Regia: Vittorio De Sica. Soggetto: Luigi Pirandello.
Sceneggiatura: Massimo Franciosa, Diego Fabbri, Luisa Montagnana. Fotografia:
Ennio Guarnieri. Montaggio: Franco Arcalli. Musiche: Manuel De Sica (incise da
Nancy Cuomo). Scenografia: Luigi Scaccianoce. Coreografia: Umberto Perugia.
Costumi: Marcel Escoffier. Assistenti alla Regia: Luisa Alessandri, Franco
Cirino, Giuseppe Cino. Produzione: Italia/ Francia. Case di Produzione:
Compagnia Cinematografica Champion, Capac. Produttore: Carlo Ponti. Durata:
102’. Genere: Drammatico. Interpreti: Sophia Loren, Richard Burton, Annabella
Incontrera, Daniele Vargas, Ian Bannen, Barbara Pilavin, Renato Pinciroli,
Daniele Pitani, Sergio Bruni, Ettore Geri, Olga Romanelli, Isabelle Marchall,
Riccardo Mangano, Luca Bonicalzi, Antonio Anelli, Francesco Leoni.
Il viaggio è il miglior film per augurare buon compleanno a
Sophia Loren che, oggi, 20 settembre 2014, compie 80 anni. Quando ha
interpretato questo intenso e coinvolgente melodramma era una stupenda donna di
quarant’anni, talmente brava da aggiudicarsi il David di Donatello come migliore
attrice protagonista e il primo premio al Festival del Cinema di San Sebastian per
la migliore interpretazione femminile. Non gode di buona critica l’ultima regia
di Vittorio De Sica, che Paolo Mereghetti definisce non troppo felice, formato esportazione, a base di rallenti e colore
locale. Non condividiamo, nonostante Morandini rincari: “Ultimo film di De
Sica, uno dei suoi peggiori: decorativo, lezioso, inattendibile”. Tullio Kezich
se la prende persino con la coppia Loren - Burton che (a suo dire) non funziona:
“Lui pensa ad altro, lei recita di maniera”.
Certo, se paragoniamo Il viaggio ai capolavori del periodo neorealista scritti insieme a Cesare Zavattini, siamo in presenza di un lavoro minore all’interno della filmografia di De Sica. Ma se accettiamo la pellicola come un adattamento in salsa melodrammatica di una novella di Pirandello, un storia d’amore e morte ambientata alla perfezione tra la campagna di Libia e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, dobbiamo promuoverlo a pieni voti. Il viaggio è un film in costume, dotato di una stupenda colonna sonora scritta dal figlio del regista (Manuel) e di una fotografia anticata, flou, dai colori ocra e dalle tonalità pastello, terra bruciata dal sole, che rispecchia l’ambiente siciliano.
Produzione fastosa di Carlo Ponti che pensa al mercato statunitense e al botteghino, ma lascia liberi gli autori di realizzare un’opera d’arte, visivamente impeccabile, pur in presenza di una sceneggiatura prevedibile. Sophia Loren è Vittoria, donna insoddisfatta per aver contratto un matrimonio senza amore, che riversa il suo affetto sul figlio. Quando muore il marito in uno spettacolare incidente stradale può concedersi una fuga sentimentale con il cognato (Burton) di cui è sempre stata innamorata. Al paese, intanto, le malelingue parlano dei due amanti, la madre di Vittoria scrive per pretendere il rientro e far tacere la vergogna che sommerge la famiglia. Vittoria è malata di cuore e un’ultima forte emozione le sarà fatale. Morirà tra le braccia dell’amato in una scena finale straziante e melodrammatica.
Certo, se paragoniamo Il viaggio ai capolavori del periodo neorealista scritti insieme a Cesare Zavattini, siamo in presenza di un lavoro minore all’interno della filmografia di De Sica. Ma se accettiamo la pellicola come un adattamento in salsa melodrammatica di una novella di Pirandello, un storia d’amore e morte ambientata alla perfezione tra la campagna di Libia e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, dobbiamo promuoverlo a pieni voti. Il viaggio è un film in costume, dotato di una stupenda colonna sonora scritta dal figlio del regista (Manuel) e di una fotografia anticata, flou, dai colori ocra e dalle tonalità pastello, terra bruciata dal sole, che rispecchia l’ambiente siciliano.
Produzione fastosa di Carlo Ponti che pensa al mercato statunitense e al botteghino, ma lascia liberi gli autori di realizzare un’opera d’arte, visivamente impeccabile, pur in presenza di una sceneggiatura prevedibile. Sophia Loren è Vittoria, donna insoddisfatta per aver contratto un matrimonio senza amore, che riversa il suo affetto sul figlio. Quando muore il marito in uno spettacolare incidente stradale può concedersi una fuga sentimentale con il cognato (Burton) di cui è sempre stata innamorata. Al paese, intanto, le malelingue parlano dei due amanti, la madre di Vittoria scrive per pretendere il rientro e far tacere la vergogna che sommerge la famiglia. Vittoria è malata di cuore e un’ultima forte emozione le sarà fatale. Morirà tra le braccia dell’amato in una scena finale straziante e melodrammatica.
Vittorio De Sica realizza un capolavoro di scenografie
e di ambientazione, tra musiche come Tripoli
bel suo d’amore, partenze di soldati per la guerra, grida di strilloni che
annunciano l’attentato di Sarajevo, fantastiche mulattiere sicule che si
alternano a paesaggi napoletani e veneziani. Citazioni del primo cinema muto,
rapporti nobiliari e convenzioni d’altri tempi, il fratello maggiore che si
sacrifica per compiere la volontà del padre, tutto contribuisce a costruire un
solido melodramma, interpretato con intensità dai due protagonisti.
Molto teatrale, girato in quattro colori e formalmente perfetto, con una musica struggente in sottofondo, un pianoforte romantico che accompagna una sublime ricostruzione d’epoca. Colore locale alla base della storia, tra raccolta di limoni e scacciapensieri, contadini siciliani, popolani e ricchi nobili d’altri tempi. Sophia Loren è talmente brava che si doppia in siciliano, anche se la sua inflessione napoletana è dura da cancellare.
Girato in inglese e doppiato in italiano, per esigenze di esportazione. Molti rallenti per narrare una bella storia d’amore d’altri tempi, che giunge a compimento troppo tardi, una love story senza speranza che sfuma a Venezia, tra le braccia della morte. Il melodramma tocca il suo culmine proprio mentre la grande guerra sta per sconvolgere l’Europa. Un film girato senza economia, tra Siracusa, Palermo, Milano, Napoli e Venezia. Interni Cine Studi Dear di Roma. Da rivedere.
Molto teatrale, girato in quattro colori e formalmente perfetto, con una musica struggente in sottofondo, un pianoforte romantico che accompagna una sublime ricostruzione d’epoca. Colore locale alla base della storia, tra raccolta di limoni e scacciapensieri, contadini siciliani, popolani e ricchi nobili d’altri tempi. Sophia Loren è talmente brava che si doppia in siciliano, anche se la sua inflessione napoletana è dura da cancellare.
Girato in inglese e doppiato in italiano, per esigenze di esportazione. Molti rallenti per narrare una bella storia d’amore d’altri tempi, che giunge a compimento troppo tardi, una love story senza speranza che sfuma a Venezia, tra le braccia della morte. Il melodramma tocca il suo culmine proprio mentre la grande guerra sta per sconvolgere l’Europa. Un film girato senza economia, tra Siracusa, Palermo, Milano, Napoli e Venezia. Interni Cine Studi Dear di Roma. Da rivedere.
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