Regia, Soggetto, Sceneggiatura:
Pier Paolo Pasolini. Fotografia: Giuseppe Ruzzolini. Montaggio: Nino Baragli.
Musiche Originali: Ennio Morricone (Edizioni Musicali Curci). Direzione
Musiche: Bruno Nicolai. Tema Musicale: Messa di Requiem di Wolfgang Amadeus
Mozart, eseguita da Accademie Russian Chorus e Orchestra Sinfonica Filarmonica
di Mosca. Scenografie: Luciano Puccini. Costumi: Marcella De Marchis. Operatore
alla Macchina: Otello Spila. Tecnico del Suono: Dino Fronzetti. Aiuto Regista.
Sergio Citti. Direttore di Produzione: Paolo Frascà. Produttori: Franco
Rossellini, Manolo Bolognini. Teatri di Posa: Elios Film (Roma). Interpreti:
Silvana Mangano, Terence Stamp, Massimo Girotti, Anne Wiazemsky, Laura Betti,
Andres José Cruz Soublette, Ninetto Davoli, Carlo De Mejo, Adele Cambria, Luigi
Barbini, Ivan Scratuglia, Alfonso Gatto.
Teorema è uno
dei lavori più politici di Pier Paolo Pasolini, intriso di cultura
sessantottina, di messaggi rivoluzionari e antiborghesi, costruito fondendo
parabola e pamphlet in una struttura impensabile ai giorni nostri. Tutto deriva
dal romanzo lirico Teorema che
Pasolini aveva pubblicato per Garzanti, un’opera interessante e insolita,
composta di brani poetici che lasciano il posto a lunghe parti in prosa. Il
racconto per immagini non si discosta dal contenuto narrativo e la volontà di
trasmettere un messaggio antiborghese resta intatta. In poche parole la trama.
Un giovane bellissimo e inquietante (Stamp) irrompe nel quotidiano di una
famiglia borghese, annunciato da un gioioso portatore di telegrammi (Davoli),
fa innamorare la serva (Betti), i figli, la madre (Mangano) e il padre
(Girotti), sconvolgendo le loro esistenze. Quando il giovane lascia la famiglia
nessuno può tornare alla vecchia esistenza, perché i riti quotidiani sono ormai
lettera morta. La serva decide di rientrare al paese natio dove finisce per
vivere un’esperienza di santità, cibandosi di ortiche ed elevandosi al cielo;
la figlia si ammala di nervi e viene ricoverata in un ospedale psichiatrico; il
figlio scopre la vocazione artistica ma le sue parole sono una critica al genio
dell’autore; la madre decide di rimorchiare ragazzi e non può fare a meno del
sesso; il padre scopre la sua diversità, abbandona i beni materiali, persino i
vestiti, per lanciarsi a gridare in mezzo al deserto. Il romanzo di Pasolini
terminava con la poesia Il grido, significativa
della liberazione espressa dal borghese che riusciva a far venire fuori tutta
la disperazione e il senso d’impotenza, lasciando dietro di sé una vita di
convenzioni.
Teorema parte
come un film inchiesta tra gli operai di una fabbrica sulla decisione del
padrone di lasciare tutto ai dipendenti rinunciando al ruolo borghese. Ma il
film vero e proprio deve ancora arrivare, perché il regista accompagna lo
spettatore dal bianco e nero al colore, dalle immagini silenziose ai dialoghi
verbosi e poetici, con una colonna sonora (la Messa di Requiem di Mozart)
intensa e una fotografia volutamente scialba e sfocata. Indimenticabili molti
piani sequenza della fabbrica deserta, di una Laura Betti sconvolta, di Silvana
Mangano drammaticamente perversa, di Massimo Girotti in preda alla follia
liberatoria. Pasolini alterna le immagini del deserto all’azione vera e
propria, per terminare ancora con il deserto e il grido del borghese che si
perde nel vento. La parabola contenuta in Teorema
consiste nel paragonare il ruolo del ragazzo a quello di un Gesù contemporaneo,
variabile impazzita che irrompe nella normalità borghese, irrazionale che
sconvolge il razionale, straordinario che distrugge l’ordinario e ogni
convenzione borghese. Terence Stamp è bravissimo nei panni del diverso che
rappresenta il cambiamento, la scoperta interiore e la consapevolezza del vuoto
interiore da superare. La famiglia borghese, messa a nudo e ormai sola con se
stessa, non riuscirà a superare la cognizione della propria nullità, imploderà senza
scampo in una definitiva deflagrazione. Tutti precipitano nel vuoto di un
inutile passato, a parte la serva che accetta un destino di santità e riesce a
trovare un vero ruolo nel mondo. Silvana Mangano è bravissima, intensa e
partecipe interprete d’un volto inquietante da moglie borghese che scopre il
sesso grazie al ragazzo ma finisce per restarne schiava.
Massimo Girotti è un
compassato imprenditore, messo alle strette dalla cognizione della sua
diversità, terrorizzato dalla consapevolezza di aver condotto un’esistenza
inutile, che abbraccia la strada della povertà lanciando un grido di dolore che
contiene tutta la sua disperazione. Un film letterario e teatrale, come molte
opere di Pasolini, che cita Tolstoj e i narratori russi, Pelizza da Volpedo e
il Terzo Stato, ma anche le Sacre Scritture. Pasolini usa il personaggio del
ragazzo - artista per fare autobiografia ed esprimere la sua concezione
artistica, mettendo in luce la difficoltà di accettare la propria diversità e
la finta perfezione dell’artista. Emblematica la sua “piscia d’artista” sul
quadro azzurro per criticare le ultime frontiere dell’arte informale. Stupendi
i paesaggi padani, fotografati tra casolari, radure erbose, navigli, piccole
industrie e nebbiose brume delle periferie. Pasolini usa speso lo zoom, quasi
sempre a ragion veduta, inquadra volti espressivi di
ragazzi di vita, proletariato e anonimi borghesi, inserisce alcune sequenze
fantastiche che ricordano il cinema di Cesare Zavattini. Teorema è un lavoro importante per capire gli anni Sessanta -
Settanta e la temperie politica che li caratterizzarono. Da recuperare, senza
curarsi di una critica pretestuosa che lo definiva troppo programmatico e
ideologico per essere definito una pellicola risolta e perfettamente compiuta.
Prima pubblicazione su FUTURO EUROPA
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