sabato 11 febbraio 2012

Camerieri (1994)

di Leone Pompucci


Regia: Leone Pompucci. Soggetto e Sceneggiatura: Filippo Pichi, Leone Pompucci, Paolo Rossi. Aiuto Regista: Donatella Botti. Suono in Presa Diretta: Gaetano Carito. Costumi. Gianna Gissi. Scenografia: Maurizio Marchitelli. Montaggio: Mauro Bonanni. Fotografia: Massimino Pau. Organizzazione Generale: Massimo Ferrero. Musica: Paolo Rossi, Carlo Di Blasi. Produttore Delegato: Rita Cecchi Gori. Produttore Esecutivo: Marco Risi, Maurizio Tedesco per Sorpasso Film. Produzione: Vittorio Cecchi Gori per CGG Tiger Cinematografica. Interpreti: Paolo Villaggio, Diego Abatantuono, Marco Messeri, Antonello Fassari, Antonio Catania, Enrico Salimbeni, Regina Bianchi, Ludovica Modugno, Carlo Croccolo, Ciccio Ingrassia, Enza Maria Aliseo, Mario Bianco, Ugo Conti, Domenico Di Quanto, Sergio Di Pinto, Christiana Gajoni, Giorgio Gobbi, Giovanni Pellegrino, Oreste Antonio Rotundo, Monica Sallese, Danilo Tesoro, Pia Velsi.

Villaggio, Messeri, Salimbeni

Leone Pompucci (1961) è un regista che proviene dalla fotografia, si dedica soprattutto alla regia televisiva e debutta nel cinema con Mille bolle blu (1993), che vince il David di Donatello come miglior regista esordiente, seguito da Camerieri (1995), con il quale si aggiudica il Nastro d’Argento (insieme a Filippo Pichi e Paolo Rossi) per la migliore sceneggiatura. Regina Bianchi vince un Nastro d’Argento come migliore attrice non protagonista. Il suo terzo e ultimo lungometraggio per il cinema è Il grande botto (2000), dopo di che lo troviamo solo in fiction televisive (Don Matteo, La fuga degli innocenti, Il sogno del maratoneta), ormai nuova frontiera del cinema di genere, e come autore di spot pubblicitari.

Marco Messeri

Ciccio Ingrassia è il vecchio e malato proprietario del glorioso e fatiscente Ristorante Eden, una rotonda sul mare in decadenza, che decide di vendere per ritirarsi a vita privata. Il nuovo proprietario è il figlio di un mobiliere (Antonello Fassari), cafone arricchito, che nel giorno del passaggio di consegne festeggia le nozze d’oro del padre e della madre. Il pranzo si trasforma in una sorta di esame per i rissosi e squinternati camerieri che compongono il nucleo storico del ristorante e temono di essere licenziati.

L'ultimo film di Leone Pompucci

Il film è una commedia umana, di caratteri, interessante sotto l’aspetto dello scavo psicologico, meno riuscita come soggetto e sceneggiatura, anche se vince un Nastro d’Argento proprio per quello. Ciccio Ingrassia entra in scena da grande vecchio, sospinto dal vento di mare, sole alle spalle, cappotto grigio, barba bianca incolta e capelli radi: “La primavera arriva sempre prima sul mare”. Abbandona il ristorante perché è stanco, non ce la fa più, recita in fondo la parte di se stesso, purtroppo, dell’attore che sta per lasciare. Ciccio Ingrassia soffre persino a recitare, ma in questo ruolo è perfetto: i primi piani sul suo volto scavato e macilento, le mani ossute, i capelli mossi dal vento danno tanta tristezza. Non è più il Ciccio Ingrassia compagno di Franco Franchi che allietava i nostri pomeriggi infantili in un cinema di terza visione, ma è un attore felliniano, drammatico, una maschera pirandelliana. L’intero film è una commedia di maschere: Diego Abatantuono è un marito fallito, separato, con un figlio che vede poco e male, un’amante nera che fa la prostituta, il vizio del gioco che lo porta in rovina e un passato di calciatore da rimpiangere. Antonio Catania è il cuoco permaloso, beghino, in perenne lite con il capo cameriere, genio incompreso che pretende solo di essere lodato. Paolo Villaggio è un arrogante capo cameriere che racconta la sua vita al servizio di celebrità, ma in fondo è un uomo piccolo che si è giocato tutto alle carte, non vede da anni il figlio e ha internato la moglie in ospedale perché non riesce a mantenerla. Marco Messeri è uno schizzato cameriere che rimpiange di aver abbandonato la fisarmonica, amore della sua vita, vive nella cucina del ristorante perché non ha una casa. I nuovi padroni sono dei cafoni arricchiti. Carlo Croccolo è il vecchio festeggiato che nel giorno delle nozze d’oro invita a pranzo persino l’amante (Sandra Milo).


