La commedia all’italiana classica si è
sempre tenuta a debita distanza da argomenti horror, con la sola eccezione del
geniale Steno (Stefano Vanzina) che
ha girato ben tre commedie horror: Tempi
duri per i vampiri (1959), Un
mostro… e mezzo (1964) e Dottor Jekyll e gentile signora (1979).
Tempi duri per i vampiri (1959) è interpretato da Renato Rascel, Sylva Koscina, Christopher Lee, Lia Zoppelli, Carl Very, Susanne Loret e Franco Scandurra. L’ambientazione è ricostruita all’interno dell’Hotel dei Castelli di Sestri Levante. Il conte Lamberteghi deve vendere il suo castello per superare grossi guai finanziari, ma c’è chi pensa di trasformarlo in un albergo di lusso. Lui dovrà impiegarsi come portiere di notte per tirare avanti. Christopher Lee - il Dracula dei film della Hammer - accetta di fare la parodia di se stesso e interpreta un vampiro che morde il conte Osvaldo Lamberteghi (Rascel). Il conte diventa un vampiro, ma non è portato per il ruolo e ne combina di tutti i colori. Il serioso Lee è la spalla ideale per il piccoletto Rascel, che concede al suo pubblico la solita interpretazione farsesca facendo una parodia del vampirismo. Una coppia così bizzarra e strampalata che fa ridere davvero. Alla fine - come nelle fiabe - sarà il bacio della fidanzata a salvare il vampirizzato. La pellicola è tratta da un’idea di Edoardo Anton e Mario Cecchi Gori ed è una scontata parodia di Dracula il vampiro (1958) di Terence Fisher. Resta nella memoria la canzone dei titoli di testa: “Dracula, vampiro dal nero mantello/ perché non ti mangi un bel pollo/ e lasci le donne campar!”.
Un mostro… e mezzo (1964) è il classico film con protagonisti Franco Franchi e Ciccio Ingrassia che si avvalgono della collaborazione di Margaret Lee, Alberto Bonucci, Anna Maria Bottini, Giuseppe Pertile, Lena von Lartens, Ugo Fangareggi e Susan Klemm. Ciccio è un medico pazzo che sottopone Franco a un esperimento di chirurgia, ma alla fine lo trasforma in un sosia del bandito Cesarone e partono i soliti equivoci della farsa. Il film è scritto e sceneggiato da Alessandro Continenza, inizialmente doveva essere interpretato da Totò e Boris Karloff, ma si ripiega sulla coppia comica siciliana che si scatena nel consueto repertorio di gag. Il tentativo di sezionamento in aula di Franco è notevole, Ciccio fa il verso a Vincent Price (notevole la somiglianza fisica) ma in versione più che grottesca, il finale è ironico e trasgressivo. La pellicola è ben diretta, gode di una sceneggiatura lineare e cita molti vecchi film sul mito di Frankenstein.
Tempi duri per i vampiri (1959) è interpretato da Renato Rascel, Sylva Koscina, Christopher Lee, Lia Zoppelli, Carl Very, Susanne Loret e Franco Scandurra. L’ambientazione è ricostruita all’interno dell’Hotel dei Castelli di Sestri Levante. Il conte Lamberteghi deve vendere il suo castello per superare grossi guai finanziari, ma c’è chi pensa di trasformarlo in un albergo di lusso. Lui dovrà impiegarsi come portiere di notte per tirare avanti. Christopher Lee - il Dracula dei film della Hammer - accetta di fare la parodia di se stesso e interpreta un vampiro che morde il conte Osvaldo Lamberteghi (Rascel). Il conte diventa un vampiro, ma non è portato per il ruolo e ne combina di tutti i colori. Il serioso Lee è la spalla ideale per il piccoletto Rascel, che concede al suo pubblico la solita interpretazione farsesca facendo una parodia del vampirismo. Una coppia così bizzarra e strampalata che fa ridere davvero. Alla fine - come nelle fiabe - sarà il bacio della fidanzata a salvare il vampirizzato. La pellicola è tratta da un’idea di Edoardo Anton e Mario Cecchi Gori ed è una scontata parodia di Dracula il vampiro (1958) di Terence Fisher. Resta nella memoria la canzone dei titoli di testa: “Dracula, vampiro dal nero mantello/ perché non ti mangi un bel pollo/ e lasci le donne campar!”.
Un mostro… e mezzo (1964) è il classico film con protagonisti Franco Franchi e Ciccio Ingrassia che si avvalgono della collaborazione di Margaret Lee, Alberto Bonucci, Anna Maria Bottini, Giuseppe Pertile, Lena von Lartens, Ugo Fangareggi e Susan Klemm. Ciccio è un medico pazzo che sottopone Franco a un esperimento di chirurgia, ma alla fine lo trasforma in un sosia del bandito Cesarone e partono i soliti equivoci della farsa. Il film è scritto e sceneggiato da Alessandro Continenza, inizialmente doveva essere interpretato da Totò e Boris Karloff, ma si ripiega sulla coppia comica siciliana che si scatena nel consueto repertorio di gag. Il tentativo di sezionamento in aula di Franco è notevole, Ciccio fa il verso a Vincent Price (notevole la somiglianza fisica) ma in versione più che grottesca, il finale è ironico e trasgressivo. La pellicola è ben diretta, gode di una sceneggiatura lineare e cita molti vecchi film sul mito di Frankenstein.
