di Pier
Francesco Pingitore
Regia: Pier Francesco Pingitore. Soggetto: Monica
Felt, liberamente tratto da Il Giornalino
di Gian Burrasca di Vamba. Sceneggiatura: Roberto Leoni, Gianfranco Bucceri,
Pier Francesco Pingitore. Fotografia: Federico Zanni. Montaggio: Alberto
Moriani. Musiche: Dimitri Gribanovsky, John Sposito. Scenografia: Maurizio
Tognalini. Direttore di Produzione: Cecilia Bigazzi. Casa di Produzione: Nuova
Dania Cinematografica. Distribuzione: Medusa, Deltavideo. Interpreti: Alvaro
Vitali, Mario Carotenuto, Gisella Sofio, Marisa Merlini, Enzo Robutti, Clara
Colosimo, Gianfranco Barra, Tuccio Musumeci, Gigi Reder, Walter Piretti, Toni
Ucci, Diana Dei, Luca Sortelli, Roberto Della Casa, Vittorio Ripamonti, Solvejg
Assunta, Giovanni Febbraro, Maria Pia Monicelli, Rita Capobianco, Maria Luisa
Piselli, Dino Emanuelli.
Pier Francesco Pingitore (Catanzaro, 1934) è famoso
per aver fondato il locale di cabaret Bagaglino
insieme a Mario Castellacci (quante commedie e spettacoli portano la loro
firma!), Luciano Cirri e Pietro Palumbo. Locale che si chiamava in realtà Bragaglino - come ci ricorda Roberto
Poppi nel pregevole I Registi (Gremese)
- per commemorare un grande regista come Anton Giulio Bragaglia. Pingitore non porta
al cinema lavori di simile portata al suo lavoro teatrale, riproposto anche in
televisione con denominazioni diverse. Ricordiamo due farse di ambientazione
storica girate insieme a Mario Castellacci come Remo e Romolo (Storia di due figli di una lupa) (1975) e Nerone (1976), seguite da altri Pippo Franco movie: Scherzi da prete (1977), L’imbranato
(1979), Ciao marziano (1979), Tutti a squola (1979)e Il
casinista (1980). La ricetta è sempre quella del Bagaglino: comicità da cabaret, recitata da attori simbolo (Pippo
Franco), disimpegno totale, divertimento fine a se stesso, farsa pura, avulsa
da ogni riferimento socio-politico. Quando la politica fa capolino è
all’insegna del qualunquismo più totale: Attenti
a quei P2 (1982) è la prova più lampante. Pingitore si ricorda anche per Il tifoso, l’arbitro, il calciatore
(1982), Sfrattato cerca casa equo canone
(1983), Gole ruggenti (1992) e per
un paio di film televisivi: Ladri si
nasce (1996) e Tre stelle
(1999).
Gian Burrasca (1983) è un lavoro
cinematografico di Pier Francesco Pingitore orfano di Pippo Franco, basato su
un soggetto di Monica Felt, liberamente tratto da Il Giornalino di Gian Burrasca di Vamba. La sceneggiatura - scritta
dal regista insieme a Leoni e Bucceri - trasforma la pellicola in un sotto
prodotto della serie Pierino travestito
da Gian Burrasca. Alvaro Vitali aveva spopolato nelle vesti del popolare
monello, ma aveva le phisique du rôle
anche per interpretare Giannino Stoppani, sebbene il dialetto romanesco non sia
il massimo per portare al cinema una storia toscana. Il povero Vamba - da buon
pontederese - non sarebbe stato il massimo della felicità se avesse sentito parlare
il suo Giannino con la voce di Vitali, ma non avrebbe approvato neppure Mario
Carotenuto nei panni del e Marisa Merlini, zia trasteverina, che sembra Bombolo
travestito da donna. Non tutto è negativo, comunque, anche se il tono trash della pellicola è innegabile.
Molti personaggi sono ben tratteggiati, prelevati pari pari dal libro: il
professor Muscolo, la direttrice (Colosimo), il direttore (Robutti) e il
cognato (Barra). Alcuni episodi sono capitoli del Giornalino di Gian Burrasca sceneggiati a dovere: l’occhio
lesionato del futuro cognato, la seduta spiritica, la minestra di magro, il
fiore della zia… Altre sequenze sono eccessive, stile commedia sexy: Gian
Burrasca solleva le gonne alla serva per vederle il sedere, il purgante nella
minestra che fa scacazzare i direttori del collegio e il laido cuoco
(Sportelli), la pagella corretta, Toni Ucci spazzino che si finge padre ma prende
lo stesso Giannino a ceffoni. Molto bravi alcuni comprimari come Gigi Reder
(preside), Enzo Robutti (direttore), Gisella Sofio (madre di Giannino), Roberto
Della Casa (bidello), Tuccio Musumeci (profesore). Gian Burrasca è girato a
Roma, tra Trastevere, il Pincio e Villa Borghese. Recitato in perfetto
romanesco, citando anche il Gian Burrasca
televisivo interpretato da Rita Pavone, senza alcun rispetto per
l’ambientazione storica del romanzo. Il film diverte e resiste al tempo, ma va
preso con la considerazione che merita una farsa sboccata e sguaiata a metà
strada tra il Bagaglino e i film di Pierino. Se amate la critica seria, invece,
consultate il Mereghetti e accettate la sua misera stella accompagnata da un
giudizio sprezzante sulla “pochezza espressiva” di Alvaro Vitali. Amici
critici, ma non ridete mai?
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