mercoledì 24 settembre 2014

Di mamma non ce n’è una sola (1973)

di Alfredo Giannetti


Regia: Alfredo Giannetti. Soggetto: Ugo Liberatore. Sceneggiatura: Alfredo Giannetti. Fotografia: Alberto Spagnoli. Colore. Technicolor. Montaggio: Renato Cinquini. Musiche: Armando Trovajoli (Edizioni Musicali C.A.M.). Scenografie. Giorgio Gallani. Direttore di Produzione: Mario Cotone. Assistente alla Regia: Mario Garriba. Operatore alla Macchina: Emilio Loffredo. Fotografo di Scena: Giuliana De Rossi. Produttori: Giuseppe Zaccariello e Carmine De Benedittis. Casa di Produzione: Nuova Linea Cinematografica. Interpreti: Lino Capolicchio, Senta Berger, Sonia Petrova, Vittorio Caoprioli, Lionel Stander, Isabelle Marchall, Enrico Tricarico, Luigi Antonio Guerra, Silla Bettini, Vanni Castellani. Teatri di Posa: De Paolis (Roma). Esterni: Firenze.


Di mamma non ce n’è una sola è una commedia erotica grottesca, scritta da Ugo Liberatore - inventore dell’esotico - erotico e girata da Alfredo Giannetti (1924 - 1995), un grande cineasta che - tra alti e bassi - ha dato molto al nostro cinema. Roberto Poppi ci è di aiuto con il suo prezioso manuale per ricordarci che si tratta di un soggettista - sceneggiatore, cresciuto alla corte di De Santis e collaboratore di Germi. Giannetti diventa lo sceneggiatore di fiducia di Germi, scrive melodrammi neorealisti come Il ferroviere e commedie bucoliche come Serafino. Tra i suoi pochi film ricordiamo il debutto con il drammatico Giorno per giorno disperatamente (1961), quattro lavori televisivi interpretati da Anna Magnani, alcune commedie (Bello come un arcangelo, 1974) e una gangster story con Franco Nero (Il bandito dagli occhi azzurri, 1980). Il suo ultimo film per il cinema è del 1983: Legati da tenera amicizia


Di mamma non ce n’è una sola non è il suo miglior lavoro, ma è resta nell’immaginario collettivo, sia per la rarità che l’ha trasformata in oggetto di culto tra i collezionisti, che per un cast importante, insolito in un lavoro senza pretese realizzato da Carmine de Benedittis. L’argomento è delicato: si narrano le vicissitudini di Marcello (Capolicchio), un figlio innamorato della madre (Berger), vittima del complesso di Edipo al punto che non riesce ad avere rapporti con le donne. Marcello instaura un legame morboso con la madre, che intanto se la fa con un giardiniere sporcaccione (Stander), anche se nel finale comprendiamo che si tratta del marito, da tutti ritenuto disperso in Africa. Il rapporto contessa - giardiniere (una vera e propria caccia nel bosco) ricorda la relazione tra la nobile e il guardacaccia ne L’amante di Lady Chatterly, come afferma lo stesso Stander durante un dialogo. Marcello deve scrivere un libro sulla madre, per questo la fotografa seminuda, mentre fa il bagno, rubando scatti in posizioni erotiche.


Il rapporto madre - figlio è scandagliato dal regista (anche sceneggiatore) in tutta la sua complessità, una sorta di amore - odio, una passione che frena la libido del ragazzo, soddisfatto di andare a letto con la mamma in maniera molto castra, come un bambino piccolo. Niente fa pensare all’incesto nel soggetto del film, la sceneggiatura mantiene un registro grottesco e persino surreale, da film comico, che non permette concessioni morbose. Le fidanzate del figlio vengono cacciate via con la complicità della madre, ben felice di restare la sola donna importante nella vita del ragazzo. 


René (Marchall) è l’ultima vittima di una situazione che mostra Lino Capolicchio in un’interpretazione sopra le righe, un figlio che cerca la madre in ogni donna e che  non desidera rapporti erotici. Sta bene nel lettone della madre dove ritrova come da bambino la casta posizione del seggiolino, che lo soddisfa in tutti i sensi, moralmente e sessualmente. Molto bravi anche Lionel Stander (il giardiniere/padre) e Vittorio Caprioli (Goffredo), nei panni di due laidi personaggi interessati a sesso e ricchezza, anche se il primo rivelerà il suo segreto. Quando muore la madre in un incidente il figlio è disperato, non si dà pace, ma finirà per scoprire che di madre non ce n’è una sola tra le braccia di Sandra (Petrova), una nuova fidanzata che ricorda sembianze e atteggiamenti materni. Sandra veste come la madre, indossa i suoi occhiali, la sua parrucca, prende il suo posto nel cuore del figlio, in ogni senso, completando il rapporto con un buon feeling erotico. 


Il film si arricchisce di parti oniriche con il figlio che sogna di ballare un valzer con Sandra e rivede sua madre, ma anche di sequenze che ricordano la pochade, tra scambi di camere, amanti nascosti sotto il letto e nell’armadio. La sceneggiatura prosegue con il giardiniere che elimina Goffredo gettandolo in una botte di vino, mentre lui stesso muore d’infarto davanti a Sandra che gli appare nuda. Marcello e Sandra si baciano, preludio a un intenso rapporto sessuale che sblocca il ragazzo e apre la strada alle nozze. 


Di mamma non ce n’è una sola è un film indefinibile, massacrato dalla critica che definisce sprecato un cast di ottimi attori chiamati a interpretare una storia banale. In parte è vero, ché soggetto e sceneggiatura sono abbastanza limitati, ma il regista realizza un film divertente su un tema delicato senza mai cadere nel volgare. Molti nudi, alcune sequenze erotiche, diversi strip della Berger e della Petrova, prove interessanti di Capolicchio (in un ruolo difficile e insolito da figlio mammone), Stander e Caprioli. Ottimo l’uso del rallenti, suggestiva la fotografia dalle tonalità soffuse giallo - ocra e verdastre, interessante la colonna sonora di Trovajoli, a metà strada tra l’allegro e il romantico. Buona l’ambientazione fiorentina e bucolica. Il regista è bravo a realizzare personaggi credibili, nonostante le situazioni surreali, mentre la sceneggiatura approfondisce psicologicamente il rapporto madre - figlio senza disdegnare un pizzico di giallo. Da riscoprire.

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