sabato 13 settembre 2014

Mussolini ultimo atto (1974)

di Carlo Lizzani


Regia: Carlo Lizzani. Soggetto e Ricerca Storica: Fabio Pittorru. Sceneggiatura: Carlo Lizzani, Fabio Pittorru. Produttore: Enzo Peri per Aquila Cinematografica. Fotografia: Roberto Gerardi. Montaggio: Franco Fraticelli. Musiche: Ennio Morricone. Direzione Musiche: Bruno Nicolai. Scenografia: Carlo Gervasi, Amedeo Fago. Costumi: Ugo Pericoli. Trucco: Alberto e Giannetto De Rossi. Interpreti: Rod Steiger (doppiato da Nando Gazzolo), Franco Nero, Lisa Gastoni, Lino Capolicchio, Henry Fonda (doppiato da Giorgio Piazza), Rodolfo Dal Pra, Tom Felleghy, John Stacy, Giacomo Rossi Stuart, Giuseppe Addobbati, Renato Paracchi.


Carlo Lizzani (1922 - 2013) è uno dei registi italiani più impegnati del Novecento, una pietra miliare della nostra storia del cinema, poco studiato e persino poco celebrato nell’anno della sua morte. Ex partigiano, non poteva fare a meno di girare un film su Mussolini e di esprimere il suo parere sugli ultimi eventi della guerra di liberazione. Partecipa alla resistenza romana, attivista del Partito Comunista, scrive libri di critica, saggi, sceneggiature neorealiste per De Santis, Rossellini e Lattuada. Il suo debutto alla regia è segnato dal documentario Nel mezzogiorno qualcosa è cambiato (1950) e dal film Achtung! Banditi! (1951). Tra i suoi lavori più importanti: Cronache di poveri amanti (1954), Fontamara (1980), Mamma Ebe (1985), Caro Gorbaciov (1988) e i televisivi Un’isola (1986) e La trappola (1989). Dirige la Mostra del cinema di Venezia, dal 1979 al 1982, si ricorda per molti saggi storico - critici sul cinema italiano e per un’autobiografia (Il mio lungo viaggio nel secolo breve). Muore nella sua città natale - Roma -, a 91 anni, cremato al cimitero Flaminio dopo funerali in forma civile.


Mussolini ultimo atto è uno dei suoi film più celebrati e trasmessi dalle televisioni italiane. Fabio Pittorru compie un’attenta ricostruzione storica e scrive un soggetto basato sulla versione ufficiale della fucilazione di Mussolini e della Petacci, avvenuta all’ingresso di villa Belmonte, nella zona di Dongo da parte del colonnello partigiano Valerio. Non si fa alcun cenno ad altre ipotesi meno attendibili come quella della uccisione presso casa De Maria. Un film ritenuto scomodo, al punto che il 30 aprile, durante la proiezione, venne fatto esplodere un ordigno al plastico presso un palazzo del centro di Savona. Lizzani è simpatizzante comunista, ma dimostra molta pietas umana nei confronti della figura di Benito Mussolini e soprattutto verso una donna innamorata come Claretta Petacci. Lascia il giudizio politico alla storia, fa pronunciare un atto di accusa contro il fascismo ai personaggi dei partigiani, preferendo mettersi da parte e tracciare la psicologia di un uomo sconfitto. 


Lizzani ripercorre la parabola decadente di Mussolini, dopo la fine della Repubblica di Salò, racconta gli ultimi giorni del duce in fuga, fino alla sua cattura, travestito da soldato tedesco, avvenuta a Dongo, da parte della sezione Garibaldi dei partigiani di Como. La figura di Mussolini è quella di un uomo patetico, sconfitto, che ricorda con nostalgia il passato splendore, cercando di convincere i suoi aguzzini che la colpa è stata soltanto di Hitler. Il regista alterna la fiction realistica, che gode di una perfetta ricostruzione ambientale e scenografica, con filmati d’epoca che documentano gli eccidi bellici, la lotta fascista contro i partigiani, gli orrori della guerra civile, ma anche le parate e i fasti d’un regime che celebra se stesso. Musica di Morricone suggestiva e mai invadente, fotografia lacustre e montana dai toni pastello che varia dal giallo ocra al rosso soffuso, come per rendere la tristezza degli ultimi giorni di vita d’un uomo finito, montaggio serrato, costumi e ambienti ben ricostruiti. 


Rod Steiger è un Mussolini troppo caricaturale e la sua mimica facciale non cambia quasi mai. In compenso Lisa Gastoni è una Claretta Pettacci umana e credibile, il ritratto dolente d’una donna innamorata che non sa vivere senza il suo uomo e sceglie di morire insieme a lui. Per quanto gli ultimi giorni del duce sono il racconto d’una vigliaccheria quasi esibita, la figura eroica che sovrasta il racconto è proprio quella della sua amante. Franco Nero è il comandante Valerio, colui che è deputato a eseguire la sentenza di morte per evitare che gli americani catturino Mussolini e lo sottraggano alla giustizia popolare. Perfetto nei panni del duro, del partigiano senza scrupoli, così come è bravo Lino Capolicchio a impersonare il partigiano più razionale e umano. Henry Fonda è un impacciato cardinale di Milano, fuori parte, un interprete sprecato per un simile ruolo. 


Carlo Lizzani gira il film come se fosse un documentario, imprimendo toni realistici che solo in poche occasioni lasciano spazio al melodramma romantico. Ottima la tecnica del flashback con cui il regista alterna la decadenza degli ultimi giorni e i ricordi dei fasti imperiali, inserendo opportuni filmati d’epoca prelevati dai cinegiornali anni Trenta prodotti dall’Istituto Luce. Ne viene fuori un racconto partecipe, emotivo, compassionevole delle ultime ore di Mussolini. La critica di sinistra degli anni Settanta puntò il dito accusatore sul fatto che nelle sequenze finali lo spettatore è portato a parteggiare per il duce e a desiderare che non venga fucilato. In definitiva sono i partigiani a fare la figura degli spietati esecutori d’una sentenza che non tiene in minimo conto la pietas umana. Mussolini, invece, sembra un uomo distrutto, indifeso, che pensa alla salvezza di moglie e figli, che vuole accanto a sé negli ultimi istanti l’adorata Claretta. Un uomo solo, abbandonato da tutti, disperato, in fuga dal suo passato, che “sarà ricordato come l’uomo che ha fatto arrivare i treni in orario”, come dice il cardinale di Milano al suo segretario.

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