giovedì 1 marzo 2012

Il giorno più corto (1963)

di Sergio Corbucci

Regia: Sergio Corbucci. Soggetto: Sandro Continenza. Sceneggiatura: Giovanni Arlorio, Bruno Corbucci, Gianni Grimaldi. Aiuto Regista. Franco Rossellini. Assistente alla Regia: Ruggero Deodato. Montaggio: Ruggero Mastroianni. Operatore: Stelvio Massi. Scenografie: Carlo Spini. Fotografia. Enzo Barboni. Direttore di Produzione: Alfredo Melidoni. Musica: Piero Piccioni. Produzione: Goffredo Lombardo per Titanus. Interpreti: Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Raimondo Vianello, Walter Chiari, Ugo Tognazzi, Eduardo De Filippo, Peppino De Filippo, Aldo Fabrizi, Totò, Virna Lisi, Carlo Pisacane, Aroldo Tieri, Yvonne Sanson, Nino Castelnuovo, Gino Cervi, Annie Girardot, Anouk Aimée, Nino Taranto, Gabriele Ferzetti, Romolo Valli, Alberto Lupo. Brevi apparizioni: Luciano Salce, Paolo Panelli, Paolo Stoppa, Amedeo Nazzari, Renato Salvatori, Giuliano Gemma, Mario Girotti, Franco Fabrizi, Erminio Macario, Tiberio Murgia, Nino Terzo, Teddy Reno, Vittorio Caprioli, Franco Citti, Franca Valeri, Sandra Mondaini, Jean-Paul Belmondo, Aldo Giuffrè, Steve Reeves, David Niven, Philippe Leroy, Memmo Carotenuto, Vittorio Gassman, Tomas Milian, Susan Strasberg, Simone Signoret, Valentina Cortese, Sylva Koscina, Sandra Milo.


Un esercito di 88 attori accorre al capezzale della Titanus per aiutare Goffredo Lombardo a risollevarsi dalla crisi e dà vita a una farsa gradevole sulla Grande guerra, che solo nel titolo ironizza su Il giorno più lungo (1962) mentre il soggetto è del tutto autonomo. La storia non ha niente a che vedere con lo sbarco in Normandia ed è narrata in flashback dalle aule di una corte marziale dove Francesco Coppola (Ciccio) e Franco Lo Grugno (Franco) vengono processati come traditori. Il comico avvocato difensore alle prime armi, retorico e soporifero, che cerca di tirare fuori dai guai gli sprovveduti soldati, è un grande Walter Chiari. “Si fa quel che si può, se sbaglio è la prima volta”, si schermisce con voce squillante, mentre i due attoniti imputati sono molto preoccupati di trovarsi nelle sue mani. La storia che si dipana grazie alla comica arringa è abbastanza confusa ma divertente. Si comincia dalla Sicilia dove Ciccio riceve in eredità da un mafioso in punto di morte il figlio adottivo Franco, inetto e pasticcione che combina guai per tutto il film. Nino Taranto, lupara alla mano, controlla che il lascito venga eseguito e che Franco non sia abbandonato al suo destino. I due siciliani finiscono al fronte per errore e pure qui ne combinano di tutti i colori, spacciandosi pure per austriaci e mandando in bestia il maresciallo Von Gassman perché non comprendono i suoi ordini. Raimondo Vianello è perfetto nella caratterizzazione farsesca del sadico maresciallo austriaco che dice sempre: “Chi sbaglia, paga!” e fa suicidare i sottoposti con un colpo di pistola. Franco e Ciccio rispondono a pernacchie. Alla fine - nonostante il loro avvocato abbia chiesto la fucilazione - i due soldati vengono assolti, perché non colpevoli di tradimento, ma anzi, involontariamente di aiuto alla causa patriottica. “Oggi sei vivo, domani sei morto. Questo per loro è il giorno più corto”, conclude il comico avvocato. Nel delirio finale si capisce che il legale della coppia è solo un pazzo in libera uscita dal manicomio mentre lo vediamo lasciare l’aula mormorando: “Fuciliamoci tutti”.


