domenica 14 settembre 2014

Che casino… con Pierino! (1982)

di Bitto (Adalberto) Albertini



Regia: Bitto (Adalberto) Albertini. Soggetto e Sceneggiatura: Bitto Albertini. Fotografia. Luigi Ciccarese (Technicolor). Scenografie e Costumi: Salvatore Siciliano. Musiche. Nico Fidenco (Edizioni Musicali Roma). Operatore alla Macchina: Carlo Aquari. Aiuto Regista: Mauro Mariani. Fotografo di scena. Gianni leacche. Direttore di Produzione: Roberto Bessi. Casa di Produzione: Anaconda Film (Roma). Teatri di Posa: De Paolis - Incir (Roma). Interpreti: Roberto Gallozzi, Nino Terzo, Antonella Prati, Italo Vegliante, Mara Mays, Giusy Valeri, Marcello Martana, Luciano Martana, Alfredo Adami, Gualtiero Rispoli.



Che casino… con Pierino! è il punto più basso raggiunto dai Pierini apocrifi, ma in assoluto uno dei film italiani più brutti del Novecento, al punto di essere diventato un’icona del trash, un lavoro da vedere e rivedere per rendersi conto fino a che punto poteva spingersi la follia di uno sceneggiatore e l’azzardo di un regista. Bitto (Adalberto) Albertini (1924 - 1999) è un artigiano niente male che nel cinema ha fatto proprio di tutto. Basta sfogliare le pagine del Poppi (I Registi Italiani, Gremese) per rendersi conto che comincia a 18 anni come assistente operatore, prosegue come direttore della fotografia (una serie interminabile di titoli dal 1948 al 1986) e operatore alla macchina (dal 1946 al 1953), per debuttare alla regia nel 1966 con Supercolpo da 7 miliardi (che scrive, sceneggia e organizza).  



La sua firma come direttore della fotografia compare su circa 70 film, piuttosto curati dal punto di vista formale, soprattutto i lavori in bianco e nero, anche se sono opere commerciali e di scarso valore artistico. Come regista firma una ventina di lavori, si ricorda per il volgarissimo - ma ben girato - decamerotico Metti lo diavolo tuo ne lo mio inferno (1972) che ha pure un sequel (…e continuavano a mettere lo diavolo ne lo inferno, 1973) e due pellicole erotiche come Emanuelle nera (1975) ed Emauelle nera 2 (1976). Film avventurosi, erotici, comici, persino mondo movie (Nudo e crudele, 1985 e Mondo senza veli, 1985 sono i suoi ultimi lavori) per un regista senza ambizioni intellettuali o artistiche, ma che produce lavori dignitosi da un punto di vista tecnico. Che casino… con Pierino! è una macchia anche da questa angolazione, perché è un film davvero raffazzonato. Firma quasi sempre Bitto Albertini, anche se a volte ricorre a pseudonimi anglofoni: Al Albert, Albert J. Walker, Stanley Mitchell, Albert Thomas, Ben Norman.



Che casino… con Pierino! comincia alla grande con il protagonista (Roberto Gallozzi, attore di fotoromanzi) che fa il gesto dell’ombrello rivolto alla scuola, schiaccia sotto i piedi la cartella e decide di mettersi a lavorare. Pierino frequenta la scuola elementare (il Pierino di Vitali, le medie), indossa un grembiule nero e un vistoso fiocco azzurro. La parte più originale del film è il prologo, narrato come una storia a fumetti del Signor Bonaventura, il famoso personaggio creato da Sergio Tofano per il Corriere dei Piccoli. I lavori che Pierino tenta di fare sono molti: fornaio, meccanico, elettrauto, macellaio, parrucchiere per signora, benzinaio, cantante… ma finisce sempre per combinare guai. Un ridicolo commento esterno, una voce fuori campo impostata, recita le avventure di Pierino in rima come se fossero didascalie di un fumetto. La tecnica di regia ricorre alla fast-motion  per citare il cinema muto e le vecchie comiche, ma il tenore delle battute e delle situazioni rasenta il ridicolo. Partono i titoli di testa e comincia il film, mentre lo spettatore incredulo ha già conosciuto Il Pantera (Italo Vegliante, un caratterista scomparso dopo effimera notorietà), amico di Pierino specializzato nell’imitazione della Pantera Rosa, e la fidanzata Marisa (una sexy Antonella Prati).



