martedì 1 luglio 2014

Vai avanti tu che mi vien da ridere (1982)

di Giorgio Capitani 
 
 
Regia: Giorgio Capitani. Soggetto e Sceneggiatura: Franco Marotta, Sergio Natta, Laura Toscano. Fotografia: Giorgio Di Battista. Montaggio: Antonio Siciliano. Musiche: Piero Umiliani. Scenografia: Elio Micheli. Produttore: Galliano Juso. Genere: Commedia. Durata: 92’. Interpreti: Lino Banfi, Agostina Belli, Nando Paone, Luca Biagini, Chris Avram, Gordon Mitchell, Anna Teresa Rossini, Pino Colizzi, Fabrizia Castagnoli, Stefano Antonucci, Dino Cassio, Antonio Spinnato, Renato Cortesi, Sergio Tardioli, Pietro Zardini, Gianfilippo Carcano, Aldo Massasso, Diego Verdegiglio, Pietro Ceccarelli, Adriana Giuffrè, Mario Novelli, Vanni Materassi, Franca Scagnetti.
 
 
Vai avanti tu che mi vien da ridere (1982) è una commedia che ricicla vecchie battute e presenta il sapore della fiction televisiva. Lino Banfi conferisce comicità genuina alla storia, ma non sono più i tempi d’oro della commedia sexy e la sua prima volta con Capitani, alle prese con il cinema di serie A, non è memorabile. Il film è interessante perché ironizza con intelligenza sul poliziottesco, un genere che ha dato lustro al cinema italiano. Gli sceneggiatori Toscano, Marotta e Nasca imbastiscono una modesta trama gialla che mostra inseguimenti, sgommate, un minimo di vita poliziesca e di indagine, condita da battute da avanspettacolo. La musica di Piero Umiliani conferisce ritmo alla pellicola e sottolinea i momenti più divertenti. Il montaggio di Antonio Siciliano presenta tempi televisivi, ma ha un buon ritmo.
 
 
Pasquale Bellachioma (Banfi) è un imbranato commissario di polizia che ogni volta combina guai sulla scena del crimine. Pino Colizzi è il superiore, un tipo determinato che porta a termine ogni missione con successo, nemico giurato di Bellachioma, al punto che vorrebbe trasferirlo in provincia di Trento. Il povero commissario è vessato da una ex moglie, da un cane San Bernardo che lo segue ovunque e da un figlio terribile che usa la sua casa per organizzare feste. Il commissario Bellachioma cerca di riabilitarsi agli occhi dei superiori seguendo la pista di un travestito (Belli), importante testimone in una storia di attentati e utile per smascherare un killer internazionale (Mitchell). Il commissario perde la testa per il bel travestito, va in crisi per un sentimento che giudica contro natura, a un certo punto lei confessa di essere una donna, ma uno spiazzante finale lascia intuire che forse non è così vero.
 
 
Il film si basa su vecchi equivoci già visti in precedenti commedie sexy e su battute abbastanza divertenti ma riciclate. Le trovate sono mediocri, resta comunque una discreta commedia sofisticata che evita cattivo gusto e cadute di stile, trattando un argomento spinoso con classe ed eleganza. Il tono è da farsa ma lo schema narrativo segue le regole del giallo comico, della commedia poliziesca basata su un interprete sfortunato e su una comprimaria sexy. Lino Banfi ha tutte le caratteristiche per interpretare un imbranato commissario di polizia sfortunato e inetto. Tra l’altro l’aveva già fatto con buoni risultati comici in Brigadiere Pasquale Zagaria ama la mamma e la polizia (1973) di Luca Davan (Mario Forges Davanzati) - è un carabiniere ma il senso non cambia - e lo farà di nuovo nel più importante Il commissario Lo Gatto (1986) di Dino Risi.
 
 
Agostina Belli è molto sensuale, regala alcuni castigati striptease, diverse poste plastiche sul letto matrimoniale, ma si ricorda soprattutto quando Banfi le strappa la gonna e resta in calzamaglia trasparente. Molte sequenze citano la pochade e la commedia sexy, come la parte che vede Banfi e Belli sul cornicione di una finestra mentre nella stanza si consuma un rapporto sadomasochista tra un uomo e una donna. Immancabile la persiana spalancata che colpisce sul volto il povero commissario mentre pronuncia la frase fondamentale del film: “Vai avanti tu che mi vien da ridere!”.
 
 
Alcune battute trash sono tipiche del vecchio Lino Banfi della commedia sexy: “Quando la pasta non è al dente il cuoco è un deficiente!”, “La pasta al dente e il commissario non è fetente”, cose ingenue che dette con la tipica inflessione pugliese fanno sorridere. Infine citiamo la lite in autobus quando un forzuto passeggero tocca il sedere ad Agostina Belli e le sequenze dove Banfi si finge gay sfoderando una serie di movenze effeminate.
 
 
Vai avanti tu che mi vien da ridere è anche un film che cerca di affrontare il problema dei gay e di un amore diverso che mette in crisi un uomo che si reputa normale. Capitani vuol far riflettere sul tema senza essere didascalico, ma con gli strumenti della farsa che si compie nel rocambolesco finale. Agostina Belli è scoperta da Lino Banfi mentre fa pipì in piedi nel bagno degli uomini. “Sei proprio sicuro di volermi bene?”. La parola Fine lascia tutti nel dubbio.
 
 
Gordon Mitchell è il killer dall’espressione truce che non dice una parola, ma fa rimpiangere i tempi in cui interpretava Maciste. 

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