recensione di Mario Bonanno
A me la storia che i monster movies siano roba per under 16 non mi ha mai convinto. Non bisogna essere Sigmund Freud per accorgersi che i film sui mostri all’assalto del pianeta (ma anche i film sugli “animali killer”) rimandino all’archetipo, alle paure ancestrali e dunque all’inconscio del genere umano. Certo bisogna volervi leggere tra le righe, essere esenti dal rigor mortis mentale che affligge larga parte della consorteria intellettual-chic, anti-gramscianamente disorganica al punto da permettersi la perenne puzza sotto il naso.
In buona sostanza: King Kong, Godzilla, lo Squalo & Co. - quanto meno nelle loro migliori espressioni/declinazioni cinematografiche - sono (cattivi) soggetti da prendere "terribilmente" sul serio; cartine tornasole dello specchio dei tempi, emblemi immaginifici di antropologia e psicologia sociale, né più né meno che Polifemo e l’Idra dalle molte teste. Leggere il monumentale “Godzilla il re dei mostri” (Davide Di Giorgio, Andrea Gigante, Gordiano Lupi, Edizioni Il Foglio, 2012) per credere: trattasi di uno studio analitico del fenomeno Gojira (in giapponese, lingua natale del mostro) che gli appassionati del genere - ma anche i cinefili senza paraocchi - non devono perdersi assolutamente.
Trecento e rotte pagine (con diverse foto in b/n) per esplorare i significati reconditi e manifesti di una saga inaugurata nel 1954 dal film di Ishiro Honda, e da lì pressoché infinita. Senza entrare necessariamente nello specifico delle cifre, qualcosa come 29 pellicole, svariati fumetti, videogame, cartoon, serie tv (per tacere del merchandising planetario), che per un pupazzone animato a metà strada tra un T-Rex e un peluche da ipermercato, mi sembra affatto male. Al di là della parvenza freak, Godzilla resta dunque un archetipo cui è impossibile sbarazzarsi e/o fare a meno. In neanche sessant’anni di vita è stato emblema (bau bau) del terrore post-atomico nipponico, dell’antiamericanismo, della Guerra Fredda, persino del dopo-comunismo. Il suo status ontologico è mutato col mutare dei tempi e dei plot: da distruttore indefesso di megalopoli ad alleato del genere umano nella lotta con mostri di diversa specie (il territorio è mio e lo gestisco io), quindi di nuovo emissario del Male nel remake di Roland Emmerich del 1998 (e non crediate sia finita: per il 2014 si aspetta infatti una nuova versione godzillesca made in USA). A dispetto della sua riconducibilità al "sentire" socio-culturale giapponese - oltre il trauma della distruzione atomica di Hiroshima e Nagasaki, incarna anche la paura di una natura-contro, tutt’altro che benigna (si legga in tal senso l’ottimo saggio di Giorgio Mazzola, ospitato nel libro, a partire da pag. 21) - l’appeal del mostro ha travalicato i confini, contagiando il resto del mondo (suvvia chi non conosce Godzilla?).
Merito dei topoi trasversali incarnati dal lucertolone, contigui a quel campionario fantastico - invasioni aliene, esperimenti genetici, raggi gamma, creature invincibili - che, di film in film, ha parlato e parla all’immaginario collettivo degli spettatori. Spesso la cultura pop rivela dei popoli tanto quanto un saggio accademico, con il vantaggio di divertire di più. Tornando a questo "Godzilla" cartaceo è un libro assolutamente da consigliare, e anche il suo prezzo è abbordabile: appena 15 euro!
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