di Ingmar
Bergman
Regia: Ingmar Bergman. Sogetto e Sceneggiatura: Ingmar
Bergman (tratto dalla sua pièce Pittura
su legno). Fotografia: Gunnar Fischer, Ake Nilsson. Montaggio: Lennart
Wallén. Scenografia: P.A. Lundgren.Costumi: Manne Lindholm.Trucco: Nilòs
Nittel. Musica: ErikNordgren. Coreografia: Else Fisher. Suono: Lennart
Unnerstad. Produzione: Allan Ekelund per Svensk Filmindustri. Distribuzione
italiana: Globe Film International. Riprese: 2 luglio - 24 agosto 1956.
Location: Östanå, Viby, Skevik, Gustafsberg, Skytteholm (Stoccolma), Hovs
Hallar, Studi Råsunda). Prima proiezione: 16 febbraio 1957. Durata: 95’. Paese di Origine: Svezia.
Bianco e Nero.
Interpreti: Max Von Sydow (Il cavaliere Antonius Block), Gunnar
Björnstrand (Jöns, lo scudiero del cavaliere), Nils Poppe (Jof), Bibi Andersson
(Mia, moglie di Jof), Bengt Ekerot (La Morte/ Voce del narratore), Ake Fridell
(Plog, il fabbro), Inga Gill (Isa, moglie di Plog), Erik Strandmark (Jonas
Skat), Bertil Anderberg (Raval), Gunnel Lindblom (la ragazza muta), Maud
Hansson (la strega), Inga landgré (Karin, la moglie di Block), Gunnar Olsson
(il pittore della chiesa), Anders Ek (il monaco che inveisce contro i paesani),
lars Lind (il giovane monaco), Benkt-Ake Benktsson (il mercante nella taverna),
Tor Borong (il contadino nella taverna), Gudrun Brost (l’ostessa), Harry
Hasklund (l’oste), Ulf Johanson (il comandante dei soldati), Sten Ardenstam,
Gordon Löwenadler (soldati), Karl Widh (flagellante con la croce), Tommy
Karlsson (Mikael, figlioletto di Jof e Mia), Siv Aleros, Bengt Gillberg, Lars
Granberg, Gunlög Hagberg, Gun Hammargren, Uno Larsson, Lennart Lilja, Monica
Lindman, Helge Sjökvist, Georg Skarstedt, Ragnar Sörman, Lennart Tollén, Caya
Wickström (flagellanti), Catherine Berg, Mona Malm, Tor Isedal, Josef Norman,
Gösta Prüzelius, Fritjof Tall, Nils Whiten, Lena Bergman.
Det sjunde inseglet - titolo originale de Il
settimo sigillo - è un film travagliato che Bergman ha voluto fare a ogni
costo ma che la produzione giudicava commercialmente pericoloso. Il regista
ebbe l’autorizzazione a girare uno dei suoi capolavori assoluti solo grazie al
successo del precedente Sorrisi di una
notte d’estate (1955), ma
dovette fare tutto in poco più di un mese.
Il settimo
sigillo è la storia di un crociato (Max
Von Sidow) che torna dalla guerra in una terra tormentata dalla peste, incontra
preti, attori girovaghi, esseri abietti, volgari popolani, ubriaconi, donne,
ragazze mute, mogli insoddisfatte, pittori, presunte streghe, flagellanti che
tentano di scacciare il morbo ricorrendo a Dio. Ma su tutta questa varia
umanità incombe la presenza inquietante e surreale della Morte che il cavaliere
sfida in una singolare partita a scacchi, per avere una proroga, per non morire
prima di aver rivisto la moglie e il suo castello. Cinema fantastico, viaggio
picaresco ai confini del niente, immortalato da sequenze girate in uno stupendo
bianco e nero tra scogliere a picco sul mare.
Alcune sequenze indimenticabili:
la partita a scacchi tra il cavaliere dalla figura magra e quasi intagliata nel
legno e la lugubre presenza della morte; la morte che sega l’albero dove si è
rifugiato un uomo, tagliando le radici della vita; la danza finale della morte
insieme ai protagonisti dopo aver letto le pagine dell’Apocalisse. Bergman
affronta il tema della fede, vuol far capire che la morte prima o poi danza con
tutti, inutile sfidarla, vince sempre lei, inutile averne timore. Il cavaliere
parla di incapacità di credere, voglia di toccare Dio, di vita che è un vuoto
senza fine, di un Dio che non tende la mano all’uomo. La rappresentazione
cinematografica del Medio Evo e della morte, dopo questo film, non sarà più la
stessa perché ogni autore dovrà misurarsi con un grande punto di riferimento.
Il cavaliere è una figura triste, solitaria, affranta da dubbi eterni, che
cerca “qualcosa in cui credere”. Lo scudiero è il suo esatto contrario:
personaggio ilare, indifferente al cielo e all’inferno. Persino negli occhi
della strega condannata al rogo il cavaliere non scorge né Dio né Satana, ma
“il nulla che la sommerge”.