Molte le presenze rapide ma incisive in una pellicola che è una passerella di attori. Ugo Tognazzi è un comico pastore siculo che parla veneto e dà indicazioni confuse a Ciccio. Peppino ed Eduardo De Filippo sono due siciliani alla veglia funebre, dove intravediamo pure Nino Terzo, Dante Cleri e Jean-Paul Belmondo. Franco e Ciccio interpretano uno dei loro primi film (il tredicesimo), ma sono esilaranti. “Devo dare da mangiare anche alla scimmietta?. Con la fame che c’ho…”, dice Ciccio dopo aver ricevuto la sgradita eredità. Franco chiama Ciccio con l’epiteto toscano di “babbo” per tutto il film, gli distrugge il carretto con i cocci da rivendere e per sbaglio gli fa prendere il treno che porta i soldati al fronte. “M’hai rotto i cocci!”, grida Ciccio. Il doppio senso è evidente. Da manuale la scena del campo minato con Franco e Ciccio muniti di racchettoni per lasciare impronte evidenti, coraggiosi perché inconsapevoli. Grande anche il numero di avanspettacolo imbastito con Raimondo Vianello che ordina cibi in tedesco e - visto che loro non capiscono - finisce a torte in faccia. Da cinema muto le sequenze della fuga con una carrozza carica di dinamite, usata per decimare gli austriaci, il volo in aereo e il lancio a terra con il paracadute. Nino Taranto è un credibile capo clan mafioso che compare armato di lupara nei momenti più impensati. Paolo Stoppa è un padre che accompagna il figlio alla tradotta, Franca Valeri una madre, Vittorio Caprioli e Sergio Citti due soldati in partenza per il fronte. Aldo Fabrizi pronuncia una sola battuta: “La prima fermata è Caporetto!”. In trincea riconosciamo il soldato Amedeo Nazzari, ma anche Erminio Macario, Giuliano Gemma e Renato Salvatori, oltre a un finto Hemingway che scrive Addio alle armi e ringrazia Franco per il titolo. Gino Cervi è un buon comandante, compassato e teatrale come suo stile, Luciano Salce è un pavido soldato tedesco, Philippe Leroy un altro soldato. Tra le interpreti femminili spicca la bellissima Virna Lisi nel ruolo di Naja, la ballerina trasformista che vuol far parte dell’esercito a ogni costo. Raimondo Vianello è notevole anche quando assume per sbaglio il siero della verità e mostra insospettabili tendenze gay. Il finale è sancito da una breve apparizione di Totò vestito da monaco - bersagliere che si lancia in alcune gag tipiche della sua comicità: “Abbiamo fatto Trento, ora facciamo 31. Abbiamo preso Pola, prenderemo anche Afragola…”.


Il giorno più corto è girato per gli interni (viene ricostruito persino il fronte) negli studi Titanus e per i numerosi esterni a Manziana, in provincia di Roma. Si tratta di un atto d’amore di un nutrito gruppo di attori e collaboratori nei confronti di Goffredo Lombardo, in difficoltà economiche, per far riprendere la Titanus dalla crisi. Molti interpreti prestano gratuitamente il loro volto per poche sequenze, per dare lustro al film e contribuire alla rinascita di una grande casa produttrice. La Titanus è importante nella storia del cinema italiano, nasce a Napoli nel 1904 per volontà di Gustavo Lombardo, e come sua prima attività produce i film di Leda Gys, diva del muto, che sposa il produttore. Goffredo Lombardo nasce dalla loro unione, è lui che dà impulso alla Titanus negli anni Cinquanta, investendo sul melodramma e i film di Raffaello Matarazzo, interpretati da Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson. Goffredo Lombardo scopre Sophia Loren e lancia il neorealismo rosa, ma produce anche molto cinema d’autore di Fellini, Rosi, Zurlini, Petri e Visconti. Il giorno più corto è un film pensato per salvare un produttore importante da sicuro fallimento. Il successo è assicurato. La critica alta non è molto convinta, come sempre quando si tratta di un Franco & Ciccio movie, e le stroncature fioccano. Paolo Mereghetti concede una stella e mezza: “Il tema militaresco è solo un pretesto per assemblare una serie di gag più o meno riuscite ed esibire uno stuolo di comparse illustri spesso impiegate per pochi secondi”. Pino Farinotti è più generoso, concede due stelle è afferma che “il film racconta in chiave umoristica l’Italia negli anni della prima guerra mondiale”. Morando Morandini dimostra di non aver visto il film, perché parla di “parodia de Il giorno più lungo”, anche se è generoso e concede due stelle. Riguardatelo senza pregiudizi. Il divertimento è assicurato.
Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi

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