domenica 20 aprile 2014

Gian Burrasca (1983)



di Pier Francesco Pingitore
 
Regia: Pier Francesco Pingitore. Soggetto: Monica Felt, liberamente tratto da Il Giornalino di Gian Burrasca di Vamba. Sceneggiatura: Roberto Leoni, Gianfranco Bucceri, Pier Francesco Pingitore. Fotografia: Federico Zanni. Montaggio: Alberto Moriani. Musiche: Dimitri Gribanovsky, John Sposito. Scenografia: Maurizio Tognalini. Direttore di Produzione: Cecilia Bigazzi. Casa di Produzione: Nuova Dania Cinematografica. Distribuzione: Medusa, Deltavideo. Interpreti: Alvaro Vitali, Mario Carotenuto, Gisella Sofio, Marisa Merlini, Enzo Robutti, Clara Colosimo, Gianfranco Barra, Tuccio Musumeci, Gigi Reder, Walter Piretti, Toni Ucci, Diana Dei, Luca Sortelli, Roberto Della Casa, Vittorio Ripamonti, Solvejg Assunta, Giovanni Febbraro, Maria Pia Monicelli, Rita Capobianco, Maria Luisa Piselli, Dino Emanuelli. 



Pier Francesco Pingitore (Catanzaro, 1934) è famoso per aver fondato il locale di cabaret Bagaglino insieme a Mario Castellacci (quante commedie e spettacoli portano la loro firma!), Luciano Cirri e Pietro Palumbo. Locale che si chiamava in realtà Bragaglino - come ci ricorda Roberto Poppi nel pregevole I Registi (Gremese) - per commemorare un grande regista come Anton Giulio Bragaglia. Pingitore non porta al cinema lavori di simile portata al suo lavoro teatrale, riproposto anche in televisione con denominazioni diverse. Ricordiamo due farse di ambientazione storica girate insieme a Mario Castellacci come Remo e Romolo (Storia di due figli di una lupa) (1975) e Nerone (1976), seguite da altri Pippo Franco movie: Scherzi da prete (1977), L’imbranato (1979), Ciao marziano (1979), Tutti a squola (1979)e  Il casinista (1980). La ricetta è sempre quella del Bagaglino: comicità da cabaret, recitata da attori simbolo (Pippo Franco), disimpegno totale, divertimento fine a se stesso, farsa pura, avulsa da ogni riferimento socio-politico. Quando la politica fa capolino è all’insegna del qualunquismo più totale: Attenti a quei P2 (1982) è la prova più lampante. Pingitore si ricorda anche per Il tifoso, l’arbitro, il calciatore (1982), Sfrattato cerca casa equo canone (1983), Gole ruggenti (1992) e per un paio di film televisivi: Ladri si nasce (1996) e Tre stelle (1999). 


Gian Burrasca (1983) è un lavoro cinematografico di Pier Francesco Pingitore orfano di Pippo Franco, basato su un soggetto di Monica Felt, liberamente tratto da Il Giornalino di Gian Burrasca di Vamba. La sceneggiatura - scritta dal regista insieme a Leoni e Bucceri - trasforma la pellicola in un sotto prodotto della serie Pierino travestito da Gian Burrasca. Alvaro Vitali aveva spopolato nelle vesti del popolare monello, ma aveva le phisique du rôle anche per interpretare Giannino Stoppani, sebbene il dialetto romanesco non sia il massimo per portare al cinema una storia toscana. Il povero Vamba - da buon pontederese - non sarebbe stato il massimo della felicità se avesse sentito parlare il suo Giannino con la voce di Vitali, ma non avrebbe approvato neppure Mario Carotenuto nei panni del e Marisa Merlini, zia trasteverina, che sembra Bombolo travestito da donna. Non tutto è negativo, comunque, anche se il tono trash della pellicola è innegabile.


Molti personaggi sono ben tratteggiati, prelevati pari pari dal libro: il professor Muscolo, la direttrice (Colosimo), il direttore (Robutti) e il cognato (Barra). Alcuni episodi sono capitoli del Giornalino di Gian Burrasca sceneggiati a dovere: l’occhio lesionato del futuro cognato, la seduta spiritica, la minestra di magro, il fiore della zia… Altre sequenze sono eccessive, stile commedia sexy: Gian Burrasca solleva le gonne alla serva per vederle il sedere, il purgante nella minestra che fa scacazzare i direttori del collegio e il laido cuoco (Sportelli), la pagella corretta, Toni Ucci spazzino che si finge padre ma prende lo stesso Giannino a ceffoni. Molto bravi alcuni comprimari come Gigi Reder (preside), Enzo Robutti (direttore), Gisella Sofio (madre di Giannino), Roberto Della Casa (bidello), Tuccio Musumeci (profesore).  Gian Burrasca è girato a Roma, tra Trastevere, il Pincio e Villa Borghese. Recitato in perfetto romanesco, citando anche il Gian Burrasca televisivo interpretato da Rita Pavone, senza alcun rispetto per l’ambientazione storica del romanzo. Il film diverte e resiste al tempo, ma va preso con la considerazione che merita una farsa sboccata e sguaiata a metà strada tra il Bagaglino e i film di Pierino. Se amate la critica seria, invece, consultate il Mereghetti e accettate la sua misera stella accompagnata da un giudizio sprezzante sulla “pochezza espressiva” di Alvaro Vitali. Amici critici, ma non ridete mai? 

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