Regia: Marco Risi. Soggetto: Aurelio
Grimaldi (dal romanzo Meri per sempre,
Editore La Luna, ripubblicato nel 2013 come Malaspina).
Sceneggiatura e Dialoghi: Sandro Petraglia, Stefano Rulli. Fotografia: Mauro
Marchetti. Montaggio: Claudio Di Mauro. Operatore Macchina: Fabio Zamarion.
Fotografo di Scena: Bruno Bruni. Scenografia: Massimo Spano. Costumi: Roberta
Di Bagno Guidi. Fonico di Presa Diretta: Tommaso Quattrini. Aiuto Regista:
Giovanni Ricci. Organizzatore Generale: Alberto Passone. Musiche: Giancarlo
Bigazzi. Arrangiamenti: Dado Parisini. Edizioni Musicali: Abon Group srl. Direttore
di Produzione: Massimo Ferrero. Produzione: Claudio e Aurelio Bonivento, Pietro
Valsecchi (consulente). Casa di Produzione: Numero Uno International srl.
Esterni: Palermo. Doppiaggio: C.D.C. Consulente Dialetto Siciliano: Tony
Sperandeo. Effetti Sonori: Italo Cameracanna. Negativo: Kodak spa. Colore:
Telecolor spa. Interpreti: Michele Placido, Claudio Amendola, Francesco
Benigno, Alessandro Di Sanzo, Tony Sperandeo, Roberto Mariano, Maurizio Prollo,
Filippo Genzardi, Giovanni Alamia, Alfredo Li Bassi, Salvatore Termini,
Gianluca Favilla, Giuseppe Giarraffa, Michela Cusano, Matteo Mondello, Maria
Cristina Mastrangeli, Calogero Buttà, Luigi Maria Burruano, Ninni Picone,
Aurora Quattrocchi.
Marco Risi (1951) è figlio d’arte del
grande Dino e nipote di un buon artigiano come Nelo, con cui debutta nelle
vesti di aiuto regista (Una stagione
all’inferno, 1971). Esordisce alla regia nel documentario, si dedica alla
commedia - sulle orme paterne - per cambiare genere e lasciare il segno con
opere interessanti: Soldati - 365
all’alba (1988), Mery per sempre
(1989), Ragazzi fuori (1990), Il muro di gomma (1991). Torna alla
commedia, ma si perde in lavori poco incisivi, tra i quali spiccano in negativo
L’ultimo capodanno (1998) e un film
su Maradona (2007).
Mery per
sempre è una pellicola
realistica che si inserisce nella tradizione del poliziottesco,
contaminandolo con il mafia-movie e
il prison-movie, calato in una
perfetta ambientazione palermitana e carceraria. Risi è debitore del noir di
Fernando di Leo ma anche delle pellicole tra le sbarre dirette da Brunello Rondi
(Prigione di donne, 1974) e Bruno
Mattei (Violenza in un carcere femminile,
1982). Il regista adatta un soggetto di Aurelio Grimaldi per raccontare
con immagini crude e graffianti il mondo della microcriminalità giovanile
siciliana, più o meno legata ai traffici mafiosi. Il film racconta con
stile pasoliniano la vita tra le
sbarre di alcuni personaggi marginali, ragazzi di vita, ladruncoli,
transessuali, picciotti che a casa lasciano compagne incinte, rudi
secondini, poliziotti violenti. Michele Placido è il protagonista principale, il
professore con una donna da dimenticare che accetta un trasferimento in
Sicilia, in una scuola carceraria. Il suo rapporto con i ragazzi diventerà
sempre più complesso, poco a poco riuscirà a conquistare la loro fiducia,
entrerà a far parte del loro mondo, consigliandoli e proteggendoli. La sua
classe è composta da piccoli delinquenti, spacciatori, persino un omicida, un
piccolo boss rispettato da tutti. Claudio Amendola (Pietro Giancone) è l’allievo
prediletto, un ragazzo solo, problematico, che dopo aver tentato la fuga morirà
in un letto d’ospedale, ferito in un conflitto a fuoco, stringendo la mano del
professore. Tony Sperandeo (consulente per il dialetto siciliano) è il
secondino ottuso, consumato da una vita a contatto con i giovani delinquenti,
inflessibile e implacabile. In carcere accadono episodi di bullismo ai danni di
un ragazzino, tentativi di violenza carnale, ribellioni, momenti di
emarginazione, in un clima di fondo molto realistico. Importante la parte che
vede protagonista il transessuale Mario, la Mery
per sempre del titolo, donna dentro, che rifiuta un corpo da uomo. Il suo
amore per il professore - non corrisposto, nonostante un bacio - è uno dei
momenti topici della pellicola. “Per capirmi dovresti essere come me”, afferma.
Notevole anche il discorso del professore contro la mafia mentre il giovane boss
lo sbeffeggia e prima aveva incitato i compagni a inneggiare alla mafia. Un
momento lieto di un film molto crudo è rappresentato
dalla nascita del bambino a un giovane carcerato che si reca a vederlo insieme
al professore. Si ricorda una scena madre teatrale con Placido che arringa i
carcerati dopo la morte di Pietro, li invita a non commettere i suoi
errori. Ottimo il finale, anche se scontato e in parte retorico, con Placido
che sceglie di restare in carcere con i suoi ragazzi invece di accettare il
trasferimento in un liceo di Palermo. Un nuovo alunno, Alessandro, mostra atteggiamenti asociali
tipici di Pietro, al punto che gli fa ricordare l’allievo prediletto.
Mery
per sempre è un film
girato con grande perizia tecnica, mirabile mix di musica e immagini, notevoli
inseguimenti cittadini, riuscite sequenze ai mercati generali e ottime carrellate
per le strade di Palermo. Citazioni del Nino
D’Angelo - movie durante un approccio tra Pietro e la fidanzata in un
cinema del centro, dove passano Lo
studente (1982) di Ninì Grassia, una pellicola del popolare cantante melodico
napoletano. Risi cita Antonioni in una scena rimasta emblematica: i ragazzi in
carcere, durante l’ora d’aria, vengono privati del pallone dal rude secondino
Sperandio, ma continuano a giocare fingendo di passarsi una sfera inesistente.
Gli attori provengono quasi tutti dalla strada, molti recitano la parte di loro
stessi, una lezione di realismo che contagerà gli emuli di Risi del Duemila, chiamati
a dirigere serie televisive di argomento mafioso e film di successo (Gomorra). A proposito di Mery per sempre (che nel romanzo
autobiografico di Grimaldi si scrive Meri) qualcuno ha parlato di neo - neorealismo, per l’uso stretto del
dialetto e per la recitazione spontanea, priva di forzature teatrali. A nostro
avviso, Marco Risi contamina il realismo con il melodramma e persino con brevi
sequenze da lacrima-movie, quando
Placido raccoglie l’ultimo respiro di Amendola in ospedale. Alcune ambiguità
nel rapporto tra il professore e il transessuale sembrano volute, così come la
relazione tra l’insegnante e Pietro, allievo preferito, non è immune da dubbi
di velata omosessualità. Una pietra miliare degli anni Novanta, con un sequel: Ragazzi fuori (1990).
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