Regia: Paolo Ruffini. Soggetto: Andra Noj, Alessia Crocini, Nicola Gaglianone. Sceneggiatura: Paolo Ruffini, Guido Chiesa, Giovanni Bognetti. Fotografia: Federico Masiero. Montaggio: Caludio Di Mauro. Musiche: Andrea Farri, Claudia Campolongo. Produttori: Maurizio Totti, Alessandro Usai. Casa di Produzione: Colorado Film, Medusa Film, Mediaset Premium. Distribuzione: Medusa Film. Durata: 100’. Genere: Commedia (?). Interpreti: Luca Peracino (Emilio), Paolo Ruffini (Alfredo), Guglielmo Scilla (Lebowski), Frank Matano (Franco), Andrea Pisani (Alonso), Gaia Messerklinger (Claudia), Olga Kent (Nadia), Giulia Ottonello (Karen), Niccolò Senni (Chamberlain), Daniel McVicar (Dean Perry), Biagio Izzo (zio di Franco), Rosalia Porcaro (madre di Franco), Marco Messeri (padre di Alfredo), Michela Andreozzi (madre di Lebowski), Michele Manca (Pino La Lavatrice), Andrea Buscemi.
Fuga di
cervelli è un film che vorremmo
non aver visto, ma ora che il peggio è passato sentiamo il dovere morale di
scriverne. Prima di tutto siamo di fronte a un remake dello spagnolo Fuga de
cerebros di Fernando Gonzáles Molina, campione d’incassi nella penisola
iberica. Non l’abbiamo visto - e non siamo curiosi di recuperarlo - quindi non azzardiamo
paragoni con l’originale. Paolo Ruffini è un regista che si è formato sui sacri
testi, roba come American Pie, Una notte al museo, Animal House, persino sulla filmografia di Ciro Ippolito (ma ha
imparato poco) e sulla serie dei Cinque
matti interpretata da Les Charlots. Il suo esordio alla regia lo vede alle
prese con una commedia demenziale che si propone di raccontare le vicissitudini
di cinque amici problematici. Incontriamo un cieco logorroico (Ruffini), un gay
non dichiarato (Matano), un timido patologico (Peracino), un handicappato
(Pisani) e uno strano tipo che gira con una zebra (Scilla). Alfredo, Lebowski,
Franco e Alonso sono quattro amici in fuga di studio (si fa per dire) a Oxford,
impegnati a far trionfare l’amore tra il timido Emilio (Peracino) e la bella
Nadia (Kent), ma durante la permanenza in terra britannica ci sarà per tutti
una svolta esistenziale.
Il film è girato quasi interamente a Torino con una
tecnica approssimativa ed elementare, da television-movie,
piena di movimenti di macchina avvolgenti, inutili, persino pacchiani. Ruffini
inventa un sottogenere per il quale forse passerà alla storia, facendo
impazzire i futuri esegeti del brutto: lo stocazzo-movie,
declinabile come abbestia-movie, con
varianti da puppa-movie e venature di
scorreggia-movie del Duemila. Una
fastidiosa voce fuori campo (l’onnipresente Ruffini) introduce la storia dei
cinque amici imitando pateticamente Virzì con un incipit da Ovosodo trash. Ruffini è anche attore (parola grossa), interpreta il cieco
arrogante che s’innamora di una non vedente e tormenta da sempre il povero
Emilio con scherzi da caserma. Frank Matano è più insopportabile di Ruffini con
la battuta storica riciclata da Zelig:
“Ottimismo!”, aprendo le mani e mimando un otto. Si toccano vette di comicità con
l’assonanza tra sciopero e Schopenauer, le seghe mentali
strusciando le mani alle tempie, i dialoghi assurdi con finti inglesi.
Battuta
memorabile di Ruffini al patetico Peracino: “Secondo me sei uscito dal culo
perché di fica non ci capisci una sega!”. Ma anche: “In camera sua si studia e
si tromba abbestia!”. Forse la gag
migliore è la mancata dissezione anatomica di Peracino che viene scambiato per
necrofilo quando si agita in modo innaturale sopra un cadavere. E poi via, tra
scorregge, rutti, flatulenze, alcune scene onirico - erotiche con la bella
Kent, divagazioni shakespeariane in
salsa trash con Romeo e Troietta, cena con Ruffini che colpisce nelle parti basse
un cameriere e Peracino che confessa di amare le vecchie in casa della futura
fidanzata.
Vero che siamo di fronte a una commedia demenziale e che il senso
non va cercato dove non può esserci, ma anche gli Squallor facevano comicità surreale
e il loro Arrapaho è rimasto nella
storia, così come Attila di
Castellano & Pipolo, interpretato da Abatantuono, è un monumento al trash intelligente. Fuga di cervelli è immune dalle battute spiritose, punta tutto sulla
comicità adolescenziale e sulle situazioni volgari degne del Vernacoliere. Viene da chiedersi se
servivano ben tre soggettisti e tre sceneggiatori per scrivere una simile
sciocchezza.
Non solo: la fotografia è anonima, la musica orrenda, il montaggio
poco serrato e i tempi comici sono inesistenti. In compenso Ruffini pretende di
farci la morale ed esprime la sua concezione della vita quando lo sfigato si
ribella e accusa gli amici di stare insieme solo perché diversi. Ruffini
rincara la dose in uno stucchevole lieto fine: “Nessuno è sfigato se ha degli amici!”.
Non perdete i titoli di coda, subito dopo una comparsata di Diego Abatantuono
che passeggia con il cellulare, perché sono la cosa migliore del film. Potete
gustare una divertente raccolta di errori con le sequenze tagliate da Fuga di cervelli. Cinque milioni di euro
d’incasso. Persino troppi. Nonostante tutto Paolo Ruffini è uscito con un nuovo
film: Tutto molto bello (2014). Un
titolo che presta il fianco a facili battute. Registriamo lo sconforto per un
mercato cinematografico in cui giovani di talento faticano a realizzare
progetti originali mentre prodotti indefinibili escono sotto l’egida di Colorado
Film e Medusa.
anche io ho cercato di trovarci dentro qualcosa di buono, ma pur sforzandomi non ci sono davvero riuscito...
RispondiEliminaRuffini non mi ha mai fatto ridere e non ho mai sentito l'impulso di vedere un suo film: leggendo questa tua recensione desumo di aver fatto bene a non sprecare così il mio tempo.
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