Bergman mostra con grande realismo processioni di
flagellanti che tentano di scacciare la peste, presunte streghe messe alla
berlina e subito dopo al rogo. Il mix di realismo e fantastico è dosato al
punto giusto in una pellicola che vuol rappresentare il senso della vita,
perché ogni esistenza è una partita a scacchi con la morte, dall’esito
scontato, perché la morte non concede dilazioni quando la tua ora è scoccata.
Il terrore dell’uomo di fronte alla morte sta tutto nelle parole del cavaliere:
il timore che oltre l’inevitabile scacco matto non ci sia niente, soltanto
l’apocalisse, il giudizio universale, una folle danza infernale con la morte. Nel
cinema del grande autore svedese non può mancare l’amore visto in una delle sue
tante sfaccettature: “l’amore è perfetto nella sua infinita imperfezione”,
afferma Bergman.
Il settimo
sigillo è girato in un livido bianco e
nero, nella zona di Stoccolma, tra stupende scenografie di mare e teatri di
posa. Ottima la colonna sonora. Perfette le interpretazioni: tra tutti Max Von
Sidow e Bibi Andersson, ma anche Gunnar
Björnstrand (lo scudiero), Nils Poppe (Jot, attore girovago) e Bengt Ekerot (La
Morte) sono ben calati nelle interpretazioni. Sceneggiatura senza pecche per una
storia che affascina e inquieta. Il settimo sigillo - cui accenna il titolo - è l’ultimo che consentirà di
aprire il papiro dell’Apocalisse di San Giovanni, il Libro della rivelazione, e
di conoscere i segreti divini che contiene. Il numero corrisponde alla soglia
oltre la quale si apre il segreto della conoscenza. Roberto Chiesi afferma che
Bergman pensò per la prima volta al film ascoltando i Carmina Burana di Carl Orff. Interpretazione autentica dell’autore.
“Come tutti quelli che sono stati in chiesa, in qualsiasi epoca, mi sono messo
a osservare i dipinti al di sopra dell’altare, il trittico, il crocifisso, le
finestre dipinte, gli affreschi. Realtà e immaginazione hanno costruito una
solida lega. Il settimo sigillo è in
definitiva una delle ultime espressioni di fede, delle idee che avevo ereditato
da mio padre e che portavo con me dall’infanzia. Quello che in precedenza era
tanto spaventoso e misterioso, l’ultraterreno, non esiste. Tutto è su questa
terra. Tutto è dentro di noi, accade dentro di noi e noi fruiamo gli uni negli
altri e fuori degli altri: va bene così”.
Alcune disavventure produttive portarono Bergman a
ritardare di un anno la realizzazione del film, girato in condizioni di stretta
economia, ma accolto dal successo internazionale. Premio Speciale della Giuria
al Festival di Cannes (1957) e Gran Premio dell’Accademia francese del cinema.
In Italia ci furono disavventure distributive dovute ad alcune parti giudicate
scurrili e blasfeme. Prima di tutto Il
settimo sigillo uscì nelle sale soltanto nel 1959, vietato ai minori di
anni sedici, senza tagli, ma con alcune canzoni e dialoghi modificati. La
canzone dello scudiero era troppo pagana per l’Italia beghina di fine anni
Cinquanta, quindi venne modificata radicalmente. Fu eliminata la definizione di
“una fesseria” data alla crociata in Terra Santa, censurarono alcune battute
scurrili e tutte le esclamazioni del pubblico quando offende gli attori
girovaghi.
Rassegna critica. Paolo Mereghetti (due stelle e mezzo): “Il più noto
film di Bergman non è però il migliore: troppo programmatico il simbolismo, e
di maniera (ma per i tempi originale) l’ambientazione in un Medioevo specchio
del caos contemporaneo, dove si mescolano sacro e profano, tragedia e farsa. I
quesiti metafisici sono trattati in modo un po’ schematico, ma dal punto di
vista figurativo il film conserva un fascino innegabile, pieno com’è di richiami
pittorici (Il trionfo della morte) e scultorei (Hans Beham) su
cui il regista ricama liberamente”. Morando Morandini (quattro stelle di
critica e di pubblico): “Un’allegoria scandinava dell’uomo in cerca di Dio con
la morte come unica certezza. Attraversò il mondo come un incendio”. Pino
Farinotti (cinque stelle): “Nel complesso dell’opera del regista questo film,
insieme al Posto delle fragole, va
considerato qualcosa più del cinema: un’opera d’arte del Novecento”.
Condividiamo. Il settimo sigillo è
un punto fermo, un caposaldo irrinunciabile della rappresentazione per immagini
della Morte, del Medioevo con tutte le sue superstizioni e contraddizioni,
della fede perduta e delle incertezze umane.
Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
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