Dottor Jekyll e gentile signora (1979) è una commedia basata su un’idea di Castellano e
Pipolo. La sceneggiatura è di Leo Benvenuti, Piero De Bernardi e dello stesso
Steno. Interpreti: Paolo Villaggio, Edwige Fenech, Gianrico Tedeschi, Gordon
Mitchell, Paolo Paoloni e Paolo Arduini. L’azione si svolge a Londra come nel
racconto di Stevenson, però Steno ambienta tutto ai tempi nostri e Paolo
Villaggio interpreta un moderno dottor Jekyll consigliere di una
multinazionale. L’azienda ha invaso il mondo con i prodotti inquinanti e il
nostro uomo è un perfido mostro del potere economico. Jekyll è peloso e
cattivissimo, ma da un po’ di tempo è vittima di sporadici attacchi di bontà e
vuole correre ai ripari. Un giorno finisce nello scantinato di casa sua dove
trova il vecchio nonno Hyde che gli fa bere una strana pozione. Il perfido
nonno sa che quel liquido lo farà diventare una creatura angelica: si tratta
dell’ultima cattiva azione prima di morire incenerito dalla corrente elettrica.
Questo espediente di far entrare in scena il nonno è eccessivo, siamo in un
film comico che arriva a far dire ad Hyde: “Mi sono mantenuto in vita con i
diritti dei film”, ma si vorrebbe addirittura far credere che viveva nello
scantinato e nessuno lo sapeva.
Tutto questo ricorda l’antica tecnica teatrale del deus ex machina che vedeva calare dall’alto il personaggio risolutivo. Il dottor Jekyll si trasforma nel serafico e angelico Mister Hyde, un mostro di bontà che si esprime in un buffo dialetto veneto. Edwige Fenech è Barbara Wintley, prima studentessa di economia aziendale e poi segretaria di Jekyll, che ha ottenuto il posto accanto al maestro facendo fuori una concorrente. Purela Wintley è perfida e insieme a Jekyll mettono su
un piano ai danni della regina Elisabetta che l’angelico Mister Hyde riesce a
sventare. Il dottor Jekyll è innamorato della bella segretaria ma Barbara prova
attrazione per Mister Hyde ed è per questo che Villaggio decide di trasformarsi
ancora. Il problema è che nei panni di Mister Hyde è talmente buono che non
prova nessun desiderio sessuale. Alla fine pure la segretaria viene trasformata
in un angelo di bontà e la coppia decide di spruzzare il mondo con il siero del
nonno. Per i dirigenti della multinazionale è una vera manna: non sarà un mondo
di buoni a spaventarli. Non c’è un lieto fine perché chi trionfa sono i cattivi
che dominano facilmente un mondo angelico.
Dottor Jekyll e gentile signora è una parodia piuttosto scontata del racconto di Stevenson che si salva per la recitazione di Villaggio e per qualche centimetro di pelle esibito dalla Fenech. La sceneggiatura è povera, si basa su luoghi comuni e battute scontate. Marco Giusti afferma che il film è talmente brutto da superare ogni limite del possibile, quindi è quasi un cult. Il ragionamento è singolare ma non fa una grinza se accettiamo la concezione filosofica di cult al negativo.
Da ricordare come esempio di trash le musiche di Armando Trovayoli che firma la canzonetta “Mr. Jekill & Mr. Hyde” cantata da un ignoto Mr. Hyde. Ma il massimo del trash si raggiunge con un ignobile finale che rasenta il ridicolo. Gli operai della fabbrica spruzzata dal siero della bontà cantano: “Siamo tutti bon/ lavoriamo al progetton” e ancora “Il lavoro nobilita l’uomo”. Quando tutti gli uomini del mondo sono diventati angelici vediamo gli scioperi al contrario con gli operai che gridano: “Padroni… padroni… siete troppo buoni!” ed esigono settimana lunga, niente ferie e salari ridotti.
Tutto questo ricorda l’antica tecnica teatrale del deus ex machina che vedeva calare dall’alto il personaggio risolutivo. Il dottor Jekyll si trasforma nel serafico e angelico Mister Hyde, un mostro di bontà che si esprime in un buffo dialetto veneto. Edwige Fenech è Barbara Wintley, prima studentessa di economia aziendale e poi segretaria di Jekyll, che ha ottenuto il posto accanto al maestro facendo fuori una concorrente. Pure
Dottor Jekyll e gentile signora è una parodia piuttosto scontata del racconto di Stevenson che si salva per la recitazione di Villaggio e per qualche centimetro di pelle esibito dalla Fenech. La sceneggiatura è povera, si basa su luoghi comuni e battute scontate. Marco Giusti afferma che il film è talmente brutto da superare ogni limite del possibile, quindi è quasi un cult. Il ragionamento è singolare ma non fa una grinza se accettiamo la concezione filosofica di cult al negativo.
Da ricordare come esempio di trash le musiche di Armando Trovayoli che firma la canzonetta “Mr. Jekill & Mr. Hyde” cantata da un ignoto Mr. Hyde. Ma il massimo del trash si raggiunge con un ignobile finale che rasenta il ridicolo. Gli operai della fabbrica spruzzata dal siero della bontà cantano: “Siamo tutti bon/ lavoriamo al progetton” e ancora “Il lavoro nobilita l’uomo”. Quando tutti gli uomini del mondo sono diventati angelici vediamo gli scioperi al contrario con gli operai che gridano: “Padroni… padroni… siete troppo buoni!” ed esigono settimana lunga, niente ferie e salari ridotti.
Nessun commento:
Posta un commento