Antonello Fassari si diverte a umiliare i camerieri, li minaccia con arroganza, facendo capire che il vento è cambiato, non è più il tempo di un padrone comprensivo e vecchio stampo. Regina Bianchi è la moglie festeggiata, perfetta nel ruolo drammatico e consapevole di come la festa sia soltanto una messa in scena. Il film vive sui litigi dei camerieri, spesso eccessivi, che rischiano di mandare tutto in malora, anche se il finale è fin troppo lieto. Il regista tira le corde del dramma per poi cadere nel luogo comune di una vincita al Totocalcio che risolve i problemi e che permette ai camerieri di comprare il ristorante. Il ragazzino, nipote del capo cameriere, rappresenta la speranza per il futuro, il giovane ingenuo che ancora non è corrotto dalla vita. Il regista mette alla berlina l’ipocrisia borghese, pone in primo piano la dissoluzione della famiglia e i fallimenti personali di una serie di personaggi che non riescono più a sognare. Di tanto in tanto ci sono sentori felliniani, ma anche pasoliniani, soffocati da molta ridondanza. Le cose migliori della pellicola sono una fotografia marina intensa, l’atmosfera decadente e squallida della periferia di mare, la musica che unisce boleri cubani come Quisás a Violino Tzigano, Mamma, brani da balera e un sottofondo di musica da ballo. I difetti: un’eccessiva pretenziosità che porta il regista ad abbondare in piani sequenza, spesso inutili, la voglia di fare Antonioni a tutti i costi, senza esserlo, la mano calcata su certi aspetti drammatici dei protagonisti, le soluzioni facili di sceneggiatura, i primi piani sugli insetti che Villaggio schiaccia per abitudine e l’originalità esibita.


Il film è realizzato negli studi di Cinecittà, ma gli esterni sono girati a Ostia e Anzio. Il ristorante Eden esiste davvero e si trova in riviera Zanardelli ad Anzio, mentre il Luna Park dove nella prima sequenza del film vediamo Abatantuono all’interno di una mitica Fiat 500 con una prostituta nera è in viale Danimarca, a Pomezia.

Ciccio Ingrassia con il regista

Paolo Mereghetti concede una stella e mezza e stronca la pellicola: “Tutti i difetti della cosiddetta nuova commedia all’italiana: protagonisti senza consistenza ridotti a macchiette somatiche, sceneggiatura fintamente cattiva che non spiega l’eterna litigiosità tra i camerieri ma la esaspera solo con la matita di un Grosz all’amatriciana (Sesti), personaggi che fluttuano nel nulla e spariscono senza ragione (il figlio di Abatantuono, l’amante di Croccolo interpretata da una garrula Sandra Milo) e un disprezzo per la materia raccontata che svela una punta di fastidioso razzismo. Giustamente ignorato dal pubblico”. Morando Morandini concede due stelle ma pure lui stronca: “Sotto il segno della ridondanza e di un compiaciuto nichilismo all’amatriciana, il film si riduce a una passerella di mostri sbattuti in faccia allo spettatore”. Tullio Kezich sul Corriere della Sera: “Il film a tratti s’impone gonfiando i muscoli, ma resta di costituzione gracile. Al di là della prepotenza somatica i personaggi non consistono, non c’è modo non dico di affezionarsi ma nemmeno di interessarsi a nessuno di loro. E poi il fatto che circola una schedina del Totocalcio, giocata in società, lascia prevedere un po’ troppo come si andrà a finire. Ci voleva poco, con un interprete della forza di Villaggio, a creargli delle occasioni che andassero oltre i monologhi ingenuamente evocativi dei tempi d’oro della ristorazione di classe; e certo il copione andava lavorato di più”. Pino Farinotti si pone fuori dal coro, concede due stelle e giudica Camerieri “una commedia italiana al di sopra della media”. Il Davinotti - Dizionario on line scritto a mano - è entusiasta dell'interpretazione di Diego Abatantuono, meno delle molte e inutili carrellate: "Un film lento in molte parti, con qualche buona impennata, un cast notevole e diretto sufficientemente bene". A nostro giudizio ci sono luci e ombre in una pellicola che riveste motivi di interesse e che merita una visione non prevenuta, perché a tratti sa mostrare con tristezza quel che siamo diventati. L’entrata in scena di Ciccio Ingrassia vale l’intero film ed è un piano sequenza indimenticabile. 

A questo link si può vedere il film: http://www.youtube.com/watch?v=SFd_cufO-fI

Gordiano Lupi

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