La cosa migliore del film è la musica di Nico Fidenco, si resta stupefatti di come un musicista del suo valore abbia potuto partecipare a una boiata galattica come questa. La sigla di testa, il leitmotiv del film e la canzone che scorre sui titoli di coda fa: “Che casino con Pierino… è il terrore del vicino!”. Certo, non un capolavoro, ma orecchiabile, divertente e intonata al clima da farsa grottesca. La pellicola è imbastita di dialoghi, battute, situazioni e barzellette di una volgarità senza limiti. Non si possono raccontare. Il film va visto per rendersi conto con i propri orecchi e con la propria vista di come si possano non solo superare, ma persino frantumare, i limiti del buon gusto. Nino Terzo - caratterista dalla voce afona - è lo zio di Pierino, proprietario di un bar, specializzato in grandi dormite, russa come un trombone e scoreggia come un animale. Non è molto intelligente perché ogni giorno subisce lo stesso scherzo da due antipatici avventori, uno siculo e l’altro toscano. “Abbiamo visto Gargiulo”, gli dicono. “E chi è Gargiulo?”, chiede Terzo. “Quello che te lo mette in culo!”, rispondono in coro i due burloni. Nino Terzo recita una parte da idiota integrale che fa ridere da quanto è patetica, non riesce neppure a replicare come concordato con la moglie: “E io ho incontrato Bertè… quello che lo mette in culo a te”, perché i due avventori rispondono che Bertè è l’amico di Gargiulo e lui come un fesso: “E chi è Gargiulo?”. 



Una gag patetica, ripetuta all’infinito, un’icona del trash fatto cinema (?), ma c’è di peggio, perché subito dopo tre donne recitano penose battute sui fidanzati neri, che dire razziste non rende bene l’idea. “Il mio è così nero che quando entra in una stanza si deve accendere la luce”, è la conclusione che vorrebbe essere comica. Un film girato e recitato in maniera dilettantesca, pieno zeppo di barzellette assurde e senza senso. La domestica di casa è volgarissima, rozza, incapace, parla in ciociaro, si esprime a parolacce, risponde al telefono con frasi tipo: “Il padrone nun po’ veni’. Sta’ ar cesso”. Quando le chiedono di essere più gentile afferma che “il padrone è al bagno”, ma quando le domandano: “Ce ne avrà per molto?”, risponde: “Non lo so, ma credo faccia presto, quando è entrato stava già scoreggiando”. Copiata da Vitali in un Pierino classico, ma volgarizzata al massimo. Molte le battute riciclate, ma parecchie barzellette e storielle nuove sono così scurrili e stupide che nessuno aveva mai avuto il coraggio di sceneggiarle. 



Basti pensare all’ex calciatore gay che al bar racconta le sue prodezze al negativo dicendo che godeva a farsi mandare affanculo dalla folla, oppure all’americana che impara una parola al giorno ma che scambia testa con culo. Roberto Gallozzi è un Pierino sopra le righe, aiuto barista dello zio, fa lo zabaione e sembra masturbarsi, serve la colazione in camera a un’americana supersexy, frequenta una fidanzata porcellona (Prati), si vede con un idiota integrale come l’amico Pantera e fa esperienze erotiche con la sorella puttana, specializzata a Bologna. Bitto Albertini gira un Pierino che non ha niente di scolastico, il solo esame sostenuto dal protagonista è quello delle urine e teme pure d’essere rimandato, ma per il resto è una comicità lavorativa. Un Pierino imbarazzante che sta a metà strada tra il barzelletta - movie, la commedia sexy e la comicità grottesca e volgare d’un erotico - campagnolo di serie Z. Originale parte di cinema nel cinema con Pierino e la fidanzata che assistono a un gangster - movie volgarissimo dove un assurdo Scarface afferma che “caca in testa a certi compagni di cella” mentre con altri “si pulisce il culo”. La fidanzata afferma: “Sono belli questi film americani. I film italiani sono pieni di volgarità e di parolacce. Questo sì che è un film vero!”. Albertini la prende in parola e subito dopo immortala Pierino che orina sull’autobus perché non c’è scritto divieto di pisciare. Un film del tutto privo di ritmo e di trovate divertenti, che procede per storielle scollegate: il rapimento dello zio, l’alfabeto Morse a suon di scoregge, l’uomo che gli puzza il fiato (consigliati sciacqui di merda), i boy scout che si perdono, la gag del pattone al pelato (copiata). Nino Terzo stitico è uno dei punti più bassi del film.  Memorabile la tristezza della rozza domestica: “Era una festa svegliarsi tra le sue scoregge. Ora c’ha il culo muto!”. Ancor meglio la preghiera della moglie per il marito che non riesce a defecare: “Possa caca’. Possa caca’…!”. Antonella Prati accenna una timida sequenza da commedia sexy quando resta a seno nudo mentre Pierino spia nascosto dietro la tenda del bar. 



Da ricordare Italo Vegliante e le sue patetiche imitazioni: Pantera Rosa, pistoleri western, Elvis Presley…Il film finisce in bruttezza con Pierino e Pantera che vanno in gita in Austria e durante una gara ciclistica offendono i partecipanti. A un certo punto passa un corridore italiano, capisce le ingiurie e grida: “Stronzi!”. Parte la colonna sonora e scorrono i titoli di coda, mentre il povero spettatore non crede a quel che ha visto, pensa che sia stato un incubo, oppure uno scherzo di qualche amico burlone. Il cinema di genere era anche questo, prima del television-movie. E forse era giusto così…



Nessun commento:

Posta un commento