De Sica
avrebbe voluto la cantante Patty Pravo per vestire i panni di Micol. Fu lei a
rifiutare per i troppi impegni. Helmut Berger è un grande attore di scuola
Visconti, mentre Fabio Testi è un giovanotto brianzolo alle prime armi. La
storia è raccontata come un lungo flashback
di Giorgio (nel romanzo si immedesima nell’io narrante di Bassani) ma in presa
diretta e con molti dialoghi. Un colloquio padre - figlio è straordinario,
riferito alla delusione d’amore di Giorgio ma esteso agli errori di una
generazione: “Per capire bisogna morire almeno una volta ed è meglio farlo da
giovani, che poi da vecchi non c’è più tempo. La nostra generazione ha preso
troppe cantonate”. Romolo Valli è un grande interprete, molto teatrale, adatto
a una storia raccontata grazie a suggestivi interni e dialoghi evocativi.
Ricostruzione d’epoca perfetta, sceneggiatura priva di pecche, fotografia
anticata, tra color ocra e nebbiosi panorami ferraresi.
Manuel De Sica realizza
una delle colonne sonore più ispirate della sua carriera, tra pianoforte e
tromba, citando la nota canzone Vivere
in una breve sequenza. Il film è stato girato per gli esterni quasi interamente
a Ferrara, si riconoscono il Castello Estense, alcune vie centrali (l’ingresso
del giardino è corso I Ercole d’Este), le mura, il Palazzo dei Diamanti e la Cattedrale
di San Giorgio. Per le scene del giardino, invece, fu scelta una villa presso Roma
e per la Villa Finzi - Contini, villa Litta Bolognini di Vedano al Lambro, nei
pressi del Parco di Monza. Tecnica di regia sicura e senza sbavature, massiccio
uso dello zoom secondo i gusti del tempo, messa in scena teatrale, tono
languido e struggente reso a dovere dalle note della colonna sonora. Alcune
immagini d’epoca si fondono bene con la storia, cinegiornali, discorsi del
duce, tutto serve a creare un clima drammatico tra dolore personale a tragedia
nazionale.
La critica del tempo non fu uniforme nel giudicare il film un
capolavoro, alcuni fecero notare il tono troppo melenso, altri una
rappresentazione didascalica. Grande successo di pubblico, comunque, per un
film che ancora oggi resiste al passare degli anni e racconta un periodo buio della
nostra storia che molti hanno sempre cercato di nascondere.
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